Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Itsakira    12/10/2014    0 recensioni
Per la prima volta nella storia dell'umanità, Dio decide di dare una seconda possibilità a un ragazzo morto in un incidente di nome Edwyn. Questo, ormai angelo, potrà tornare umano solo se, nella mezzanotte esatta della notte del suo compleanno, quindi prima di invecchiare ancora, riuscirà a baciare la donna che, se non fosse stato investito, avrebbe fatto parte della sua vita. Il problema è, quindi, trovarla. Liz entra apparentemente per caso nella sua vita, e da quel momento iniziano a capitarle cose molte strane, avvenimenti paranormali. Qualcuno cerca di ucciderla. Gli inferi si sono ribellati, i dannati e i demoni sono pronti a combattere per impedire che Edwyn sfrutti una possibilità che a loro non è stata data. La guerra tra i mondi inizia quando capiscono che ucciderli non è semplice. Dove porterà tutto questo?
Il cielo si fece scuro, il vento mi scompigliava i capelli. Guardavo, dal punto più alto della collina, il mio campo di battaglia. Lo aspettavo, con lo stomaco aggrovigliato, pronta a combattere. Non sapevo se il mio cuore avrebbe retto all’impatto. Poteva una ragazza, fragile e umana, uccidere un demone, per salvare un angelo, di cui era innamorata?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo tre - Freddo e Paura

Indossai la maschera che, ormai da qualche giorno, usavo per coprire la mia vera me, sconosciuta e vulnerabile. Con passo deciso affrontai il corridoio scolastico badando a non incrociare lo sguardo di nessuno in particolare. Mi fermai davanti al distributore di merendine e inserii quel tanto che bastava per comprarne una al cioccolato. La afferrai e con apparente disinvoltura la infilai velocemente nello zaino. Marie doveva essere lì, da qualche parte, ma per qualche motivo non riuscivo a trovarla. Richiusi la cerniera della tasca dello zaino con uno zip veloce e mi voltai per riprendere una posizione eretta. Un’ondata di nausea mi invase.
Il ragazzo biondo, così vicino che, se avessi allungato un bravo lo avrei sicuramente toccato, stava appoggiato al distributore e mi fissava, con uno strano sorrisetto. Mi convinsi che doveva sentirsi attraente. Lo fissai. Sì, lo era, dopotutto.
Dopo qualche secondo lasciai trapelare l’irritazione per quegli sguardi. « Beh? Non hai nient’altro da fare? » dissi.
« Qualcosa di diverso da osservare la mia prossima conquista? No, direi di no. »
Girai i tacchi e feci per andarmene senza nemmeno salutare. Volevo sputare un “Addio” acido ma la parola mi morì in gola. Il ragazzo mi raggiunse prima che potessi fare più di due passi e mi bloccò la strada.
« Ehi, permettimi almeno di presentarmi » diceva. Da vicino, notai la sua imponente statura. Io ero più alta della norma, ma lui mi superava di almeno dieci centimetri buoni. « Mi chiamo Adam e faccio il quarto anno »
Lo guardai sperando che la mia espressione risultasse scocciata. « Ora che lo so mi sento più che realizzata, pensa un po’ » dissi sarcastica e lo superai diretta verso l’aula della mia prima lezione.
« Buona giornata Elisabeth Breeze » urlò Adam.
Mi bloccai. Conosceva il mio nome. Lo conosceva per intero. Un brivido mi percorse la schiena, un presentimento, forse. Un brutto presentimento. Decisi di ignorarlo e proseguii.
Durante la mattina, una delle mie lezioni si svolgeva nell’aula di disegno artistico. Appena sistemai le mie cose e mi sedetti, Edwyn si accomodò come sempre al mio fianco, ma mantenne per qualche minuto una posizione strana, come ‘tesa’.
« Ti ho visto parlare con Adam Gustin prima » disse tutt’a un tratto Edwyn rompendo il silenzio niente a fatto sgradevole tra di noi. « Non dovresti farlo » concluse.
Lo guardai, quasi divertita.
« Perché? » sorrisi.
« Perché ho sentito dire parecchie cose piuttosto … brutte su di lui. E poi non ha una buona reputazione. »
Alla prima parte della sua risposta il mio sorriso era svanito, ma non abbandonai il tono divertito. « Nessuno ha una bella reputazione qui. Tutti inventano pettegolezzi su tutti. Stai tranquillo. »
Nemmeno io avevo una bella reputazione. Non una come me che si veste e si trucca di nero e usa borchie ovunque.
« Dico sul serio, Liz. » la sua voce ferma e preoccupata mi colsero quasi di sorpresa. « Stagli lontano. »
Ero lusingata dalle sue parole, ma mi convinsi che non c’era da preoccuparsi. Ero al terzo anno e se qualcuno avesse mai accennato qualcosa su un certo Adam Gustin, lo avrei sicuramente saputo. Anche i miei presentimenti in sua presenza probabilmente erano infondati. Dopotutto, in che modo mi avrebbe potuto nuocere il parlare con Adam? Poi pensai che tutte queste preoccupazioni non fossero che una scusa per nascondere gelosia. Mi stava solamente dicendo di stare lontano da lui, perché era geloso. Questo, in un certo senso, mi piacque. Quando Edwyn mi rivolgeva la parola provavo un certo nodo allo stomaco. Se mi aveva rivolto la parola dopo giorni di silenzio per una cosa del genere, perché non continuare a fare il modo che accada?
La parte irrazionale di me si alleò con quella razionale.
Dovevo assolutamente trovare Adam Gustin.
Appena la campanella suonò sfrecciai fuori dall’aula setacciando i corridoi con lo sguardo per trovare chi cercavo. Con passo veloce ripercorsi il corridoio dove l’avevo incontrato, guardando anche dentro le aule. Una mano, mentre camminavo, mi toccò la schiena. Al contatto, avvertii una fitta di dolore e rimasi – o me l’ero inventata? -, per mezzo secondo, paralizzata. Il tempo che bastava per fermarmi. E avere paura.
« Mi stavi cercando? » mi chiese una voce dal tono divertito ma ostile.
Mi girai, lentamente, cercando di non pensare alla paura che mi aveva offuscato la vista un istante prima. Adam aspettava una risposta, con quel sorriso furbo stampato in viso tutto il tempo.
Riaccolsi le mie forze per tornare la Liz spavalda e temeraria che ero un tempo.
« Mi segui, Gustin? » dissi acida.
« Quindi sai anche il mio cognome, devi esserti informata. » Adam cominciò a girare intorno a me come se stesse osservando la prossima vittima di chissà quale serie di omicidi. Per un attimo, pensai che non dovevo assolutamente mai stare da sola con lui in una stanza.
« Non ho tempo da perdere. » ringhiai.
Adam si avvicinò pericolosamente a me e fu allora che notai la bellezza del suo viso. I suoi tratti erano spigolosi, imprecisi; i suoi occhi grigi avevano un taglio molto maschile e quasi rozzo ma non per questo meno belli delle labbra, sottili ma perfette. Mi arrabbiai con me stessa quando provai attrazione verso di lui. Era quel tipo di ragazzo che tutte vorrebbero. E stava guardando me.
Con l’indice e il pollice prese il mio mento tra le mani e lo sollevò leggermente. Increspai le labbra.
« Io ne ho tanto invece » diceva. « ma lo trascorro giù al marciapiede sul lungo mare a est, alle 22. »
Si allontanò mentre parlava. « Ti aspetto, Liz. Porta anche la tua amichetta. »
Imbambolata, lo fissavo andarsene. Non riuscivo a spiccicare parola. Non riuscivo a formulare una frase per rifiutare l’invito. Nemmeno nella mia testa riuscivo a pensare a un NO deciso. Ogni particella del mio corpo era paralizzata e ad attratta da quel ragazzo inquietante.
Mi accorsi solo dopo un pezzo che Marie mi stava strattonando chiamandomi per nome.
La guardai, ancora un po’ stordita. « Liz, per la misera! Cosa ti prende? »
Il mio sguardo tornò nel punto in cui Adam era sparito dietro l’angolo. Già, cosa mi prende? Mi chiedevo.
« Stanotte, alle dieci. » mormorai, come in trance. « Sul lungo mare, dobbiamo andarci. »
 
Marie farfugliava tra sé e sé parole sconnesse e nervose. Non riuscivo ad ascoltarla, immersa com’ero nei miei pensieri. Non riuscivo a concentrarmi su un concetto, una frase, un argomento nella mia testa: quando ci provavo, perdevo all’istante la voglia di farlo e lo sforzo si dimostrava inutile. Perciò guardavo i miei piedi susseguirsi e camminare verso il lungo mare di Portsmouth, a est, doveva Adam mi aveva indicato. Un passo dopo l’altro, Adam sembrava l’unica immagine che la mia mente potesse concepire.
« … Quando vorrai ascoltarmi, Liz, dovrai spiegarmi dove stiamo andando e soprattutto perché. Fa freddo e se non mi fossi venuta a prendere direttamente a casa sarei rimasta nella mia stanza, al calduccio ... » le parole di Marie per un attimo arrivarono forti e chiare alla mia mente.
Una parola catturò la mia attenzione: freddo. Non mi ero accorta del freddo e delle mie mani gelide, come non fossero parte di me. Come fosse un argomento superfluo su cui soffermarsi. D’istinto, stinsi al collo la sciarpa che mia madre mi aveva obbligato a mettere e i brividi di freddo che avevo ma a cui non avevo fatto tanto caso si attenuarono.
Qualcosa mi faceva camminare verso una precisa direzione. Come una falena attratta dalla luce.
Di colpo, l’attrazione s’arrestò e i miei piedi si fermarono. Marie mi girò intorno e, confusa, studiò la mia espressione.
« Liz? » mi chiamava. « Dove siamo? Perché ti sei fermata? »
Le parole della mia amica risultavano inutili e superflue, per questo distanti dalla mia zona d’ascolto, ma riuscii a capire qualcuna delle sue parole.
« Liz, ho visto un’ombra, la dietro … era veloce. »
« Liz tu pensi che sia il vento ma io sento come il ritmo di un respiro, e non è il mio né il tuo! … »
Non badai a lei.
Girai il viso verso la luce, falena ch’ero.
Adam spuntò da un vicolo buio con due ragazzi, muscolosi e alti. Avevano tatuaggi sulle braccia nude.
Freddo.
Fa freddo. Pensavo.
Perché loro non lo sentono?
Il ragazzo che aspettavo si avvicinò a me con quel sorriso spavaldo della mattina.
« Ti aspettavo » disse.
In un battito di palpebre l’ambiente sfocò e io e Marie ci ritrovammo in una vecchia casa abbandonata. La luce fioca della luna entrava da due finestre semiaperte e rifletteva negli specchi posti in alcune parti della stanza. Uno di questi era rotto. I tre ragazzi ci fissavano, sorridenti. Marie si guardava intorno confusa e spaventata, io restai seria, senza tradire alcuna emozione. O, forse, perché non riuscivo a provarne alcuna, come fossi bloccata.
Adam si avvicinò, mentre, con una mano, accese la fiamma di un accendino. La stanza s’illuminò, mostrando carta da parati verde e divani di stoffa rossa, impolverati. Un tavolo, poco distante da noi, sembrava pieno di ragnatele.
« Ti voglio » tuonò.
Le gambe, a quelle parole, minacciarono di cedere. Il mio cuore iniziò a battere veloce, e la paura riaccese la mia mente.
Dov’ero? Come ci ero arrivata? Cosa voleva da me, Adam?
« Non devi avere paura » diceva, ma qualcosa mi suggeriva che dovevo averne.
« Liz? » piagnucolò Marie, dall’altro lato della stanza, accerchiata dai ragazzi che stavano con Adam. Non riuscivo, però, a vederli bene, non in viso. Tutto quello che avvertivo erano ombre scure.
« Vieni con noi » sussurrò Adam. « e potrai fare tutto quello che vuoi, anche l’impossibile. Non dovrai preoccuparti delle regole, delle leggi morali e quelle dello stato. Seguirai l’istinto, e niente sarà sbagliato. »
Deglutii. La proposta di Adam, per quanto assurda, suonava attraente. La verità era che volevo accettare.
Scappa! Risuonò nella mia testa la voce di Edwyn, e istintivamente rievocai la sua espressione spaventata, quella mattina, al pensiero che avessi parlato con Adam.
La paura e forse anche il buonsenso ebbero la meglio e con scatto fulmineo mi girai e corsi nella direzione opposta alla mia. Dopo aver osservato la casa, mi ero resa conto che l’uscita doveva essere per forza dietro di me. Sentii passi veloci come i miei, probabilmente di Marie, ma quando raggiunsi la porta, ci sbattei sopra come se qualcuno mi avesse spinta prima che potessi aprirla. Ordinavo alla mia mano di far scattare la serratura del portone, ma non faceva che tremare, quasi fosse in preda a convulsioni. L’unica cosa che riuscivo a fare era grattare il legno della porta rompendo le unghie e provocandomi piccole ferite. Alla vista del sangue, capii che era tutto reale e spaventoso. Impotente, il panico mi assaliva.
Con la coda dell’occhio, Adam mi guardava minaccioso.
Fu questa l’ultima cosa che vidi, prima del buio, prima di chiudere gli occhi.
« Mio Dio, Liz! » la voce di Marie.
Sopraffatta dalla paura, raccolsi tutto l’ossigeno e meno di mezzo secondo dopo stavo urlando, così forte che per qualche istante temetti per le mie corde vocali.
Riaprii gli occhi.
Ero sdraiata.
Nel mio letto, nella mia stanza.
La sveglia sul mio comodino segnava l’una di notte.
« Liz, che succede?! » urlava mia madre Cristie che con passi pesanti veniva verso la mia stanza.
Respiravo a fatica, veloce, godendomi la sensazione di aria nuova nei polmoni, mite e non fredda come quella di poco prima. Gettai la schiena indietro, sdraiandomi e fissando il soffitto, boccheggiando.
Non ricordavo il modo in cui ero tornata a casa, e a dire il vero nemmeno il momento in cui mi ero addormentata. Doveva esser stato tutto un incubo. Un incubo molto reale.
Fissai le mie mani, e mi raggelai.
Le unghie erano spezzate, le ferite a causa di esse ancora fresche.

ANGOLO DELL'AUTRICE
Qualcosa inizia ad accadere, qualcosa di serio, di concreto, nella vita di Liz, qualcosa che la sconvolge fin da subito.
Spero che siate curiosi di conoscere il seguito della storia, di quello che succederà in futuro. Niente sarà più lo stesso.
Recensite, recensite, recensite!
A presto!
Itsakira.
  
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