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Autore: ChiaDreamer    23/10/2014    1 recensioni
Benvenuti/e :) Questa è la mia prima storia. Spero che una volta giunti fino a qui, la leggiate seriamente ed attentamente. La protagonista è una ragazza insicura, un po' timida, e senza autostima. A partire dall'inizio della scuola superiore, molte cose cambieranno nella sua vita. Incontrerà tante persone nuove e ritroverà vecchi amici e amiche e da ognuno imparerà qualcosa. In qualcuno troverà delle amicizie profonde e in qualcun altro anche qualcosa di più. Ma la sua vita diventerà una vera e propria avventura. E sarà piena di avvenimenti. Buona Lettura ;)
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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è colpa mia
20 Ottobre 2012 (Sabato)(2°Parte)
Giungemmo davanti al grosso edificio dove frequentava la scuola, Elena. Lo stesso dove lavorava mia madre. Trovammo mia cugina ad attenderci proprio di fronte al cancello della scuola. Notai che ci scrutò bene, appena ci riconobbe da lontano. Subito dopo cominciò a camminare incontro a noi. Io oltrepassai gli altri per correrle incontro.
E buongiorno cugina
Esclamai, dandole due baci di rito sulle guance. Lei mi fece un sorriso enorme, prima di rispondermi:
Buongiorno Chià
Poi osservò bene gli altri, fino a soffermarsi a guardare qualcuno in particolare. Seguendo la traiettoria del suo sguardo, capii che stava fissando Luca. Dopo neanche qualche secondo in più infatti, gli parlò, quasi ignorando Palù e Simo, che la guardarono stranite.
Ciao Luca, allora ti hanno dimesso dall’ospedale?
E dicendogli questo, gli fece un sorriso a 52 denti. Luca arrossì, non so per quale motivo, e le rispose:
E già. Non ne potevano più di tenermi là dentro. Ero insopportabile, probabilmente
Rise, a questa battuta, così come fece ridere anche me e le altre. Ma Elena controbatté:
No, cosa dici … sei così buono. È che, sicuramente stavi meglio e non avevi più bisogno di restare in ospedale. Infatti ti trovo davvero bene
Luca arrossì nuovamente senza risponderle. Si guardarono negli occhi, e non aggiunsero altro.
Bene, andiamo no?
Fu Simo, a rompere la situazione. Mi sarei aspettata la solita spigliata di Palù. Di solito era lei, a sbloccare l’imbarazzo con la sua sfrontatezza.
Andiamo
Feci io, prendendo a braccetto Elena e lasciando passare avanti Simo e Palù, per poi partire per la solita passeggiata, stando dietro, con Luca alla mia destra ed Elena alla mia sinistra. Durante la passeggiata, chiacchierammo di tante cose. Avevo proprio voglia di distrarmi. Con Luca accanto, ci sarei riuscita e lo sapevo. Mi piaceva quel giorno, notare gli scambi di sguardi tra Elena e Luca, e i loro discorsi. Se Luca non fosse stato gay, avrei giurato di aver notato complicità reciproca tra i due. Peccato che Elena si poteva solo limitare a sognare al riguardo del mio amico. Speravo che non si illudesse troppo, però. Si stava prendendo una palese cotta per lui, e si notava. Infatti Luca sembrava proprio se ne stesse accorgendo, perché si imbarazzava quando la doveva guardare negli occhi, se lei gli parlava.
Potevano essere neanche l’1 e mezza, che stavo passeggiando in tutta tranquillità. Quando notai una cosa alquanto strana. Davide … non era solo. Stava con la roscia, nel bel mezzo del corso, a parlare non so di cosa. Li fissai per capire cosa stesse succedendo. Quando fui abbastanza vicina a loro, riuscii a comprendere solo una frase, da parte di Davide, che essendo di spalle in confronto a me, non mi aveva vista.
No Fede, ti ho detto che non è così
Poi la roscia mi notò, e mi lanciò un’occhiataccia, mentre io mi sforzavo di continuare a camminare con non-scialance. Ma ovviamente ricambiai lo sguardo di antipatia. Quando lei mi cominciò a fissare, anche Davide si voltò per capire chi avesse visto, e mi notò. Mi fissò bene e ricambiai. Mi accompagnò con lo sguardo per un bel tratto, finché non mi girai per continuare la mia passeggiata, e quindi non ebbi più modo di sapere se stesse continuando a guardarmi. Dentro di me mi salii un’immensa curiosità di sapere … sapere cosa avessero da dirsi così seriamente. Conoscere il loro discorso. Ero quasi arrabbiata per non poterli sentire. Volevo capire, e non sapevo bene come mai.
Nel frattempo Simo e Palù non si erano accorte di nulla, essendo come al solito intente a chiacchierare. Mentre Elena, alla mia sinistra, si era fatta silenziosa. Mi fissava non so da quanto tempo, perché me ne accorsi, quando mi voltai per caso verso di lei. Le feci un sorriso per tranquillizzarla, ma non sembrò molto tranquilla. Poi mi girai appena un attimo verso di Luca, che beccai fissarmi serissimo.
Beh, che avete da fissarmi tutt’e due?
Sorrisi per farli rilassare. Elena ricambiò il sorriso forzatamente, ma almeno fece finta di ‘credermi’. Invece Luca non smise di fissarmi dritto negli occhi neanche un attimo. Allora gli dissi:
Ohi Luca, che c’è?
E lui scosse la testa come se non gli andasse bene qualcosa. Lo osservai per capire meglio e infatti, come immaginavo, mi rispose:
Non ci credo … no, non è così. Dovrò andare a fondo in questa storia
Io, pur avendo compreso a cosa si riferisse, volli chiedergli con disinvoltura:
Che storia, Lù?
Lo sai benissimo. Stai tranquilla tu … io voglio solo capire
Mi rispose misterioso. Io decisi di non aggiungere altro, mentre Elena gli disse, ridendo per sbloccare la situazione:
Basta che non ti metti nei guai …
Luca allora, finalmente si sciolse in un bel sorriso ed affermò:
No … non è quella la mia intenzione. Grazie per la preoccupazione, Elena
Io rimasi in silenzio per un bel po’. Poi mi venne come un piccolo flash back vocale in mente. Le parole furono le seguenti:
Scordatelo Michele. Per me te ne puoi andare a fanculo’
E la voce era quella di Luca. Mi ricordai, anche se non stavo pensando a questo, d’un tratto mi venne questo ricordo-incubo in mente. Il giorno dell’aggressione e le parole che avevo sentito scambiarsi Michele e Luca. Che strano che non ci avevo pensato prima … mi venne spontaneo chiedere a mia cugina, prima di potermi togliere ogni dubbio:
Ele, ti dispiacerebbe passare avanti con Palù e Simo un attimo? Devo solo dire una cosa a Luca … un attimo solo
E lei annuì un po’ incerta. Ma si allontanò, allineandosi accanto alle altre due. Appena rimasi sola con Luca, lui mi chiese, anticipandomi:
Si tratta dell’aggressione, per caso?
che genio, come l’ha capito?
Pensai io. Per poi rispondergli, per l’appunto:
E come hai fatto a capirlo?
Sentivo, da quando mi sono svegliato, che prima o poi avresti aperto questo argomento con me. Non mi hai chiesto tutto quello che volevi sapere, giusto? C’è qualcosa che ti è rimasto come dubbio
Mi disse, come se mi leggesse nel pensiero. Mi impressionò, quasi. Ma poi gli chiesi, quasi subito:
Si tratta di quella mattina, dietro la scuola … avete discusso tu e Michele. Su cosa precisamente? Dico: prima di darvi appuntamento al parco
Non ti sfugge proprio nulla. Comunque se ti dicessi che ormai è passato e che non ti devi preoccupare, non ti basterebbe, o mi sbaglio?
Fece Luca, sorprendendomi sempre di più. Capì subito la mia intenzione. Di scoprire tutto, fino in fondo, senza arrendermi davanti a nessun ostacolo. Mi conosceva proprio bene. Quindi annuii facendomi più seria che mai. Lui si morse il labbro inferiore ed aggiunse:
Non voglio che ti spaventi se ti dico quello che sto per dirti. Sai benissimo che ora è tutto finito, vero?
Io mi agitai a quelle sue parole, preoccupandomi e facendomi già mille idee in testa. Per poi rispondergli:
Lo so, ma dimmi, dai
Lo spronai, comunque sia. E lui mi spiegò:
Già da un paio di giorni prima, Michele mi punzecchiava parecchio. Anche a Lempori, avevamo avuto una discussione. Mi aveva chiesto un ‘favore’, se così si può definire. In poche parole, siccome sosteneva di essere impossibilitato ad avvicinarsi a te, dato che gli avevi messo il preside contro … insomma, mi chiedeva se me la sentivo di aiutarlo e portarlo fino a te. Voleva incontrarti, per fartela pagare, e non ha usato mezzi termini per spiegarmelo. Non sembrava aver paura che potessi parlare con qualcuno di questo. Quando io gli ho cominciato a rispondere che non mi sarei mai prestato a una bastardata del genere, lui si è incazzato con me. Mi ha minacciato, dicendomi che mi dava un giorno di tempo, fino alla mattina seguente, per ‘decidere’ di stare dalla sua parte, oppure se la sarebbe presa con me. Io insistetti a rispondergli di no anche il mattino dopo, giorno dell’aggressione, e lo sai. E sai anche com’è andata a finire …
Mi spiegò tutto d’un fiato. Io rimasi a bocca asciutta e sudai fredda. Alternai i miei occhi tra quelli di Luca e ciò che ci circondava. Lui mi fissò per capire forse, quale fosse la mia reazione. Rimasi fredda ed immobile a quelle sue dichiarazioni. Non potei crederci che, pensandoci bene, Luca aveva rischiato così tanto, per colpa mia. Mi sentii un verme. E non seppi cosa dire …
Ma stai tranquilla, sai? Visto che poi si è risolto tutto?
Fece Luca, notandomi perplessa. E dicendo queste parole, mi abbracciò, poggiando il suo braccio sulla mia spalla e mi fece avvicinare verso di lui, come per tranquillizzarmi. Io, automaticamente poggiai il mio volto sul suo petto, facendomi scappare una lacrima, che pur avendo provato a trattenere, fu più forte di me. E scivolò lungo la mia guancia. Finalmente, dopo qualche minuto di silenzio, in cui Luca si limitò ad accarezzarmi i capelli ed io avevo avvolto il mio braccio dietro la sua schiena, provai a dire, balbettando:
Lu-Luca … è colpa mia, quindi
E ancora un’altra lacrima mi bagnò il volto.
No, non provare neanche a pensarci minimamente …” si affrettò a dirmi Luca, asciugandomi delicatamente la lacrima con la mano. Poi continuò:
Tu non c’entri nulla … sono stato io a provocarlo, rifiutando un suo ‘ordine’ … ma nemmeno questo c’entra. Non avrei mai e poi mai contribuito affinché ti facesse del male. Piuttosto mi sarei fatto uccidere
Mi spiazzò con quest’ultima frase. E subito strinsi ancor di più la sua schiena ed affermai:
Non lo dire nemmeno per scherzo, Lu … non ci posso pensare. Sei qui adesso, con me. E ti prego di rimanerci, perché mi sentirei morire, se ti succedesse qualcosa, di nuovo. Sei un amico troppo speciale per me. E questa tua ultima dimostrazione, mi fa confermare l’affetto che provo per te. Ma non metterti mai più nei guai, e meno che mai per salvare me. Se ti succedesse qualcosa per colpa mia, non so come reagirei. Ti voglio troppo bene, e non l’ho mai detto a nessuno, con tutta la sincerità con cui lo dico a te, credimi
Con queste parole, completamente sincere ed uscite direttamente dal mio cuore, feci commuovere il mio caro amico, e me ne accorsi, quando anche a lui scappò una lacrima, che con un gesto istantaneo e veloce cercò di asciugare per non farmelo notare. Poi tirò un bel respiro profondo, e mi guardò negli occhi, non smettendo neanche un attimo di tenermi abbracciata all’altezza delle spalle. Disse:
Tu non hai idea di quanto bene ti voglia io, Chià! E va bene, cercherò di non mettermi nei guai, per un po’ ” sorrise e mi fece l’occhiolino. Per poi continuare “Ma se qualcuno mai dovesse azzardarsi a farti del male, ti giuro che non risponderei di me, a qualunque costo ti proteggerei. Se la mia migliore amica. Non mi sono mai affezionato ad un’amica così fortemente, come mi sento affezionato a te
Io non aggiunsi altro, e dopo queste commoventi dichiarazioni d’amicizia reciproche, ci stringemmo a vicenda senza liberarci nemmeno un attimo. Dopo qualche secondo, Elena si girò dalla sua posizione qualche metro più avanti rispetto a noi. Ci osservò bene dalla testa ai piedi con sguardo strano e ci annunciò:
Ragà, sono le 2 meno un quarto. Se non vogliamo perdere il pullman, ci conviene andare alla fermata
E subito dopo, aggiunsero quasi all’unisono, Palù e Simo:
Andiamo, allora
Quindi ci incamminammo verso la discesa che portava dritta alla fermata dei pullman. Io e Luca rimanemmo un po’ in disparte ed abbracciati per tutto il tempo. Scherzammo come bambini lungo tutto il tratto. Ci facemmo i dispetti, del tipo tirarci le guance, darci dei piccoli schiaffetti sulle spalle, e cose così. Stupide ma allo stesso tempo per noi molto significative. Ci dimostravamo così, di volerci bene davvero in un modo profondo e più forte di qualunque altra cosa. In quei momenti più che mai, sperai di non perdere mai questa mia amicizia con Luca, perché con lui mi sentivo così bene, come non mi sentivo con nessun altro. Sapevo che era davvero pronto a proteggermi da qualunque cosa, e che il nostro affetto era sincero … queste erano le due cose di cui ero certa.
Eccoci qua … allora ci vediamo lunedì, ragà
Annunciò Palù, appena incontrammo il primo pullman, che fu proprio il suo. La salutammo con un ‘ciao’ rimbombante e all’unisono, e proseguimmo. Seconda ‘fermata’, al pullman di Elena. Le ricordai che ci saremmo riviste nel tardo pomeriggio, perché sarei andata insieme a mia madre, a cenare a casa sua. Lei mi sorrise ed annuì, salendo sul suo pullman. Giungemmo all’autobus di Luca. Ma prima ancora di poter aprire bocca e salutarlo, mi squillò il cellulare.
Scusate un attimo, è mia madre
Annunciai, mentre Luca e Simo annuirono sorridenti.
Madre, hai finito dal lavoro?
Chiesi, appena feci scorrere il mio dito sul simbolo verde per accettare la chiamata.
Sì amore, proprio adesso. Dove sei?
Fece mia madre, dall’altro lato del telefono.
Alla fermata degli autobus. Scendi qui con la macchina a prendermi?
Le chiesi, ricordando gli accordi presi quella mattina. Uscita dal lavoro mi avrebbe chiamata (infatti), per chiedermi dove doveva venire a prendermi.
Sì, arrivo
Rispose mia madre, riattaccando.
Ci vediamo, Lu
Feci io, per salutare il mio amico, che era rimasto davanti al suo pullman, in attesa che finissi di parlare al telefono.
Va bene, ciao Simona
Disse Luca, dando due baci sulle guance a Simo. Per poi avvicinarsi nuovamente a me, dato che per farmi rispondere al telefono, mi aveva liberata dall’abbraccio, e dirmi:
Ciao, amica mia. Ci vediamo lunedì … ehi, aspetta. Ma io non ho il tuo numero di cellulare
Ci pensai anch’io. Che strano … in tutto quel tempo passato insieme, non ci eravamo mai scambiati i rispettivi numeri di cellulare. Recuperai subito dettandogli il mio. Che subito si segnò sulla rubrica. Per poi mandarmi un sms e farmi avere il suo.
Apposto, ci vediamo Lu
Lo abbracciai. Ed in quel millesimo di secondo, in cui Simo, siccome il suo autobus stava partendo, dovette correre via per afferrarlo al volo, percepimmo una voce conosciutissima, venire da non molto lontano.
Ehi … Chiara
Madre
Esclamai, liberandomi dall’abbraccio di Luca, vedendola correre verso di noi. Appena giunta di fronte a noi, disse, rivolgendosi a Luca:
Ciao Luca, come va? Ti hanno dimesso dall’ospedale …
E sì … Teresa, ora però devo proprio salire sul pullman, o parte senza di me. Ci vediamo, scusa se non mi posso trattenere
Le rispose lui, affrettandosi a darle due baci sulle guance e salendo sul suo pullman, appena messo in moto. Mia madre lo salutò con un sorriso, e mentre la fermata dei pullman, si stava svuotando pian piano, io e lei ci incamminammo verso la macchina, parcheggiata lì vicino. Notai che uno degli ultimi autobus a partire era proprio quello di Cerpino, e senza un motivo ben preciso, cominciai a fissarlo, fino a trovarci dentro, al primo posto avanti, Davide, che già mi stava guardando da lontano, chissà da quanto tempo. Ci fissammo reciprocamente, mentre il suo autobus si allontanava pian piano. Anche mia madre se ne accorse, perché mi chiese, quasi subito e a bassa voce:
Ma quello non è Davide?
Ed io, distogliendo lo sguardo dall’ormai quasi scomparso dalla mia visuale, autobus, le risposi:
Sì, è lui
Ti sta guardando
Aggiunse lei, guardando solo per un attimo lui per poi riportare lo sguardo su di me. Io non le risposi ed affrettai il passo fino alla macchina. Mia madre rimase anch’ella silenziosa ed infilò le chiavi nella macchina, per aprirla. Vi entrammo e partimmo sempre silenziosamente.
Dopo una decina di minuti, in macchina:
Non vi siete più parlati, poi?
Chiese mia madre. Non specificò il soggetto della discussione, ma fu palese. Quindi le dissi:
Con Davide? No … cos’altro avremmo dovuto dirci. Lui mi evita, ed io lo evito. Le nostre due vite proseguono ognuna per i fatti propri. Ed è così che deve essere …
Parlai dicendo tutto ciò che pensavo sul serio, ma allo stesso tempo mi faceva male. Aprii il finestrino per stendere il mio braccio fuori da esso, alla ricerca di un po’ di relax. Finché mia madre non mi chiese:
Ma non ti aveva promesso che ti avrebbe spiegato come erano andate le cose?
Sì, e tu ci avevi pure creduto? Io no … comunque non mi ha più cercata, dopo quella discussione
Le spiegai facendo pensolare la mia mano fuori dal finestrino, per farla completamente arrendere all’aria fredda che le si scontrava addosso. Allora mia madre cominciò a parlarmi con tono serio ma dolce.
Passerà, sai? Stai tranquilla che sono cose che capitano purtroppo nella vita. Ma si superano, e si impara a vivere proprio da esse. Dalle brutte esperienze si cresce e si matura. Tu devi andare avanti e cercare sempre di trovare il buono nelle cose. Ti capiterà di avere dei motivi per piangere o stare male, nella vita. E ti capiterà molto spesso. Ma tu allo stesso tempo trova altri mille motivi per stare bene ed essere felice
Io annuii, comprendendo che le parole di mia madre erano più che giuste e che dovevo trarre insegnamento da esse. Non era facile non abbattersi mai, come mi stava chiedendo di fare lei … ma potevo sempre provarci. O almeno di provare a sorridere. E come risposta alla sua richiesta, le feci per l’appunto un bel sorriso, per farle vedere che non stavo così male. Ma non seppi capire se dentro di me era vero oppure no. Non sapevo leggere nel mio cuore, in quel periodo. I miei sentimenti, non erano chiari nella mia mente. Ero molto confusa. Ma di una cosa ero certa: non avrei mai perdonato Davide, per due motivi. Per non perdere la mia dignità e perché lui tanto, come mi aveva dimostrato fino ad allora, non avrebbe più lottato per me, perché non mi amava.
Durante tutto il resto del viaggio però, il mio pensiero volò alla faccenda accaduta quella mattina. Lo strano litigio avuto con Pietro. Il suo improvviso cambiamento. L’intervenimento inaspettato di Davide. Cioè, riassumendo: Prima mi aveva tradita con la sua ex, poi mi aveva promesso che mi avrebbe spiegato, poi era sparito e non mi aveva più cercata. Infine mi aveva vista litigare con Pietro ed aveva intervenuto. Beh, pensandoci bene forse l’aveva fatto perché odiava Pietro, ed ogni scusa sarebbe stata buona per lui, per vendicare la morte della zia (di cui io non ero riuscita a capire che colpa ne avesse Pietro). Sì, sicuramente non l’aveva fatto per me, ma per sua zia Vanessa. Ecco perché ogni volta che mi vedeva con Pietro diveniva nervoso. Ricordava l’accaduto di più di un anno e mezzo prima. Io non c’entravo nulla.
Chiara … ma hai capito?
Eh, Cosa?
Mi voltai d’un tratto, e vidi mia madre fissarmi perplessa. Ero così immersa nei miei pensieri che non avevo sentito che stesse parlando con me.
Siamo arrivate, vuoi scendere o passi il resto della giornata in macchina?
Sorrise lei, aprendo lo sportello ed uscendo fuori. Allora mi accorsi che eravamo ferme davanti casa.

Le risposi incerta, chiudendo il finestrino ed uscendo dalla macchina. Poi salimmo le scale ed entrammo in casa. Ci mettemmo subito a cucinare insieme qualcosa, per poi pranzare.
Comunque lo trovo bene … Luca, intendo. Sta meglio
Disse mia madre, mentre sparecchiavamo insieme la tavola. Ed io, cominciando a riempire il lavandino con acqua calda e sapone per i piatti, le risposi sorridente:
Sì, sembra di sì. Avrà minacciato il medico, del tipo ‘o mi fai uscire oggi, o … chissà cosa’. Lo conosco bene. Non sarà stata una cosa proprio corretta. Insomma, secondo me non era ancora pronto per uscire dall’ospedale
Risi, all’immagine di Luca mentre puntava i piedi per terra, come forma di protesta, per uscire dall’ospedale. È così che immaginavo le cose. Sicuramente per il tipo che era, era andata così veramente. Rise anche mia madre. Io, notando che l’acqua era sufficiente, chiusi il rubinetto e cominciai, con la spugna, a strofinare man mano tutti i piatti, bicchieri, pentole, eccetera, per poi sciacquarle dopo averne accumulate abbastanza, volta per volta. Nel frattempo mia madre si impegnò nelle altre faccende. Passò con la scopa per tutta la casa e piegò i panni dopo averli raccolti dal balcone. Ci organizzammo così, a sistemare la casa insieme, per sbrigarci prima. Veramente facevamo così, ogni giorno.
Così si fecero le 4 e mezza. Il mio progetto: andare a farmi una bella doccia e a prepararmi in modo decente per la serata che avrei passato a casa di Elena. Mia madre mi lasciò tranquilla, mentre lei si stese un’oretta sul divano, per riposarsi un po’. Mi diressi verso la mia cameretta, dove avevo lasciato il cellulare sotto carica. Tolsi il carica batterie, essendo che si era già caricato e controllai se avessi ricevuto qualche sms. E ne trovai ben tre.
chi può essere tanto cocciuto?
E riflettendo così, li aprii. Scoprii che erano tutti e tre da parte di Luca. In ordine:
Amica, che fai?” alle 3.
Ehi perché non rispondi, amica mia?” alle 3 e mezza.
Dai, non farmi preoccupare. Non sarà mica successo qualcosa?
L’ultimo segnava le 4 e un quarto. Mi affrettai a scrivergli una risposta, per non farlo preoccupare. Non potevo immaginare che mi avrebbe scritto così, appena sarei tornata a casa. Così gli scrissi:
Ehi, Lu. Scusami tanto, ma stavo aiutando mia madre a fare un po’ di faccende di casa
E subito mi arrivò la sua risposta, e cioè:
… Mi hai fatto diventare pazzo per la paura. Mi preoccupo io, sai? Pensavo a chissà cosa ti fosse successo. Scema
Risi a questa risposta, che per quanto potesse suonare nervosa a una persona comune, a me fece tanto pensare a una reazione affettuosa. Infatti mi venne da telefonargli, proprio per sentire il suo tono di voce, per sgamarlo non arrabbiato, come voleva apparire. Mi rispose dopo nemmeno un paio di squilli.
Lu ...
Feci io, scoppiando in una risata. Lui, sentendomi scoppiò a ridere per risposta. E dopo qualche secondo mi rimproverò, con tono affettuoso e dolce. Non riusciva proprio ad arrabbiarsi con me.
Scema! Mi hai fatto spaventare. Non farlo mai più
Disse.
Mamma mia, che esagerazione. Sono qui, stai tranquillo. Potevi avvertirmi, quando ci siamo salutati, che mi avresti scritto dei messaggi così, appena tornato a casa …
Gli risposi cercando di essere seria. E lui:
Sì vabbé, girala come vuoi tu la frittata. Tanto ho ragione io. Comunque che stai facendo?
Anche lui cercò di sembrare serio ma si lasciò scappare una piccola risata.
Stavo giusto andando a prepararmi. Stasera ceno a casa di mia cugina, quindi voglio quanto meno farmi una doccia e mettermi qualcosa di carino addosso
Gli spiegai.
Ceni da Elena? Beh, allora passerai senz’altro una bella serata
Rispose lui.
Sì, e poi i suoi genitori, miei zii, sono così buoni e simpatici. Sapessi che bravi che sono. Li adoro. E mi sono sempre trovata benissimo con loro
Feci io. E allora lui mi chiese:
Com’è che siete cugine? Sua madre o suo padre sono …?
Mia madre e la madre di Elena sono sorelle. Di conseguenza io ed Ele siamo prime cugine
Risposi io.
Ho capito … però non mi avete invitato
Esclamò d’un tratto, Luca. Io risi, prima di dirgli:
Oh, che stupide. Allora lo faccio adesso, vuoi venire a cenare anche tu con noi, signorino Reggente?
E lui scoppiò in una risata che mi rimbombò nell’orecchio, prima di rispondermi.
Sarebbe molto divertente, se potessi …” e poi rise di nuovo, prima di aggiungere “Ovviamente sto scherzando. Cosa c’entro io?
No, davvero. Penso che farebbe molto piacere anche ad Elena. Se potessi venire qualche volta
Gli risposi io, seria. Dicevo sul serio. Non stavo affatto scherzando io. Ma lui fece:
No … e i tuoi zii? Non mi conoscono nemmeno. Che confidenza avrei io, a presentarmi a cenare a casa loro? Sarei molto maleducato, se lo facessi
Ma scherzi? Guarda che non daresti fastidio a nessuno. Ma che maleducazione? Poi proprio ai miei zii, per i tipi che sono, non daresti mai fastidio. Ti accoglierebbero con molta gentilezza. Te lo assicuro. E non sto scherzando
Lo rassicurai. Ma lui non mi sembrò molto convinto, dal tono con cui mi rispose, arrendendosi:
Va bene, come vuoi tu. Ora ti lascio andare a prepararti in pace, dai
Ed io:
Tu che progetti hai per stasera?
Ma, niente di speciale. Ceno a casa mia, con i miei. Ed andrò a dormire presto, mi conosco. Niente di emozionante, come il tuo programmino
Rise.
Puoi scrivermi e passare il tempo messaggiando con me
Gli proposi.
No, ti disturberei. Devi rilassarti stasera
Fece lui. Ma io subito lo tranquillizzai.
Ma che disturbo … allora ti scrivo io e se non mi rispondi ti chiamo. Niente storie! Ciao amico mio, scusa ma devo proprio andare a prepararmi adesso. Ci sentiamo dopo, ti voglio bene
Suonò più come una minaccia che come una proposta, la mia. Lui subito mi rispose con un arreso ma dolce:
Ti voglio bene anch’io, e divertiti
Così riattaccai io la telefonata. In questo modo mi dedicai completamente a tutto un rinnovo per la serata. Cominciai scegliendomi qualcosa di carino. Aprii l’armadio e cominciai a sfogliare come pagine di un libro, tutti gli abiti appesi. Poi però riflettei, e per indossare un vestito corto non era l’occasione giusta. Insomma, si trattava di una semplice cenetta in famiglia. E poi, c’è da dire che non avevo una vasta scelta in questo genere di vestiario. Avrei dovuto rimediare al più presto, comprandone qualcuno in futuro. Così scelsi di indossare un paio di pantaloni strettissimi, dal tessuto un po’ elasticizzato, color beige. Erano tra i miei pantaloni preferiti. Dopo di che girai un po’ tra le maglie più carine che avevo. E ne scelsi infine, un top a fascia nero. Stretto sul petto e poi largo fino a chiudersi in un elastico nuovamente stretto, alla fine del busto. Semplice ma un tantino elegante. Ovviamente lo avrei indossato con un bel copri spalle nero di sopra. Con il freddo che faceva quel giorno … avrei, alla fine indossato anche un giubbino in pelle. Mi diressi verso il bagno e mi ci chiusi dentro. Poggiai delicatamente i vestiti scelti, sul mobiletto con i cassetti, bianco, dove tenevamo gli asciuga mani. Subito dopo avermi sfilato i vestiti che indossavo, entrai nella doccia. Ovviamente fui accompagnata per tutto il tempo da della musica sul cellulare. Scelsi la riproduzione casuale e la feci partire a tutto volume. Canticchiai le canzoni che conoscevo meglio, mentre dopo avermi fatto la doccia, essermi asciugata ed aver indossato i vestiti, con un asciuga mano sui capelli messo a forma di turbante, uscii dal bagno e mi diressi verso la mia cameretta. Presi il phono e cominciai ad asciugarmi i capelli continuando a canticchiare al suono di ‘Russian Roulette’ di Rihanna e altre canzoni che mi piacevano. Controllai, prima di passare all’uso della spazzola-phono che utilizzavo per farmi la piega, che ore si erano fatte. Mi sorpresi quando constatai che erano già le 6 e un quarto. Comunque sia non mi misi fretta nel finire di prepararmi. E dopo aver dato un ultimo ritocco con la piastra ai miei capelli, che portavo corti più in su delle spalle dietro, e un po’ più lunghi davanti, passai al trucco. Non ne utilizzai molto, come non facevo mai, d’altronde. Fondotinta messo leggero, un po’ di fard e blush che si notava a mala pena sulle guance. Poi passai dell’ombretto grigio sulle palpebre e pochi brillantini argento, a dare un piccolo tocco d’eleganza nel complesso. Un po’ di lucida labbra rosa e via. Ero pronta. O quasi … dovevo ancora indossare le ballerine nere, con gli strass argentati, e spruzzarmi un po’ di profumo. Dopo averlo fatto, scelsi tra le mie borse, quale utilizzare quella sera. Ovviamente ne scelsi una nera, non troppo grande. Ci misi dentro le cose essenziali, che portavo sempre dietro. Ovvero: uno specchietto, il porta foglio, dei fazzoletti, le chiavi di casa, perfino le salviettine umidificate e profumate per ogni evenienza. Chiusi la riproduzione delle canzoni e quando fui pronta, uscii dalla mia cameretta. Quasi mi scontrai con mia madre. Lanciai un piccolo urlo, quando la vidi di fronte alla porta. Lei sobbalzò.
Sei pronta, vedo
Disse lei, mentre io mi portai una mano al petto, per rilassarmi dallo spavento. Poi mi misi a ridere. Cosa che fece anche lei.
Sì, ho appena finito di sistemarmi. E tu?
Le chiesi, allora io. E lei:
Beh, anch’io no?
Fece, ruotando una sola volta su se stessa, come per mostrarmi come si era vestita e preparata. Indossava dei jeans chiari strettissimi, semplici ma che a me piaceva molto come le stavano. Poi aveva una maglietta a maniche corte, blu. Un bel modello. Era larga, ma molto carina. E alla fine del busto si chiudeva in un elastico, come la mia. Aveva anche messo di sopra, una giacca nera, semplice ma un po’ elegante. Corta e a maniche lunghe. La teneva aperta, per far vedere la maglietta. Come scarpe infine, aveva indossato degli stivaletti neri a mezza gamba. Dopo averla squadrata dalla testa ai piedi, le schioccai un bell’occhiolino e le feci segno d’accordo con il pollice all’in su. Mi piacque davvero la sua scelta. Lei mi fece un sorriso e mi disse:
Sono contenta che ti piaccia per una volta
Io risi, prima di risponderle scherzosamente:
Cominci a capire cosa intendo, quando dico che devi sistemarti meglio
Dopo di che, le chiesi:
Beh, dobbiamo andare?
Chiamo zia Sofia, ma sicuramente mi dirà che siamo pure in ritardo. Mi aveva pregata di farci vedere prima di cena, per stare un po’ insieme … ma tu, figlia mia sei così lenta
Mi rispose lei, sorridendomi. Ed io allora, presi il cellulare dalla borsa, per controllare l’orario, e quando constatai che erano le 7 e 20, feci una smorfia e non aggiunsi niente, riguardo le parole di mia madre. Aveva assolutamente ragione. Nel frattempo mi limitai a seguirla, mentre lei prendeva la sua borsa e si avviava a scendere le scale per raggiungere la macchina.
Sofi scusa se abbiamo fatto tardi, ma tua nipote è così lenta a prepararsi … Stiamo arrivando, comunque
Parlò mia madre, al telefono con mia zia. Poi, dopo un po’ la sentii parlare una seconda volta, ridendo ed infilando le chiavi nella macchina per aprirla. Disse:
Ah Vale, sei tu! Vabbé, stiamo arrivando cognato
Poi, continuando a ridere la vidi chiudere la telefonata e mettere in moto la macchina. Io nel frattempo mi ero già seduta al suo fianco.
Madre, cerca di rilassarti. Stiamo andando dagli zii, mica da degli sconosciuti. Aspetteranno, mica si offendono
Le dissi, quando la vidi accellerare in modo esagerato e far sfrecciare l’automobile per le strade che portavano a Rugaglia.
Sì … però mi sento agitata, tesoro. Devi capire che mi pare brutto che stiamo arrivando a quest’ora
Mi rispose, cercando di rallentare di un po’. Io annuii con la testa e per tutto il quarto d’ora complessivo di viaggio, stetti rilassata. Una volta arrivate di fronte alla casa di Elena, parcheggiammo la macchina al solito angolo del cortile e scendemmo. Una brezza freddissima ci aggredì. Essendo in un paese di montagna, il freddo era moltiplicato per tre. Al contatto con quella temperatura esageratamente fredda, un brivido mi attraversò il corpo e mi venne spontaneo stringermi nel giubbino con le braccia conserte. Mia madre fece più o meno lo stesso. Poi, stringendo la borsa tra le mani la seguii, e lei a passo svelto raggiunse il portone e suonò il campanello. Istantaneamente mio zio accorse in un attimo ad aprirci e ci accolse con un sorriso, facendoci entrare.
Buona sera
Ci disse. E mia madre prima di lasciarmi rispondere al saluto, lo assalì con mille parole:
Scusa Vale … abbiamo fatto tardi, lo so. Scusaci tanto. Mi dispiace
Ehi, ehi, basta. Mica ti sto portando alla ghigliottina. Entra e stai zitta, va. Che non è successo niente
Rise mio zio, dicendole così. Io allora, quando mia madre si sciolse in un sorriso ed entrò in casa raggiungendo il salotto, salutai finalmente il mio adorato zietto.
Ciao zio!
E lo abbracciai. Lui ricambiando l’abbraccio rispose:
Ciao nipote mia
Quando ci staccammo, ridemmo entrambi per via delle parole di mia madre, e raggiungemmo insieme il salotto. Trovammo mia zia Sofia, Elena e mia madre, sedute sul solito divanetto beige. Elena subito si alzò e mi raggiunse abbracciandomi.
Buona sera, cugi
Esclamò, ed io staccandomi delicatamente dall’abbraccio le sorrisi:
Ciao Ele
Poi mi venne automatico squadrarla dalla testa ai piedi e fare un commento positivo sul suo abbigliamento.
Wow, quanto splendore
Ed aggiunsi un occhiolino soddisfatto. Lei subito arrossì e mi rispose:
Non esagerare adesso. Ho indossato la prima cosa che mi è venuta nell’armadio. Piuttosto quella splendida sei tu, stasera
Io risi, e la osservai nuovamente nei dettagli. Indossava una mini gonna fino a un po’ più sopra del ginocchio. Grigia e stretta a vita alta, e sull’addome dei bottoncini color oro. Dei semplicissimi collant color carne, di sotto. Sopra la gonna, una maglia nera larga ed infilata nella gonna. Col colletto stile camicia, e le maniche lunghe. Infine delle semplici ballerine col tacchetto basso, nere. I suoi morbidi ricci castani, lasciati cadere in modo semplice, sciolti sulle spalle. Dopo esserci scambiate dei complimenti esagerati ma (almeno da parte mia) sinceri, mi accorsi di non aver salutato mia zia, che infatti me lo stava facendo notare alla grande, puntando i piedi per terra insistentemente e picchiettando sul pavimento con i tacchetti dei suoi stivali neri. Aveva in più, steso un notevole broncio e si era alzata all’in piedi di fronte al divanetto. Mi stava fissando. Mi misi a ridere dal suo atteggiamento infantile ma dolce e mi avvicinai a lei.
Oh zia … non ti avevo vista. Come va?
Volli fare questa battuta, per farla di proposito ‘innervosire’ di più. E ottenni il mio risultato.
Tutto bene
Rispose beffardamente e non lasciandosi né abbracciare né baciare da me. Mi sorpassò per raggiungere l’angolo cottura, camminando a passo da soldato e non degnandomi nemmeno di uno sguardo.
Non vuoi che ti saluti, zietta?
Chiesi io provocandola. E per tutta risposta lei urlò dalla cucina, mentre estraeva le lasagne dal forno.
Puoi sempre continuare a far finta di non avermi vista, nipotina!
Io risi, ottenendo coivolgimento anche da parte degli altri. Mia madre si mise a ridere sonoramente, dal divano. Elena mi lanciò un occhiolino d’intesa, trattenendosi dal ridere anche lei. Mio zio Valerio mi diede un batti cinque che ricambiai e mi sorrise divertito. Allora io, per completare la scenetta che si era fatta divertentissima, mi recai nell’angolo cottura, e mentre mia zia era intenta a fare le porzioni della lasagna, di spalle in confronto a me, io da dietro la abbracciai strettissima tant’è che sobbalzò dallo spavento e le dissi:
Ma lo sai che ti voglio bene, permalosa di una zia
Lei si scaldò e rilassò, girandosi verso di me e rispondendomi:
Mmh, e mentivi quando hai detto che non mi avevi vista?
Certo
Feci io.
Okay
Mi schioccò un bacio in fronte lei.
E PACE FU
Urlarono all’unisono gli altri, che si erano avvicinati per gustarsi il finale.
Dato che siete tanto simpatici stasera … ognuno di voi si prenderà il proprio piatto e lo porterà qui per servirsi della propria porzione di lasagna. Io mi prendo il mio e mi accomodo. Stasera non faccio la cameriera a nessuno
Rise mia zia Sofia, ordinando tutto questo. Noi eseguimmo gli ‘ordini’ e una volta a tavola, appena assaggiata la prima forchettata di lasagna, sentii la suoneria delle notifiche del mio cellulare. Mi guardai intorno per cercare con gli occhi, dove avevo poggiato la borsa e la trovai sul divano. Chiesi il permesso di alzarmi da tavola, come buona educazione, a mia zia che mi sorrise e mi lasciò andare. Così raggiunsi la borsa e la aprii velocemente per tirare fuori l’S3.
Chiara, scusa il disturbo … volevo giusto chiederti se va tutto bene. E cosa stai facendo? Se non puoi rispondermi non farlo forzatamente, ti voglio bene
Era il testo del messaggio il cui mittente era Luca. Avevo dimenticato che gli avevo promesso che ci saremmo sentiti per messaggio durante la serata.  Così gli risposi velocemente scrivendo:
Ohi Lu, non mi disturbi affatto. Comunque sono a casa di Elena, stiamo appena cominciando a mangiare. Ti dispiace se ti scrivo io dopo cena magari? Solo perché mi sembra cattiva educazione usare il cellulare a tavola. Ti voglio bene anch’io, a tra poco
E subito ricevetti la sua risposta che fu:
Tranquilla, buon appetito e buon divertimento. Salutami Elena
Sorrisi nel leggere l’ultima parte del messaggio. Pregustai l’espressione del volto di Elena nel momento in cui le avrei detto che la salutava Luca. Posai il cellulare nella borsa e mi avviai per rimettermi a sedere a tavola, accanto a mia cugina Elena.
Scusate
Feci riferendomi alla mia interruzione della cena. I miei zii e mia madre avevano smesso di mangiare per aspettarmi. Mi sentii un tantino in imbarazzo. Gli sorrisi e ricominciai a mangiare io per prima, facendo ricominciare dopo di me, tutti gli altri. Mi avvicinai leggermente ad Elena e le dissi, sotto voce:
Comunque era Luca. Ha detto che ti saluta
Come volevasi dimostrare, Elena fece un sorriso che gli sbucò fino alle orecchie, prima di rispondermi con tono altrettanto basso:
Davvero? Beh, ricambia il saluto
Io annuii decidendo che avrei avvertito il mio amico solo dopo aver finito di cenare. Tra una chiacchiera e l’altra, la serata passò talmente velocemente che non me ne resi nemmeno conto. Dopo cena io ed Elena ci alzammo da tavola per accomodarci sul divano. Io inviai un sms a Luca dandogli la risposta di Elena al saluto e chiedendogli cose tipo ‘che fai’ e simili. Dopo un po’, sempre insieme a mia cugina sparecchiammo la tavola. Poi, tutti insieme decidemmo di giocare a carte. E tra risate fino alle lacrime, battute del mio simpaticissimo zio Valerio, musi stesi da parte di mia zia Sofia e messaggi di Luca, trascorsi la serata in allegria e spensieratezza. Fu proprio un bel sabato sera. Di quei momenti che ti consentono di mettere da parte per un po’ i problemi e di far finta di non averli. Sono piccole cose che fanno bene al cuore. Ed io quella sera, per un po’ riuscii a stare bene. Bene nonostante nella mia vita reale non tutte le cose fossero a posto. Bene davvero, nella semplicità che si può trovare in una cena in famiglia. La mia famiglia composta da persone un po’ pazze, ma dolcissime. Mancava solo mio fratello Pasquale. Ma era fuori per lavoro, altrimenti la serata sarebbe stata davvero perfetta.

 
To Be Continued ;)
_ChiaDreamer_
  
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