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Autore: Kalbalakrab    16/10/2014    15 recensioni
Dopo lo scontro con Gea, Nico ha finalmente trovato la sua strada. Deciso a rimanere per almeno un anno al Campo Mezzo-Sangue, deve iniziare a lavorare sul suo rapporto con gli altri semidei, specie con un certo biondino figlio di Apollo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Will Solace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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NICO III

Nico si svegliò con una leggera pressione sul braccio destro. Ancor prima di aprire gli occhi capì che era giorno; la luce del sole filtrava dalle finestre sparse per l’infermeria illuminandogli il viso. Non c’era troppo rumore attorno a lui, giusto il mormorio dei figli di Apollo alle prese con i vari check-up medici. Forse era passata da poco l’alba.
Schiuse gli occhi e tentò di muoversi, ma si sentiva il corpo pesante e indolenzito. Qualcuno accanto a lui bofonchiò, facendolo irrigidire. Voltò la testa e scese con lo sguardo sul nido di capelli biondi di Will, addormentato a faccia in giù sul suo braccio.
Nico brontolò e combatté per non arrossire.
“Will.”
L’altro sbuffò nel sonno, il suo respiro si fece più accelerato e finalmente riaprì gli occhi.
“Mh?” quando si accorse che anche lui era sveglio fece del suo meglio per sdrammatizzare. “Ehi, Jack Skeletron, sei vivo.” Disse con voce stanca.
“Ja- cosa?”
“Cavolo, mi hai sfinito questa notte.”
Nico si sentì avvampare.
Ma si sentiva quando parlava?
Si tirò su a sedere di colpo, allontanandolo con una manata.
Non aveva potuto fare a meno di notare il suo aspetto. I capelli biondi erano ancora più spettinati del solito, gli occhi azzurri arrossati dal sonno. Ciononostante, Will sorrideva come se fosse sveglio da ore. Purtroppo Nico lo trovava meno irritante di quanto avesse voluto.
“Sei pesante.” Trovò come scusa. Più gli stava lontano, meglio era.
“E tu sei un idiota.”
Nico s’immobilizzò.
“Come hai detto?”
Will roteò gli occhi.
“Miranda e Lou Ellen hanno svuotato il sacco. Andartene in giro per ore con una reazione allergica in corpo... potevi rischiare grosso, Nico.” Lo ammonì serio.
“Non credevo fosse così grave.”
“Già, perché immagino tu abbia una laurea in medicina.”
“Tu ce l’hai?”
Will tentennò.
“Non stiamo parlando di me!” sviò il discorso, rosso in viso. “E cos’è questa storia del non volermi vedere?”
Nico abbassò la testa con uno sbuffo. Solo in quel momento notò l’ago infilato nell’incavo del braccio sinistro. Sgranò gli occhi e si agitò sul posto.
“Levalo.”
Will seguì il suo sguardo sino alla flebo.
“Fra poco, quando ti avremo disintossicato per bene.”
Adesso.”
Fra poco.”
Nico lo fissò lugubre. Poi tanti piccoli puntini iniziarono ad annebbiargli la vista e vide Will scattare in piedi.
“Ah! Non mi svenire, Di Angelo.” Gli posò le mani sulle spalle e lo fece di nuovo coricare sul lettino. Dopo prese un cuscino nelle vicinanze e glielo mise sotto le gambe, per fargli rialzare la pressione. “Meglio?”
Nico si limitò a chiudere gli occhi e a nascondere il viso sotto il braccio libero dalla flebo, annuendo debolmente. Bella figura, svenire come un idiota.
“Non l’avrei mai detto che ti facevano impressione gli aghi.” Continuò Will, senza alcun tono di scherno. Nico lo apprezzò.
“E’ la prima volta che ne vedo uno conficcato nel mio braccio.”
“Sul serio? Be’… quanti anni hai?”
“Quattordici.” Disse. All’improvviso fu curioso di sapere anche l’età di Will. “Tu?”
“Sedici, e ho sicuramente fatto più analisi di te.”
Sedici, si ripeté Nico nella testa. Solo due anni in più di lui. Forse allora aveva una minima chance. Sgranò gli occhi e arrossì violentemente. A cosa stava pensando?
Will gli sedette di nuovo affianco e lui fece del suo meglio per coprirsi il volto con il braccio.
“Tornando al discorso…”
“Mi odi” lo interruppe Nico. “Che motivo avevo di volerti vedere?”
“Ti odio?” Will sollevò un sopracciglio. “Oh, non lo sapevo.”
“Piantala di fare l’idiota.”
“Ah, l’idiota qui sei tu, ricordi?”
Nico sbuffò. Will era tanto bello quanto snervante.
Oh.
Non l’aveva pensato veramente, giusto? Era colpa della flebo, della stanchezza in generale e del fatto che dopo tanto tempo avesse qualcuno che si prendeva cura di lui. Si era lasciato prendere dal momento, sì.
“Il modo in cui mi guardavi a cena…” mormorò Nico. “Era palese.”
“Che ce l’avessi con te? Sì, hai ragione. Aspettavo le tue scuse da ore, e invece niente. Senza contare che hai saltato colazione e pranzo e per cena hai buttato giù poche schifezze. Sbaglio o ti avevo detto di mangiare di più?”
Nico non riusciva a crederci.
“E’ per questo che eri arrabbiato?”
“Odio quando i miei pazienti ignorano gli ordini medici.” Fece una piccola pausa e si sistemò meglio sulla sedia di legno accanto al lettino. Nico notò solo in quel momento che da quando avevano iniziato a parlare Will non aveva smesso un attimo di dondolare il piede dentro quella stupida infradito. Era nervoso? “E comunque non hai tutti i torti a essere esploso in quel modo, ieri.” Continuò. “Ammetto di esserti stato un po’ troppo col fiato sul collo.”
“Non importa...”
“Quindi… tutto sistemato?”
Nico annuì, arrossendo.
“E’ anche colpa mia.” Disse. “Ho detto cose che non pensavo.”
Sul volto di Will si dipinse un sorriso.
“Stai forse dicendo che mi vuoi come tuo amico, Di Angelo?”
Nico si rifiutò di rispondere, in imbarazzo. Brontolò e si sposto su un fianco, solo per ricordarsi all’ultimo dell’ago infilato nel braccio.
“Sei figlio di Apollo, non dovresti curarmi con una canzoncina o robe simili?”
“La flebo è necessaria. E per tua informazione, non per vantarmi, ho passato tutta la notte a rivolgere preghiere a mio padre. Forse non lo sai, ma le allergie non passano in una manciata di ore, com’è successo con te.”
Nico lo guardò confuso, poi si tastò il volto. Ogni segno di irritazione cutanea era sparito. La pelle era liscia e non prudeva né bruciava più. Come aveva potuto non accorgersene subito?
“Oh.” Fu solo in grado di mormorare. Quindi era per quel motivo che stava dormendo sulla sedia…
“Già, oh.” Will roteò gli occhi, ma sorrise. “Torna a dormire. Io ripasso fra un’ora per vedere come stai.”
“Non sei stanco?”
“Ehi, non si è mai stanchi per salvare delle vite.” Will gli fece l’occhiolino e lo stomaco di Nico fece una capriola. “Buona notte, Angelo.”
“E’ Di Angelo!” gli urlò dietro, rosso in faccia. L’altro lo liquidò con un cenno della mano, prima di unirsi a un gruppetto di altri medici.
Nico sbuffò, affondò la testa contro il cuscino e impose al proprio cuore di smetterla di battere così forte.
Non poteva permettersi una cotta per Will.
Con Percy era stato male anni, e pur di farsi notare da lui era finito nel Tartaro. Non voleva diventare di nuovo così stupido e in balia dei sentimenti. E poi quante chances aveva? Già era raro trovare qualcuno con i suoi gusti, figuriamoci uno come Will.
Non era possibile.
Era sicuro che le ragazze facessero la fila per farsi guardare da lui. Era simpatico, gentile, coraggioso, il medico più bravo del campo. E Nico aveva ignorato di proposito l’aspetto fisico: un metro e ottanta, biondo e occhi azzurri, con un sorriso radioso.
Fece una risata sarcastica.
Nessuna chances.
“Ehi, ti sei svegliato!” la voce di Jason risuonò per tutta l’infermeria, fortunatamente strappandolo dai suoi pensieri.
Il più piccolo lo guardò confuso.
“Che ci fai qui? E’ a malapena l’alba.”
Grace si strinse nelle spalle e prese posto sulla sedia dove poco prima riposava Will.
“Non hanno dormito in molti, stanotte.”
Nico si accigliò.
“Come mai?”
“Scherzi? Solace ha fatto tanto di quel chiasso che in un modo o nell’altro tutto il Campo è venuto a sapere cosa ti è successo.”
“C-cosa?”
“Non appena si è assicurato che non fossi in condizioni disperate ha fatto una bella ramanzina alla figlia di Ecate e quella di Demetra. Dovevi vederlo, era così arrabbiato che il suo corpo risplendeva, letteralmente. Sembrava di guardare una miniatura in forma umana del sole.”
Oh, per Ade. Nico si sentì bruciare le guance e morire di vergogna.
Will gli aveva detto che odiava quando qualcuno non prendeva sul serio i suoi “ordini”, ma non credeva di aver fatto finire nei guai anche Lou Ellen e Miranda. Come poteva pensare di farsi qualche amico al Campo se dopo appena tre giorni era già sulla lista nera di ben due persone?
“Io non…”
Jason gli sorrise comprensivo e si aggiustò gli occhiali sul naso.
“Non ci pensare. Piuttosto, ti salutano Percy e Annabeth. Sono occupati a prepararsi per il weekend a casa della mamma di Percy, ma dovrebbero riuscire a fare un salto.”
Nico ricordava bene Sally Jackson. Con lui era sempre stata gentile, gli aveva offerto diverse volte la merenda – ovvero biscotti di tutte le sfumature del blu -, ma non era mai riuscito ad aprirsi completamente con lei. A dire il vero, non si era mai aperto con nessuno, come avrebbe potuto con la mamma del ragazzo di cui era infatuato?
“Digli che possono anche non passare. Sto bene.”
“Sei sicuro?” Nico lo guardò per diversi secondi, e infine annuì. Jason recepì il messaggio. “Oh, giusto. La confessione. Come vuoi, certo.”
“E un’altra cosa… riguardo a Lou Ellen e Miranda Gardiner…”
“Porto le tue scuse?”
Nico fu colto di sorpresa. Da quando Jason riusciva a capirlo così bene?
“Uh. Sì, grazie.”
“E’ a questo che servono gli amici, no?”
Amici. Era già la seconda volta nel giro di pochi minuti che qualcuno lo chiamava così.
“Immagino di sì…” nonostante gli sembrò strano, non riuscì a nascondere un sorriso timido.
 
Il pomeriggio in infermeria fu terribile.
Will passò più volte a controllarlo o portargli da mangiare, ma senza mai fermarsi abbastanza da poter intavolare una vera e propria discussione. Il miglior medico del Campo era richiesto ovunque e per ogni cosa.
Nico si annoiava.
Le attività giornaliere tenevano occupati tutti i semidei che conosceva – quindi pochi – e alla giovane età di quattordici anni, capì di non avere nessun hobby. Non amava particolarmente leggere, non aveva una band preferita da ascoltare, né era bravo con i videogiochi. Mitomagia era una cosa per bambini, e comunque non toccava il suo mazzo di carte da anni. Perciò cosa gli rimaneva da fare?
“Will.”
Il biondo si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati. Era intento a ricucire la ferita sul braccio di Karen, una figlia di Ermes.
“Che fai in piedi?! Torna subito a letto! Solo perché non sei più attaccato alla flebo non significa che puoi alzarti.”
Nico roteò gli occhi.
“Sto bene e mi annoio.”
“Be’, nessuno è mai morto di noia. Torna a letto.”
“Ma potrei dare una mano…”
“Letto.”
Nico s’intestardì.
“Will, no.”
Will, sì.”
“No!”
“Sì!”
“Will.” Karen si fece piccola piccola davanti a lui, come avesse paura di mettersi in mezzo al loro battibecco. “La ferita…”
Will e Nico spostarono lo sguardo sul braccio della ragazzina seduta sul lettino. I punti erano saltati, e il taglio aveva ripreso a sanguinare. Will imprecò sottovoce, poi si girò a fulminare con lo sguardo il figlio di Ade.
“Tu. Letto. Subito.” Ordinò. “Se farai il bravo bambino passerò a trovarti non appena finito il turno.”
“Non sono un bambino e tu sei sempre di turno.”
Will inarcò un sopracciglio e non fece nulla per nascondere il sorriso che si stava formando sulle sue labbra.
“Senti la mia mancanza, Angelo?”
Nico avvampò. “E’ Di Angelo!”
“Fila a letto, Di Angelo.”
Nico resistette all’impulso di sguinzagliarli contro una mandria di scheletri.
Tornò al proprio letto a passo spedito, fumando dalla rabbia. Il che voleva dire che la maggior parte degli altri pazienti arretrò e si allontanò da lui in fretta e furia.
“Nico!” sentì Will urlargli dietro. “Smettila!”
“Di fare cosa?!” non fece in tempo a ribattere che si accorse subito delle ombre che il proprio corpo proiettava, e delle piccole venature che si stavano creando sul pavimento. Arrossì e si maledì sottovoce.
“Che ti avevo detto? Niente trucchetti dell’oltretomba!”
Rialzò gli occhi su Will, che lo fissava truce. Al suo fianco, Karen si era paralizzata. I satiri e gli altri semidei sembravano aver perso improvvisamente il colore dalla faccia.
Nico si sentì sprofondare dalla vergogna.
“Non l’ho fatto apposta.” Mormorò, prima di sparire verso il lettino per i figli di Apollo. Se possibile, si sentiva persino peggio di quando Jason l’aveva informato di cos’era successo a Lou Ellen e Miranda a causa sua.
Mi odiano, mi odiano. Cosa ho combinato? Che sto facendo qui?
Come aveva potuto pensare che sarebbe stato bene accetto? Ci era cascato. Si era fatto fregare da Jason e Will.
Era una storia continua, si ripeteva sempre. Finiva la guerra, tutti lo acclamavano, tutti si mostravano gentili. Poi vedevano di cos’era capace e se la davano via a gambe levate.
A chi importava del ragazzino inquietante che irradiava morte e aveva come amici degli zombie?
Ma soprattutto… come aveva potuto fare una scenata in infermeria, mettendo in imbarazzo Will dopo tutto quello che aveva fatto per lui?
Alzò la testa verso l’angolo d’ombra della stanza.
E’ meglio per tutti.
Ci si fiondò dentro senza pensarci due volte.
 
Nico aveva perso la connessione del tempo.
Era riuscito ad arrivare fino a casa sua, sbucando direttamente fra le mura della capanna di Ade, ma era collassato non appena toccato terra.
Le voci degli spiriti non lo avevano lasciato solo nemmeno per un istante durante il viaggio.
Appartieni all’oscurità.
Salvaci.

Cosa ti rende diverso da noi?
“Io sono vivo.” Aveva risposto ai bisbigli. “Sono il figlio di Ade, le tenebre non mi fanno paura.”
Ma non appena chiusi gli occhi e perso i sensi, gli spettri si erano vendicati, infestando i suoi sogni.
Nico tornò a essere bambino, rinchiuso nel labirinto sottoterra di Dedalo. La puzza di umido e terra gli infestava le narici, facendogli girare la testa. Davanti a lui, apparso nel nulla, c’era il dio Giano. Fra le mani teneva due catene incrostate di fango, arrugginite in più punti. Alla loro fine, un anello di metallo stringeva il collo di Bianca e Hazel.
Scegli. Gli disse il dio, con voce gracchiante.
“Scelgo cosa?” rispose Nico.
Chi vuoi salvare?
Hazel scoppiò a piangere davanti a lui. Bianca scosse la testa.
Bianca.
Era un incubo, eppure sembrava così reale. Da quanto non sognava sua sorella?
Bianca, dunque?
Il dio gli sorrise scoprendo i denti marci, leggendogli nel pensiero.
Hazel pianse ancora più forte, e l’anello si strinse maggiormente attorno al suo collo, smorzandole il fiato e graffiandole la pelle scura.
“No!” Urlò Nico.
“Salva me, Nico.” Bianca gli parlò. “Sono io la tua vera sorella. Perché mi hai rimpiazzato?”
“Io non ti ho rimpiazzato…”
Scegli!
“No!” gridò ancora. “Lasciale andare entrambe!”
Il sogno mutò.
Era di nuovo nella giara dei gemelli, senza più semi di melograno. Guardò in basso, acqua calda e densa iniziò a bagnarli i piedi, le ginocchia, la vita. Sbatté i pugni sulle pareti e fece un grido senza voce. Ben presto fu sommerso fino ai capelli.
Stava affogando nella melma.
Era al limite quando la giara si ruppe e lui fu scaraventato sui prati del Campo Mezzo-Sangue.
Nico.
Tutti i membri dell’Argo II lo guardavano dall’alto, disposti a cerchio attorno a lui.
Cosa fai qui, Nico? Annabeth si fece avanti. Questo non è il tuo posto.
Torna sotto terra.
Non posso credere di averti come fratello.
Avevi una cotta per me? Che schifo.
Ti piacciono i ragazzi!
Le loro voci si trasformarono in frasi senza senso, fin quando Nico non riconobbe la propria sovrastare quella di tutti gli altri.
Perché non puoi essere normale, per una volta?
Qualcuno urlò così forte che si sentì esplodere la testa. Chiuse gli occhi e premette le mani contro le orecchie, inutilmente. Sembrava che il rumore provenisse dall’interno. Si faceva strada fra la sua lucidità, strappando ogni speranza di riacquistare il controllo; gli veniva da vomitare e svenire allo stesso tempo.
Sbarrò gli occhi e si accorse di essere lui a urlare. Non nel sogno, non nella sua testa, ma nella realtà. Ansimava pesantemente, circondato dal buio della capanna di Ade.
“Grazie al cielo…!” disse una voce accanto a lui.
Nico saltò indietro terrorizzato, scontrando il muro con la testa.
“Calmati! Sono io, Will! Va tutto bene!”
“Stammi lontano! Non ti avvicinare!”
“Nico, era solo un incubo, ti devi calmare!”
“Nico…”
Sollevò la testa e incontrò lo sguardo di Jason. Dietro di lui, un timido fascio di luce illuminava il contorno di altre persone.
Annabeth. Percy. I fratelli Stolls. Cecil e altri semidei di cui ricordava a malapena il nome.
Gli si asciugò la gola.
“C-cosa fate…?”
Will gli si avvicinò lentamente. Era l’unico in ginocchio, seduto alla sua altezza.
“Annabeth e Percy stavano venendo a salutarti in infermeria quando hanno sentito qualcuno gridare da dentro la capanna.” Gli disse piano. “Sono entrati e ti hanno trovato steso a terra in preda agli spasmi. Non riuscivano a svegliarti e sono venuti a chiamarmi.” Allungò una mano nel tentativo di toccargli il braccio, ma Nico si ritrasse di colpo.
“Non mi toccare! Andate via, tutti quanti!”
“Nico…” tentò Jason.
“Via!”
Si mosse verso un angolo della stanza e Will intuì subito le sue intenzioni.
“Fuori, adesso. Ordini del dottore, forza!” doveva aver capito che si sarebbe di nuovo immerso nell’ombra se non avessero fatto quanto richiesto.
Jason lo guardò un’ultima volta preoccupato, Percy e Annabeth erano più sotto shock, forse vederlo in quelle condizioni aveva risvegliato in loro i ricordi del Tartaro. Per una volta i fratelli Stolls e Cecil non fecero commenti e ubbidirono.
In pochi secondi se ne furono quasi tutti andati.
“Anche tu.”
“Scordatelo.” Will riassunse il tono testardo che Nico conosceva bene. “Sono il tuo medico, devo assicurarmi che tu stia davvero bene e non faccia altre stupidaggini.”
Nico scosse la testa, senza la forza di controbattere ulteriormente. Faceva ancora fatica a regolare il respiro ed era in un bagno di sudore.
Will rimase in silenzio a osservarlo.
“Che c’è?”
“Dovrei essere io a chiedertelo. Che c’è, Nico? Perché te ne sei andato in quel modo? Quando Annabeth e Percy sono corsi da me mi hanno spiazzato. Credevo di averti a pochi metri di distanza, e invece eri sparito. Mi hai fatto prendere un colpo.”
“Non sono affari tuoi.” Sbottò. Will fece un respiro profondo per evitare di mangiarlo vivo. “E smettila di guardarmi così! Ho combinato un casino. In infermeria… e con Lou Ellen e Miranda…” si portò una mano sugli occhi. “Non posso restare qui. Cosa mi è passato per la testa? Non sono come voi.”
“No, è vero.” Nico si sentì male alle sue parole. “Sei molto più paranoico, probabilmente soffri di depressione, manie di persecuzione e sei anche un po’ vittimista.”
“Cosa?”
“Lo scriverò sul referto medico insieme a gioca a fare l’uomo invisibile.”
Nico abbassò lo sguardo su di sé. Non gli sembrava di essere diverso da solito, quanto meno non si stava confondendo con l’oscurità come ultimamente gli capitava dopo i viaggi nell’ombra. Eppure, si accorse con terrore, faceva fatica a capire dov’era. Il che era stupido, perché aveva il pieno controllo del proprio corpo, ma… era come se dovesse concentrarsi per vedersi veramente.
“C-che mi succede?” chiese con una punta di panico nella voce.
“Se continui a desiderare di sparire, prima o poi sparirai per davvero.” Gli rispose Will, serio. “Dammi la mano.”
Nico lo guardò con gli occhi sgranati, riluttante.
“Non ho bisogno-”
“Per favore, Nico.”
Will gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui con la schiena al muro. Gli porse di nuovo la mano.
Questa volta, dopo diversi secondi, Nico accettò.
Dèi…” mormorò Will, quasi sofferente. “Ma cos’hai in quella testa?”
Non sapeva come, ma il figlio di Apollo si stava facendo carico del suo dolore. Nico riusciva a sentire la paura, l’agitazione e la spossatezza dell’incubo defluire dal suo corpo per far spazio al calore emanato da Will. Dalle loro dita intrecciate scaturivano piccole scintille luminose. Se non fosse stato così stanco, Nico sarebbe morto d’imbarazzo.
“Non ti odia nessuno al Campo, Nico.” Lo richiamò Will con voce calma. “In molti si tengono alla larga da te, è vero, ma l’odio è un sentimento così grosso.”
“Nessuno vuole avere a che fare con me, Will.”
“Quindi io cosa ci faccio qui?” gli chiese. Nico socchiuse gli occhi. Non ne aveva idea del perché continuasse a stargli affianco dopo gli ultimi giorni. “E Jason? Annabeth? Percy? Persino i fratelli Stolls erano preoccupati.”
“Non erano preoccupati, avevano paura.”
Will alzò gli occhi al cielo.
“Ci risiamo.” Sbuffò. “Te l’hanno detto loro?”
“No, ma-”
“Esatto, no. La risposta sarà sempre no se prima non chiedi.”
Nico reclinò la testa, appoggiandosi del tutto al muro.
“Non voglio essere odiato.” Sussurrò. “E non volevo spaventare nessuno in infermeria.”
“Lo so.”
“E non volevo che Lou Ellen e Miranda finissero nei guai.” Continuò con la voce che tremava.
“Immagino, immagino. Hanno subito l’ira del temibile figlio di Apollo, saranno terrorizzate, vero?” Will ciondolò i piedi nelle infradito, per dar maggior risalto alla propria apparenza del tutto innocua, e gli rivolse un sorriso ironico.
Nico apprezzò il gesto, ma non riuscì a contraccambiare.
Si sentiva svuotato, non c’erano più scintille fra le loro dita. Era come se il flusso fosse stato interrotto, o più semplicemente Will avesse finito di curarlo in quello strano modo. Ciononostante, nessuno dei due tolse la mano.
“Puoi andare, adesso…” Nico distolse lo sguardo e arrossì. “Sto bene. E poi avrai cose più importanti da fare.”
Will lo guardò.
“Anche tu sei importante.” Disse. “A meno che non ti dia fastidio e tu non voglia rimanere da solo.”
Come poteva rispondere a una cosa del genere?
Scosse e abbassò la testa, tentando di nascondere il volto sotto la frangia scura.
Will si mise a ridere e gli strinse un po’ più forte le mano.
“Bene, perché tanto non ti avrei comunque lasciato in pace, e non avevo voglia di usare la scusa del dottore.”
Nico lo guardò con la coda dell’occhio, ma non avvertì nessuna stretta allo stomaco, solo uno strano tepore invadergli il corpo. Era una sensazione piacevole, non imbarazzante, e soprattutto diversa da quella che in passato gli aveva trasmesso Percy quando gli parlava o semplicemente si accorgeva della sua presenza.
Percy teneva a Nico, certo, ma c’era mai stata una volta nella quale si fosse seduto accanto a lui semplicemente perché il figlio di Ade ne aveva bisogno? E com’era possibile che si fosse infatuato così tanto di lui quando l’altro aveva occhi solo per Annabeth?
Fece un piccolo sospiro.
Forse era quella la differenza, realizzò.
Si era preso una cotta per Percy, ma in quel momento si stava innamorando di Will.
   
 
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