- Disclaimer:
Harry Potter e ogni personaggi qui citato non mi appartengono ma sono di
proprietà di J. K. Rowling.
-
- Piccola
nota iniziale: questa storia è dedicata ad Angy (Mary Black su efp), mia
sorella di penna, anche se non di sangue. Ti voglio tanto, tanto bene tesoro
mio.
- Spero
mi perdonerai nel caso in cui non sia come te l’aspettavi…^^
-
-
-
-
- ****
-
-
- Prologo
[You will die only with me.]
-
- Lei
era la classica figlia viziata.
- Tutto
ciò che voleva, le era sempre stato dato. Non importava che le fosse o meno
dovuto, cioè che le bastava fare era schioccare le dita, e ogni suo
desiderio sarebbe stato realizzato.
-
- [Now
I know]
-
- Lei era la Purosangue perfetta. Quella naturalmente portata (o forse solo costretta?) a disprezzare chiunque ritenesse inferiore a sé, come fosse insito nel suo carattere di bambina prima, e di donna poi, lo spregio per coloro che non avevano il suo stesso sangue e la sua stessa ricchezza.
-
- [That
I can’t make you stay]
-
- Lei
era una donna bellissima. Sbocciata come una farfalla dal baco
dell’adolescenza, era divenuta il sogno proibito di ogni uomo, una
bellezza di cui l’immagine di una piccola ragazzina con la faccia canina
era solo un lontano ricordo e ormai sbiadito ricordo.
-
- [But
where’s your heart?]
-
- Eppure,
nonostante la sua vita scorresse perfetta, ciò che realmente aveva sempre
voluto per sé non era mai riuscita ad ottenerlo.
- Cosa
fa un bimbo viziato quando non può avere ciò che desidera?
- “Il
tempo è ormai scaduto per te, o mio Principe.”
-
- [But
where’s your heart?]
-
- Lo
distrugge.
-
- My
Chemical Romance, “Famous last words”
- ****
-
- Angor
sempiternus
-
-
- You'll
never take me alive.
You'll never take me alive.
Do what it takes to survive,
'Cause I'm still here. - My Chemical Romance, “Kill all your friends”
-
- Il
familiare, opprimente odore di marcio –odore di morte, cadaveri di
incubi in putrefazione lacerati da un evanescente assassino in una notte
senza luna- la investì non appena mise piede da Magie Sinister.
- La
ragazza entrò, portando con sé una folata del gelido vento di Dicembre,
il volto coperto dal mantello sotto il quale solo il luccichio
sinistro degli occhi lasciava intuire la presenza di una vita umana.
- La luce della disperazione, quel brillio che si accende quando ti rendi conto che la vita –una corona di spine e rovi che si stringe attorno al tuo capo e al tuo cuore, di più, sempre di più- scorre ormai indipendentemente da te, quando ti rendi conto che l’ unica forza a sorreggerti è solamente la tua.
- La
cliente avanzò, ombra tra le ombre, verso il centro del putrido locale,
osservando le merci sugli scaffali, mani che la bramavano, occhi che la
scrutavano, soavi sussurri sottovetro che, come il canto delle sirene, la
chiamavano per poi lasciarla affogare contro gli scogli di un’ illusione.
- Quello
che le voci non sapevano però, era che lei stava già annegando, un pantano
di melmoso dolore in cui sprofondava sempre, sempre di più, aspettando in
vano la mano di colui che l’avrebbe salvata e lentamente morendo dentro,
la consapevolezza della propria condanna che come un morbo la divorava.
- Che
cosa le rimaneva?
- Questa
domanda la tormentava ormai da mesi, una spina avvelenata conficcata nel
cuore e tuttavia impossibile da togliere se non rinunciando alla propria
stessa esistenza.
- Perché
l’unica cosa per cui viveva, adesso, era il proprio dolore.
- Ma
ora, si disse, avrebbe estratto quella spina e
sarebbe morta per il suo, di dolore.
- La
voce del proprietario la distrasse dai suoi pensieri.
- In
fondo, che cosa le rimaneva?
-
-
- I
am not afraid to keep on living
I am not afraid to walk this world alone
(Or dead) - My
Chemical Romance, “Famous last words”
-
- “Salve,
posso esserle utile?”
- La
donna si girò, sempre a volto coperto, verso il vecchio proprietario della
voce –viscida, serpentina, orribile e paradossalmente attraente come
solo la malvagità sa essere- e
lo squadrò al di sotto dell’ orlo del proprio mantello.
- “Sì
vecchio, puoi essermi utile.”
- Un
movimento della bacchetta, e tra le mani di Sinister apparve un foglio
fittamente scritto.
- “Voglio
quegli ingredienti.”
- Un
tremore della mano, vide il vecchio impallidire e ritrarsi, come scottato,
la voce ridotta ad un sussurro, infinitesima parte del panico che traspariva
dai lattiginosi occhi azzurri.
- “Mi
dispiace, ma non possiedo questo tipo di merce nel mio negozio. E’ pregata
di andarsene.”
- Con
calma studiata –maschera di pazzia- la ragazza sollevò la bacchetta, e
pochi secondi più tardi il vecchio si contorceva sul pavimento, le sue urla
che facevano vibrare i contenitori sugli scaffali.
- “Tu
mi fornirai gli ingredienti, vecchio. A meno che tu non tenga alla tua
miserabile e inutile vita. In tal caso me li prenderò da sola.”
- Non
appena la cliente abbassò il braccio sinistro –un teschio nero spiccò
come un faro nel mezzo delle ombre- il vecchio si alzò faticosamente in
piedi, rantolando per gli strascichi del Cruciatus.
- “M-mi
perdoni, signora. Ma quella pozione è severamente proibita, ed evitata
anche tra i maghi oscuri; non sarebbe saggio da parte mia venderle gli
ingredienti necessari per prepararla. Ma se insiste” aggiunse vedendo la
donna alzare di nuovo il braccio “posso procurarglieli.”
- Zoppicando,
il proprietario si avviò nel retro del negozio, lasciando sola la donna
nell’ oscurità.
- Era
così vicina, pensò mentre un brivido le correva lungo la schiena, che
poteva sentire l’odore dolce e invitante della pozione pronta nelle
narici.
- Profumo
ingannevole, che mascherava la più terribile delle maledizioni, condanna
eterna ad una pazzia che ti uccideva lentamente ed inesorabilmente.
- Tutti
i maghi, anche quelli più potenti, temevano più di ogni cosa quella
pozione, dall’aspetto così innocuo ma dal potere così devastante.
- Un
potere capace di provocare il dolore più grande, sia fisico che
psicologico, prima di portare alla morte.
- Una
morte che sarebbe giunta soltanto dopo anni, decenni, di indicibili
sofferenze. La fine peggiore che ogni essere dotato di raziocinio possa
anche solo concepire.
- Pazzia, visioni di orribili torture e sevizie compiute al di là delle propria volontà, le persone più care che per propria mano cadono tra inudibili urla di dolore, specchiarsi nei loro occhi stravolti e traditi e vedere solo morte, morte, morte e la dilaniante consapevolezza di esserne la causa.
- Nessuno
a memoria d’uomo era mai riuscito a liberarsi delle visioni che quella
pozione provocava. Nessuno a memoria d’uomo era sopravvissuto.
- Un
ghigno si estese sotto il cappuccio, sulle labbra della giovane donna.
- Lui
l’aveva tradita, in ogni senso.
- Gli
aveva donato il suo cuore, e l’unica cosa che lui era stato in grado di
fare era stato schiacciarlo, senza nessuna, nessuna pietà.
- Avrebbe
pagato per quello che aveva fatto.
- E
non solo lui: se non poteva essere suo, non sarebbe stato di nessun’
altra.
- Men
che meno di lei.
- Dopo aver lanciato un potente incantesimo di memoria a Sinister –dubitava che quell’essere insignificante potesse riprendersi; meglio così, non poteva rischiare-, Pansy Parkinson si diresse fuori dal negozio, dietro di lei nemmeno un’orma sul tappeto di candida neve.
-
-
-
- ***
-
- It's
been eight bitter years since
- I've
been seeing your face.
And you're walking away, - and
I will die in this place.
-
- My
Chemical Romance, “Kill all your friends”
-
- Lo
ricordava come fosse ieri e non un anno prima: il momento del tradimento, un
dolore così forte che, tempo dopo, guardandosi il petto, si era stupita di
non trovare uno squarcio all’altezza del cuore.
- La
neve scendeva, e il vento frustava il suo mantello e le rade sterpaglie ai
piedi del cancello del cimitero di Little Heangleton, il suo sguardo era
lontano, perso in un turbinio di fiocchi e in un sogno di gloria ormai
svanito nell’ immondo odore di cadaveri putrefatti, polvere e sangue.
- Quando,
dopo la battaglia di Hogwarts, i membri dell’ Ordine della fenice
l’avevano lasciata andare, ritenendola innocua perché più preoccupati
per la cattura di Mangiamorte con ben più esperienza –e soprattutto più
morti sulla coscienza- di una semplice diciassettenne, quando l’atroce
consapevolezza della sconfitta le era apparsa davanti agli occhi, così
accecante da bruciare, ogni suo castello di carte era crollato.
- In
un lampo di comprensione, l’ idea di essere stata completamente inutile
per tutti quegli anni, chiusa in quell’ insulsa scuola invece che fuori
con la bacchetta spianata tra le milizie dell’ Oscuro che avanzavano,
dietro di loro una gloria che era morte e distruzione, le attraversò la
mente e il cuore come una freccia, una ferita che non era nulla al confronto
della vergogna che le ardeva sulle guance pallide.
- Aveva fallito.
- Avevano
fallito. Tutti quanti.
- Eppure,
un germoglio di speranza era ancora sepolto nel suo cuore, coltivato
gelosamente, protetto ed amato come il cuore in cui era stato piantato.
- Nonostante
i suoi genitori, i suoi parenti e i suoi amici fossero stati catturati e
condannati senza speranza di redenzione, sapeva che Lui era ancora in libertà.
- La
sua famiglia era troppo influente e troppo portata per la sottile arte del
doppio gioco –cosa che l’aveva sempre infastidita e affascinata- per
poter essere condannata senza possibilità d’appello.
- E
per ultimo, ma non meno importante, la sua anima, per quanto sporca, era
ancora integra.
- Quel
suo atto di codardia che aveva rischiato di compromettere tutto –tremito
della mano di fronte ad un paio di semplici occhi azzurri, di fronte ad un
povero vecchio sciocco che aveva pensato di poter intralciare i piani del
loro Signore e che come degna ricompensa e punizione era stato spedito
all’ altro mondo in una fredda tomba di marmo bianco- non era stato così
dannoso, nonostante tutto.
- Ora
potevano andare avanti insieme.
- E
chissà, forse un giorno lontano porre le basi per ricostruire tutto.
- Così,
dal giorno della battaglia finale, cercarlo era divenuto il nuovo –e
unico- scopo della propria esistenza.
- Ci
aveva impiegato giorni, mesi di folle ricerca, angoscia e timore; sembrava
sparito nel nulla, aveva fatto svanire ogni singola traccia della sua
esistenza. Ma, quando le acque si erano ormai calmate, e il Trio Miracoli
aveva ormai ricevuti i dovuti oneri ed onori, ce l’aveva fatta.
- Piccoli
indizi, briciole di pane muffito e raffermo che però l’avevano portata
sempre più vicina alla casa nel bosco, finché non era riuscita a varcarne
la soglia.
- Lo
aveva trovato, e ora lo attendeva lì, dove tutto era cominciato.
- Perché,
anche per loro, ci sarebbe stato un nuovo inizio, insieme.
- Si
era voltata, un suono simile alla Smaterializzazione era risuonato
–lugubre- nell’aria intorno a lei; il suo stomaco si strinse in una
morsa d’angoscia, un presentimento nefasto che accantonò all’ istante.
- La
sua rovina.
- A
differenza di lei, era stranamente in salute.
- I
capelli biondi rilucevano nella debole luce lattiginosa di quel mattino di
metà di dicembre, le spalle dritte e più ampie di quanto ricordasse.
- Il
candore alabastrino della sua pelle – così luminoso e sano rispetto al
suo, quasi giallognolo, risultato di mesi di sofferenze e privazioni- era
quasi abbagliante, così diverso da quello di chi, come i loro vecchi
compagni, aveva passato momenti difficili nell’ immediato dopoguerra.
- Ciò
che più la colpì furono i suoi occhi: lucenti, abbaglianti, chiari come
mai li aveva visti.
- Una
seconda fitta la colpì: non era mai stato propriamente bello, ma c’era
qualcosa di così magnetico nel suo aspetto che si ritrovò a fare un
involontario passo verso di lui.
- Era
davanti a lei, a portata della sua mano, l’irrilevante distanza di qualche
passo e di un respiro.
- Eppure,
la stretta che le comprimeva le viscere –angoscia, terrore e malia la
laceravano, il cuore diviso dal desiderio di corrergli incontro e di
scappare il più possibile lontano da quegli occhi così luminosi e nello
stesso tempo pericolosi- non l’abbandonava.
- Fece
un profondo respiro, bevendo quell’ aria di morte come un assetato un
bicchiere d’acqua rancida, e avanzò verso di lui.
- “Ti
ho trovato.” Un altro respiro. “Ti ho cercato per così tanto…”
- Un
lampo negli occhi grigi, la guardò come si guarda una pazza, parlando in
tono misurato, come se avesse paura di un suo scatto improvviso “Sono qui
ora.”
- Infilò
una mano in tasca del mantello, noncuranza che mascherava il freddo calcolo,
maestro della menzogna, tanto prigioniero delle proprie illusioni da
faticare lui stesso a distinguerle dalla realtà.
- Pansy
avanzò di un altro passo, l’emozione le impedì di vedere
l’impercettibile irrigidimento delle spalle di lui.
- “Sai,
ho pensato molto a te dalla fine della guerra. Quando gli Auror mi hanno
lasciata andare, ho visto i resti del nostro sogno, le nostre vite rovinate,
le nostre famiglie trascinate nel fango e nell’ infamia” rabbia cocente,
ferite ancora aperte che pulsavano e trasudavano pus “e mi sono sentita
perduta. Non avevo più nemmeno una casa in cui tornare… Però poi,” il
suo volto si accese, e l’ emozione che vi comparve sembrò quasi
rinvigorire la sua bellezza ormai sfiorita “ho pensato a te. A noi.
Possiamo riavere tutto, le nostre vite, la nostra ricchezza, il nostro
passato. E chissà che un giorno non riusciremo a divenire così potenti da
superare Lui.”
- Il
suo sguardo si accese al pensiero, desiderio che era pirite, spazzatura
ricoperta di fango.
- “Io
e te. Come è sempre stato e come sempre sarà.” Tese una mano verso di
lui, cercando di toccarlo, ma le sue dite non raggiunsero nemmeno la stoffa
dei suoi vestiti.
- Come
poteva essere così lontano?
- “Pansy”
sempre lo stesso tono calmo, misurato, quasi incolore ed eppure così
stridente, unghie che graffiavano, grattavano sulla sua anima sporca “non
credo sia una buona idea. Se ci vedessero insieme ora, probabilmente
andrebbe in fumo tutto ciò che ho creato fin a questo momento. Ho trovato
il mio posto nella nuova società magica, posso ricostruirmi una vita. E ti
consiglio di fare altrettanto.”
- Pansy
lo guardò, sul viso un sorriso che era incredulità e pazzia, mentre faceva
un altro passo verso di lui.
- “Cosa
stai dicendo? Noi siamo destinati a stare insieme. Io ti sono sempre rimasta
accanto, come hai sempre fatto anche tu, del resto. Certo, capisco che la
mia posizione ora non sia delle migliori, ma con il tuo aiuto rimedierò e
ritorneremo alla gloria di un tempo. In fondo è quello che desideriamo
entrambi. Ricostruiremo il nostro passato.”
- I
suoi occhi scuri brillavano, la nuova luce che li faceva risplendere
diveniva sempre più intensa a mano a mano che quella certezza –castello
di sabbia durante una tempesta- si consolidava sempre più nella sua mente.
- Come
poteva essere altrimenti?
- Lo
vide indietreggiare, gli occhi ora freddi, il grigio
–di solito così profondo, meraviglioso- talmente piatto da risultare
quasi inumano.
- “No,
Pansy. Non è possibile, mi dispiace. Mi ha fatto piacere rivederti, ma le
nostre strade non potranno più incrociarsi di nuovo. Non come tu vorresti,
almeno.”
- Fece
per allontanarsi, ma la mano di lei lo fermò.
- Se
ne sarebbe andato senza nemmeno un ultimo addio.
- Ora
che era riuscita a toccarlo, l’unico pensiero coerente che riuscì a
formulare fu che non avrebbe mai dovuto -voluto- farlo.
- Ritrasse
la mano, come scottata, mentre lui si irrigidiva e si fermava, senza però
voltarsi, lo sguardo perso in un punto che lei non poteva vedere.
- Nemmeno un ultimo sguardo.
- “Perché?” voce sottile, un nodo che ti opprime la gola, soffocandoti piano “vuoi abbandonare a tutto così? La nostra ricchezza, la nostra vita, i nostri ideali!”
- Me.
- Noi.
- “Posso
fare a meno di tutto questo Pansy.”
- Un colpo al cuore.
- Conto
così poco per te?
- Continuava
a non guardarla [ mio Dio, girati! Girati!]. “Quando, sulla torre di
Astronomia, mi sono ritrovato di fronte ad Albus Silente e ho ascoltato le
sue parole, ho capito una cosa. Non importava chi avesse vinto; l’unica
cosa che contava era che io, mia madre e mio padre fossimo salvi.”
- La
sua voce si era fatta lontana, mentre lo sguardo lontano era perso in
ricordi ed immagini a lei sconosciuti.
- “Silente
poteva offrirmi più di quanto il Signore Oscuro avrebbe mai potuto fare:
mia madre protetta e al sicuro, mio padre ad Azkaban, ma salvo. E per me,
finalmente una notte in cui poter chiudere gli occhi senza che la paura di
essere scoperto e spiato mi assalisse o senza che il marchio cominciasse a
bruciare. Paragonato alla situazione in cui mi trovavo, praticamente il
Paradiso.”
- La
sua risata fredda risuonò lugubre nell’aria morta, le tombe sembravano
vibrare come diapason al suo passaggio. Un brivido le corse lungo la
schiena.
- “Quindi
decisi di prendere la scelta migliore: il doppio gioco e l’inganno erano
sempre state mie doti connaturate. Divenni una spia per l’Ordine della
Fenice. Fu, in parte, anche grazie a me se molti attacchi fallirono; e nel
frattempo, Silente mantenne la parola, tenendo mia madre al sicuro e
promettendomi che forse la sua pena sarebbe persino stata ridotta agli
arresti domiciliari, dato che non aveva il marchio e non vi erano prove
effettive del suo coinvolgimento nelle attività con i Mangiamorte.
- In
conclusione, più di quanto avessi mai osato sperare.”
- Continuò,
incurante del respiro accelerato e dei singhiozzi sommessi di Pansy,
incapace ormai di interrompere il racconto, come se il fatto di fermarsi
fosse inconcepibile, come interrompere il respiro.
- “Quando
la battaglia di Hogwarts terminò, Potter” un guizzo, a quel nome, gli
passò sul viso, come se gli fosse ancora difficile pronunciarlo “volle
parlarmi: mi disse che avrebbe testimoniato a mio favore nel processo che
sarebbe avvenuto, che mia madre non sarebbe finita ad Azkaban, ma che non
avrebbe potuto fare nulla per mio padre. Gli dissi che non importava: a quel
punto, l’unica cosa che mi interessava era la salvezza di mia madre.
Inoltre ero consapevole che il numero smisurato di prove a suo carico lo
condannavano senza possibilità di appello: l’unica cosa che potei fare fu
assicurarmi che non venissero più impiegati i Dissennatori come guardie per
le celle.”
- “Da
quel momento ho cercato di ricostruirmi una vita, un passo per volta,
mattone dopo mattone. E ora che ho edificato nuove mura in grado di
proteggermi meglio e più di prima…non permetterò a nessuno di
compromettere l’ esito delle mie fatiche.”
- Un
gemito, il cuore che lentamente si spaccava, bruciante consapevolezza della
perdita imminente.
- Aveva
davvero intenzione di andarsene?
- “Allora ti aspetterò. Farò anch’io la mia parte e quando avrò di nuovo in mano le redini della mia vita, ti raggiungerò e…”
- La voce le si bloccò in gola quando vide il suo viso. Stravolto dall’ ira, ora la guardava apertamente, gli occhi divenuti ormai scuri come piombo.
- “NO,
Pansy. Nonostante in un certo senso durante gli anni ad Hogwarts abbia
cominciato a tenere a te, non ho mai avuto il desiderio di averti accanto
come mia compagna di vita; se non fosse stato per le imposizioni di mio
padre, probabilmente ora la nostra sarebbe una semplice e lontana
conoscenza. E come non ho mai avuto questo desiderio in passato, tanto meno
lo provo ora. E poi...”
- Fu come se il cuore le si spaccasse in tanti piccoli pezzi, alla vista della dolcezza che gli pervase i lineamenti nel giro di pochi attimi.
- Non ricordava di avergli mai visto un’ espressione simile; non era qualcosa di troppo evidente –del resto, lui era pur sempre Draco Malfoy-, ma era quasi stridente e raggelante per una come lei che lo conosceva alla perfezione –Dio mio, conosceva a memoria ogni singolo tratto del suo viso. Quante volte lo aveva ammirato, ad Hogwarts, seduto accanto lei al bagliore del focolare? Quante volte aveva guardato la sua foto al lume della bacchetta quando, braccata da uomini e donne perseguitati dalla sua famiglia e in cerca di vendetta, era costretta a nascondersi in piccoli e maleodoranti vicoli bui?
- Infinite.
- “…c’è
lei. Non credo tu abbia bisogno di sapere altro.”
- I
suoi occhi lontani e all’ improvviso così caldi, il piccolo sorriso che
gli increspava le labbra –come poteva il suo volto con un movimento così
impercettibile, insignificante, risplendere in modo talmente accecante?
Come?!- furono il colpo di grazia.
- Cadde in ginocchio, la vista sfocata dalle lacrime che non voleva versare –orgoglio? Incredulità? Ultima speranza?- e il sangue del suo cuore morente che le corrodeva come acido le viscere.
- Non
udì quello che le disse, non lo guardò smaterializzarsi, non percepì il
gelo della notte dicembrina attanagliarle le ossa né il suono delle campane
a festa che risuonavano, assieme ai canti natalizi, nella campagna.
- Era la notte di Natale.
-
- It's
been ten fucking years
- since
I've been seeing
your face 'round here.
And you're walking away, - and
I will drown in the fear.
- My
Chemical Romance, “Kill all your friends”
-
- ****
-
- Can
you hear me?
Are you near me?
Can we pretend to leave and then
We'll meet again
When both our cars collide? - My
Chemical Romance, “Helena”
-
- Ad
un anno di distanza si chiedeva ancora cosa fosse successo dopo: nella sua
memoria solo un insieme di immagini sfocate, fotografie magiche ormai
vecchie, dove i personaggi, ormai stanchi di sopportare sempre lo stesso
–immenso- carico di dolore, se ne sono andati, oppure si muovono quasi
trascinandosi, curvi, la sofferenza che li schiaccia sempre più verso la
distruzione.
- Il
fumo dolciastro della pozione saliva, nebbiolina perlacea foriera di dolci
–quanto letali- illusioni.
- Si ricordava chiaramente però di aver riflettuto molto in quel periodo così buio.
- In
cosa aveva sbagliato?
- Non
le era mai sembrato che Draco disdegnasse le sue attenzioni; eppure, ad
un’ analisi più attenta, si ritrovò a pensare che era sempre stato
freddo ai suoi baci. Non la respingeva, ma nemmeno la incoraggiava.
- Come
se si trascinasse, come se la sua mente fosse sempre rivolta a
qualcos’altro.
- O a qualcun altro.
- Era
stato quel pensiero –unito alla furia che la pervadeva- a farle rialzare
la testa.
- Aveva trovato un nuovo scopo, un nuovo motivo per vivere.
- Sapere.
- Avrebbe
scoperto ogni cosa, sino all’ ultima menzogna.
- E
fu da quel momento che venne a sapere di lei.
- Lei,
che lo aveva stregato, lei, che con la sua bellezza nascosta e gentile si
era scavata un posto nel suo cuore senza averne la benché minima
intenzione.
- Lei,
che con il suo carattere così forte riusciva sempre a piegarlo, vincitrice
indiscussa di ogni battaglia, proclamata o meno, non faceva differenza.
- Lei
gli aveva sempre tenuto testa con quel suo orgoglio e quel suo coraggio
inestinguibili, fiamma sempiterna che scaldava, ma non bruciava.
- Come
lei non aveva mai saputo fare, troppo innamorata –amore? Ne sei sicura
Pansy?- per poter anche solo pensare di compiere un’ azione che non fosse
atta a compiacerlo.
- Lei,
eterna avversaria, regina bastarda* dal sangue nero come petrolio, era
riuscita a vincere la principessa degli Slytherin senza nemmeno volerlo.
- Ma
che si era arresa di fronte al Principe; trafitta dalla spada della
passione, aveva teso i polsi alle catene, consapevole fino all’ ultimo del
proprio destino e, per questo, ancora una volta trionfatrice.
- Li
aveva visti in un pomeriggio di maggio, il vento profumato di sole e di rose
muoveva i capelli di lei e la luce che le intravide negli occhi scuri –così
caldi e diversi dai suoi- era vetro splendente sulle vene dei polsi.
- Lo
sguardo che si scambiarono era qualcosa di così intimo, così loro, che il
suo primo impulso fu quello di scappare lontano, come se un suo respiro
potesse rompere la bolla iridescente che li circondava.
- Il
riverbero luminoso di due cerchi d’oro alla mano sinistra di entrambi, una
lama dorata che aveva la tipica potenza di un’eterna promessa, la trafisse
nel centro del petto.
- Voltandosi,
si rifugiò in un vicolo, il marciume della spazzatura agli angoli della
strada strideva così tanto dall’ immagine che era ancora impressa a fuoco
nella sua mente che le dolsero gli occhi
- Fu in quel momento che decise.
- Pansy
Parkinson raccolse una boccetta piena di pozione –panna lattea, così
invitante a vedersi, corolla di un sogno dolce come crema di luna in una
notte stellata- e fece evanescere il contenuto, facendo attenzione a non
inalarne, dando poi fuoco al calderone.
- Guardò
il risultato della sua opera: non si era mai sentita così serena.
- La fine era vicina.
-
-
-
- ***
-
- Draco
Malfoy si alzò dal letto, coprendo con il lenzuolo la donna al suo fianco e
uscendo dalla stanza.
- Perso
tra i suoi pensieri, una tazza di the in mano, si diresse alla finestra
della piccola cucina del suo nuovo appartamento.
- La
Londra magica era così silenziosa eppure così meravigliosa di notte,
coperta di neve e splendente per le candele magiche che stavano appese alle
finestre delle case.
- Ancora una volta, come già da tempo ormai, si ritrovò a pensare che la propria vita finalmente era perfetta.
- Una
complicata danza fatta di compromessi, inganni, rinunce era stato l’ unico
mezzo per arrivare a quel punto.
- E
Draco non poteva fare a meno di pensare che, se fosse tornato indietro,
l’avrebbe rifatto di nuovo.
- La
distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è utile era una sua dote
connaturata: sapeva sempre dov’ era il limite tra l’ orgoglio e la
pazzia, e stava sempre attento a non valicarlo mai.
- Suo
padre aveva, negli ultimi tempi, perso di vista quel sacro precetto, e lui
aveva dovuto intervenire, mettendo pezze e ricucendo gli strappi che era
stati provocati.
- Quel
vecchio pazzo aveva rischiato di rovinare tutto, dopo quel giorno, il giorno
della battaglia finale.
- Tutte
le fatiche che aveva fatto per salvare sua madre e arrivare a lei
sarebbero state vane se non fosse intervenuto.
- La
Maledizione Imperius si era rivelata utile, dopotutto: il suo caro, vecchio
padre aveva confessato di sua spontanea volontà crimini che nemmeno gli
appartenevano, era ora se ne sarebbe stato per il resto dei suoi giorni ad
Azkaban, senza nemmeno tentare l’ evasione.
- Era tutto perfetto.
- Draco sopirò di piacere a quei pensieri, la testa abbandonata contro il vetro.
- Eppure
non riusciva a dormire.
- C’era
un tassello che non era ancora al suo posto, qualcosa che mancava nell’
ordinata bellezza della sua vita.
- Pansy
Parkinson.
- Ciò
che lei gli aveva detto esattamente un anno fa era il medesimo discorso che
suo padre gli aveva fatto, i medesimi intenti e desideri –involontari o
meno- di distruggere il suo piano.
- Eppure, nonostante tutto l’aveva lasciata andare, persuaso dal fatto che lei era troppo debole –innamorata- per potergli nuocere.
- Un
improvviso rumore lo costrinse a voltarsi, una figura avvolta in un mantello
scuro si stagliava nel centro della stanza.
- Aveva una maschera da Gorgone sul viso.
- E se,
quel giorno, si fosse sbagliato?
- Avanzava
verso di lui, silenziosa, come fluttuasse nell’aria. Non seppe perché, ma
cominciarono a sudargli le palme della mani.
- “Chi
sei?”
- La
figura rise. Aveva una risata bassa, rauca, pericolosa.
- “Ha
importanza il nome di chi ti ucciderà, Draco Malfoy?”. Era una voce di
donna.
- Le
sue gambe non si muovevano, la morsa della paura -come una catena spuntata
dall’ Inferno direttamente per inghiottirlo- lo teneva inchiodato al
suolo.
- “Cosa?”
domanda studiata per distrarla, il serpente che ti ipnotizzava con lo
sguardo per poi attaccare al primo segno di distrazione o cedimento.
- “E’
inutile che ci provi. Non servirà, non più almeno.” Un gesto della mano,
e la bacchetta dell’ uomo volò verso di lei.
- Tremò, il corpo irrigidito dalla tensione e dal panico.
- Cominci
ad avere paura, amore mio?
- Vide
i suoi occhi saettare dalla porta della stanza al coltello da cucina
abbandonato sul ripiano lì accanto, e un ghigno si dispiegò sulle sue
labbra.
- “Pensi
di avere ancora qualche speranza?”.
- Lo
vide spalancare gli occhi a quelle parole, e con piacere sempre maggiore
continuò.
- “La
stanza è insonorizzata, e una
barriera magica sbarra l’uscita. Non hai più vie di scampo.”
- Bevve
il terrore che traspariva dai suoi occhi grigi –ormai quasi neri- come un
assetato in un’ oasi nel deserto.
- Si
avvicinò sempre più a lui, un profumo dolciastro li avvolse e Draco si
sentì all’ improvviso stordito.
- “E’
tempo che io mi riprenda ciò che è mio. Mentre, per te, il tempo è
scaduto… mio Principe.”
- Draco
Malfoy ebbe solo in tempo di spalancare gli occhi
-nella sua mente l’immagine di
due scuri occhi traditi sullo sfondo di uno squallido cimitero in un giorno
di Natale- prima che le
labbra fredde –e dolci- della maschera toccassero le sue.
-
-
- Oh
how wrong we were to think
That immortality meant never dying. - My
Chemical Romance, “Our Lady of Sorrows”
-
-
- ****
-
- Al
funerale era presenti importantissimi esponenti della comunità magica.
- Harry
Potter li osservò disgustato, una morsa che gli opprimeva il cuore, gli
occhi stanchi e senza più lacrime da versare.
- Guardò il posto vuoto accanto a sé: Ron non era venuto –davvero non avrebbe voluto darle almeno un’ ultimo saluto?- e del resto, dal giorno del matrimonio non aveva più voluto vederla.
- E
nemmeno io,
si disse.
- Soprattutto
io,
aggiunse; e tuttavia, la morte riporta nella giusta ottica molte cose che la
vita invece sbilancia e confonde.
- E
ora è troppo tardi.
- Scacciò il nodo che gli chiudeva la gola, le mani strette a pugno sulla Gazzetta del Profeta, dove una foto –l’ unica- di Draco Malfoy e Hermione Granger che si guardavano, felici, mentre i chicchi di riso piovevano su di loro campeggiava in prima pagina.
-
-
- TRAGICA
VICENDA DI MORTE E PAZZIA COLPISCE I NEO CONIUGI MALFOY
-
- “Sabato
25 dicembre sono stati rinvenuti nel loro appartamento il corpo senza vita
di Hermione Granger e quello di Draco Malfoy, ancora vivo ma colpito da una
sconosciuta e terribile maledizione.
- Risulta
tutt’ora ricoverato nel reparto di psichiatria al S. Mungo: i medici
stanno indagando per scoprire l’incantesimo o la pozione che ha causato
questo stato di tremenda follia, ma non sono ancora giunti a notabili
conclusioni.
- Hermione
Granger invece è stata trovata nel proprio letto matrimoniale, l’arma del
delitto sarebbe un coltello che, secondo le ricostruzioni degli Auror, le
sarebbe stato conficcato nel petto.
- Il coordinatore delle operazioni è il Colui-Che-Ha-Sconfitto-L’ oscurità, Harry Potter, amico intimo della neo signora Malfoy, che però in conseguenza del matrimonio con il suddetto Draco Malfoy…”
-
- Harry
s’era rifiutato d’andare oltre, nauseato dalla strumentalizzazione che
Rita Skeetter aveva, come al solito, operato anche ad un tragedia simile.
- Alzandosi,
si diresse verso la fossa dove la tomba di Hermione Granger era stata appena
calata per gettarvi un fiore.
- Il
giornale volò via, disfacendosi nel vento invernale, e il Bambino
sopravvissuto non notò un piccolo articolo relativo al ritrovamento del
cadavere di Pansy Parkinson di fronte al cancello del cimitero di Little
Hangleton, nella sua mano una lunga, soffice, ciocca bionda.
-
-
-
- Note:
- *Riferimento
alla meravigliosa regina Elisabetta I d’Inghilterra, definita
“bastarda” perché nata dalla relazione tra Enrico VIII e Anna Bolena,
che ha dato vita alla scissione tra Chiesa Cattolica e Chiesa Inglese
divenuta quindi Anglicana.
- Ritenuta
inabile a governare, si rivelò invece una regina lungimirante, capace di
provvedere ai bisogni del proprio popolo: l’ Inghilterra infatti, sotto il
suo regno, visse quella che venne definita l’ “età dell’ oro”.
-
-
-
- Note
dell’autrice: allora…
- Bene,
dopo anni, lustri, decenni, secoli che non postavo qualcosa, eccomi qui con
questa… questa XD.
- E
devo dire che è anche una cosa insolita per me: per la prima volta non è
una rating rosso : P.
- Innanzitutto
ribadisco ciò che ho detto all’ inizio: questo piccolo scarabocchio senza
pretese è dedicato, come, del resto, tutti i miei lavori,
ad Angy, una persona meravigliosa, nonché mia migliore amica
virtuale, sorella di penna, anima gemella, gemella e basta e molto, molto
altro XD.
- Spero
abbiate gradito, anche se credo sia qualcosa di piuttosto inconsueto.
- Negli
avvertimenti ho inserito l’ OOC per il carattere di Pansy Parkinson: sono
consapevole che, nel libro, non è una pazza schizofrenica, ma mi piace
vederla come una rediviva Medea (personaggio che adoro, nel caso non si
fosse capito ^^).
- Allora,
ho modificato alcuni avvenimenti nel corso della storia, seppur tenendo in
conto il tutto fino al sesto libro. Sinceramente non so se si possa
considerare un “What if…”, ma penso sarebbe una forzatura.
- Ditemi
voi ^^!
- E
ora… ai lettori l’ ardua sentenza!
- Leggete
e recensite ragazzi, fatemi sapere cosa ne pensate!
-
- Baci, Mavi.