12.
Dove fa più male
Da oltre la tavola,
Sasha la guardava con le sopracciglia contratte ed una mano sotto il mento.
Abbassava lo sguardo solo per dare qualche morso alla brioches che aveva scelto
per colazione, e poi tornava a fissarla. I secondi passavano a la sua amica non
le toglieva gli occhi di dosso, iniziando quasi ad incupirsi, tanto era lo
sforzo che stava compiendo per cogliere qualsiasi sua incertezza.
-Tu non me la
racconti giusta…- le disse.
Aria sorrise e
scosse la testa. –Te l’ho già detto, avevo bisogno di stare da sola e sono
andata a fare un giro, e alla fine mi sono addormenta in palestra.-
-Quindi mi stai
dicendo che, dopo una passeggiatina notturna, ti sei messa a dormire a terra
invece di ritornare nel dormitorio?-
Alzò gli occhi verso
Sasha è capì che non credeva ad una sola parola.
-E dimmi,- continuò
la bionda, abbandonando la sua colazione nel piatto. –È stato dormire per terra
che ti ha messo così di buon umore?-
Il pezzo di crostata
che stava mangiando le andò di traverso. Aria riprese fiato e la guardò con un
sorriso tranquillo. –Come dici?-
A quel punto Sasha ebbe
la conferma che mentiva. –Vai a raccontare le tue storielle a qualcun altro, a
me non mi freghi!-
-Insomma cosa c’è
che non va? Ti ho detto la verità!- provò, nascondendo una risata.
-Sei entrata in
mensa con un sorriso da orecchio e orecchio e, per quanto tu ci possa provare,
non credo che troveresti qui dentro una sola persona che potrebbe dire di
averti visto quello stesso sorriso altre volte. Io non me lo ricordo di certo!-
-Adesso è vietato
sorridere?- Chiese, cercando di cambiare argomento. Da quando Sasha era tanto
perspicacie? Era forse cresciuta fra i Candidi, e aveva imparato a scovare le
bugie nel viso degli altri?
-Fammi il piacere!-
disse, facendo roteare gli occhi. –A volte sei talmente tanto pensierosa che
metti paura, per non parlare della luna storta con cui ti svegli certe mattine.
Non sai che fatica faccio quei giorni, devo provarle tutte per farti fare
almeno un sorrisetto. Anche uno piccolo!-
-Meno male che ci
sei tu Sasha…- le rispose, con il più abbagliante, e pure più finto, dei
sorrisi che riuscì a fare.
-Piantala!-
Aria tornò al suo
pezzo di crostata, sbuffando. Sasha poteva indagare quanto voleva, ma non
poteva dirle la verità.
-Perché sei andata a
dormire da sola?- provò, con un tono di voce più deciso.
-Il mio compleanno
mi mette tristezza, avevo bisogno di pensare…- Finite quelle parole, Aria ebbe
un tuffo al cuore.
Non riusciva a
credere alla semplicità con cui si era lasciata scappare quella confessione,
usandola come scusa, per giunta. Sapeva che se si fosse mostrata debole, Sasha
l’avrebbe smessa con le domande ma, oltre a ritenere assurdo usare quella
verità come scusa, non riuscì a capire come avesse fatto a pensarci nonostante
la felicità che aveva ancora addosso.
La mattinata con
Eric l’aveva caricata positivamente, aveva ancora i brividi e, al pensiero dei
momenti che avevano condiviso, quasi arrossiva, oppure le veniva un sorriso
ebete. Eppure, nonostante il suo riparo fra le braccia di Eric, i suoi incubi
erano arrivati a tormentarla quando meno se l’aspettava.
Come una spada
infuocata il suo malessere le aveva attraversato il costato e, senza che se ne
accorgesse, aveva ammesso a voce alta la verità che aveva quasi dimenticato.
Per tutta la sua vita,
aveva odiato l’arrivo del giorno del suo compleanno e, ogni anno, si ritrovava
sempre ad affrontare i suoi tormenti da sola. Ricardava torte e candeline,
regali incartati e sorrisi festosi.
E il senso di
solitudine che l’invadeva.
Ogni anno, per un
motivo o per un altro, si ritrovava sempre in lacrime proprio nel giorno in cui
avrebbe dovuto essere felice di festeggiare.
-Sono successe
sempre cose brutte per il mio compleanno…- decise di confessare, come se quel
macigno che aveva in gola fosse troppo pesante da mandare giù, e avesse avuto
bisogno di mandarlo fuori con le parole.
Piano piano la sua
corazza si stava indebolendo, prima aveva fatto avvicinare Eric, e adesso
sentiva il bisogno di confidarsi con Sasha. I tempi in cui si rifugiava in sé
stessa, sfuggendo al contatto con gli altri, stavano finendo. Evidentemente, la
forza degli Intrepidi le stava entrando in circolo.
-Potevi dirmelo
subito.- le disse Sasha, con uno sguardo gentile e un sorriso rincuorante.
Come immaginava, la
curiosità dell’amica era sparita, sopraffatta dal suo animo pacifico, sempre
pronto e far sorridere gli altri.
Le mise una mano
sulla sua, sopra il tavolo. –Se ne vuoi parlare, con me puoi farlo…-
In passato, come era
già successo, Aria si sarebbe arrabbiata per quella proposta di aiuto. Avrebbe
reagito male, abituata com’era a difendersi da sola con le unghie e con i
denti, senza chiedere mai aiuto a nessuno per non dimostrare nessun punto
debole. Ma le cose stavano cambiando e, per quanto fosse spiacevole ammetterlo,
aveva bisogno di mantenere Sasha distratta.
-Per il momento
voglio solo smettere di pensarci ed essere felice, ma grazie.- Provò a
sorridere.
Sasha batté le mani
sotto al mento e tornò all’attacco. –Di questo non devi assolutamente
preoccuparti. Abbiamo la mattina libera dagli allenamenti, e anche il
pomeriggio, preparati a passare una giornata con i fiocchi.-
Aria sorrise, fino a
quando la sua attenzione non fu richiamata dalla persona che aveva fatto il suo
ingresso nella sala. Era un ragazzo alto, muscoloso e con i capelli molto
corti.
Registrò i suoi
occhi color fumo e i suoi tatuaggi sulle braccia, seguendo poi le linee che
aveva disegnate sul collo, mentre il suo cuore mancava di un battito. Sentì
mille brividi sulla pelle, e non riuscì a fare a meno di sorridere.
Eric era entrato
insieme ad altri ragazzi e, quando incrociò il suo sguardo, fece un piccolo
sorriso che solo lei riuscì a vedere, prima di distogliere lo sguardo e andarsi
a sedere ad un tavolo con i suoi compagni. Anche Aria abbassò subito lo
sguardo, per evitare che qualcuno si accorgesse di qualcosa, ma il sorriso che
aveva sulle labbra non scomparve.
Sasha vide il suo
sorriso e, per pura curiosità, si voltò a guardare nella direzione verso cui
guardava lei poco prima, seguendo Eric che rideva con i suoi amici mentre
raggiungevano il tavolo che avevano scelto.
-Guarda un po’!-
disse la bionda. –Eric è di buon umore proprio oggi che non ci sono
allenamenti. Non poteva esserlo quando ha appeso Christina sullo strapiombo, o
quando ci faceva combattere fino allo svenimento?-
Aria sussultò.
Come se un fulmine
le avesse attraversato la mente, Sasha sollevò lo sguardo su di lei per poi
girarsi a guardare un’altra volta Eric. Chiaramente stava facendo due più due,
ma poi la vide scuotere violentemente la testa, come se l’idea che le si era formata
davanti fosse decisamente troppo assurda.
Mai dubitare del
proprio istinto.
Aria fece un respiro
di sollievo e, mentre la bionda riprendeva a mangiare, la sua attenzione venne
catturata da Peter seduto nel tavolo vicino.
Il ragazzo dai
capelli neri era rigido come una statua, troppo concentrato a studiare Eric
seduto poco distante, per ricordarsi di respirare. Aveva gli occhi puntati sul
capofazione, quasi non batteva ciglio. Poco dopo Aria si ritrovò quegli stessi
occhi di falco puntati contro, ma qualcosa le disse che il ragazzo non si fosse
voltato verso di lei perché si era sentito osservato, ma per un altro motivo.
Mentre la guardava,
Peter assottigliò lo sguardo.
Il punteggio di ogni
iniziato, interno ed esterno, veniva calcolato tenendo conto delle
esercitazioni affrontate e, soprattutto, in base agli scontri che erano stati
sostenuti. Al termine del primo modulo d’addestramento, la classifica generale
mostrava i nomi di tutti gli iniziati, e decretava coloro che avrebbero dovuto
abbandonare l’iniziazione. I migliori potevano vedere i loro nomi scritti in bianco,
e magari nei primi posti ma, per quelli il cui nome era scritto in rosso, si
presentava un futuro fra gli Esclusi.
Aria aveva dato il
meglio di sé in ogni esercitazione, distinguendosi sempre. Per quanto
riguardava i combattimenti, aveva affrontato solo i trasfazione. I figli degli
Intrepidi si allenavano separatamente, affrontandosi fra di loro, ma contro gli
interni aveva sempre vinto lei tranne che contro Edward.
Non aveva combattuto
contro tutti naturalmente ma, in base ai duelli sostenuti, era stato comunque
possibile calcolare le loro effettive capacità.
Il primo della
classifica era proprio Edward, seguito da Peter e da un iniziato interno di
nome Uriah, loro tre avevano conquistato il podio. Aria vide il suo nome al
quinto posto e, pur sentendosi estremamente soddisfatta del risultato ottenuto,
provò un profondo dispiacere per non essere riuscita a fare di meglio.
Era ambiziosa ed
aspettava quel momento da tutta la vita, non era pronta ad accontentarsi di
essere passata al secondo modulo, voleva essere la migliore. Vedere però che era la prima fra le ragazze,
proprio davanti a Molly, la fece comunque sorridere.
Sasha era passata,
ma era fra gli ultimi posti. La sua amica non era ambiziosa come lei, infatti
la vita esultare di felicità, e anche lei sorrise.
-Non pensi che
manchi qualcosa?-
Aria rabbrividì.
Abituata com’era a
sfuggire al contatto umano, già di per sé sentire qualcuno che le alitava sul
collo era qualcosa che non sopportava. Ma, riconoscere in quella voce il suo
rivale Peter, le fece rivoltare lo stomaco.
Tutti gli iniziati
erano ammassati davanti alla classifica, Aria era accanto a Sasha, ma aveva
altre persona attaccate al braccio e davanti. Nonostante tutto quel contatto
fisico, sentire la propria schiena contro il petto di Peter le fece salire il
sangue al cervello, accecandola dalla rabbia.
Lo ignorò, non
capendo cosa volesse da lei, e sollevò lo sguardo sulla balconata che
affacciava sulla palestra. Lì sopra erano radunati i cinque capifazione e gli
istruttori degli iniziati esterni e interni, Quattro e Lauren. Si trovavano
sulla passerella che spesso i capi usavano per supervisionare gli
addestramenti.
Saldamente
aggrappato alla ringhiera, quasi stesse per cadere di sotto, c’era Eric. Un
uomo dai capelli ingrigiti gli era al fianco, ma Aria non riuscì a vederlo in
viso dato che era di spalle. Capì ugualmente che gli stava dicendo qualcosa e, più
parlava, più Eric impallidiva.
Aria storse il naso,
chiedendosi cosa mai poteva avergli detto quell’uomo per sconvolgere tanto uno
come Eric. Il più giovane dei capi non era facilmente impressionabile, ma il
modo in cui spalancò gli occhi quando l’altro capo si allontanò, dopo avergli
detto un’ ultima frase, le lasciò una sgradevole sensazione.
Senza alcun
preavviso, Eric fece scattare il suo sguardo tra la folla, e lei capì che la
stava cercando ma, quando i loro occhi si incrociarono, l’attenzione del
ragazzo si spostò immediatamente sulla figura dietro di lei. Peter le era
ancora vicinissimo, ed Eric studiò proprio il modo in cui le era attaccato alla
schiena. Lo trapassò con un’ occhiata talmente cupa e terrificante che, non
solo Aria si stupì di non vedere Peter dissolversi in cenere, ma dovette
guardare altrove, tanta era la paura che provò. Non aveva mai visto Eric in
quel modo, lo aveva visto prendersela con gli iniziati, minacciarli.
Ma non aveva mai
visto quello sguardo così arrabbiato.
Per un attimo ebbe
seriamente paura per la vita di Peter, e si chiese se fosse davvero necessario
guardarlo in quel modo solo perché le si era avvicinato troppo ma, la sua mente
brillante, le disse che la reazione di Eric non era solo gelosia.
Si chiese cosa
avesse fatto Peter di tanto sbagliato per guadagnarsi quell’ira, e cosa aveva
detto l’altro capo ad Eric per sconvolgerlo tanto.
Poi Eric scappò via,
e lei smise di pensare.
-Che cosa vuoi,
Peter?-
Gli iniziati erano
ancora davanti alla classifica a festeggiare, mentre quelli che non avevano
superato il modulo venivano allontanati da alcuni Intrepidi adulti.
Peter, dietro di lei,
sghignazzò.
-Eric era troppo
impegnato a scoparti, per ricordarsi
del nostro incontro sospeso?-
Un dolore mai
provato prima le esplose nel petto.
Spalancò gli occhi e
trattenne un fremito, resistendo anche all’impulso di portarsi una mano al
petto, dove il suo cuore aveva avuto un sussulto tanto forte da farle male.
In un solo istante,
come una lama infuocata, la consapevolezza di quello che era successo
l’attraversò. Ogni cosa andò al suo posto e, la sua mente da Erudita, le
presentò in maniera dettagliata tutto ciò che era accaduto realmente.
Rivide Eric
aggrappato alla ringhiera e l’altro capo che gli diceva qualcosa, pensò alla
sua espressione storpiata dal terrore, e poi ricordò l’allusione fin troppo
precisa di Peter.
Proprio Peter, che
era tanto abile a fare il lecchino per eccellenza dei capifazione, e che non
voleva altro che mettersi in mostra per diventare un giorno un comandante.
Si voltò,
consapevole dell’espressione stravolta che le alterava i lineamenti, ma non le
importava. I suoi occhi non vedevano altro che quel volto strafottente.
-Che cosa hai
detto?- sibilò, non tanto per intimorirlo, ma perché non riusciva a parlare in
altro modo.
Nessuno dei ragazzi
che gli erano attorno fece caso a loro, nemmeno Sasha, troppo impegnata a
festeggiare.
Peter rise nel modo
più odioso che poteva immaginare. –Non ti ricordi del nostro combattimento
fermato a metà? Eric non ci aveva interrotti, per farci combattere ancora
quando saremo stati abbastanza bravi da fare sul serio?-
Aria lo guardò, ma
non lo vedeva realmente, vedeva solo rosso. –Non mi riferivo a quello, come osi
fare insinuazioni di quel tipo, se non sai niente?-
Il ragazzo sorrise
malefico e, capendo le sue parole, osò metterle un braccio attorno al collo.
Sconvolta com’era, Aria non si oppose, si limitò a guardarlo di traverso e ad
incanalare la rabbia.
-Ti svelo un
segreto,- Le alitò in un orecchio. –Per sopravvivere qui dentro devi essere
furbo, e qui le informazioni vengono pagate molto bene…-
-Informazioni?- Aria
si sentiva soffocare.
-Dove hai passato la
notte, cervellona?-
La sua rabbia
esplose come un vulcano, e la lava le incendiva le vene. Non vide più nulla, si
liberò del suo abbraccio e gli mise entrambe le mani attorno al collo.
-Cosa vuoi da me?-
gli ringhiò ad un palmo da viso, furiosa come poche volte in vita sua.
Alcuni degli altri
iniziati si voltarono di scatto verso di loro ma, un po’ perché fra gli Intrepidi
i litigi erano all’ordine del giorno, un po’ perché nonostante la rabbia tutto
appariva sotto controllo, nessuno fece niente.
Sasha però si
allontanò dal resto del gruppo e raggiunse lei e Peter, che si erano spostati
nel fondo della fila.
-Voglio che combatti
con me, perché voglio fartela pagare per quella volta che mi hai preso a pugni
davanti scuola.- Disse Peter, sostenendo
il suo sguardo.
Non aveva neppure
bisogno di scrollarsela di dosso, non gli faceva per niente paura.
Aria serrò i pugni ai
lati del suo collo, tanta era la rabia. –Vuoi combattere?-
-Volevo farlo sul
ring in maniera ufficiale, per umiliarti, come tu hai fatto con me quella
volta. Mi hai fatto fare la figura dello stupido per essermi fatto picchiare da
una donna, ma non sei più forte di me, mi hai solo colto alla sprovvista.-
Peter si decise a spintonarla via, togliendosi le sue mani dal collo. –Ma il
tuo amico Eric ha barato, forse non voleva che ti spaccassi la testa. Aveva
paura di vederti piangere?-
Il primo schiaffo
partì, muovendo la mano di Aria con forza verso la guancia del ragazzo.
Peter piego la testa
da un lato per lo schiaffo, ma rise di gusto. –Pensi che i punteggi in
classifica sarebbero stati gli stessi se, quella volta, non avesse interrotto
lo scontro? Io avrei una vittoria in più, e tu una in meno.-
-Sei secondo in
classifica, sei davanti a me, che altro vuoi? Nessuno ha barato e, se vuoi
batterti con me, fallo!-
Peter le prese un
polso senza che lei potesse impedirglielo, e lo strinse con forza. –Aspettavo
da tanto questo momento, per pareggiare i conti.-
Aria serrò le labbra
e trattenne il dolore al polso, rifiutandosi di toglierlo alla presa del
ragazzo e dargli la soddisfazione di averle fatto male. –Cos’ hai detto ai
capi?- sibilò a denti stretti.
Dal sorriso che
Peter le mostrò, capì che non aspettava altro che quella domanda. –Ho solo
detto ad uno di loro lo strano
atteggiamento che avevate tu ed Eric, e che questa notte non eri nel dormitorio.-
Aria spalancò gli
occhi dalla rabbia.
-Dovevi essere più
furba, magari potevi nascondere i tuoi occhietti dolci ogni volta che Eric
arrivava…-
Quando Peter parlò,
Aria liberò il polso dalla sua presa e lo colpì con un pugno al viso.
Gli altri ragazzi lasciarono
la palestra, senza fare caso a loro rimasti indietro. Vicino a lei, Sasha
assunse una strana espressione.
-Questo è l’ultimo
pugno che mi dai, cervellona!- disse Peter, realmente minaccioso per la prima
volta.
Aria si spostò da
lui e si preparò per combattere.
-Non dovete farlo…-
Disse piano la bionda, facendosi notare.
Si voltò verso
l’amica e, ancora infuriata, la guardò. –Vai via Sasha…-
-Ma Aria...-
-Vai!- le disse
sgarbatamente. –So quello che faccio!-
Sasha strinse le
labbra, abbassò lo sguardo e se ne andò. Aria, tuttavia, capì che non sarebbe
stata perdonata tanto facilmente.
Mentre guardava gli
altri uscire e la palestra svuotata, Aria si sentì afferrare dai capelli e un
braccio le passò intorno al collo.
-Adesso siamo soli…-
Disse Peter, stringendo la presa.
La ragazza si sentì
soffocare.
Carica di rabbia e
coraggio, diede una gomitata allo stomaco del ragazzo e si liberò della sua
presa. Decise di dargli anche un calcio, sfruttando l’occasione e ci riuscì.
Peter non demorse
però e, con decisione, l’afferrò da un braccio e la prese a pugni tenendola
ferma. Un colpo la prese al viso, l’altro al fianco e il terzo sulla spalla.
Riuscì a schivare l’ultimo pugno, liberandosi con uno strattone.
Il polso che poco
prima Peter aveva stretto le doleva, e i pugni presi le avrebbero lasciato dei
lividi e facevano male sul serio. Di sicuro l’avrebbero rallentata e, in preda
al dolore, capì che avrebbe perso e che lo aveva sempre saputo. Non poteva
battere Peter, e se anche Eric lo avesse capito e si fosse rifiutato di farli
combattere ancora proprio per proteggerla?
Gli occhi le
pizzicarono e calde lacrime minacciarono di caderle sulle guance, ma si
trattenne. Non poteva essere vero, Eric non avrebbe mai annullato uno scontro
solo per lei.
Arrabbiata,
rifiutandosi di accettare che fosse quella la verità, mise tutta la forza che
le restava in una gamba e cercò di dare un calcio all’addome del ragazzo.
Ma Peter fu più
veloce, e le sue mani si serrano sulla sua caviglia, bloccando il calcio.
Quando il ragazzo
rise, Aria cercò di liberare il piede, ma fallì. Il secondo dopo Peter stritolò
la sua caviglia e la costrinse in una posizione innaturale con uno scatto,
divertendosi poi a torcerla e a tirarla con forza.
Aria urlò di dolore,
provò a farlo smettere ma non ci riusciva e, mentre si lamentava per il male,
cadde a terra.
A quel punto Peter
la lasciò andare e le diede un calcio fra le costole, facendola tossire. Il
dolore che provava in tutto il corpo era molto forte, ma la caviglia faceva un
male davvero insopportabile. Sentì gli occhi inumidirsi, e poi una voce.
-Che state facendo?
Fermatevi subito!-
Due uomini
avanzarono verso di loro, uno era un ragazzino smilzo con la testa rasata, e
l’altro un uomo con i capelli brizzolati. Era ancora a terra, tutta dolorante,
ma capì che quello che aveva appena parlato era il capofazione che aveva visto
con Eric poco prima.
Peter si paralizzò
di colpo e indietreggiò, con una strana espressione in viso.
-Stavate forse
combattendo senza permesso?- chiese l’uomo.
Aria, lentamente,
cercò di rialzarsi. Aveva la vista offuscata dalle lacrime che non voleva
versare, e la caviglia faceva così male che avrebbe solo voluto urlare.
-Non disturbarti
cara ragazza, rimani a terra!- disse l’uomo, avvicinandosi.
Sentì, dal tono di
voce usato, che il nuovo arrivato era serio e carico di rabbia. Lo vide
avanzare verso di lei e, quando lo sentì fermarsi proprio vicino al suo fianco,
rabbrividì.
Aria non si era
mossa, era ancora stesa a pancia in giù, la caviglia dolorante abbandonata
malamente e le mani aperte sul pavimento freddo. Sollevò la testa e notò tre
cose, principalmente. La prima era lo sguardo carico di disprezzo con cui il
capofazione la squadrava, la seconda era l’espressione spaventata di Peter, che
faceva scorrere lo sguardo da lei all’uomo con ansia.
La terza, fu la
bacchetta nera che l’uomo estrasse dalla tasca dei pantaloni.
Tirandola da parte a
parte con entrambe le mani la fece allungare, rendendola una verga di metallo
che luccicava sotto le luci al neon.
-Chi disubbidisce
alle regole va punito, mia cara…- sussurrò minaccioso.
Senza sapere perché,
Aria capì che non si riferiva al loro combattimento non autorizzato, e che era
lui il capofazione a cui Peter aveva detto di lei ed Eric.
L’avrebbe punita per
qualcos’altro.
Quando il colpo
partì, la ragazza sentì distintamente la linea infuocata delinearsi sulla sua
schiena. Serrò i pugni e si lasciò sfuggire un gridolino di dolore, quando
venne colpita da quella verga.
-Direi che dieci
frustate potrebbero andare bene, non trovi?-
Peter sussultò alle
parole dell’uomo. –Non erano questi gli accordi…- disse coraggiosamente.
Il capo si voltò
verso di lui e fece una smorfia di disappunto. –Perché? Hai qualche problema se
le do quello che si merita?-
Peter prese un
profondo respiro. –Pensavo avreste punito lui…-
Il sorriso crudele
che piegò le labbra del capo fu tanto oscuro quanto ambio. –Oh, non temere
ragazzo, anche lui subirà la sua punizione…-
Quando la seconda
frustata le colpì violentemente la schiena, Aria si lasciò sfuggire il secondo
urlo soffocato, mentre si mordeva le labbra per il dolore.
Poi sentì lui.
-Cosa sta succedendo
qui?-
Quando sentì la voce
di Eric attraversarle il cuore e rimbombare nella palestra, Aria si abbandonò
con la fronte sul pavimento e, non per il dolore, le lacrime che fino a quel
momento aveva trattenuto scesero lungo le sue guance.
Cercando di
concentrarsi solo sul rumore dei passi di Eric che avanzava, senza considerare
il sorriso maligno con cui l’uomo dai capelli grigi aveva accolto l’arrivo
dell’altro capofazione, Aria capì che c’erano dolori peggiori di quelli fisici.
Una ferita
sulla pelle guarisce, una all’anima, dove fa più male, non passa mai. Se la sua
punizione sarebbe stata fisica, ad Eric sarebbe andata molto peggio.
Continua…