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Autore: flatwhat    17/10/2014    1 recensioni
Canon era. What If.
Dopo gli eventi della barricata, Enjolras si risveglia, ferito e dolorante, a casa di Valjean.
Alcuni dei suoi amici sono sopravvissuti, la maggior parte sono morti.
Come reagirà alla notizia? Non sarà l'unico a dover decidere cosa fare ora della propria vita.
(Enjolras/Valjean, Courfeyrac/Fantine, Grantaire/Javert; major character death; iniziata come una sfida con me stessa, opinioni/critiche/pomodori ben accetti)
Genere: Angst, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Enjolras, Fantine, Grantaire, Javert, Jean Valjean
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2: Sensazioni suscitate da un 'grazie'

Enjolras sembrava ancora provare dolore, ma se non altro quella mattina aveva parlato più del giorno prima.
Quando rientrò nella stanza portando una caraffa d’acqua, Valjean trovò Courfeyrac sulla sua sedia.
“Pensavo di darvi il cambio, Monsieur”.
“Non disturbatevi. Siete già stato lì tutta la mattina”, gli rispose Valjean, sorridendo. Courfeyrac migliorava di giorno in giorno, ma era ancora ferito e non era proprio il caso di farlo stancare.
Courfeyrac abbassò lo sguardo.
“Posso rimanere un altro po’ qui? Prometto che dopo andrò a riposarmi”.
Valjean non trattenne un altro sorriso a quella manifestazione d’amicizia e acconsentì.
Enjolras era coricato ma non dormiva. Scrutava con gli occhi da tutte le parti.
“Non mi sono ancora presentato. Ah, forse Courfeyrac vi ha già detto il mio nome?”, chiese Valjean, cominciando già a temere una risposta di Courfeyrac.
Ma Enjolras rispose scuotendo la testa e Courfeyrac aggiunse “Ho menzionato il nome di Madame Fantine, ma il vostro ancora no, Monsieur”.
Valjean ringraziò mentalmente Courfeyrac di questo. Lo stesso, si voltò quasi inconsciamente prima di parlare, come se temesse che Enjolras si accorgesse della menzogna.
“Chiamatemi Fauchelevent”.
“Monsieur Fauchelevent”.
Valjean si girò. Era stato Enjolras a parlare. La sua voce era ancora debole ma suonava già più chiara.
“Avete bisogno di qualcosa?”.
“Grantaire”, mormorò lui.
Evidentemente, Courfeyrac non aveva ancora avuto modo di raccontargli tutto.
“Grantaire è al momento a casa dell’Ispettore Javert”.
Ci fu un momento di silenzio. Poi Enjolras si alzò di scatto a sedere.
“Javert? La spia?”, esclamò, allarmato.
Lo sguardo minaccioso del ragazzo era quasi fisicamente avvertibile sulla pelle. Valjean si sfregò un braccio con una mano. Avrebbe dovuto essere più preciso.
“Sì, è vivo, perdonatemi, ma l’ho lasciato andare”, e prima che gli arrivasse un nuovo fulmine da quegli occhi furenti, si affrettò ad aggiungere: “Ma non vi denuncerà e Grantaire non è in pericolo”.
Enjolras non abbandonava il suo atteggiamento aggressivo, ci volle Courfeyrac perché cedesse leggermente.
“È tutto vero, Enjolras. Grantaire è al sicuro”.
“Ma… Come…?”.
“L’ho visto di persona solo un paio di volte. Questo perché gli abbiamo consigliato di non uscire spesso, finché non verrà promulgata un’amnistia. Ma scrive di continuo lettere, e la grafia è chiaramente sua”.
“Lettere…?”, domandò Enjolras con un filo di voce.
“Sì”, Courfeyrac sorrise. “Per di più, è lo stesso Ispettore Javert a recapitarcele. Lui viene spesso qui”.
Enjolras rivolse un’altra occhiata di soppiatto, prima indirizzata a Courfeyrac.
Quando Valjean si sentì arrivare questa occhiata, volle precisare: “L’Ispettore non sta attraversando un bel periodo, di recente. Ma è un uomo d’onore, e ha giurato davanti a me che non sarà più una minaccia”.
Non sarà una minaccia per Valjean. Questo, aveva detto. Ma aveva dimostrato anche di non avere alcuna intenzione di denunciare la posizione dei sopravvissuti della barricata.
“Vi fidate di lui? Siete suo amico?”, chiese allora Enjolras.
Valjean si strinse nelle spalle.
“Lo conosco da molto. Ecco tutto”.
Enjolras si rivolse nuovamente a Courfeyrac, ma parlò a voce sufficientemente alta perché Valjean ascoltasse.
“Se dovesse succedere qualcosa a Grantaire…”.
“Stai tranquillo, Enjolras”, gli disse Courfeyrac, in tono conciliante. “Ho parlato io stesso con quell’uomo, e sai che io me ne intendo, di persone. E, in ogni caso, Monsieur Fauchelevent, qui, è una persona di cui fidarsi. Non avrà ucciso la spia, ma ci ha salvati tutti”.
Enjolras non pareva tranquillo.
“E vale anche per Madame Fantine e per Cosette. Ah, tu non l’hai ancora incontrata, ma il suo nome forse ti ricorderà qualcosa”.
Valjean sorrise al nome della figlia. Courfeyrac stava probabilmente cercando di fare una conversazione più leggera per mettere l’amico a proprio agio e dimostrargli che non aveva nulla da temere.
“Non credo di conoscerla”, disse Enjolras.
Courfeyrac lo cinse energeticamente con un braccio.
“È l’innamorata di quel furbone di Marius! È davvero un angioletto, sai, sta quasi tutti i giorni da lui, ormai. Anche lui si è svegliato da poco”.
La vergogna che Valjean provò alle parole del ragazzo era dovuta al fatto che, per un attimo, quel riferimento a Marius, e all’amore tra lui e Cosette, gli aveva fatto provare stizza nei confronti di Courfeyrac.
E anche se quella vergogna era per se stesso, Jean Valjean era un uomo fondamentalmente debole.
“Penso che sia ora che andiate a riposare, Courfeyrac”, disse, cercando di dare alla sua voce un tono completamente neutrale.
Courfeyrac interruppe le sue chiacchiere e restituì lo sguardo a Valjean, per un periodo che parve infinito. Poi gli rivolse un gran sorriso.
“Avete ragione, Monsieur. Tolgo il disturbo”.
Salutò Enjolras un’ultima volta.
“E tu stammi bene, mi raccomando”.
Quando vide il leggero sorriso che increspò le labbra di Enjolras, Valjean si disprezzò ancora di più.
Interrompere così una chiacchierata tra amici, e tutto perché lui ne aveva provato fastidio.
Per di più, non aveva nemmeno avuto il coraggio di rivelare il proprio nome ad Enjolras, nonostante Courfeyrac gli avesse assicurato che non c’era bisogno di avere timore, e Fantine lo avesse spinto a non farsi tutte quelle preoccupazioni.
Si passò una mano tra i capelli.
Rivolgendo la sua attenzione di nuovo su Enjolras, notò che il ragazzo era ridiventato triste e silenzioso.
“Posso fare qualcosa per voi?”, gli chiese.
Enjolras scosse la testa e si sdraiò.
“Proverò a riposare un po’. Grazie, Monsieur’”.
Quel ‘grazie’ suonò finto alle orecchie di Valjean. Ma, dopotutto, era quello che si meritava.

***

Fantine aveva fatto un po’ di tè, nel frattempo.
Quando rivide Courfeyrac in cucina, gli offrì prontamente una tazza, che lui accettò di buon grado.
“Vi ringrazio, Madame. Questo mi riscalderà”, disse Courfeyrac, con un sorriso mesto.
Era ancora estate e Courfeyrac aveva messo la giacca, sopra il gilè. Forse si trattava di un altro tipo di freddo, quello che stava provando.
“È successo qualcosa, lì sopra?”.
“Oh, no, no. Enjolras si sta riprendendo”.
 Quando Courfeyrac ebbe finito di bere il tè, Fantine gli prese la tazza dalle mani.
“Penso che dovremmo cambiare le bende”.
“Oh”, fece lui. “Avete ragione. Ma posso farlo io”.
“Nessun disturbo. È sempre meglio che lo faccia un’altra persona. Non potete vedervi dietro la testa. Ora mettetevi comodo, torno subito”.
Courfeyrac annuì.
 “Va bene. Madame Fantine, siete una santa”, le disse, sorridendo ancora.
Fantine gli restituì il sorriso, facendo attenzione a non schiudere le labbra. Stupida preoccupazione, dato che Courfeyrac sapeva benissimo dei suoi denti mancanti. Eppure non riusciva a non farlo, davanti a lui.
Da quando se l’era visto arrivare in casa insieme a Jean, sanguinante e coperto di melma da capo a piedi, si era presa cura di lui. Qualcosa, della sua indole allegra, le dava una sensazione nostalgica, benché Fantine non riuscisse esattamente a individuare bene che cosa, del suo passato, le ricordasse Courfeyrac. Era troppo vecchia, forse, e aveva passato troppe disavventure.
Mentre lasciava la cucina, si voltò a guardarlo di sfuggita un’ultima volta.
Seduto sulla seggiola, Courfeyrac era curvo e teneva la testa abbassata, e il petto gli si alzò per far uscire un grande sospiro.
Fantine sospirò a sua volta, e si sentì invadere dalla malinconia, come se quella di Courfeyrac l’avesse contagiata. Nei giorni passati, con Cosette preoccupata per Marius, Jean che sembrava più triste del solito, l’altro ragazzo, Enjolras, in pericolo di vita e le visite dell’Ispettore Javert, che portavano la loro personale ondata di tristezza nella casa (senza contare che Fantine non riusciva a fidarsi completamente di lui), il sorriso di Courfeyrac era stato un’oasi, capace, per un momento, di alleggerire un po’ il peso che tutti questi individui, in una sola casa, dovevano portare.
Ma, ovviamente, e di questo Fantine se n’era accorta dal primo momento, quel sorriso avrebbe potuto anche essere completamente falso. Fantine se n’era accorta, eppure si era rifiutata di confessarlo a se stessa.
Illusa, Fantine. Lei li sapeva riconoscere fin troppo bene, i sorrisi falsi.
Un passo e un altro ancora, e fu fuori dalla stanza.

***

C’era fumo ovunque.
Questo fu la prima cosa di cui Courfeyrac si rese conto quando riuscì a mettersi a carponi, dopo essere stato gettato a terra dall’urto del cannone.
La seconda cosa di cui si rese conto, fu il sapore di sangue e bile che si mescolavano in bocca.
Si tastò la testa con una mano. Stava sanguinando.
Provò ad alzarsi, ma una fitta alla gamba glielo impedì.
Tutto attorno era urla, rumore di spari, i passi dei soldati.
Courfeyrac si portò, praticamente strisciando, in un angolo del vicolo. Lì vi trovò un corpo.
“Bossuet… Oh…”.
Si premette una mano sugli occhi, ma quello non era il momento di piangere. Né per Bossuet, né per gli altri compagni caduti.
Adesso era il momento di combattere, e di cadere anche per loro.
Fu quello che pensò finché non vide Marius.
Marius, che poteva essere morto o svenuto, si trovava sulle spalle del vecchio filantropo, che si stava allontanando velocemente.
A quel punto, neanche il dolore alla gamba poté impedire a Courfeyrac di alzarsi di scatto e corrergli dietro.
“Dove lo state portando?”, gridò, disperato.
Il vecchio, per fortuna, lo udì. Si voltò verso di lui.
“Venite anche voi, presto!”.
Courfeyrac era confuso, ma decise di seguirlo. In fondo, l’anziano signore era stato d’aiuto alla barricata, anche se vederlo portare via il suo migliore amico gliel'aveva fatto dimenticare per un momento.
Mosse qualche passo dietro l’uomo, quando ad un tratto, una mano gli afferrò una caviglia.
Courfeyrac quasi perse l’equilibrio e si preparò a sferrare un calcio a quella mano sconosciuta quando, guardando dietro di se con la coda dell’occhio, non ne riconobbe il proprietario.
Era Grantaire.
“Aiuto. Courfeyrac… Enjolras è ferito”.
Sotto Grantaire vi era infatti Enjolras, i vestiti sporchi di sangue. Grantaire gli aveva evidentemente fatto da scudo, ma non sembrava essere ferito gravemente.
Tutte queste osservazioni accaddero in una frazione di secondo. Poi, Courfeyrac aiutò Grantaire ad alzarsi.
“Presto, Grantaire, di qua!”, e riprese nuovamente a correre dietro all’uomo, pregando che nessun soldato vedesse e che Grantaire riuscisse a seguirli.
Il fumo scaturito dalle armi li aiutò. E i soldati dovevano essere occupati a fare breccia dentro la taverna.
Courfeyrac pensò a quelle vite perdute che avevano distratto i soldati per permettere loro la fuga e si sentì terribilmente.
Entrarono nelle fogne.
L’uomo posò Marius sul pavimento si fermò per riprendere fiato un attimo.
“Ah, siete vivi anche voi. Meno male”, disse a Courfeyrac, e a anche a Grantaire che era riuscito a portare Enjolras sulle spalle.
“In che condizioni è?”, chiese l’uomo a Grantaire, parlando di Enjolras.
“È ferito, ma è vivo”.
“Vi aiuto a fasciarlo, ma dobbiamo fare in fretta”.
Tutti e tre prepararono delle bende provvisorie con i propri vestiti per i due feriti e anche per se stessi, dove occorreva. Courfeyrac aveva infatti bisogno di fasciarsi la testa e la gamba, e Grantaire una spalla. Anche l’uomo aveva una contusione alla testa.
Fortunatamente, il sangue cessò di scorrere.
L’uomo si rimise Marius sulle spalle.
“Coraggio, andiamo”.
Si rivolse, però, prima di ripartire, a Courfeyrac.
“Lo sto salvando, non preoccupatevi”.
Courfeyrac gli sorrise.
“Posso portarlo io in spalla, Monsieur”.
“Sciocchezze. Siete ferito. Andiamo”.
“Anche voi lo siete”.
“Voi peggio di me. Andiamo”.
Mentre avanzavano nelle fogne, Courfeyrac sentì Grantaire, dietro, parlare.
“Enjolras mi odierà per questo. Senza ombra di dubbio”.

***

“Vi ringrazio ancora, Madame”, disse Courfeyrac quando Fantine ebbe finito di cambiargli le bende.
La tristezza sembrava essere scomparsa, al momento, ma nulla le impediva di tornare.
Dopotutto, il ragazzo aveva passato dei brutti momenti. E Fantine sapeva quanti pensieri orribili si potevano celare, dietro a quello che sembrava un momento passeggero di malinconia.
“Ascoltate, Courfeyrac”.
“Cosa c’è?”.
“Se avete bisogno di qualcosa, anche solo di parlare, io sono a disposizione”, disse lei, sperando che questo non gli desse fastidio.
Ma Courfeyrac le fece il suo solito sorriso cortese e contento. Aveva davvero un sorriso incantevole. Lo stesso non si poteva dire di quello di Fantine.
Inaspettatamente, Courfeyrac le prese la mano, e Fantine sentì, contro la sua volontà, le guance cominciare ad avvampare. Chi l’avrebbe detto, che avrebbe potuto provare sentimenti simili anche dopo tutto ciò che le era capitato, dopo che il cinismo e la miseria avevano fatto a pezzi l’ingenua Fantine di una volta?
“Sapete, Madame Fantine, ho conosciuto tante donne incantevoli”, stava dicendo lui.
Un tremito scosse Fantine a quelle parole, pronunciate con un tono, una cadenza che le risultava familiare.
“Vostra figlia inclusa, e infatti è da voi che ha preso”.
Si portò la mano di Fantine alle labbra, e la baciò.
“Ma voi, ve l’ho già detto ma lo ripeto volentieri, siete una santa”.
Il rossore che si era impadronito del volto di Fantine lasciò improvvisamente posto al pallore e lei sentì il proprio stomaco capovolgersi.
Rimosse, forse con troppa fretta, la mano da quella di Courfeyrac, e gli diede le spalle.
Ringraziò con un cenno e se ne andò con la scusa di sostituire Jean nel sorvegliare Enjolras.
Per una terribile frazione di secondo, aveva capito cosa, anzi, chi le ricordava Courfeyrac, e questo le aveva fatto venire la pelle d’oca.
Felix Tholomyes.

***

“Chi era, quell’uomo?”, disse Courfeyrac, quando il losco figuro sparì nelle fogne, dietro di loro.
“Un farabutto”, rispose semplicemente il vecchio filantropo, mentre infilava la chiave che aveva ricevuto proprio da lui nella serratura del cancello che li separava dall’aria aperta.
Per il momento, erano salvi.


Note dell'autrice:
sono piuttosto soddisfatta di questo capitolo, che è uscito fuori, contro le mie previsioni, più lungo del precedente. Sono riuscita a inserirvi più o meno tutto ciò che volevo e a cominciare anche le prime interazioni tra Valjean ed Enjolras e Fantine e Courfeyrac. Anche se non è tutto rose e fiori.
Parlando del personaggio di Fantine, sto facendo abbastanza fatica a gestirla in un setting del genere. Se avete perplessità al riguardo, non esitate a condividerle.
Nel prossimo capitolo ho intenzione di mostrare cosa è successo a Grantaire e finire i flashback sulla fuga dalla barricata.
Questa volta sono stata veloce, con l'aggiornamento. Spero di continuare su questo ritmo! XD
Ringrazio sushiprecotto_chan per aver inserito la storia tra le seguite >*<
A presto!

 
  
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