Era alla continua ricerca di persone. Di persone nuove, o di qualcosa di nuovo nelle stesse. Era impegnata nella sua incessante, estenuante ricerca e non pensava ad altro, non voleva altro. Cercava emozioni. Brividi. Parole nuove, mani nuove. Respiri, sospiri, ansimi. Cercava la vita. I suoi occhi non si illuminavano più, e lei a poco a poco moriva. Aveva paura. Paura di non sorridere più. Di non piangere più. Voleva piangere, e non ci riusciva. Voleva sorridere, e non ci riusciva. Ma la rabbia, quella c’era ancora. E non la lasciava. Ci si aggrappava disperatamente, urlava, scalciava, digrignava i denti, ruggiva. Non moriva, ma la rabbia se la mangiava. Pezzo per pezzo. Non ragionava più, non gliene importava più. Voleva vivere una vita che le scappava. Si massacrava i polmoni e il fegato. Si perdeva nelle forme che il fumo assumeva quando lo lasciava uscire dalle labbra.. prima che svanisse. Voleva un po’ svanire anche lei, nell’aria. Voleva essere aria. Avrebbe visto mille città, cento paesaggi, milioni di baci, cento abbracci, mille sorrisi.. avrebbe visto la vita. L’avrebbe sfiorata intrufolandosi tra le dita che si incrociavano, tra i corpi che si univano, tra le lingue che si annodavano..  Voleva svanire, come il fumo. E le sbronze non duravano mai abbastanza. Vomitava, si vomitava sempre tutto dopo. Si vomitava l’anima, le speranze, la vita. Voleva solo essere leggera, voleva solo essere vita. Ma le era rimasta solo l’ira. L’unico fuoco che le bruciava, l’ultima fiamma vitale. Gridava contro la gente, contro il cielo, contro le montagne. Gridava al mondo e all’universo e alle stelle. Gridava, e non poteva smettere di gridare. O sarebbe morta.
Gridava.