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Autore: Inco001    19/10/2014    9 recensioni
Harry e Louis sono due persone normalissime, sono i loro segreti a non esserlo. In particolare il segreto che hanno in comune, ecco, quello di normale non ha proprio niente, neppure ad Hogwarts.
Ma non è colpa loro, è il destino! O forse sono proprio loro?
“Innanzitutto doveva analizzare il problema. Be', aveva il corpo di Louis Tomlinson e la mente di Harry Styles. Semplice. Assurdo.”
“Fino a due giorni prima non si conoscevano nemmeno... E ora vivevano uno la vita dell'altro. Chissà, magari Louis aveva ragione, non poteva essere tanto male. O forse era solo molto molto peggio.”
[Hogwarts!AU] [Louis/Harry]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Nota iniziale: questo capitolo è breve e pesante. Enjoy and forgive!
 
 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 



 
 
 
 
Una racconto che finisce (o quando cade anche l'ultimo muro... )
 
Dopo aver detto che c'era qualcosa che Louis doveva vedere, Harry l'aveva afferrato per mano, l'aveva trascinato nel grande giardino dell'ospedale e poi lungo uno stretto sentiero che si allontanava dalla zona centrale del parco. Harry non aveva pronunciato una sola parola da quando aveva preso a camminare, così la mente di Louis era stata lasciata sola in balia delle proprie supposizioni riguardo la loro meta. Ma non avrebbe mai, mai immaginato che Harry l'avrebbe portato...
Erano giunti in un'area del parco delimitata da una fitta siepe alla quale si poteva accedere attraverso un vecchio cancello di ferro arrugginito. Fu proprio oltre quel cancello che lo guidò la mano di Harry. E a quel punto, Louis capì.
«H-Harry, ma questo è...», le parole non vollero saperne di uscirgli dalla bocca, le immagine che continuavano a riempirgli gli occhi lo ammutolivano.
Le tombe si susseguivano una dopo l'altra in file disordinate e poco curate. L'erba cresceva incolta tra le lapidi e non c'erano né fiori né altre persone, vive, oltre a loro ad onorare le tombe. Ma non c'era dubbio, quello era...
«Il cimitero dell'ospedale», confermò Harry con tono calmo mentre continuava a trascinare il maggiore tra le lapidi. «Qui», continuò, «vengono seppelliti tutti i pazienti senza famiglia, quelli che non hanno parenti che riscattano i loro corpi morti. E' dove vengono seppelliti i neonati non voluti e lasciati a morire dalle loro stesse madri. Oppure è dove vengono sepolti gli anziani dimenticati dalle famiglie che loro stessi hanno cresciuto...»
«Harry, dove-»
Harry lo ignorò, continuò a camminare. E a parlare:
«Durante miei anni di permanenza in questo ospedale pensavo che se fossi morto sarei finito qua dentro, insieme ai morti dimenticati. Tutto sommato era un pensiero quasi confortante. Non guardarmi così, Louis, è solo... sapevo che almeno qui sarei stato in mezzo ad altre persone come me. Sole come me...», sussurrò. Tutto quel discorso non faceva che inquietare Louis.
«Adesso, dal momento che mio padre mi ha riconosciuto, sicuramente finirei nel cimitero degli Styles... Però, se potessi scegliere, vorrei ancora essere seppellito qua. Sai, non mi è mai dispiaciuto questo posto. Ho sempre pensato che ci fosse un'atmosfera speciale in questo cimitero. Non pensi anche tu che ci sia una gran pace qua dentro, eh Lou?»
Gli occhi spaventati di Louis dicevano che no, a lui quel posto non metteva pace, ma solo una brutta agitazione. Quel posto era inquietante, sembrava troppo morto, anche per essere un cimitero. Quindi non gli piaceva, affatto. O forse era il pensiero di Harry morto seppellito sotto quella terra a spaventarlo tanto?
Harry non prestò attenzione alla reazione di Louis e continuò la sua maratona tra le tombe. Direzione? Sconosciuta.
«Comunque, io non sono ancora morto...», bisbigliò Harry.
Louis era stanco di quel gioco: «Harry, dimmi dove stiamo-»
«Ci siamo», lo interruppe Harry mentre si fermava. «Louis, ti presento Kate», annunciò l'istante successivo.
Stupidamente, Louis alzò il volto per guardarsi attorno. Dunque erano lì per quello? Vedere la famosa Kate?
Ma non c'era nessuno lì...
Allora Louis seguì lo sguardo di Harry, i cui occhi calmi puntavano verso il terreno davanti a loro. E trovò Kate.
Quella tomba non doveva essere lì da troppi anni perché a differenza della maggior parte, il cui marmo era ingrigito dal tempo, la pietra della lapide era ancora bianca e pulita, per quanto fosse quasi invisibile per colpa dei rampicanti e delle erbacce che vi crescevano sopra. Sempre a causa di quelle, Louis non era in grado di leggere il nome del proprietario di quella tomba e se riuscì a distinguere tra le sterpaglie una "K" ed una "e", fu solamente perché adesso sapeva.
Ma continuava a non capire. Quindi Kate non era la persona di cui parlava la Dottoressa? E allora chi era? E chi era quella persona?
Senza riuscire a dire una parola Louis strinse più la mano di Harry, che non aveva mai lasciato andare, e sperava che con quel gesto il ragazzo avrebbe colto anche le sue domande. Al suo tocco Harry sospirò. Poi parlò.
«Kate era la mia migliore amica», quello fu l'inizio. «In realtà è stata la mia prima amica di sempre. E anche l'unica, prima di te... Io l'amavo. Cioè, ero convinto di amarla. Adesso non ne sono più così sicuro, però al tempo non avevo mai provato qualcosa di così forte per qualcuno, qualcuno che non fosse mia madre... ero certo che fosse amore», Harry si interruppe per un attimo, poi riprese.
«L'ho conosciuta qui, al San Mungo. Io avevo otto anni, lei ne aveva dieci e ne aveva trascorsi qua dentro almeno la metà. Non ne avrebbe vissuti ancora molti... All'epoca ero un bambino triste e distrutto. La vita che avevo vissuto fino a quel momento, una vita per altro poco felice, era andata a pezzi ed ero troppo debole per rimetterla a posto. Poi un giorno è arrivata Kate. Non so perché scelse proprio me, forse un po' le piacevo o forse la mia disperazione le faceva sembrare la propria un po' più sopportabile... Fatto sta che una mattina venne da me e mi disse "Tu sei il mio nuovo amico", Merlino, me la ricordo ancora la sua espressione quella volta! Era fatta così, Kate non chiedeva, prendeva. E da allora ho sempre accontentato ogni sua richiesta, perché quello era tutto ciò di cui sentivo il bisogno, qualcuno che desse un senso alla mia vita al posto mio... Così diventammo amici, anche se lei mi trattava più come una specie di schiavetto, piuttosto che come un amico. Ma io non mi lamentavo, provavo questa specie di... adorazione per Kate che mi impediva di vederne i difetti. Per me era perfetta, era la mia guida, il mio modello. Tutto ciò che sognavo era poter essere come lei... Fin dalla prima volta che l'ho vista ho pensato che fosse la persona più forte, sicura ed energica che ci fosse al mondo. Kate sapeva sempre cosa fare, sapeva sempre cosa voleva fare, non aveva paura di niente e non c'era niente che potesse fermarla», poi la voce di Harry si spezzò, «Ho continuato a crederlo per anni. Ma mi sbagliavo, Louis, mi sbagliavo...»
«Kate era una magonò ed era finita qua dentro a causa di una malattia genetica che colpiva da generazioni la sua famiglia di maghi. Nessuno, però, nella sua famiglia ne aveva mai sofferto gravemente, perché la magia li proteggeva dalla malattia stessa. Ma Kate non aveva magia, neanche un pizzico, aveva solo la malattia magica. Assurdo, no? Era una magonò, ma soffriva di una malattia per maghi dalla quale non poteva proteggersi. Me l'ha ripetuto per anni quanto il destino fosse stato crudele con lei. Eppure non avevo capito... Non ho capito cosa ciò significasse fino a quando...», Harry non concluse la frase, ma i suoi occhi, fino ad ora persi nell'orizzonte, caddero sulla lapide.
«Probabilmente rifiutavo solo di capire. Così come rifiutavo di vedere quanto Kate fosse debole, quanto soffrisse. La sua durezza, la sua spavalderia, la sua... cattiveria, in realtà non erano altro che paura. Kate non era coraggiosa, Kate era disperata. E arrabbiata, arrabbiata col mondo per quello che le aveva fatto. Sai, lei me lo diceva spesso che io ero stato fortunato. Non le credevo, ero convinto che lo dicesse solo per tirarmi su il morale. Ora mi rendo conto che in realtà lei non solo ne era convinta, ma ne era anche invidiosa. Lei avrebbe voluto essere come me! Come me...», le parole di Harry si persero nella brezza fredda di quella sera d'inverno che stava calando.
«E' morta due anni fa. Io ero a scuola, frequentavo il terzo anno quando è successo. Non avevo idea che lei... L'ultima volta che l'avevo vista stava ancora bene, era estate, abbiamo camminato assieme nel parco. Mi ha chiesto di baciarla. Qui, in questo posto, mi ha chiesto di baciarla perché non aveva mai baciato nessuno. Io non le ho mai detto di no... E' stato bellissimo. Ho continuato a sognarlo per mesi. E poi mi hanno detto che era morta. Morta, capisci? E io pensavo a quello stupido bacio! Era un bacio d'addio, Louis, e non lo avevo nemmeno capito».
Gli occhi di Harry erano lucidi, ma non c'erano lacrime a rigargli il viso. Louis non le avrebbe sopportate, non avrebbe saputo come asciugarle. Si limitò a stringere più forte la mano di Harry nella propria e il ragazzo ricambiò, senza staccare lo sguardo dalla tomba.
«Ora me ne sono fatto una ragione, ma all'inizio è stato difficile, tanto di più perché... E' brutto da ammettere, ma... Vedi Louis, Kate non aveva un bel carattere, affatto, si divertiva a farmi soffrire per alleviare le proprie sofferenze... Eppure io l'adoravo, e in buona parte era perché mi ricordava mia madre. Temo che la ragione principale per cui accettai di diventare suo "amico" fosse proprio quella: in lei vedevo una sostituta di Anne, una versione più giovane e sana. E' stato meschino, ma giuro che non me ne sono reso conto fino a quando lei... Credo che avessi inconsciamente trasferito i residui dei miei sentimenti per Anne in Kate, e quando Kate è morta quei sentimenti si sono spezzati, ancora una volta, e hanno riaperto le vecchie ferite».
«E' stato dopo la morte di Kate che ho deciso che non mi sarei più legato alle persone. Lei era stata il mio ultimo tentativo d'amore, avevo provato ad amarla, avevo sperato che mi amasse, ma avevo ottenuto solo altra sofferenza. E non ne potevo più di soffrire. Allora ho scelto di chiudere definitivamente il mio cuore al resto del mondo e mi sono nascosto dietro al mio muro di silenzi e paure. In quello stesso periodo ho smesso di presentarmi alle visite del San Mungo, perché ero convinto che in questo posto avrei trovato solo altro dolere e nessuna cura... Il resto, be', lo conosci».
Lentamente lo sguardo di Harry scivolò via dalla lapide, l'accarezzò un'ultima volta, e poi salì verso l'alto, ad incontrare quello di Louis.
Louis avrebbe voluto dire qualcosa, trovare le parole giuste, ma non c'era niente, niente, che gli sembrasse adatto in quel momento. Il passato di Harry era un doloroso susseguirsi di eventi infelici e Louis si sentiva completamente impotente di fronte ad esso.
«Mi dispiace», gli dispiaceva davvero così tanto, gli dispiaceva per quello che Harry aveva passato, gli dispiaceva non poterlo aiutare, gli-
Un sorriso malinconico piegò le labbra di Harry. «Lo so, ma non devi essere dispiaciuto per me. Ho superato tutto questo. Certo, il dolore che ho provato per la morte di Kate non lo dimenticherò mai e la sua mancanza continuerà a farmi soffrire per sempre. Ma almeno adesso ho accettato quel dolore, l'ho capito. E sopratutto, ho capito che è sbagliato dimenticarsi dei momenti felici solo perché la sofferenza è più grande. Io e Kate abbiamo avuto i nostri momenti di felicità, ed è a quelli a cui devo pensare quando la tristezza prende il sopravvento. E se quei momenti non bastano, c'è sempre il presente a cui aggrapparsi. E il mio presente è il migliore che potessi desiderare», concluse.
Poi con un solo passo Harry azzerò la distanza che lo separava da Louis, appoggiò le labbra al suo orecchio sfiorandolo delicatamente, e sussurrò: «Il mio presente... sei tu».
Louis rabbrividì.
In un altro momento Louis avrebbe avuto paura di quelle parole, in un altro momento le avrebbe percepite come un ostacolo al loro compromesso, in un altro momento avrebbe chiesto ad Harry di rimangiarsele o forse sarebbe semplicemente scappato. Ma in quel momento Louis si sentì onorato da quelle parole, felice che Harry le avesse pronunciate perché così aveva dato un senso alla presenza di Louis in quel luogo. Perché ora Louis sapeva che, anche se non aveva le parole giuste, ad Harry bastava la sua presenza per affrontare il proprio passato. E sapere di poter aiutare Harry era per Louis una soddisfazione incommensurabile.
Approfittando della vicinanza, Louis cinse i fianchi di Harry con le braccia e poi cercò negli occhi del minore il permesso di fare quello che desiderava. Ovviamente, lo trovò.
Si sporse lentamente per incontrare il viso di Harry e trovò le sue labbra morbide pronte ad aspettarlo. Baciò delicatamente quelle labbra, accarezzandole piano con le proprie.
Fu un bacio piccolo e casto, un bacio strano, che lasciò Louis con uno strano formicolio sulle labbra, sulla punta delle dita, nella pancia. Aveva l'impressione che ci fossero mille occhi attorno a lui ad osservarlo. Ma nella luce del crepuscolo i loro unici spettatori erano le pietre cieche delle tombe...
 
Quando le labbra smisero di pizzicare e quando le mani continuarono a tremare solo per il freddo e del bacio non rimase che un rossore sulle labbra, solo a quel punto Louis si rese conto che c'era qualcosa che non tornava.
Harry aveva detto a Louis che c'era una cosa che non gli aveva detto e che ce n'era un'altra che prima doveva mostrargli. Ma se la tomba di Kate era la cosa che doveva mostrargli, cos'era quella che non gli aveva detto? E inoltre... Se quella seppellita lì sotto era Kate, allora chi era la persona di cui parlava la Dottoressa Jones?
Solo Harry poteva dargli la risposta a quella domanda.
«Harry, c'è qualcosa che mi sfugge...», tentò il maggiore sciogliendo l'abbraccio quanto bastava per poter vedere il viso di Harry, «Se Kate... Se Kate è qui, di chi stavate parlando prima tu e la Dottoressa Jones?»
Quella domanda parve innervosire Harry, il quale tentò di nascondere il proprio volto girando la testa dall'altra parte e scivolando via dalla presa delle braccia di Louis. Ma a Louis non sfuggì il modo in cui la sua espressione cambiò fino a contorcersi in una smorfia di dolore...
«E' quella... E' quella Louis la cosa che non ti ho detto...», la voce di Harry era un sussurro, «Ho voluto portarti qui per... non lo so, era importante che tu sapessi di Kate. Tu dovevi sapere. Però non è questa la questione che ti ho nascosto- Perché sì, c'è una cosa che ti ho nascosto, che non ti volevo- In realtà non l'ho nascosta solo a te, ma anche a me stesso- E' più facile fare finta che le cose stiano così, piuttosto che... Io non so se sono pronto a parlane... E' così di difficile... E' tutto così-»
«Frena, Harry, non ti sto seguendo. Non so di cosa stai parlando...», Louis odiava vedere Harry perdere il controllo in quel modo. Odiava vedere quell'Harry confuso e spaventato. E, qualunque essa fosse, odiava anche la cosa che lo rendeva tale.
Louis seppe che era il momento di agire, perché la sua presenza aveva uno scopo quel giorno: combattere affianco ad Harry.
«Harry», disse allora, «Ricordati che io sono qui per te. Sono qui per ascoltarti. La cosa che ti fa soffrire tanto... possiamo condividerla, possiamo portarne assieme il peso. Lo farei per te. Voglio condividere il tuo dolore con te, così poi potremo provare ad essere felice assieme. Io per te... Per te farei questo ed altro. Hai capito? Quindi tu parla, okay? Non avere paura di quello che devi dirmi, perché sono qui per aiutarti. E non avere paura del mio giudizio, perché, te l'ho promesso, io capirò».
Quelle parole parvero calmare Harry il quale dopo qualche istante annuì, poi il suo intero corpo parve accasciarsi su se stesso, fino a che non fu seduto sulla terra, con le ginocchia stette fra le mani e il suo sguardo perso tra le lapidi.
Louis pensò che fosse bellissimo, nonostante la disperazione nei suoi occhi, Harry era bellissimo, anche in mezzo ad un cimitero, anche con il corpo abbandonato tra l'erba e la terra e le pietre delle tombe, Harry era bellissimo col profilo stagliato sul cielo rosso e viola all'ora del tramonto e con le labbra contratte per le parole amare che stava per pronunciare.
Louis era ancora assorto nella sua contemplazione quando, purtroppo, Harry iniziò a parlare: «Quando quella volta ti ho raccontato la mia storia... c'è una cosa che non ti ho detto. Ecco, è una cosa che riguarda... mia madre», ammetterlo gli costò molta fatica. Louis si limitò annuire e gli si sedette accanto, senza toccarlo, solo aspettando. E sentendo la paura attanagliargli le membra.
«Ti dissi che il giorno in cui mio padre venne a trovarci mia madre si buttò giù da una finestra. Ed è quello che successe. Ma... mia madre... mia madre...», il respiro di Harry era sempre più affannato, però non si arrese: «Quando arrivarono i medimaghi...», disse infine, «Lei respirava ancora».
Louis chiuse gli occhi, affranto da quella notizia che in cuor suo si aspettava, ma poi si costrinse a riaprirli, perché era Harry quello che stava soffrendo di più, era Harry quello che stava lottando con se stesso per trovare la forza per parlare, di ricordare. Louis gli doveva come minimo il coraggio di guardarlo.
Dopo una breve pausa, Harry continuò: «La portarono in ospedale, in questo ospedale, e lei era già entrata in coma. Ma non era...», ...morta, la madre di Harry non era morta, «Rimase in coma per mesi. I medici la davano per spacciata, dicevano che era un miracolo che non fosse morta prima vista la situazione. Si era buttata dal terzo piano... E invece lei si svegliò. Dopo sette mesi di coma mia madre si risvegliò. Sarebbe stato meglio se fosse morta davvero... In quei mesi i medimaghi mi avevano ripetuto di non farmi false speranze, che non c'erano possibilità che sopravvivesse. Il Dottor Mark aveva cercato di farmi capire che l'avevo persa, che lei non c'era più, che dovevo andare avanti. Ma io avevo continuato a credere in ogni suo respiro, in ogni debole battito di cuore, in ogni movimento involontario, perché io... io non potevo abbandonarla e non potevo accettare che lei mi avesse abbandonato. Ma sai, Louis, poi l'ho capito... I medici avevano ragione, avrei dovuto ascoltare il Dottor Mark. L'ho capito nel momento in cui ha aperto gli occhi e mi ha guardato senza riconoscermi: l'avevo davvero persa per sempre», con quelle parole caddero le prime lacrime.
«Dopo il tentato suicidio e dopo il coma di lei non rimase altro che uno scheletro vuoto. Mia madre era sempre stata pazza, è vero, ma quello... quello era mille volte peggio. Non mi riconosceva più! Mi guardava con quegli occhi spenti e mi chiedeva "Chi sei tu?", a volte era addirittura spaventata da me, perché non capiva chi fossi. E non sapeva più... non era più... Quella cosa che si è svegliata non era mia madre. Non era mia madre!», Harry quasi gridò, «Era solo un guscio vuoto, un corpo senza anima, senza mente, senza memoria. Senza di me», Harry nascose la testa tra le mani. Louis rimase inerte a guardarlo.
Harry riprese a parlare con voce soffocata dalle proprie mani: «La Dottoressa Jones è la persona che si occupa di lei, da anni ormai, per quello la conosco... Lei era l'unica che ha sempre insistito nel dire che Anne avesse ancora dei momenti di... lucidità. Ma si sbagliava, si sbaglia ancora. Quei momenti durano un istante, e poi torna il vuoto, e poi torna a dimenticarsi di me...»
Harry alzò alzò improvvisamente il volto e si girò a cercare quello di Louis: «Non ti ho mentito nel farti credere che mia madre fosse morta», gli disse con gli occhi rossi di pianto, «Perché per me lei lo è. Mia madre è morta. Mi rifiuto di chiamare mamma quella cosa. Mi rifiuto di vederla. Non così... Non così...», Harry nascose di nuovo la testa fra le mani e dopo non ci furono più parole, solo singhiozzi.
A quel punto Louis strisciò con cautela verso Harry fino ad appoggiarsi al suo fianco. Harry non lo scacciò, né lo fece quando Louis circondò le sue spalle con un braccio. Continuò a piangere. E Louis poteva solo stringerlo.
Ormai il sole era tramontato, restava solo una debole luce ad illuminare il cimitero. Harry singhiozzava tra le braccia di Louis.
Aveva fatto male, ma adesso anche l'ultimo segreto di Harry era stato svelato, la sua storia era definitivamente finita. O almeno lo era per il momento, il seguito doveva ancora avvenire.
Dunque le cose stavano così... La madre di Harry era ancora viva, o qualcosa del genere, ed ormai non c'era più dubbio: era la persona che Louis aveva incontrato la prima volta al San Mungo. L'aveva sempre sospettato. Era stata la prima cosa che aveva pensato nel vederla. Ora il ricordo di quella donna era ormai sfuocato nella mente di Louis, ma ricordava perfettamente di aver pensato che assomigliasse tanto, troppo, ad Harry per essere una coincidenza. I loro occhi erano del medesimo colore... peccato che quelli della donna fossero due pozzi vuoti con un fondo di follia, mentre quelli di Harry erano due limpide fonti nelle quale immergersi e confortare la propria anima.
Louis sospirò. Perché doveva essere tutto così complicato? Perché la vita di Harry doveva essere stata così orribile? E cosa poteva fare Louis adesso? Cosa doveva dire ad Harry? Riusciva a capire perché Harry gli avesse tenuto nascosta quella storia e riusciva anche a capire la sua scelta di non voler rivedere Anne. Al suo posto forse avrebbe fatto lo stesso.
Ma, si chiese, non sarebbe stato più saggio consigliargli di essere ragionevole e provare a dare una possibilità ad Anne? In fondo era pur sempre sua madre.
Sì, un buon amico l'avrebbe consigliato in quel modo. Ma Louis non era solo un suo amico, e forse non era un buon amico. Però poteva provare ad esserlo, per una volta...
«Harry», sussurrò, «Io ho capito», sapeva che Harry aveva bisogno di sentirselo dire, «Ho capito perché non me l'hai detto e lo accetto e... ti ringrazio per aver condiviso queste cose con me, anche se ti ha fatto male...», fece una pausa, «Mi dispiace davvero tanto per tutto quello che è successo, per tua madre, per come le cose sono finite... Però...», Louis sentì Harry tremare nel suo abbraccio, «Forse dovresti... Lei è ancora tua madre, dovresti darle una possibilità-»
Quelle parole parvero riscuotere Harry dal suo pianto.
«Secondo te non l'ho fatto?!», domandò lanciandogli uno sguardo rabbioso tra le lacrime. «Secondo te non ho provato a ritrovare mia madre in quella donna? Ci ho provato, quanto avrei voluto... ma lei non c'era più...»
«Harry, scusami, io- io non conosco bene la situazione e non posso certo dirti cosa devi fare. Questa è solo la mia opinione, e puoi anche dimenticarla, ma... Credo... Tu-Tu hai cercato di ritrovare tua madre, ma lei, come hai detto, non c'è più. E se invece dovessi solo provare ad apprezzare quello che è rimasto? Forse non è rimasto molto e avrai ancora meno in cambio... però tu ami ancora tua madre. Non sarebbe meglio dedicare a lei quell'amore piuttosto che al suo ricordo? Perché lei sarà sempre tua madre, anche se è diversa e magari non lo ricorda più, ma tu lo ricordi. Tu sai che lei è la tua mamma. So che sarebbe doloroso, lo so, perché non avresti nulla in cambio... Ma forse staresti meglio con te stesso sapendo di non averla abbandonata...»
Harry sussultò.
«Io non l'ho...», sussurrò, «Io non l'ho abbandonata... Louis, io no-», ricominciò a piangere ancora più disperatamente di prima.
Oddio, forse aveva peggiorato la situazione.
Louis strinse Harry più forte tra le proprie braccia e Harry si accasciò contro il suo petto, piangendo senza sosta, singhiozzando rumorosamente e tramando ad ogni singhiozzo.
Passarono parecchi minuti prima che Harry si calmasse di nuovo e il cielo era diventato quasi completamente blu, solo sulla linea dell'orizzonte rimaneva la vaga traccia del passaggio del sole.
Il respiro di Harry si infrangeva lento e caldo sulla maglietta di Louis e Louis gli accarezza piano la schiena.
«Harry, mi dispiace per prima, non avrei dovuto dire..» Louis si sentiva la persona più meschina della terra, aveva praticamente insinuato che Harry avesse abbandonato sua madre... «Non avevo alcun diritto di dirti certe cose, non ne avevo neanche un po', mi dispiace davvero. Per favore, dimentica tutto. Io non so niente di quello che hai passato, non potevo, non-»
«No», Harry scosse la testa contro il suo petto, «Va bene così», sussurrò.
«C-cosa?»
Questa volta Harry annuì: «Io... Penserò a quello che mi hai detto... Sì, ci penserò...»
Louis fu sul punto di aggiungere qualcos'altro: che Harry non era obbligato a considerare le sue parole, che non doveva farsi influenzare dalla sua opinione, che era stato un idiota ed aveva parlato a sproposito.
Ma ora Harry era calmo e rilassato e non sembrava intenzionata a parlare ulteriormente per quella giornata. Allora Louis accettò il suo silenzio e lo condivise.
Quando Harry era scoppiato a piangere la seconda volta Louis aveva seriamente temuto di aver appena rovinato tutto. Le parole gli erano sfuggite di mano ed erano uscite più rudi di quanto volesse e anziché aiutare Harry l'aveva ferirlo ancora di più. Non era sua intenzione farlo, aveva solo cercato di dire la cosa giusta per una volta e invece aveva fatto un disastro.
Harry, tuttavia, non sembrava avercela con lui. Dopo la reazione iniziale si era placato. E aveva detto che avrebbe pensato alle parole di Louis... Louis non sapeva proprio come interpretare quell'affermazione. Significava forse che c'era una speranza che Harry andasse a trovare sua madre? che avrebbe almeno considerato la possibilità di farlo? Se le cose stavano così, allora il discorso di Louis aveva raggiunto il suo scopo e forse, malgrado avesse fatto piangere Harry, un giorno l'avrebbe fatto stare bene... Perché Louis di una cosa era certo: Harry non poteva essere veramente felice continuando a fingere che sua madre non ci fosse più.
 
Passarono i pensieri e passarono i minuti e l'aria divenne fredda e la notte iniziò a calare inesorabile sopra di loro. Era decisamente il momento di andare, Louis non aveva alcuna intenzione di trascorrere la notte dentro un cimitero.
«Harry... Harry, dobbiamo andare, è tardi...», disse allora.
Harry non diede segno di averlo sentito.
«Harry, se non ci sbrighiamo rischiamo che la stazione dei caminetti chiuda...», avevano ormai perso la loro prenotazione da ore, Louis sperava almeno di poter trovare un altro camino per il ritorno.
Dopo qualche secondo, finalmente Harry annuì, ma non accennò a muoversi.
Louis prese un respiro profondo, poi si fece forza e si tirò in piedi trascinando con sé tutto il corpo di Harry. Harry lasciò che Louis lo guidasse lentamente fuori dal cimitero, poi oltre il parco, verso la stazione, limitandosi a spostare un piede dopo l'altro e ad esercitare quel tanto di forza che bastava per stare dritto, per il resto toccò alle braccia forti di Louis il compito di sostenerlo nell'attraversata al buio.
Era stata una giornata pesante per Harry, Louis non avrebbe saputo dire cosa l'avesse spossato di più tra le visite e le confessioni di quel tardo pomeriggio. Fatto sta che Harry era esausto, ma Louis era lì anche per quello, sostenerlo in ogni modo possibile. Anche fisico se occorreva.
Quando arrivarono alla stazione, con immenso sollievo di Louis e placida indifferenza da parte di Harry, trovarono un caminetto libero per riportarli ad Hogwarts.
Louis si stava occupando di spargere la Polvere Volente -nella mente gli balenò il ricordo di quella mattina, che sembrava essere stata così tanto tempo prima, quando lui ed Harry avevano fatto una battaglia a colpi di polvere- quando sentì la mano di Harry cercare la sua.
Louis, vagamente sorpreso da quel gesto -ormai era un'ora che Harry si era chiuso in sé stesso- alzò lo sguardo per cercare quello del ragazzo. Con suo ulteriore stupore sul viso di Harry trovò qualcosa di decisamente inaspettato. Harry stava sorridendo.
Era un sorriso piccolo, era un sorriso sofferto, ma era sincero perché dalla bocca arrivava fino agli occhi splendenti. Era bellissimo.
Louis si chiese dove Harry trovasse la forza per continuare a sorridere in quel modo. Se lui avesse avuto dalla vita quello che aveva avuto Harry non sapeva se sarebbe stato in grado di continuare a farlo... Per Louis, certi giorni sorridere era davvero difficile -era difficile trovare una ragione per farlo, era difficile non cadere nella tentazione di un sorriso finto- questo anche se la sua storia non era una tragedia, anche se non aveva perso un genitore, anche se aveva una famiglia che lo amava... Eppure Harry continua a regalargli quei sorrisi da batticuore, alla faccia di tutto quello che aveva passato. Era così forte il suo Harry...
Louis era talmente assorto nell'ammirarlo che malapena udì la voce di Harry -o forse Harry aveva parlato troppo piano-, ma vide le sue bocca muoversi e disegnare sulle sue labbra un delicato, ma deciso, «Grazie».
Sul volto di Louis si dipinse un sorriso in riflesso a quello di Harry e di colpo Louis realizzò che da un po' di tempo non era più così difficile trovare una ragione per sorridere, non quando aveva Harry accanto a dargli uno e mille motivi per farlo.
 
Mentre si smaterializzavano un pensiero nero come la Polvere Volante si insinuò nella mente di Louis: pensò che non si meritava l'affetto di Harry, non si meritava di essere felice con lui, non quando Harry era così forte da affrontare il proprio passato e Louis era talmente debole da non riuscire a fare i conti nemmeno con il presente. Non poteva rischiare che le sue debolezze intaccassero Harry, non poteva rischiare di ferirlo di nuovo...
Tuttavia, per quando quel pensiero fosse pungente, piccolo ma fastidioso come la polvere in un occhio, non appena l'immagine di Harry gli si palesò di fronte fu immediatamente dimenticato, eclissato dalla sua esistenza. Per il momento...
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
Anticipazioni:
 
"«Harry, lo sai che fra qualche settima ci sarà la partita tra Grifondoro e Tassorosso?»
Harry lanciò all'amico uno sguardo divertito.
«E secondo te perché ci stiamo allenando così tanto ultimamente?»"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
Note:
 
Salve a tutti :) spero che siate sopravvissute a questo capitolo che, me ne rendo conto, è un po' pesante, ma mi è uscito così. Sarà che l'ho scritto mentre pativo le pene dell'inferno? A proposito! vi ricordate che l'ultima volta stavo male? Be', si dal caso che mi fossi presa la polmonite -lo so che non vi interessa, sopportatemi, adoro lamentarmi- e da allora non sono più uscita di casa (a parte per andare dal dottore). Dunque, temo di aver sfogato la mia frustrazione su questo capitoletto sventurato, pardon... C'è di buono che ci ho messo solo due settimane a pubblicare, quasi un record, lo so!
Parlando di cose serie, tipo il capitolo. Ecco svelata tutta la questione su Kate e sulla donna in ospedale -che, come molti avevano sospettato (oppure no?), è davvero la madre di Harry- (cavolo, non sapete da quanto avevo in testa 'sta storia!), spero che vi sia... non so, piaciuta, che vi quadri. Ditemi cosa ne pensate, vi prego!
Il capitolo è tutto pov Louis e qui credo si veda quanto lui tenga ad Harry. E ci tiene, tantissimo, penso sia chiaro ormai. Certo, poi alla fine il nostro Louis si lascia andare ad una piccola nota di negatività... Che potete anche ignorare, per adesso...
Spero che le anticipazioni elettrizzino voi quanto me :D
 
Vi saluto, grazie per tutto quello che fate per me, la vostra presenza è importantissima, non sapete quanto contribuisca nel motivarmi nello scrivere! Apprezzo tutto, quindi preferite/seguite/ricordate, scrivetemi una riga di recensione, lasciatemi un messaggio in 140 carrettieri qui, fate quello che vi pare, ma fatelo perché mi rendete una persona felice :)
A presto.
 
 
 
P.s.: so che faccio schifo e non ho risposto alle recensioni, ma lo farò. Lo faccio sempre, quindi fidatevi, lo farò anche questa volta! E' una promessa.
  
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