“Mi scrivi per piacere una cosetta melensissima su quanto Naruto venera Sasuke?”
“Mah, perché no, in fondo lo fa sempre
anche Kishimoto. Dammi uno spunto.”
“Non so, solo…che lo guarda.”
Da queste tre frasi nasce
la one-shot che vado a sottoporvi. È una
scemenza romanticosa e inutile e ciononostante
già li adoro, ufficialmente. Sono il mio potenziale nuovo otp.
A TE, CIA’, insieme a tutto il bene che ti voglio. Ci sono andata molto piano,
considerando la tua scarsa dimestichezza con la tematica.
(FRA’, NON LEGGERE).
A presto, gente.
suni
Konoha,
mattina
Si
sveglia già sbadigliando, già stanco in partenza. È normale,
la mattina del suo giorno di riposo: perché quella particolare mattina
della settimana, qualunque essa sia, è sempre la mattina dopo una notte
trascorsa restando sveglio fino all’alba. Niente, nemmeno una guerra
mondiale, gli potrebbe mai impedire di rimanere tutta la notte avvinghiato a Sasuke
finché non restano entrambi senza forze, stremati, e si addormentano
senza neanche rendersene conto, uno addosso all’altro, dove capita. Non sempre
nel letto.
Quella
mattina, però, la morbidezza del materasso e la freschezza del lenzuolo
sulle gambe gli fanno intuire che hanno dormito nel posto canonico, il che gli
risparmierà almeno il mal di schiena. Strofina la faccia nel cuscino e
nel farlo si gira sul fianco, rimanendo però bloccato a metà del
movimento. Il braccio di Sasuke gli è intorno, ma non appoggiato:
è stretto sul suo torace come se dovesse trattenerlo.
Naruto
sorride tra sé, sfregandosi il viso con la mano.
Come se fossi mai stato io, ad avere
la bella idea di svignarmela.
Solleva
leggermente la testa ed apre gli occhi, convinto di incontrare le iridi nere
dell’altro a mezza strada, imperiose e possessive, ma contrariamente a
quanto pensava Sasuke non lo sta stringendo così perché l’ha
sentito svegliarsi: il genio sta ancora placidamente dormendo, la testa rivolta
dall’altro lato, la schiena scoperta dal lenzuolo.
E
il suo sorriso si allarga, mentre torna a poggiare il mento sul cuscino senza
spostare gli occhi dalla linea dei suoi fianchi.
“Hai
paura che scappi dal tuo pessimo carattere?” mormora divertito.
Sasuke
emette un sottile mugugno, sospirando poi tra sé. Non ha mai avuto un
sonno tranquillo, anzi, è sempre piuttosto agitato. Una volta, anche se
non gliel’ha mai raccontato per non metterlo in imbarazzo, lui si
è svegliato in piena notte perché l’altro, dormendo,
piangeva. E Naruto ha un’idea più che precisa di quali ricordi
tormentino i sogni di Sasuke, ma non ne parla mai. Non fa domande, perché
sa che l’argomento è semplicemente troppo doloroso da affrontare.
Sta
di fatto che Sasuke quando dorme si agita. E’ quasi seccante, perché
spesso scalcia, rotola ad occupare i tre quarti del letto e fa l’arrogante
come suo solito anche se non è cosciente. Dormire con lui all’inizio
era un tormento, da questo punto di vista, ma poi Naruto ci si è
abituato: quando non ha più spazio nel letto gli tira un bel cazzotto e poi
fa finta di essere profondamente addormentato nel suo angolino. Sasuke si
sveglia, intontito, si rende conto che lui non ha più posto e,
borbottando un “idiota”, si fa in là e riprende a dormire. Per
poi ricominciare ad agitarsi dopo un quarto d’ora.
Quasi
a confermare il suo pensiero in quel momento Sasuke sbuffa, voltandosi
lentamente appallottolato nel lenzuolo, senza svegliarsi. Abbandona la presa
sul suo fianco e rotola per rannicchiarsi di lato, rivolto a lui. Naruto sporge
la testa e soffia silenziosamente contro il suo viso, che si contrae in una
smorfia infantile e infastidita, mentre il naso invece gli si arriccia in una
specie di silenzioso starnuto che strappa al jinchuuriki una risata in sordina.
Poi
il viso di Sasuke si ricompone nella naturale armonia che lo distingue. Non sta
sognando – non dorme abbastanza profondamente, forse – perché
la sua espressione è rilassata, serena. A Naruto piace quando è
così, perché quello è il genere di espressione che Sasuke
non sfoggia quasi mai da sveglio. L’abitudine all’essere cupo e
vagamente incarognito non gli e è passata nemmeno con la conclusione
della sua tragica epopea familiare e con la chiusura dei conti con tutti i suoi
fantasmi: Sasuke era ed è rimasto ombroso, taciturno, con l’aria
di essere perennemente sul punto di stare per dare un calcio al primo che
capita e contemporaneamente di strafregarsene di
tutto quel che lo circonda. Soltanto qualche volta, senza che se ne accorga, qualche
incontrollato sorriso gli sfugge, disegnando ai lati della bocca due sottili
rughe d’espressione che rendono ancor maggiore onore al suo bell’aspetto.
È strepitoso, quando sorride, anche perché, Naruto lo sa, ognuno
di quei sorrisi è causato da lui e tutti, indistintamente, appartengono
a lui e lui solo.
Ma
ora, mentre dorme, l’ultimo Uchiha è disteso e il suo volto ha il
morbido abbandono del sonno. Quel bello spettacolo, riservato a Naruto
unicamente, è quel che lui definisce la
ricompensa per la mia sopportazione. Lui tollera le stravaganze, le
paturnie e gli sbalzi d’umore del capriccioso genio, e Sasuke in cambio
esiste. Anche se a molti potrebbe non sembrare conveniente, Naruto è
più che certo del vantaggio insito in quel baratto.
Gli
lancia un’altra occhiata pigra, trovando nei suoi lineamenti la conferma
di quella linea di pensiero. Tutto il volto di Sasuke, per lui, è un
tesoro inestimabile. In quella fisionomia c’è scritta tutta la sua
vita.
Sul
suo naso, piccolo e all’aria, c’è la smorfia di contrarietà
che riserva alle sue scemenze, c’è lo sbuffo della sua
condiscendenza e la morbidezza dello strofinio contro le sue guance, quando
capita – raramente – che Sasuke sia in vena di coccole e allora gli
sfrega il viso contro come una bestiolina.
Sulla
sua fronte, ampia e chiara, coronata dal delicato ricadere delle ciocche
corvine di capelli, c’è la piega profonda della sua
preoccupazione, il giorno in cui lui, Naruto, si è quasi ammazzato per
mettere a punto l’ultimo perfezionamento del rasengan
e al suo risveglio Sasuke è arrivato con quella ruga d'inquietudine, quasi impaurito. C’è
la cupezza della sua rabbia quando la aggrotta, nei combattimenti e nei focosi
litigi che li vedono coinvolti a cadenza più che giornaliera, per
concludersi sempre nella stessa, strepitosa maniera.
Sui
suoi occhi c’è il ricordo delle infinite notti, dei ricoveri, dei
mancamenti dovuti alle ferite. Chiusi, gli occhi di Sasuke gli ricordano spesso
momenti di panico, che però sono stati ugualmente parte di loro due, perché
non hanno avuto una storia facile. Aperti, quegli stessi occhi neri e profondi,
dal taglio elegante, gli parlano di tutti i sentimenti inconfessati, di tutte
le cose che l’orgoglio fa tacere, di ogni prezioso slancio emotivo del
suo gelido compagno. Sono occhi che ha imparato a leggere come libri stampati,
che sa interpretare meglio anche delle parole e che, per lui, sono espressivi
più di qualunque altra cosa. Sono gli occhi in cui ritrova la sfida
silenziosa intrapresa nell’infanzia, la curiosità di quel pomeriggio,
sulla riva dell’acqua, quando bambini si sono guardati senza osare
parlarsi, senza ancora saper superare il muro che li divideva. O in cui legge l’astio
tributatogli ingiustamente durante il loro fatidico scontro alla cascata, la
notte della fuga, e l’indifferenza crudele degli anni a seguire. Sono gli
occhi dello sharingan, gli occhi che controllano Kyuubi, gli occhi che anticipano
i colpi diretti non solo a Sasuke stesso, ma anche a lui. Gli occhi che si sono
quasi spenti per sempre, per salvarlo da Haku.
Le
sue labbra sottili e ben disegnate parlano in silenzio, banalmente forse, di
tutti i baci dati e ricevuti, di quella passione che è entrata nelle
loro vite e le controlla, da anni. Portano ancora su di sé l’eco
delle parole, dei sussurri affannosi, delle confessioni, degli incalcolabili
insulti e delle frasi sprezzanti, della cattiveria sottile e aggressiva che
Sasuke sa avere verso di lui, delle espressioni di scherno quando si stirano gelide,
della risata rara che lasciano scappare fuori qualche volta, illuminandosi del
brillio dei suoi denti. Sono le labbra che ancora, in ogni istante, sembrano
ripetergli quell’unico “ti amo” che il compagno si è
lasciato sfuggire una sola volta, nell’impeto della passione, per poi
tacere con imbarazzo per le successive tre ore, scatenando la sua segreta
ilarità.
Le
labbra che, d’improvviso e senza nessun segno che potesse indicarlo, si
muovono.
“Che
hai da guardare, idiota?”
Naruto
sussulta, sorpreso, mentre gli occhi di Sasuke si aprono, puntandosi sul suo
viso con ironia. Perché lo sa, lo stronzo, che lui non può fare a
meno di rimirarlo come un bel dipinto.
“Hai
una pustola sulla fronte,” risponde Naruto, riuscendo a rimanere serio
grazie all’esperienza negli scherzi accumulata durante l’infanzia. “Enorme,”
precisa con un filo di ribrezzo.
Sasuke
aggrotta le sopracciglia, sollevando leggermente la guancia dal cuscino.
“Dove?”
chiede, portando una mano sulla fronte.
“Proprio
lì in bella vista,” risponde Naruto con un cenno del capo, mentre
lui comincia a far scorrere le dita sulla pelle per rintracciare l’orribile
deturpamento della sua perfezione. “Ah no, aspetta,” aggiunge il
jinchuuriki di soprassalto, socchiudendo gli occhi con attenzione e
avvicinandoli al suo viso. “Non è una pustola, c’è…scritto
qualcosa. Uh… Testa quadra.”
Sogghigna, prima di mettersi a ridere di gusto, sobbalzando. Un braccio scatta
verso l’alto, incastrando il suo collo nell’incavo del gomito e
bloccandogli il fiato.
“Sas…”
esala, dibattendosi senza convinzione.
“Sei
veramente un idiota, dobe,” osserva calmo il
genio, con uno sguardo truce. “Adesso ti uccido, mi sono stufato delle
tue stronzate,” annuncia, lasciando però la presa e permettendo a
Naruto di ricadere sul materasso con un risata.
“Sono
dieci anni che lo ripeti,” lo rimbecca il jinchuuriki, baldanzoso. “Ma
poi non mi ammazzi mai,” aggiunge sornione, mentre le braccia di Sasuke
gli si serrano intorno.
“Ora
invece ti sistemo una volta per tutte,” fa questi, con tono assorto e
contemplativo, prima di iniziare a far scorrere le labbra contro il suo collo,
facendolo rabbrividire.
“Ah
sì?” mormora Naruto socchiudendo gli occhi.
“Certo,”
sussurra Sasuke, raddrizzandosi per sovrastarlo, carponi. “Adesso vedi…che
ti faccio.”
Naruto
ridacchia per appena un secondo o due, prima che le labbra dell’altro lo
zittiscano definitivamente e le sue mani lo invadano.
Potesse,
“morirebbe” così tutte le mattine.