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Autore: Rosalia100689    23/10/2014    1 recensioni
Il legionario Ottavio Sestio Lucullino è un cittadino romano di antica stirpe. Durante i quattro anni di leva obbligatoria (che trascorre tra Britannia e Gallia), il suo pensiero corre spesso a lei: Lidia, serva nella domus di suo padre con cui il giovane è cresciuto e per la quale farebbe di tutto.
La ragazza nasconde però un dolce segreto: Ottavio lo scoprirà solo dopo esser tornato a Roma, mentre ben due tragedie nel volgere di poco tempo incomberanno sui protagonisti… Sullo sfondo di un Impero Romano in piena espansione, antichissimo eppure sorprendentemente simile al mondo moderno, vi presento la mia nuova storia; spero sia apprezzata con tanti commenti!:-)
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
Capitoli:
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Note: Ringrazio tutti i lettori, in special modo Luce_Della_Sera per il suo commento e sil_1971 ed Elodie90 per avermi inserita tra le Seguite.
Eccovi nuovi termini utili alla comprensione del seguente capitolo:
Mars = Marzo
Nundinae = giorni di mercato; per estensione, periodi di nove giorni tra un mercato e l’altro
Milites = soldati
Contubernum = gruppo di otto legionari che erano alloggiati nella stessa tenda, avendo come caposquadra il Decano.
Massalia = Marsiglia, in Francia del Sud
Cosmetica = estetista personale
Legione = unità militare composta da circa 4000/6000 uomini
Centuria = unità militare di circa 80 uomini
Civis romanus = cittadino romano
Missio honesta = regalo (in genere, un pezzo di terra) che si poteva concedere dopo il congedo ad un soldato valoroso
hora decima = dalle 15.00 alle 16.00
 
 
Capitolo 3, parte 1 <> Addio
 
Lutetia Parisiorum, Mars.
 
“ Marco Sestio Lucillino a Ottavio Sestio Lucullino.
Ave fratello mio.
Ho ricevuto una lettera di Gaia Secondina due giorni fa, e mi ha rattristato sapere del ferimento in battaglia di nostro fratello maggiore Bruno. Spero si riprenda presto e bene, così da non dover essere subito congedato, visti i suoi 32 anni.
A quest’ora dovresti esserne già informato, altrimenti prendi nota e fatti vivo con nostra cognata, preoccupata per suo marito.
Spero tu abbia risolto la situazione con la lupa Gwendolyn; qui tutto bene, ed anche Lidia sembra essere ottimamente rinsavita.
Ti pensiamo ogni giorno, e alle nundianae di questo mese faremo un’offerta al Tempio di Marte Ultore, per propiziare la tua permanenza in Gallia. Se la cosa ti stupisce, sappi che il Tempio riaprirà i battenti proprio quel giorno, e nostro padre vuole portarci tutta la familia, essendo situato a pochi passi dalla nostra domus.
In attesa di tue notizie, ti invio i nostri più affettuosi saluti.
Ave atque vale.
Tuo, Marco.”

 
Dopo aver letto per tre volte di seguito il dispaccio proveniente dall’Urbe, Ottavio si sentiva sollevato, ma nello stesso tempo anche molto in colpa.
Lidia era rinsavita, e questa era finalmente una buonissima novella, però uscendo dalla tenda dell’accampamento in cui coabitava da ormai un mese col suo contubernum, realizzò di colpo la triste realtà dei fatti: la “lupa Gwendolyn” era ancora presso di lui!
:- Ehilà, Ottavio! Come va?- gli chiese infatti quest’ultima, felice di ritrovarlo in tutto il suo splendore di legionario, nel pomeriggio gallico di inizio primavera.
Sorridendole senza proferir parola, il giovane le allungò allora la lettera appena giuntagli dall’Italia; non appena terminata la lettura, lei si rabbuiò, sinceramente dispiaciuta
:- Mi dispiace per tuo fratello; lo sapevi già?- domandò infatti, ansiosa di notizie.
:- No, però sono certo che Gaia Secondina mi ha già scritto e la lettera giungerà a breve. Grazie per l’interessamento, Gwendolyn, dico davvero…-
:- ...Però adesso ognuno deve farsi la sua vita, giusto?- Gli fece eco la ragazza, cui la significativa frase di Marco non era certo sfuggita, con voce incrinata – Tu mi piaci Ottavio, lo sai bene, e qui tra voi romani sono sempre stata trattata con rispetto, anche se faccio un mestiere poco onesto. Cosa potrei fare, fuori di qui? Non conosco nessuno a Lutetia Parisiorum, salvo voi milites! Perché mi hai portata con te in Gallia, se non mi volevi più?!-
Abbracciandola con trasporto, Ottavio la condusse in uno spiazzo all’aperto, vicino ad una delle uscite laterali dell’accampamento, prima di tornare a parlarle
:- Anche ti mi piaci, Gwendolyn, ed è per questo che non ho mai voluto godere a pagamento di te… Vali molto, come persona, e ti ho tenuta con me quasi tre anni, in veste di amica e confidente, solo ad uno scopo: raccogliere il denaro necessario a darti la libertà, e trovarti un lavoro onesto. Dunque, prendi!-
Le disse il giovane, ponendole in mano una borsa molto pesante ed un foglio ben sigillato. Con gli occhi lucidi, le spiegò poi:
:- Sono 800 sesterzi: potrai così pagarti il viaggio fino a Massalia, e lì iniziare una nuova vita; lavorerai come cosmetica nella domus del decano Antonio Massimo Liceio, che abita lì da quattro anni, dopo aver ottenuto il congedo. E’ amico fraterno di mio padre, purtroppo sua moglie non può avere figli: ti tratteranno come una di famiglia grazie alle mie referenze, vedrai, ed in pochi mesi sono certo otterrai la libertà, e magari troverai anche un giovane da sposare. Sei giovane, simpatica e bella, non ti sarà difficile ambientarti!-
Ridendo tra le lacrime, felice di quel regalo insperato, la ragazza abbracciò forte ilsuo amico e gli parlò con emozione
:- Non… non so cosa dire: grazie, Ottavio! Io… accetto volentieri il tuo aiuto; i tuoi soldi mi saranno di certo molto utili, anche se un bel gruzzoletto da parte ce l’ho anch’io; ti scriverò spesso, e spero di non essere dimenticata facilmente; addio e grazie di non esserti approfittato di me, anche quando ti sarebbe stato facile…-
Con un’ultimo sguardo, i due vecchi amici si separarono, sotto un tramonto primaverile bello da togliere il fiato, con la segreta speranza di rivedersi a Roma, prima o poi.
 
()()()
 
"Gaia Secondina a Ottavio Sestio Lucullino.
Ave, amato cognato.
Ti scrivo in preda a forte preoccupazione per mio marito, e tuo fratello, Bruno. Due giorni fa sono stata informata del suo ferimento in battaglia: durante una piccola scaramuccia al confine tra Hispania e Gallia, su quei monti da lui tanto adorati, tra i quali celebrammo le nostre nozze, una tribù locale ha teso un’imboscata alla Legio IX Hispana, isolando la sua centuria. Lui e gli altri sette decani hanno temuto di veder morire tutti i loro legionari, ma alla fine le perdite umane sono state fortunatamente limitate, tre da ogni schieramento.
Purtroppo, ci ha rimesso la vita anche Violante, lo ricordi? Quel giovane servo gallo tanto devoto a tuo fratello era un ottimo soldato, e tra soli due anni avrebbe finalmente ricevuto il congedo col massimo degli onori e magari sarebbe potuto divenire civis romanus, ottenendo una missio honesta.
Ho pianto per lui, e per Bruno che l’ha visto morire sotto i suoi occhi in pochi attimi. Quando finalmente d’autunno si prenderà una breve licenza e tornerà a casa da me e dai nostri piccoli, cercherò di convincerlo a prendere definitivamente congedo dall’esercito e proveremo ad avere un terzo figlio; Damiano e Barbara Lucullina sono tutta la mia vita, e speriamo di rivederti in piena salute tra due anni, al tuo ritorno nell’Urbe.
Ave atque vale, presta attenzione a tutto.
Tua cognata,
Gaia Secondina.”
 
Aver ricevuto quella lettera, cinque giorni dopo il suo forato addio a Gwendolyn, fu per Ottavio occasione di gioia, segnata però da una punta d’amarezza. La sua amica britanna infatti, non sarebbe più stata al suo fianco, e non avrebbe più letto quei dispacci subito dopo di lui, rallegrandosi o rabbuiandosi in base alle parole vergate su fogli di papiro che percorrevano migliaia di chilometri su strade lastricate alla perfezione, pur di arrivare nelle sue mani di legionario ai confini dell’Impero.
Accorgendosi solo in quel momento di aver camminato senza meta durante la lettura , sotto l’alba nascente, il giovane si affrettò a tornare nella tenda dove alloggiava assieme a sette commilitoni.
Arrivato a pochi passi da lì, vide uscire il decano Valerio Otone Avito e gli si portò accanto, irrigidendosi d’istinto nel classico saluto romano
:- Mi stavi cercando, decano?- gli chiese dunque, indovinandone la risposta
:- Sì, Ottavio – disse infatti l’uomo, ed aggiunse- in questi giorni ti ho visto preoccupato e molto teso, aspettavi quella lettera?-
:- Onestamente? Sì e no, Valerio… Non fraintendermi – rispose, allungando il dispaccio al suo comandante- Amo mio fratello maggiore, e mi distrugge saperlo ferito e addolorato, però allo stesso tempo mi manca anche Gwendolyn!-
Il decano finì di leggere con tutta calma le parole scritte dalla moglie di Bruno, prima di replicare con un sorriso al giovane sottoposto
:- Ah, le donne… Croce e delizia di noi pover’uomini!- battendogli poi amichevolmente una mano sulla spalla, continuò- Hai fatto benissimo a darle una nuova vita, legionario; l’ex decano Liceio la tratterà con rispetto.-
Stupito di quanto l’altro ne sapesse sulla vicenda, Ottavio fece trasparire tutto il suo sgomento abbassando lo sguardo. Basito a sua volta da quella reazione infantile, l’uomo cercò di sdrammatizzare
:- Un legionario non abbassa mai il capo davanti alle situazioni sgradevoli, dovresti saperlo… E poi nell’Urbe ci saranno migliaia di ancelle e matrone pronte a compiacerti, dico bene?-
Ridendo di gusto, il decano il decano ripensò alla sua grande carriera di libertino: aveva 40 anni, era celibe ed i suoi bisogni si facevano sentire ogni tanto…
Sorridendogli a sua volta e ringraziandolo di quella chiacchierata a suo modo liberatoria, il giovane lo lasciò libero di andare a svolgere i suoi compiti all’interno del campo e rientrò nella tenda, trovandovi i restanti sei commilitoni ancora mezzo addormentati.
Decidendo di non svegliarli, perché la loro ronda di guardia era fissata all’hora decima, prese dei fogli, un calamo con relativo stiletto ed uscì nuovamente, dirigendosi verso il suo angolino tranquillo prediletto: due alte pietre, poste l’una di fronte all’altra, nell’angolo più a sud della palizzata delimitante lo sterminato accampamento.
Una volta giunto lì, il romano iniziò a vergare la prima delle tre lettere che aveva intenzione di stilare in quella serena mattinata.
  
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