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Autore: Jackie_    22/10/2014    0 recensioni
Vi presento i Mighty Quartet: Alex, Rian, Zack e Jack, quattro ragazzi con straordinari poteri, quattro supereroi costretti a destreggiarsi fra due mondi. Riusciranno a salvarli entrambi?
Logan crede di sì.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Due

Quella sera Logan andò a dormire con una strana sensazione. Nella mente aveva ancora l’immagine dei quattro ragazzi che scomparivano come per merito di una fantastica magia e un particolare calore nel centro del petto la infastidiva. Si sentiva febbricitante, come se avesse contratto un forte raffreddore che la intorpidiva e stesse covando una brutta influenza. 
Quando si svegliò la mattina era tutta sudata, convinta di aver fatto una serie infinita di incubi che però non si ricordava e quel bruciore che ancora non l’aveva abbandonata. Inoltre, una certa malinconia la avvolgeva come una pesante coperta, iniziava a perdere l’entusiasmo che l’aveva accompagnata in quelle prime settimane. Dopotutto, tutto ciò che si era prefissata non era ancora avvenuto: niente avventure eccitanti, niente amicizie coinvolgenti, niente di niente.
Come se non bastasse i corsi che seguiva non le avevano ancora suscitato quella curiosità che l’avrebbe spinta ad impegnarsi di più in ambito scolastico.
Avvilita, indossò i suoi jeans e le sue scarpe preferiti, nella vana speranza di sentirsi meglio, agguantò il cappello nero che la guardava inerme dalla scrivania e uscì dalla stanza con l’intenzione di saltare le lezioni e dirigersi nel parco. Tuttavia, che male avrebbe fatto saltare una mattina di noiosissimi dibattiti sull’organizzazione e la gestione delle risorse umane? Ecco allora che si diresse verso il cortile esterno del campus, sfregandosi convulsamente il petto che non smetteva di bruciare. Magari aveva contratto una rarissima malattia e i suoi giorni sarebbero finiti così, nella più completa solitudine con quel parco spoglio a farle da sfondo.
Logan scosse la testa cercando di scacciare quegli assurdi pensieri cupi che non facevano che peggiorare la situazione. Raggiunse una panchina piuttosto appartata, nell’angolo più a sud del cortile. Da lì riusciva a vedere il palazzo principale del college, immaginò i suoi compagni radunarsi nell’aula del Professor Wylie, respirò il profumo di legno raffinato che i banchi comprati nuovi quello stesso anno rilasciavano e figurò il rumore sommesso delle chiacchiere consumate nell’attesa dell’arrivo del professore. Sapeva esattamente cosa si stava perdendo e non le importava affatto.
C’era qualcosa che non andava in lei quella mattina, sentiva come se un peso le si fosse improvvisamente agganciato alle spalle, come se non dovesse trovarsi in quel posto. Aveva la sensazione di essere inadatta, in un qualche modo sbagliata. Le succedeva spesso di essere travolta da mille inspiegabili paranoie, ma mai come quel giorno. Solitamente era la sua insicurezza a trasmetterle una serie assurda di stupidaggini, eppure mentre tirava a sé le ginocchia per potervi affondare il viso, era come se fosse certa di quanto fosse diversa.
In che modo, però, non riusciva a comprenderlo.
Proprio mentre le lacrime la minacciarono di inondarle il viso, il rombo di una violenta esplosione la fece balzare in piedi dallo spavento. Era stato un rumore così forte che le aveva percosso tutto il corpo, trascinando con sé per un momento -e un momento solo- il fastidioso fuoco che aveva nel petto. In lontananza vedeva del fumo innalzarsi come un viscido serpente verso il cielo, oscurando la vista dell’edificio centrale del campus.
Cosa diavolo stava succedendo?
Il respiro di Logan diventava più frenetico e faticoso ogni secondo che passava, il suo corpo iniziava a pesare dieci, venti, cinquanta volte più del normale e il bruciore era così opprimente, che la costrinse in un tremante lamento.
Un’esplosione. Un’altra. Il terreno sotto i piedi di Logan tremava, lamentando un dolore che non poteva comprendere, mentre tutt’attorno diventava un vero caos. C’erano persone che scappavano da ogni parte, grida, polvere e paura. Una paura così concreta e inaspettata che Logan non riusciva nemmeno a muoversi.
“Scappa! Scappa!si ripeteva, senza nemmeno chiedersi da chi o cosa dovesse scappare. Ma il pericolo era lì, lo avvertiva con ogni cellula del suo corpo. Doveva andare via di lì il più in fretta possibile o sarebbe stato troppo tardi. Provò a rialzarsi inutilmente, era come se non fosse più in grado di controllare le proprie membra. Le gambe si rifiutavano di muoversi e così il panico cresceva.
Accanto a lei il terrore aveva preso il sopravvento. Riuscì ad alzare la testa per vedere crollare la torre centrale, così vicina da poter sentire ogni vibrazione causata dall’ennesima esplosione. Un sibilo penetrante sembrò bucarle i timpani quando un lampo bluastro colpì violento le mura alla sua sinistra, disintegrandole come se fossero state di cartongesso.
Doveva andar via di lì. Doveva scappare. Ma era completamente pietrificata, non poteva nemmeno portare le mani a proteggersi le orecchie, figuriamoci correre lontano. Era come inchiodata al terreno, i piedi ben saldi e le braccia lungo i fianchi. Pietrificata.
Un altro lampo. Questa volta colpì l’edificio alla sua destra e Logan vide chiaramente il cemento sgretolarsi sotto quell’energia spietata.
Successe in un attimo.
Un urlo le si gelò in gola.
Le macerie l’avrebbero colpita in pieno con tutta la loro violenza.
E lei non riusciva a muoversi.
Sarebbe morta.
Chiuse gli occhi d’istinto, lasciando ogni speranza di salvezza al di fuori.
Eppure non successe nulla.
Quando riaprì gli occhi Zack si frapponeva tra lei e i blocchi di cemento. Le gridava qualcosa, ma lei non riusciva a sentirlo. Le fischiavano ancora le orecchie e probabilmente era sotto shock per lo spavento. Capiva che stava urlando dalla vena che gli pulsava sul collo, agitata, e con un braccio le indicava una via di fuga.
Vedendo però che Logan era a tutti gli effetti incapace di eseguire quei semplici ordini, Zack si guardò intorno, gridò qualcosa a qualcuno che Logan non vedeva e tornò a dedicarle le sue attenzioni.
Le prese una mano indugiando nei suoi occhi. Stava chiaramente decidendo cosa fare.
Logan sembrò tornare a respirare dopo un periodo infinito, inalò singultamente dal naso e con enorme fatica riuscì a pronunciare il nome del ragazzo.
Non le fischiavano più le orecchie.
“Ti porto via di qui, stai tranquilla.” le disse in tono calmo ma al contempo angosciato.
Delicatamente la sollevò senza fatica portando una mano sotto le sue ginocchia e l’altra sulla schiena.
“Chiudi gli occhi.”
Lei obbedì ed ebbe la sensazione che Zack la stringesse di più a sé mentre venne colpita dalle vertigini.

Dopo un momento che parve infinito per Logan, Zack la depositò piano a terra, sostenendole la schiena temendo che potesse cadere.
La ragazza aprì gli occhi aggrappandosi inconsciamente al braccio dell’amico. Era in una stanza che non riconosceva. Le pareti, il pavimento e il soffitto erano completamente blu, conferivano alla stanza una strana luminosità.
“Qui sei al sicuro.” mormorò Zack cercando di esserle di conforto.
Logan non capiva come si sentisse. Quella strana forza che l’aveva pietrificata non la opprimeva più e il bruciore sembrava essere svanito, il tutto era però stato sostituito da un’immensa confusione.
“Cos’è questo posto? Come ci siamo arrivati? Eravamo al campus un minuto fa…” la sua voce era flebile, quasi tremolante.
Era ancora decisamente scossa.
Zack le sorrise dolcemente inclinando la testa di lato.
“Vieni, ti spiegherà tutto Tomm.”
Logan non ebbe nemmeno il tempo di domandare chi diavolo fosse questo Tomm che il ragazzo la spinse verso una porta che lei non aveva notato. Zack la aprì per lei ed entrarono in una stanza esattamente identica a quella precedente. Il blu era quasi accecante lì.
Una figura di spalle si trovava nel lato opposto della camera, si voltò solo quando sentì la porta richiudersi dietro i ragazzi.
Logan si trovò davanti all’uomo più bello che avesse mai visto. I suoi lineamenti erano delicati, ma ben definiti, contornati da una leggera barba. Un volto perfettamente proporzionato. Gli occhi così scuri da sembrare pericolosi la scrutavano interessati mentre un sorrisetto chiaramente meravigliato gli donava un’aria angelica.
“Benvenuta, Logan. Tranquilla, qui sei al sicuro.”
La ragazza non potè evitare di chiedersi perché tutti le dicessero la stessa cosa, ma si tenne quel commento per sé. Doveva avere un aspetto piuttosto terrorizzato e malandato se tutti cercavano di tranquillizzarla.
“Potrei sapere dove si trova esattamente ‘qui’?” azzardò facendo un passo avanti.
Tomm mostrò i denti in un sorriso interessato e annuì piano incrociando le braccia al petto.
Qui siamo in una dimensione alternativa a quella che conosci. Qui siamo a Nook e tu hai combinato un gran casino oggi.”

  
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