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Autore: lor_un    17/10/2008    0 recensioni
Un ragazzo di quarto liceo, grazie ad un suo amico di sempre, incontrerà una ragazza, che significherà molto per lui, dopo varie peripezie, riuscirà a trovare la via giusta per essere felice?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Di nuovo, la sveglia, la mattina del lunedì 1 Giugno. Un nuovo mese, che sia una nuova vita? Nah! Dico sempre così ma alla fine non succede mai niente, però stavolta é diverso. Stavolta ho chiuso veramente. Ieri sera è stata molto costruttiva, poi ho ritrovato un vecchio amico. Non è andata poi così male…nel profondo del mio cuore, in fondo ci spero. Ci spero che Alice torni da me. Che Alice un giorno mi dica: “Ti voglio parlare”. Poi da lì sarebbe tutto più semplice. Ma ciò che mi ha sempre fregato è stato questo fatto; sperare e di conseguenza fossilizzarmi. Ma ora basta. Comincia un nuovo ciclo. C’è un nuovo Michele in città. Penso tutto questo mentre mi alzo e mi preparo per affrontare l’ultimo lunedì del quarto anno di istruzione superiore. Scendo stancamente dal letto, in fondo sono solo le 7. Una veloce lavata a faccia e ascelle, sono pronto! Un paio di jeans corti ed una t-shirt, vanno più che bene, anche se il vice-preside ci scassa le palle per i pantaloni che ‘vanno portati lunghi, non siamo al mercato’. Ma vaffanculo, va.

 

Cappuccino veloce, una distribuzione sorridente di buongiorno a tutti e zaino in spalla, non serve altro per iniziare una giornata. Esco di casa e mi dirigo verso scuola. Ovviamente il mio pensiero è sempre lo stesso. Cosa fare ora? E’ veramente necessario resettare? Cosa ho, in fondo, che non va? Saranno le ragazze ad essere strane. Ma non possono essere tutte strane! Per forza, qualcosa centro pure io. E Luca? Eppure è così ben voluto, soprattutto dalle ragazze. In classe è un mezzo-mito. E’ un punto di riferimento. E’ un consigliere e un grande amico. E pure lui c’ha preso il due di picche. E’ proprio vero: siamo tutti servi della gleba.

 

<< Guten Morgen, everyone!>>

Urlo entrando in classe, dove vedo solo Marco che sta posando lo zaino, sempre con il suo fido iPod alle orecchie, e vedo Ludovica che è intenta a cercare qualcosa nel suo zaino malandato. Lei mi saluta con un cenno della testa mentre Marco mi viene incontro con aria preoccupata:

<< Vieni con me…>>

Mi prende per il braccio e mi porta fuori dalla classe, senza neanche darmi il tempo di posare lo zaino e gli occhiali da sole.

<< Che c’è? Che è successo??>> dico con aria preoccupata.

<< Perché ieri te ne sei andato così? Perché Luca ti ha seguito, e quando è tornato su ha fatto il cazziatone a quella ragazza? Perché se n’è andato pure lui di corsa?? Che cazzo succede??>> mi dice alzando il tono della voce ad ogni domanda.

<< Uoh, uoh, troppe domande!>> rispondo io cercando di sdrammatizzare.

<< …il cazzo!>>

<< Aspetta, fammi posare almeno le cose, poi ti spiego, giuro>>.

<< Va bene>>.

Mi lascia andare e finalmente riesco a mettere il pesantissimo zaino sul banco e gli occhiali da sole sottobanco. Riesco dalla porta dove c’è ancora Marco che mi aspetta. Intanto arriva Giulia che mi saluta, contraccambio distrattamente e vado da Marchesetti.

<< Allora?>> mi fa lui.

<< Tieniti forte…>> gli rispondo.

Gli racconto di tutto quello che mi è accaduto negli ultimi due giorni. Ovviamente in maniera sintetica, così che possa rientrare nello spazio che ci separa dall’inizio delle lezioni. Vedo l’espressione di Marco che lentamente da arrabbiata si trasforma in perplessa e poi in stupita, infine in un espressione che è tutto un programma. Sento una mano toccarmi la spalla, mi giro e vedo Luca che mi sorride:

<< Bella zì>> gli faccio.

<< Bella, ciao Marco!>>

Intanto Marchesetti che era rimasto a bocca aperta, si ricompone:

<< Ciao, Lu’! No è che, Michele mi stava raccontando di ieri sera, v’ho visto andare via così, mi sono preoccupato, però mo ho capito>>.

Improvvisamente si ammutolisce, abbassa la testa invitandoci a fare lo stesso. Con espressione complice ci guarda entrambi e ci sorride:

<< Avrei fatto lo stesso, vi capisco. Beh dai, inizia una nuova vita ragazzi>>.

<< Già>> fa Luca con un tono malinconico.

 

Ecco la campanella, meschina! Lentamente e stancamente ci dirigiamo nella nostra classe per sorbirci nuovamente una lezione della nostra professoressa di inglese, la signora Roberta DeNoli. Una grassona che è stata ribattezzata dal nostro Marco “culona nordica”.

 

 

Salvezza! Ecco la ricreazione. Dopo due ore di DeNoli ed una di Pastelli, quella di italiano, non ce la faccio più. Ma neanche uno squadrone dei marines, addestrati al peggio, ce la farebbe. Questo lo sappiamo bene tutti, e la salvezza è ciò che ci serviva nel climax della noia. Io, Luca e Marco, usciamo dalla classe e ci dirigiamo per prendere le scale ed andare al piano di sotto per rifocillarsi, magari con un bell’hamburger “made in Lillo”. Sento, però, una voce femminile chiamarmi. Speravo di non doverla sentire mai. Mi volto ed è proprio l’ultima persona con cui avrei voluto confrontarmi: Martina Cesarei. Ha la mano sinistra alzata, quando vede di aver attirato la mia attenzione la muove verso di lei per indurmi ad andare lì. Con passo lento mi dirigo verso Martina cercando di sembrare ignorante al riguardo. Lei mi prende per il braccio e mi porta in classe, la quale è vuota. Ho un tuffo al cuore pensando chissà a cosa, anche se so che non è certo un buon segno.

<< Che cazzo mi significa che te ne vai? Che mandi il tuo scagno->>

<< Senti! Io non ho mandato nessuno scagnozzo, capito?>> le rispondo incazzato nero, la rabbia sale sempre di più.

<< Ah no?>>

<< No! E’ che quell’ amica tua, è stata così gentile da cominciarmi a parlare del suo ragazzo, permetti che mi incazzo?>>

<< E allora? Ormai ci sei abituato!>> mi risponde lei in tono malizioso.

A quel punto non ci vedo più. Scaglio un pugno sulla cattedra che quasi si rompe.

<< Ma vai a fanculo! Stronza!>> le urlo in faccia ed esco dalla classe con violenza chiudendo la porta dietro di me così irruentemente che credo di averla rotta. Sento gli sguardi dei primini impauriti su di me, così come gli sguardi stupiti del quinto. Mi dirigo a passo spedito alle scale di emergenza e lì mi fermo. Mi guardo in giro e vedo la parete vuota. Vado per dare un pugno ma mi fermo, penso a cosa dovrei inventarmi con mia madre. Mi appoggio con la mano e lacrime di rabbia mi rigano il volto. Anche lei, anche lei è diventata così. Non si fa più scrupoli, quattro anni passati insieme non significano un cazzo. ‘Ci sei abituato’ mi dice, hai capito la stronza? Mi siedo sulle scale, fermo, immobile, probabilmente con il pensiero che prima o poi qualcuno venga a cercarmi, che qualcuno mi venga a chiedere scusa. E’ sempre così. Alla fine aspetto sempre qualcuno che mi consoli, che mi dia quella pacca consolatrice, proprio come gli undicenni, che si realizzano solo se il papà o la mamma gli dice che è stato bravo. Inoltre sono orgoglioso, non chiedo mai scusa, forse anche perché non è sempre colpa mia.

 

Ecco di nuovo la campanella, nessuno mi è venuto a cercare, nessuno si è venuto a scusare. Come previsto. Mi alzo dalle scale, mi asciugo nuovamente gli occhi lucidi ed esco dalla porta di sicurezza. Al silenzio della mia nicchia, si contrappone il brusio dei ragazzi che ritornano nelle loro classi. Molti se ne sbattono e rimangono fuori a chiacchierare. Mi dirigo verso la mia classe, la porta è chiusa. Busso e poi apro. La prof non c’é.

<< Ma vaffanculo va, m’avete fatto prende un colpo!>> urlo rivolgendomi alla classe che distrattamente mi guarda come se fossi un bidello.

Luca alza la testa dal libro che era intento a leggere, il suo volto si trasforma in stupore. Però! Pure lui se ne stava a sbatte, ne una chiamata, ne un cazzo, non ti chiedere dove cazzo sono finito. Mi siedo al mio posto al primo banco, con le spalle rivolte al resto della classe. Prendo lo zaino che era per terra, lo metto sul banco nell’intenzione di cercare il diario. Finalmente lo trovo. Prendo la mia fidata penna nera e comincio a disegnare. Profili, volti, corpi, come di mio solito. Entra la Pastelli ma non la sto neanche a sentire. Penso a tutt’altro. Possibile che un amico, come Luca, non abbia neanche chiesto dove cazzo fossi? Uno squillo, un qualcosa, per sapere se ero ancora vivo? Pretendo troppo da un compagno di banco secolare? Luca mi tocca con il gomito, con un mugugno gli faccio capire che sto ascoltando.

<< Oh! Dove cazzo stavi?>> mi dice sottovoce.

<< In giro>> gli rispondo distrattamente.

<< Perché non sei più sceso? Che voleva Martina?>>

<< Troppe domande tu->>

<< Giannini! Fiorani! Se non vi interessa potete pure uscire!>>

Mi scuso con un cenno della mano, così fa Luca. Ricade il silenzio tra me ed il mio compagno di banco. Con la coda dell’occhio vedo Luca un po’ titubante, cerco di sembrare normale mentre sono ancora intento a disegnare, è un qualcosa che mi rilassa e questo è l’unico momento in cui posso farlo, paradossalmente. Di nuovo una botta con il gomito sul mio braccio, mi giro e guardo Luca un po’ seccato. Fiorani mi indica con la matita una scritta sul banco.

 

CHE VOLEVA MARTINA?

 

Prendo la penna e comincio a scrivere, ovviamente l’inchiostro non esce sul legno del banco. Mi tuffo per terra e cerco la matita nel mio zaino. Trovata. Mi rialzo e comincio a scrivere.

 

IERI SERA

 

<< Ragazzi, l’ultimo argomento è finito. Non ho più nulla da dirvi, da qui, per me, potete giocare a carte>>.

Neanche la rivelazione del senso della vita, sarebbe stata così ben accetta. Il silenzio della classe diventa un brusio indistinto. Finalmente io e Luca possiamo parlare liberamente. Finalmente…purtroppo. Mi alzo per fingere di andare in bagno ma Luca mi blocca il braccio:

<< Eh eh, dove scappi?>>

Mi fa risedere e ricomincia a parlare.

<< Allora? Che significa ieri sera?>>

<< Significa ieri sera…>>

<< Uhm, non l’avrei mai detto. Sul serio, che vuol dire? Sei strano>>

Sono titubante, in fondo ce l’ho un po’ anche con lui.

<< Beh potevi cercarmi prima!>> gli rispondo seccato.

Lo sguardo di Luca si trasforma in sguardo da cane bastonato.

<< Sono tornato su, quando ho visto che non scendevi, sono andato da Martina, le ho chiesto dove fossi. Mi ha detto che non lo sapeva, allora ho pensato che magari eri sceso e non ci eravamo visti, allora so rimasto su aspettando che risalissi, tanto in classe dovevi tornare, la ricreazione era quasi finita...>>

<< Ok, mi hai convinto>> gli rispondo io un po’ sollevato. In effetti non avevo considerato questa possibilità.

<< Allora mi vuoi dire che è successo??>>

Faccio un bel respiro. Il brusio dei tornei di briscola e tresette copre le mie parole.

<< Ho litigato furiosamente con Martina>>

La faccia di Luca è tra lo stravolto e lo stupito.

<< Tu…Martina…litigato??>>

<< Io…Tarzan…tu…Jane…si, abbiamo litigato>> gli rispondo sorridendo.

<< Tu che scazzi? Nah, non è possibile…>>

Gli racconto tutta la conversazione e la mia reazione, il suo volto si deforma come vuole la logica, quando sottolineo la parte dello “scagnozzo”.

<< Scagnozzo?? Ma che cazzo gli è successo? S’è impazzita?>>

<< Non lo so, tant’é…chissà, forse Alice è un’amica del cuore e gli è roduto…>>

 

Ecco la campanella di fine ora. Come da rito ci alziamo ed usciamo dalla classe per prendere un po’ d’aria. Ci sediamo sulla panchinetta vicino allo stanzino dei bidelli. Ci raggiunge Domenico.

<< Oh, Miche’! Luca m’ha raccontato tutto, me dispiace>>.

Mi da una pacca sulla spalla ed io contraccambio con un ringraziamento. Domenico si siede sulla panchina di fronte e cominciamo a parlare del più e del meno, perlopiù di scuola e di prof quando intravedo Martina uscire dalla classe e correre tra le braccia del suo Roby. DeMartinis la abbraccia come fosse l’unico essere animato che ha visto negli ultimi 3 anni. Con la testa bassa e lo sguardo rivolto verso di loro, li vedo confabulare. Martina annuisce e gesticola veementemente. DeMartinis ad un certo punto gira lo sguardo verso di me, sorridendo. Io alzo lentamente la testa e mi alzo dalla panchina. Mi dirigo lentamente verso Roberto che si gira verso di me completa-mente. Finalmente siamo faccia a faccia.

<< Dica?>>

<< No, niente, chi te cerca?>>

Oggi è la volta buona che spacco qualcosa.

<< Allora guarda da un’altra parte>>

<< Io guardo dove voglio, Giannini>>

<< Fermi, dai!>> interviene Martina.

<< Si, si, lo lascio stare, solo per te però>> gli risponde Roberto baciandola sul collo.

Io sorrido e mi allontano con Luca che mi viene incontro.

<< Oh!>>

<< Eh!>>

<< Che voleva?>>

<< No, niente, non te preoccupà>>.

 

Finalmente la giornata è finita. Mamma mia, più stancante di oggi non è mai stata! Scendo velocemente le scale della scuola e mi dirigo verso casa, salutando con un cenno Luca. Arrivo al portone e solita routine. Non ho il tempo di pensare. Dopo un pranzo veloce mi precipito davanti al pc, ormai è quasi una droga, anche se io la considero una liberazione dagli stress quotidiani. Stacco le cuffie dal mio iPod e le attacco alle casse mettendo su un Greatest Hit dei Dream Theater. Navigo per vari siti, i soliti, e non c’è nulla di aggiornato se non l’uscita in alta qualità di una scan di un manga che seguo. Decido alla fine di aprire MSN. Sono connessi molti contatti, per lo più tutti quelli della mia classe. Quello che mi colpisce di più è sicuramente Martina con il suo nuovo nick: “Martina piccina…Roby sei il mio uomo!”. Perché non riesco a togliermi quella fastidiosa sensazione? Possibile che ancora pensi a lei? Possibile che neanche la litigata furiosa di oggi mi abbia fatto cambiare idea? Possibile che non l’abbia ancora cancellata? Non lo so perché. Forse perché pensavo ad un futuro tra noi due, siamo così simili, eppure così diversi. Nella nostra classe c’è sempre stato un sentore particolare riguardo alla mia relazione con Martina. Ma alla fine non sono riuscito nella stoccata. Forse ho provato nel momento sbagliato, forse lei non ha voluto proprio perché non le piaceva avere un ragazzo della sua stessa classe, con cui stare a contatto sei ore a settimana, cinque giorni. Forse è andata a cercare un maturando proprio perché, a volte, la lontananza lega, e la vicinanza allontana. Forse l’ha scelto perché più maturo di me? Forse perché quelle scenate da offeso non le vanno giù. Forse. Ma non è questo il punto. Ciò che mi preme capire è perché quella reazione, senza un motivo apparente. Non abbiamo mai avuto una confidenza tale da scherzare su queste cose. Cosa l’avrà spinta? O meglio, chi? Che sia proprio DeMartinis? Che sia stato DeMartinis ad aizzarla contro di me?

 

Mentre rimugino sull’accaduto ecco che sento il tipico rumore di MSN. E’ Martina. Ecco di nuovo il nodulo alla gola. Stavolta almeno potrò trattenermi, tanto ormai è andato tutto a puttane. Apro la conversazione un po’ intimorito:

<< ciao>>

<< ciao>>

<< ehm…senti…io volevo scusarmi per oggi>>

Rimango alquanto sorpreso ma non scrivo nulla per indurla a continuare.

<< sai, ci sono rimasta male quando ti ho visto andare via così, poi quando luca è tornato ed ha cominciato ad attaccare alice, una mia grandissima amica…>>

Non scrivo nulla, sono molto curioso di sapere da dove arrivano queste scuse.

<< tu sei un mio grande amico>>

Si, certo.

<< e non voglio perderti, non so cosa mi sia successo…perdonami se puoi>>

Leggo attentamente le sue ultime parole in cerca di qualcosa non troppo scontato ne troppo accomodante.

<< mi dispiace, martina, stavolta hai esagerato>>

Ecco, dietro allo schermo di un pc è tutto più semplice, probabilmente, guardando il suo volto d’angelo, avrei fatto pippa e detto la solita stronzata: “Non ti preoccupare, succede!”.

<< sappi che le parole feriscono molto più dei gesti, e quella tua frase, che ti sia scappata o meno, che sia arrivata in un momento di rabbia, che la pensassi veramente o meno, mi ha fatto male, soprattutto perché detta da te, quindi no, ora non posso perdonarti, forse, in futuro, lo farò, ma ora non posso, mi dispiace, ciao a domani>>.

Chiudo la conversazione e mi disconnetto velocemente da MSN per evitare che qualche sua altra parola mi faccia tornare il cuore come cioccolato fuso. Mi abbandono sulla sedia e ripenso. Non mi è mai successo di non perdonare una ragazza. Sono sempre stato un bonaccione. Mi bastava mezza giornata e sbollivo subito. Cosa mi succede? Che il mio incontro con Alice mi abbia cambiato così profondamente? No, è che stavolta l’ha fatta davvero grossa. Anche io ho dei limiti. Ed è riuscita a farmeli raggiungere. L’importante adesso è non tornare indietro sulle proprie parole, per non sembrare deboli e stupidi. Mi alzo dalla sedia notando che mio fratello non è in giro, mi sincero delle sue condizioni vedendo che era in cucina a studiare, e mi attacco alla Playstation 2. Infilo Kingdom Hearts 2, gioco che avrò finito almeno 3 volte, e lo ricomincio da capo.

 

Non ho il tempo di battere il primo boss che squilla il telefono.

<< E’ per te!>> urla mia nonna.

Prendo il cordless e rispondo:

<< Pronto?>>

<< Ciao, zio!>>

<< Wela, dimmi tutto>>

<< No, niente, t’ho visto un attimo su MSN e poi sei uscito>>

<< Eh, si, ho preferito scrivere in santa pace>>

<< Capito, senti, la vuoi sapere la novità?>>

<< Dimmi dimmi>>

<< Denise mi ha chiesto scusa>>

<< Ah, e tu che hai fatto?>>

<< Non le ho accettate, che cazzo so, una banderuola? Ariva, me lascia e dopo du giorni se riprende, aoh, ma che davero so l’animaletto da compagnia?>>

<< Hai fatto strabene, t’appoggio>>

<< Ma, insomma oggi l’hai vista la DeNoli?...>>

Iniziamo a parlare della scuola, a sparare cazzate, come sempre. Ora più che mai, dato che non c’è da studiare, c’è solo da cominciare a rilassarsi, siamo all’inizio dell’ultima settimana e non ho veramente più forze. Una lunga telefonata, che mi rincuora un po’. Dopo la grossa delusione di stamattina una mini-iniezione di fiducia e di relax ci voleva. Lo saluto e lo ringrazio di cuore agganciando la cornetta. Mi accorgo solo ora che mio fratello aveva preso possesso del joystick e quindi della play, lo lascio perdere e vado in salone per guardare un po’ di TV.

 

Il canale di sport sul satellite mi accompagna per tutto il resto della giornata, passo dal calcio all’NFL, dal basket alla pallavolo. Mi alzo per fare un leggero spuntino quando vedo il mio cellulare brillare. Vado a prenderlo e vedo che c’è un messaggio ricevuto. Vado ad aprirlo, e leggo qualcosa di sconvolgente:

 

<< Da +393206574891

Ciao, Michele. Sono Alice, ti chiederai perché continui a tormentarti, ti voglio prima di tutto chiedere scusa per ciò che ho fatto. Non avevo alcuna intenzione di illuderti, voglio veramente essere tua amica, sei una persona gentile, educata, una specie di uomini in estinzione qui sulla terra. Quindi ti prego di perdonarmi per averti ancora illuso. Ciao. Un bacio.>>

 

Rimango a bocca aperta, non so per quanto tempo. Leggo e rileggo quel messaggio, per paura di aver letto male. Dopo averlo letto almeno una quindicina di volte mi pongo due domande fondamentali: come ha fatto Alice ad avere il mio numero, e soprattutto, come mai ul-timamente mi chiedono tutte scusa? Mi metto una mano sulla fronte e su questo pensiero mi addormento.

 

O almeno ho intenzione di farlo. Mentre mi sto per buttare tra le braccia di Morfeo, la porta si apre ed entra mio padre. Mi trova sdraiato sul divano, nullafacente. Come al solito.

<< Comodo, comodo>> mi fa lui sarcastico.

<< Ciao papà>>.

<< Non studiare troppo, eh, mi raccomando!>> nuovamente sarcastico, se ne va nella sua stanza. Mi alzo a sedere e sbadiglio, riprendo il controllo del telecomando e guardo di nuovo in giro sul satellite. Stavolta tra i canali di cinema. Come al solito, non ci sono film interessanti, che invece passano sempre quando non sto guardando. Mi metto comodo e riprendo il mio cellulare. Mi sincero che non sia stato tutto un sogno e vado a rivedere il messaggio di Alice. Eccolo qui. Vero e serio.  Mi chiede scusa. “Un bacio” infine. Ma che diamine sta succedendo? Aspetta, Michele, fai mente locale. La conosci da soli due giorni, in fondo. Come può essere che si sia davvero scusata? Lo so, l’inconscio dice che in realtà ho un fascino calamitico. Cosa che invece la parte conscia non concorda e, anzi, sminuisce. In fondo non hai fatto tutta sta conversazione filosofica, come può essere stata attratta dal tuo grande cuore? Non le hai mai parlato di salvare il pianeta. C’è qualcosa di strano. Sicuramente qualcosa è successo. Ma se ci tiene così tanto a me, perché ha cominciato a parlarmi del suo ragazzo? Vuole essere solo una buona amica? Ma si sa, l’amicizia tra uomo e donna è molto rara. E poi, anche se fosse, non si instaura in appena due giorni. Che la mia sfuriata le abbia fatto cambiare idea? Che abbia capito di aver sbagliato? Dovrei sapere di più sul suo ragazzo. Dalla descrizione di Luca non deve essere questa cima. Ma si sa, gli opposti si attraggono. E poi da chi diavolo ha avuto il mio numero? Da Martina? Da Denise? Da Luca?? Nah. Martina non ci penserebbe nemmeno, e poi me l’avrebbe accennato. Denise, non ho il suo numero, mai chiesto per il rispetto del suo ex-ragazzo. Luca? Luca me l’avrebbe detto oggi. E poi non lo farebbe, avrebbe avuto la stessa reazione che ha avuto con Denise, proprio oggi. C’è qualcosa che non mi quadra. Chi altro poteva conoscere? Vabbè ora non serve saperlo, ora l’unica cosa da fare, è pensare a come agire e soprattutto, reagire, a questi avvenimenti. Con indifferenza? Rabbia? Gentilezza? Sarcasmo? Fare come ho fatto con Martina? Ma no, ci conosciamo da troppo poco tempo, in fondo non mi ha fatto nessun torto grave. Ora, ciò che devo capire, è: il mio atteggiamento, palesemente cambiato nei confronti delle donne, mi sta portando giovamento? Che queste repentine scuse derivino da questo? Forse, forse no. Ormai non so più che pensare.

 

Non sapendo più cosa pensare, mi alzo e mi dirigo verso la cucina, saluto mia madre che è appena rientrata, mi lancio sulla credenza da dove tiro fuori due fette di pan carrè. Torno al divano dove però il ciclone Edoardo ha lasciato la sua firma: sdraiato, in modo da non far sedere neanche un insetto stecco, televisore sintonizzato sul canale dei cartoni animati. Neanche Flash Gordon avrebbe fatto meglio. Dopo aver invano cercato di cambiare canale, mi arrendo e mi siedo sull’altro divano, con una visuale peggiore del televisore ma ugualmente comodo. La tavola è quasi apparecchiata e ci prepariamo per cenare.

La cena è sempre la stessa, si parla del più e del meno. Evito cautamente di anche accennare la mia situazione sentimentale per evitare domande scomode. Finita la cena mi dirigo nuovamente verso il mio computer, mi siedo comodamente sulla mia sedia ed accendo il mio MSN.  Sono collegati quasi tutti quelli della mia classe, a parte un paio di secchioni. Ovviamente c’è anche Martina, Luca e Marco. Non contatto però, nessuno di loro. Metto lo stato “Non al computer” ed apro il foglio word della mia storia. Incredibilmente in questo periodo l’ispirazione è tornata. Dopo un lungo periodo di stanca e di vuoto, ho ricominciato a scrivere. Le mani si muovono da sole sulla tastiera quando sono in forma. Sarà il periodo, sarà che ultimamente ho letto molto, e forse c’è anche quella “gasatura” da libro appena letto, che ti mette la voglia inconscia di scrivere un capolavoro della stessa caratura. Ripensandoci capisci che non sarà un capolavoro, che non potrà mai raggiungere dei cult, ma è il tuo libro, è ciò che senti tu: non c’è niente di più importante. Per questo scrivo, per allietare e per mettermi alla prova. Mettermi alla prova su ciò che vorrò fare. Il mio destino è giù stato scelto. Ovviamente non da una persona fisica, ma dal destino. La mia passione per il cinema è nota da tempi non sospetti, poi dopo la carriera intrapresa da mio zio, e da mio nonno prima di lui, non posso non avere la stessa passione e la stessa indole. Un indole che mi porta ad aspirare al gradino più alto del podio, un’ ambizione che difficilmente trovo in altre cose. Si, il mio sogno è diventare un regista, uno di quelli che camminano sul “red carpet” a gennaio. Un regista che possa cambiare qualcosa. Ovviamente in meglio. Ma che siano sogni, o che siano ambizioni, ora posso solo che mettermi alla prova con “opere” fatte in casa. Non pretendo di essere un portento, un genio precoce. So che ogni cosa vale il suo tempo. E’ inutile precorre quando non si ha la possibilità, per poi rischiare di fare un capitombolo che potrebbe mettere a rischio le proprie ambizioni. Comunque le chiacchiere stanno a zero. Ora mi trovo di nuovo sulla mia pagina di word, con il “segnapunto” lampeggiante, e mi accorgo solo ora che sono ben le dieci e mezzo: doccia time. Salvo il mio lavoro e mi preparo per docciarmi.

 

Una doccia lunga e rilassante, utile per mettere a fuoco ciò che è successo in questa giornata. Che mi possa tornare utile, non lo so. So soltanto che le previsioni non fanno per me.

  
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