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Autore: Cassandra Dirke    21/10/2014    4 recensioni
[yaoi]
[yaoi][yaoi]< Misaki... >
Mi volto di botto. < Che vuoi?! >
Ha le mani in tasca. La cravatta è storta, la camicia è stropicciata e il gilet è sbottonato. Ma qui, circondato da questo meraviglioso verde e immerso in questa semirealtà dove nessuno può giudicare in alcun modo i miei pensieri, è bello da togliere il fiato.
< È questa, la direzione giusta > dice dolcemente, con un sorriso malizioso e lo sguardo lucente.
Arrossisco e corro nella giusta direzione, superandolo velocemente.
Gli dico che è un idiota, un arrogante, sicuro di sé e lui sorride.
Gli basta tenermi la mano e camminarmi affianco.
Ora che ci penso, non mi ha mai chiesto altro.
Invece vorrei dirgli che è vero, che non avevo paura.
Perché sapevo che lui mi avrebbe ritrovato.
In qualche modo, riesce a ritrovarmi sempre.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Lunedì mattina.
Dovrei lavorare.
 
Ho dimenticato tutto.
Ho dimenticato che fuori di qui c'è un mondo, che ho un lavoro, una cosidetta vita, una casa che dopotutto non è la mia...
Mi sono fermato qua. Dal giorno in cui lui non è più sé stesso non lo sono nemmeno io.
Siamo degli esseri completi, davvero. Abbiamo un cervello, dei muscoli, degli organi e uno scheletro forte a sostenerci. Siamo gli organismi che hanno concquistato il pianeta... ma siamo come le formiche: soli siano inutili, riusciamo a sopportare solo una briciola alla volta.
Ho dimenticato che sono una persona, che altre persone contano su di me. Ho dimenticato com'ero prima di incontrarti. Ho dimenticato che la mia vita continua anche sola sulla sua strada... che la mia vita esige la mia presenza, è solo il mio cuore che esige la tua.
 
Tu hai perso la memoria.
Tu hai dimenticato me.
Io ho dimenticato tutto il resto, tranne te.
 
È presto. Saranno sì e no le cinque del mattino. Sono solo.
Aikawa-san ed Isaka-san non si vedono più da ieri mattina. Hanno il loro lavoro e non possono far tornare la memoria ad Usagi-san perciò si sentivano inutili. Ovviamente sono fuggiti nel lavoro, là dove possono fare qualcosa.
Usami-sama è stato richiamato urgentemente ed è partito ieri sera.
Haruhiko-san... mi scappa una smorfia. Lui inizia a preoccuparmi: sembra davvero preoccupato per Usagi-san, ma da quando ci hanno detto che la sua vita non è più in pericolo ha cominciato a preoccuparsi... per me.
La mia vita ruota attorno ad un unico pensiero: non far preoccupare gli altri, non creare problemi. Non mi piace creare casini. Ero quello che a scuola si prendeva le colpe al posto dei miei compagni per non far preoccupare troppo la maestra. Ero quello che teneva la casa come un diamante affinché mio fratello potesse preoccuparsi soltanto del suo lavoro. Ero quello che preferiva ingoiare le lacrime... che ammettere a mio fratello che mi mancavano mamma e papà.
Perciò il pensiero che questo uomo dagli interessi contorti si fissi con me più di quanto già non fosse mi fa contorcere in modo malsano. Non voglio. Sto bene, non può farsi i fatti suoi?
Mi intrufolo nella stanza di Usagi-san con l'eleganza di un ippopotamo... è un miracolo se lui non si sveglia o se l'infermiera di turno non viene a controllare. Chiudo delicatamente la porta e mi concentro su di lui.
Mi piace pensare che se prometto qualcosa al Creatore in cui non ho mai creduto, forse lui tornerà da me. Se prometto di non mangiare più i dolci che mi piacciono tanto... se prometto di non farlo più arrabbiare... se prometto di fare il mio lavoro meglio di chiunque altro... se prometto di baciarlo quando me lo chiederà, come fa sempre,... si sveglierà e mi riconoscerà. Mi amerà di nuovo.
Quardo le sue labbra screpolate e i miei occhi si rifiutano di posarsi altrove.
Quante volte mi ha chiesto, supplicato di baciarlo? Quante volte io, troppo codardo per esternargli in modo così evidente i miei sentimenti, mi sono rifiutato?
Adesso mi trovo a sognare le sue labbra, il suo dolce respiro affannoso e carezzevole. Le oscenità che era sempre solito sussurrarmi all'orecchio. E la piacevole pazzia che sfavillava dentro di me..
Non è rimasto niente, mi rendo conto.
Io sono qui, certo. Tremante e ansioso, ma oltre a me...?
C'è lui, certo. Distante e freddo...
Il suo respiro è irregolare. Muove i piedi come se cercasse di correre. I pugni sono stretti, le labbra piegate dal dolore.
Provi quello che provo io?, mi ritrovo a chiedere con tranquillità.
C'è una lacrima sulla sua tempia, i capelli sono umidicci.
Il respiro gli si spezza.
< Ta > sussurra tremante. < Takahiro... non... non lasciarmi >
È la risposta.
La risposta a tutti i miei dubbi. Sì, certo, prova quello che provo io.
No, non è per me che sente nostalgia.
È la risposta al mio dolore.
È tutto sbagliato.
Qualcuno ha tentato di incastrare i pezzi della storia nel modo sbagliato.
Ha tentato incastri là dove non ve n'erano.
Non voglio vederlo soffrire.
Arretro. Non posso stare in questa stanza.
È la risposta a tutto.
Non posso rimanere ancora qui.
Non sono in grado di sopportare.
Il mio cuore non ne sarebbe in grado, senza potersi fermare.
La risposta... sei tu. Lo sei sempre stato. La mia vita, il mio lavoro... non contano nulla.
Io, la mia testa, il mio cuore. Non esistono se non all'interno del tuo amore.
Arretro... corro senza fiato. Esco.
Non posso, capiscimi. Non posso rimanere in un posto dove io per te sono niente.
Vi do un consiglio: se costruite la vita attorno a un qualcosa, assicuratevi che questo qualcosa abbia delle radici resistenti e profonde, che sappia resistere a qualunque intemperia. Pregate che non crolli, che non si annulli... perché se mai dovesse ridursi in polvere, la vostra vita farebbe la stessa fine.
E proprio mentre cerco di correre lontano dal mondo quello mi sbatte addosso.
No, non è il mondo. È una persona.
< Takahashi-kun... che succede, perché corre? >
Quest'uomo comincia davvero a rompermi. Non lo guardo, se mi sarà possibile per nulla al mondo gli mostrerò il mio volto, ma dalla sua voce capisco che è Usami-ani. Le sue braccia mi hanno fermato, mi trattengono un minuto più del neccessario.
< Haruihiko-san, mi perdoni. Non l'avevo vista... >
Devo aggrapparmi a lui per allontanarmi da lui. A volte l'ironia ha del ridicolo. Tengo la testa bassa con ostinazione. Non voglio... non voglio...
< Non si preoccupi > dice lasciando scivolare le sue mani giù dalle mie spalle. < Stava... >
< Stavo andando in bagno > mento voltando la testa in modo di non trovarmi di fronte a lui e faccio per superarlo.
< Aspetti... > la sua voce ha un che di calmo e preoccupato.
< Usagi-san... voglio dire, Akihiko-san non si è ancora svegliato... se vuole > parlo velocemente, senza un filo logico. Perché è qui? Perché proprio ora? NON VOGLIO....
< Misaki! >
Il suo tono mi gela.
La sua voce è una doccia ghiacciata.
È la prima volta che mi chiama per nome.
La sua mano sulla mia fronte non è affatto delicata. Non c'è il minimo riserbo in lui quando, contro la mia volontà, mi alza la testa per guardarmi in faccia.
Non voglio... il mio desiderio è debole, una formica in un torrente. 
Non voglio che lui veda le mie lacrime.
Eppure mi vede, mi guarda e i suoi occhi scuri da prima inespressivi e vuoti si aprono come d'incanto. E quello che vedo non mi piace. Quel dolore riaccende il mio. Il suo volto esterefatto, mi indebolisce.
< Sto bene > mento alzando una mano per coprirmi il volto.
No, vorrei dire se ne avessi la forza. Non mi guardare... solo LUI può vedermi piangere...
Ma lui mi afferra il polso, lasciando la mia mano a mezz'aria.
< Non è vero > dice piano, con dolcezza. La sua voce mi avvolge, mi rilassa. Mi fa calmare.
E appena me ne rendo conto qualcosa di più forte mi afferra: non posso sentirmi così con lui. Non posso calmarmi, non posso tranquilizzarmi perché l'unico in grado di farmi sentire così non si ricorda più di me. Davvero, non posso...
Cerco di raccogliere dentro di me la forza per spingerlo lontano, per impedirgli di toccarmi. Perché ho promesso a Usagi-san che non avrei permesso a nessuno di toccarmi... ma lui non si ricorda nemmeno della promessa che ha preteso da me anni fa e io... non ho più forze. Mi sento vuoto come un guscio morto.
Mi abbandono alla sua presa, ma gli nascondo il mio volto. Ancora non mi va che mi veda.
Odio... odio sentirmi così vulnerabile. È come se tutte le mie barriere si fossero dileguate.
< Venga con me >
Non è un'ordine.
Ma nemmeno una richiesta.
 
Mezzogiorno
Nel mezzo dell'oceano
 
Succede all'improvviso. Come aprire e chiudere gli occhi. Succede... 
Sapete, la morte non ci guarda mai veramente negli occhi.
Risucchia la nostra anima dai nostri pori... ad occhi chiusi, perché non siamo creature degne di essere guardate. Piccoli corpi vuoti, cellule mote. Ecco cosa siamo.
Il cielo è così limpido che mi ci potrei specchiare... al contrario del mare che sembra un'oceano di oscure promesse. Impetuoso e imprevedibile, cela creature di cui noi preferiamo ignorare l'esistenza.
E io preferisco non concentrarmi troppo sul mare. C'è abbondanza di sole e vento carezzevole... il perfetto antidoto a questo caldo torrido.
Apro le braccia a prua e chiudo gli occhi, sognando di volare. Soffro di vertigini, perciò evito di guardare giù. Non ho bisogno di guardare la terra per sapere che il mondo è un posto meraviglioso.
Sento un... no, non un rumore. Sento una sensazione, un presentimento.
Abbasso velocemente le braccia e mi guardo indietro. Alle spalle qualcuno mi spia.
Mi chiamo Misaki Takahashi, mi ritrovo in un yatch non-proprio-mio e l'uomo più irritante e maniaco del controllo del mondo mi sta spiando.
È appoggiato alle parete con le braccia e le caviglie incrociate... i suoi capelli svolazzano a ritmo del vento, le sue labbra sono socchiuse in un sorriso accattivante e i suoi occhi sono così meravigliosamente viola che il mio cuore si ferma per trenta secondi.
< Misaki >
Sembra un saluto, ma probabilmente è una presa in giro. Tutto in lui mi gira e mi rigira come se fossi una sfera... come la Terra che, inconsapevole, gira intorno al sole senza scelta.
Decido di sfidarlo. Sembra troppo tranquillo per i miei gusti... mi ha rapito al lavoro, grazie alla complicità del mio capo, naturalmente... Isaka-san non si sarebbe mai sottrato dal concedergli un favore in cambio di altri diecimila.
< Akihiko >
Vorrei non aver pronuciato il tuo nome con questo tono basso e timoroso.
Vorrei riuscire a tenere la testa alta e le spalle dritte davanti a te. Vorrei riuscire a sostenere il tuo sguardo senza avere timore. Timore che tu riesca a leggere cosa alberga nel mio cuore. Cosa la mia mente riesca ad inventarsi per far accellerare forte il mio respiro.
Sorride ancor di più e, per la prima volta da quando lo conosco, ho paura. Ho paura per davvero.
Mi ricordo che lo sto provocando... e che sono da solo con lui in uno yatch, nel mezzo del Pacifico, senza avere la minima idea di come potrei tornare a casa da solo... non del tutto sicuro che qualcuno sappia effettivamente che mi trovo qui.
Si rilassa, staccandosi dalla parete e iniziando a camminare verso di me.
Arretro, fremendo per davvero. È paura? Che altro potrebbe essere=? So cosa succederà se mi prenderà, so come è fatto quando gli faccio QUESTO effetto. So che non mi... non mi piacerà....
Arretro ancora... sono arrivato vicino alla ringhiera.
Una corda appoggiata nel posto sbagliato... un'onda che scuote la nave in un momento pessimo... io che ho un equilibrio molto precario... e una sfortuna molto sadica sono la mia condanna. Inciampo, sbatto contro la ringhiera... lo scossone mi fa mancare la terra sotto i piedi...
Un urlo. Lacerante, da pelle d'oca... il mio nome, e poi solo mare.
Se non lo sapevate, vi aggiorno subito: l'Oceano Pacifico è freddo. Dannatamente freddo.
Il sangue smette di scorrere. Lo sento, giuro... è come se mille spilli della grandezza del mio mignolo avessero iniziato a pungermi su ogni centimetro della mia pelle. È tutt'altro che una sensazione piacevole.
Le ossa mi si sbriciolano... e la mente esplode. E mentre il mio corpo è alle prese con esplosioni, sbriciolamenti e spilli assassini i miei polmoni vanno a fuoco. L'aria mi abbandona... sale in superficie in bolle vitali. Le vedo... e vedo anche la luce. Quella luce che smette di graziarmi.
Le mie mani sono tese inutilmente verso l'alto... non so nemmeno perché sto cercando di aggrapparmi quella luce. Il sonno mi avvolge, risucchiando in sé ogni altra sensazione. Ogni male e dolore scompare e la mia mente si appanna.
Voglio lasciarmi andare, mi rendo conto. 
Mi lascerò cadere, solo per questa volta.
Non l'ho mai fatto prima in vita mia. Mi sono sempre battutto per tutto con tutte le mie forze, fino all'estremo... e anche quando rinunciavo a qualcosa lo facevo soffrendone così tanto da morirci. 
Questa volta... solo e soltanto per questa volta.... voglio lasciarmi cadere.
Lascio che la luce mi scaldi un'ultima volta e la ammiro a bocca aperta e senza respiro. Letteralmente.
Eppure non tutto è come vorrei che fosse... la luce non è solo mia. C'è una macchia. Una macchia dapprima minuscola dentro a quella lucentezza che man mano accresce e mi copre gli occhi.
È qualcosa... le mie palpebre si fanno pesanti e non mi importa più di cosa mi copra la luce.
Però qualcos'altro mi costringe a contrastare il sonno. Devo stare sveglio.
E l'ombra mi sta raggiungendo sempre più velocemente.
Ma il buio che c'è dentro di me è più veloce, più potente.
Non devo ascoltarlo... non devo assecondarlo. Devo nuotare... non posso...
Sento un grido. Lo so che è assurdo. Lo so che sto morendo, ma lo sento: è lui. Lui e la sua voce tormentata. È lui che mi grida di non chiudere gli occhi.
Ma il sonno è così pesante... cercare di non farmi sopraffare sarebbe come cercare di sollevare il cielo intero sulle mie spalle.
E, per quanto io cerchi di tenere gli occhi aperti, di rimanere coscente... tutto mi crolla addosso. L'acqua mi risucchia come un vortice. Artigli freddi e viscidi mi tirano appicco.
E io affogo.
 
Oggi
6 a.m. minuto più, minuto meno
 
L'acqua mi scorre fresca tra le mani.
Per un secondo... un attimo talmente corto da sembrare immaginario mi sento senza fiato, schiacciato dalla pressione e in punto di perdere i sensi.
No...non me lo immagino e non l'ho provato solo per un attimo. Sono due giorni che annego. Due giorni senza fiato, senza speranza.
Non ci penso. Mi lavo la faccia con gesti veloci, frettolosi, e mi guardo allo specchio. I capelli cominciano ad essere troppo lunghi... sono sparati in tutte le direzioni, creandomi una ridicola criniera marrone cioccolato. Potrei sfidare Goku per la conciatura più fantasiosa e vincerei senza problemi. Il mio volto oltre che grondate d'acqua è anche pallido e sciupato... le occhiaie violacee fanno sembrare i miei occhi neri attornianti da borse rosse.
Non potevo sperare in un aspetto migliore: nelle ultime ventiquattro ore ne ho dormite solo quattro.
Cerco di dare una sistemata anche ai capelli, ma il risultato non sarà comunque mai abbastanza soddisfacente, perciò evito di perdere troppo tempo.
Mi asciugo con un paio di asiugamani di carta guardando distrattamente Usami-ani allo specchio. Guarda intensamente il cielo da un'alta e angusta finestra che fa areeggiare l'aria nel bagno degli uomini del secondo piano dell'ospedale. Gli occhiali gli sono scivolati sulla punta del naso, perciò non penso che stia davvero guardando il cielo. Ha un'aria pensierosa e malinconica.
Forse sta pensando a Usagi-san...
Oppure... e il pensiero mi fa accapponare la pelle, forse pensa che adesso che Usagi-san non mi ama più sia cambiato qualcosa, per me.
Cerco in tutti i modi possibili di scacciare il pensiero perverso e mi concentro sulle mie mani. Sono pulite e asciutte, ma io continuo a passarmele, ricordando l'asfalto macchiato di sangue... la carta si strappa.
< Non deve farlo > L'attenzione di Haruhiko-san è improvvisamente concentrata su di me.
Alzo gli occhi, buttando sollevato la carta nel cestino. < Cosa? >
Mi fisa intensamente. I suoi occhi sono così scuri che mi sembra di cadere. Sono di fronte ad un pozzo profondo e se non faccio attenzione mi ritroverò con le ossa spezzate in men che non si dica. A volte i pericoli peggiori sono nei luoghi più impensati.
A volte le paure più grandi, sono nascoste dalle luce delle sicurezze più profonde.
< Non deve fare quello che gli altri si aspettano da lei > risponde appoggiando la testa al muro. < Non deve... non deve tenere sempre la testa alta e il sorriso pronto solo perché gli altri non si preoccupino. Lei è davvero una persona singolare. Singolarmente speciale penso. Però non può essere forte per gli altri >
Non voglio ascoltarlo.
< Non so di che cosa sta parlando... >
Stringo le mani in pugno. Le sciolgo e poi stringo di nuovo forte. Vorrei avere qualcosa per le mani. Qualcosa per la testa. Vorrei essere così occupato da non avere tempo per ascoltare le sue parole. Perché se ascoltassi....
< Quello che lei fa.... la smetta. Non finga >
Stai zitto.
< Sorride e dice che va tutto bene. Quell'uomo... mio fratello sta bene, è vero. Ieri rischiava la vita e oggi sta bene. Ha perso la memoria ma non è questa la cosa grave, è questo che vorrebbe far credere a tutti, no? >
Voglio che smetta. Non voglio ascoltarlo. Sto respirando, di nuovo. Mi sento in me... ma ascoltando le sue parole ho l'impressione che i muri mi si chiudano addosso. Che i polmoni mi si stringano e che il cuore si faccia sempre più piccolo. Sempre più piccolo.... più piccolo... così da non farmi più respirare.
< Lo farà... io lo so. Accetterà la richiesta di mio padre e farà tutto il possibile per aiutarlo a recuperare la memoria. E ancora non si rende conto di quale sia il vero problema >
L'aria è tossica. Le sue parole fanno male.
Facco due respiri profondi. Sto affogando.
< La smetta... >
< Il problema è che Akihiko si è dimenticato di Lei > C'è tristezza nei suoi occhi. Lui sa. Sa come ci si sente ad amare qualcuno che non ricambierà mai i nostri sentimenti. Sa come ci si sente nel sapere che vivremo l'intera vita ad amare questa e soltanto questa persona senza avere uno straccio di possibilità di essere felici.
< Per favore... > mi ritrovo a supplicare mentre il respiro mi infiamma la gola. 
Fa male respirare.
Ormai fa male vivere.
< Sì è dimenticato che la ama. Si è dimenticato il motivo per cui la amava. E lei invece ricorda tutto... e questo fa male, vero? >
Come diavolo fa... a sapere...
< Ma non deve sopportare per forza >
Mi guarda e poi si alza in piedi. Fa due passi avanti, ma arretra quando io ne faccio due indietro. < Può lasciarsi andare> mi dice. < Può concedersi di cadere. Una volta. Solo una volta > 
Mi sembra una proposta sensata. Posso abbandonarmi a questo per una volta, no? Provo ad ascoltare cos'ho dentro. Lentamente, assaporandone solo la superficie. E sento. Il fuoco alla gola. Il vuoto nel petto. L'ombra nel cranio. No, è insopportabile.
< È abbastanza forte per affrontare tutto. È normale sentire questo dolore > I suoi occhi potrebbero incendiarmi se solo fossero più roventi del dolore che mi sta consumando.
< Taka... > si ferma guardandomi con attenzione.
< Misaki, smettila di fuggire >
È la sua voce.
Il respiro mi blocca. Non è lui a parlare, lo so... perché è lontano. Ma io lo sento. Lo sento dentro di me.
Lo sento, mentre rischio di affogare.
 
Ricordo...
 
È una voce così calda che rischia di scottarmi.
È il mio nome che pronuncia. Tante e tante volte.
Sembra arrabbiato. Pronuncia il mio nome come a volermi frustare.
No... vorrei dirgli. Non arrabbiarti. Si sta così bene qua.
C'è il sole... c'è, vero? Altrimenti da dove arriverebbe questo calore così piacevole? E c'è il vento... che asciuga l'acqua che mi copre.
Acqua.... c'è il mare? Non ricordo il mare. Ricordo un posto bianco e asciutto. Caldo e trasparente. Come una specie di paradiso. Ho visto i miei genitori, perciò forse era davvero il paradiso.
E adesso vorrei tornarci. Sì, vorrei tornare in quel posto così tranquillo. Dove le persone non sono arrabbiate. Dove tutti sono sereni.
< Misaki! >
È arrabbiata e implorante, la voce.
Su su, vorrei dirgli. Non ti preoccupare. Io sto bene. Davvero. Adesso rotroverò i miei genitori... erano qui, no? Non possono essere andati lontani.
< Misaki... torna >
Sembra disperata, la voce.
Oh, vorrei davvero tanto consolarlo. Forse potrei consolarlo... e poi potrei andare a cercare i miei genitori. Sì, non sopporto di sentire questa voce così tormentata.
< Misaki, non mi lasciare... >
< No... > provo a dirgli. Perché non ci riesco? Ah, non ricordo di aver usato la bocca per parlare con i miei genitori. Forse loro capivano i miei pensieri?
Non ti lascerò... sembra una promessa. Ma sì, perché dovrei lasciarlo? Sento la luce... in direzione della sua voce.
Oh, ma non è una voce. Ha un nome, vero? Un nome che ho così tanto pronunciato, lo so.... non mi viene. E pensarci è faticoso. Preferisco ascoltare lui che parla.
< Ti prego... >
Mi sta pregando. Okay, devo davvero davvero aprire gli occhi. Perché sono chiusi, non è così? È per questo che non lo vedo... deve essere così. 
Però quando ci provo il sole rischia di accecarmi e allora li richiudo subito. No... non può essere così doloroso aprire gli occhi. Forse è meglio se li lascio chiusi.
< Misaki! Apri gli occhi! >
No, davvero. Preferisco stare così. Tu continua a parlare. La tua voce mi fa sentire così bene.... Usagi-san, potrei starti a sentire tutta la vita.
Usagi-san!
Per poco non mi si ferma il cuore.
Ma certo! È lui... come ho fatto a dimenticarmi il suo nome? Non ci credo... apro gli occhi. Il sole brucia, è vero. Ma il dolore nella sua voce brucia molto di più.
< Usagi-san... >
< Misaki! >
La gioia che vedo nel suo viso, accompagnata dalla sua voce, mi riempie.
È bagnato. Siamo entrambi bagnati. Ci troviamo sulla barca e io mi metto seduto.
I suoi occhi sono rossi, sembra impazzito, ma quando lo guardo e mi aggrappo al suo braccio sorride. Splende più del sole.
< Sei salvo... > mi stringe così forte da togliermi anche il poco fiato che ho ripreso. Ho rischiato di affogare e lui mi ha salvato.
< Ti sei preoccupato per me... > sussurro contro il suo petto. < Mi dispiace >
< Adesso va tutto bene... tu stai bene >
Mi prende il volto tra le mani e lo avvicina al suo. Mischia il suo respiro con il mio ad occhi chiusi. Assapora la mia presenza, mi tocca i capelli e unisce i nostri corpi.
Aspetto pazientemente che apra gli occhi. < Grazie > gli dico quando finalmente si tuffa nel mio sguardo. < Mi hai salvato la vita >
Il suo respiro si spezza. < Tu hai salvato la mia > sussurra così piano che mi sembra di averlo immaginato. < E adesso non posso più stare senza di te. Oggi... ho pensato che mi sarei lasciato affogare anch'io insieme a te, ma tu sei tornato... >
Gli lancio un'occhiataccia. < Non dire queste cose! >
Mi guarda ad occhi spalancati. Quasi spaventato.
< Non azzardarti a pensare mai più ad una cosa del genere! >
< Ma tu non respiravi più > dice, come se pensasse che io non capisco.
< Ma sono tornato, no? E tornerò ancora e ancora e ancora! Non mi importa quante volte dovrò farlo, ma tornerò sempre! Perché io starò sempre al tuo fianco. Te l'ho già detto, no?! Perché non mi ascolti?! >
Appoggia la sua fronte sulla mia con un sorriso. < Io ti scolto. Ti ascolto sempre. È per questo che sono così felice... e io non voglio perderti >
Mi scanso e lo guardo negli occhi. < Non mi perderai! >
Sembra triste. So quando è così. Quando pensa a tutte le forze universali che potrebbero doviderci. Le nostre famiglie, il mondo intero. E da oggi, a quanto pare, anche la morte.
Lo afferro per le spalle. So cosa lo farà stare meglio. È la stessa cosa che mi chiede ogni volta che c'è qualcosa che lo preoccupa. È la cosa che gli nego ogni volta.
Ma non oggi. Perché oggi anch'io ho davvero paura. Perché ho rischiato di morire senza averlo mai fatto... ho rischiato di lasciarlo senza averlo mai avuto.
< Non permetterò a niente, NIENTE, dividerci. Perché voglio stare accanto a te e da nessun'altra parte. Per sempre >
Mi avvicino a lui, e prima di avere qualunque ripensamento socchiudo le mie labbra sulle sue.
E lo stringo forte. Con la bocca e con i denti, cercando di trasmettergli il mio desiderio di averlo. Di averlo sempre accanto a me, dentro di me. E lo bacio. Perché potrebbe non esserci un domani. Perché niente è scritto sulla pietra. Nemmeno il nostro amore.
E lui ricambia. Mi stringe e mi accarezza. Mi abbraccia e mi bacia. E i nostri respiri si mischiano avvolgendosi dolcemente, ma con tale forza da abbandonarci. 
Siamo una cosa sola. 
Lo sento. È quella cosa che mi invade quando sono con lui. La certezza che posso fare tutto. La certezza che posso essere felice. E il desiderio di permettergli di fare tutto e di dargli tutta la felicità che desidera.
Voglio che sia mio. Voglio avere tutto di lui.
E voglio essere suo. Voglio che si prenda tutto di me.
E continuiamo a baciarci, marchiandoci il corpo con il nostro amore sotto i caldi raggi del sole.
Sa di sale. E di mare.
Sa di vento e di pelle.
Sa di felicità e passione.
Sa di certezze e protezione.
E so per certo che non lo lascerò. Qualunque cosa accada. Non voglio che si senta più solo. Voglio che mi baci e voglio baciarlo fino alla fine del mondo.
 
< Non deve essere forte. Può lasciarsi andare... >
Mi rendo conto che qualcosa pizzica la mia guancia. E quando ci poso la mano sulla guancia... sento umido.
Le lacrime scorrono come due fiumi incontrollati.
< Non posso farlo > dico asciugandomele. Perché se mi lascio andare affogherò in tutto il dolore che fin'ora ho sotterrato. Non posso farlo perché lui non mi ha abbandonato. Si è solo dimenticato.
Ricordo che anch'io l'ho fatto. E sono riuscito a tornare.
Eppure il dolore non accenna ad andarsene.
Troppo tardi, mi rendo conto che solo io promettevo. 
Lui aveva una paura nera che lo lasciassi. Dubitava che lo avrei fatto?
E io ogni volta gli promettevo che sarei sempre tornato.
Facciamo cento promesse al giorno. Grandi o piccole che siano, non siamo uomini se non riusciamo mantenerle...
E io non posso che prendermela con me stesso. Perché gli ho sempre promesso che mai me ne sarei andato... non ho mai chiesto a lui di restare sempre al mio fianco.
Mera ironia... e adesso? È lui che mi ha lasciato!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
 
 
Bonsoir a tout le monde!
Okay, siamo arrivati ad un punto cieco. 
Povero Misaki... comincia a rendersi conto che ci sono delle crepe nella sua storia d'amore con la persona a cui tiene di più al mondo. Si rende conto che fino ad ora, anche se magari molti non si rendevano conto della cosa, era sempre lui a dare qualcosa. In questo caso tutto sé stesso. E non è il tipo che fa qualcosa per avere qualcosa in cambio, è altruista e generoso... ma mentre Akihiko lo supplicava di non abbandonarlo mai, lui non gli chiedeva mai la stessa cosa.
È brutto, non credete? Promettere a qualcuno che rimarremo sempre al suo fianco, e fare di tutto pur di mantenere questa promessa, solo per poi accorgerci che è proprio questa persona ad abbandonarci...
Penserete che Misaki sia una lagna... (io lo penso)
Però provate a mettervi nei suoi panni: non è facile perdere l'amore che la persona per cui provate un amore sconfinato vi ha donato fino a ieri. È straziante. È doloroso. E una persona normale ci mette anni a superlarlo.
Tranquilli, Misaki sarà più veloce.
Non posso dirvi se lo supererà o se verrà aiutato.
E non posso dirvi nemmeno se Akihiko recupererà la memoria o con chi stava discutendo prima di fare l'incidente, né di cosa.
Ma una cosa posso dirvela... amo scrivere i momenti romantici tra loro due. Non pensavo che una storia yaoi mi avrebbe preso tanto e forse non sarò all'altezza nella descrizione dei particolari di un rapporto del genere (sono una ragazza dopotutto) però farò del mio meglio. E cercherò di farvi emozionare.
Oooooh, voi non avete idea di che cosa ho in serbo!
E non ve lo dirò! Perciò, non vi rimane che continuare a leggere.
E io devo proprio rimboccarmi le maniche....
Bene, gente... se avete pensieri, idee, critiche o consigli, giuro che ascolterò ognuono di voi.
 
Mi chiamo Cassie 
E ho proprio il presentimento di essermi cacciata nei guai.
 
 
   
 
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