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Autore: Miki89    18/10/2008    3 recensioni
Amber si sentiva stranamente combattuta: se una parte di lei le urlava di darsi una mossa e scappare da quel vicolo, l’altra la spingeva irragionevolmente ad andare avanti.
Stava quindi per fare un passo avanti, quando una voce la fece sobbalzare.
«Non penso sia una buona idea. Fossi in te, tornerei indietro.»
Sconcertata, Amber andò a fissare il giovane. Indubbiamente era stato lui a parlare, ma non sembrava essersi minimamente mosso.
Teneva ancora gli occhi chiusi, ma era come se fosse stato perfettamente a conoscenza di tutto ciò che Amber aveva appena fatto o intendesse fare. «Come scusa?»
Finalmente il giovane si mosse, puntando due occhi di un castano sorprendentemente chiaro su di lei. «Ho detto,» ripeté, scandendo bene la parole come se stesse parlando con una bambina di cinque anni. «che non è una buona idea. Credo proprio che dovresti tornare indietro.»
Cosa faresti se in una giornata di neve, vedessi all’improvviso uno sconosciuto talmente leggero da non lasciare impronte sulla neve? Lo ignoreresti? Oppure, proprio come fa Amber, potresti decide di seguirlo, e tentare così di scoprire chi possa essere… In questo caso, forse potresti dare un’occhiata e vedere come potrebbe andare a finire
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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16 Al White Horse Inn

16

Al White Horse Inn



Amber aprì gli occhi.
Tutto intorno a lei, l’oscurità regnava sovrana.
Con un sospiro, si girò su un fianco, avvolgendosi ben bene nelle coperte.
Non doveva essere ancora l’alba.
Meglio.
Aveva ancora un po’ di tempo per dormire prima di andare a scuola.


… un momento…
C’era qualcosa che non andava…
Qualcosa che le sfuggiva…
Nella sua mente i pensieri si accavallavano frenetici.
Aveva sognato.
Ricordava… ma capire quali immagini fossero ricordi e quali fossero frutto del sogno in quel momento sembrava un’impresa quasi impossibile.
Poi tutto fu chiaro.
L’ospedale. Maggie.
Alasteir… che non era Alasteir, ma Loxias!
L’Adhal.
Ma certo!
Alzandosi a sedere bruscamente, Amber si portò una mano al volto, conscia di quello che era successo.
Aveva permesso all’Adhal di arrivare ad Alfheim…!
Oh, dannazione! Come ho potuto…
No, un momento!
C’era ancora qualcosa d’insolito… fuori posto…
Amber ci pensò su per qualche secondo.
Si trovava ancora ad Alfheim, fin lì non ci pioveva.
Ma nei suoi ultimi ricordi, lei era sdraiata sul terreno gelato in balia di quella maledetta strega, e non in un comodo e caldo letto, per quanto sconosciuto…
Sto per impazzire!, pensò Amber portandosi una mano alla tempia con una smorfia. O forse sono già impazzita…
Forse…
 «Ah, finalmente ti sei svegliata. Stavo iniziando a preoccuparmi…»
Al suono di quella voce, Amber si voltò di scatto andando a fissare Ed, fermo sulla soglia della stanza.
 «Ed…»
Ma bene! La confusione aumentava ulteriormente.
 «Hai dormito parecchio. Come ti senti?» domandò il giovane, avanzando di qualche passo.
Fu come se non avesse parlato. Amber, ancora completamente stranita, non aveva prestato la minima attenzione alle sue parole. Stava ancora cercando di capirci qualcosa.
 «Dove siamo?»
 «A casa mia. E nella mia camera, per essere più precisi. Per non dire nel mio letto…»
Amber si guardò intorno.
Ah beh, quello avrebbe potuto capirlo da sola, se solo ci fosse stata attenta.
A parte il fatto che in quella stanza vi era pochissima luce – forse per la presenza di pesanti tendaggi che coprivano le molte finestre -, tutto l’arredamento rispecchiava pienamente l’atmosfera cupa che emanava l’intera casa, sia l’interno sia l’esterno.
Non si salvava neanche la libreria piena di volumi che copriva un’intera parete.
Per non parlare poi dell’enorme letto a baldacchino in cui lei si trovava, che da solo, rimandava almeno ad un paio di secoli addietro.
 «Ah.» nessun commento era possibile.
 «Allora, come ti senti?» domandò Ed una seconda volta.
 «Bene.» riuscì a rispondere lei, quasi a fatica, come se le parole non volessero uscire. «A parte un po’ di confusione… uh, per il resto mi sento abbastanza.. bene…»
C’era una domanda che premeva per uscire.
Sempre che lei avesse il coraggio di porla, ovviamente.
 «Ed…?»
 «Mh?»
 «Tu… sai cos’è.. successo.. non è vero?»
L’espressione del giovane si fece un po’ più cupa.
 «Sì. So che l’Adhal è riuscito ad arrivare ad Alfheim.»
Amber esalò un lungo respiro, stringendo le coperte.
 «Ed, mi dispiace.»
L’altro le lanciò una lunga occhiata.
«Lo so.»
Due parole. Nient’altro.
L’ultima goccia…
 …e il vaso non può fare altro che traboccare…
Amber scoppiò a ridere. A lungo. Senza gioia.
Una risata che la diceva lunga sul grado d’isteria raggiunto dalla ragazza.
Alzò il volto verso il compagno, un sorriso amaro sulle labbra.
 «“Lo so”. Tutto qua?!» la voce era sarcastica, furiosa. «Mi aspettavo di più da te, Ed. Dovresti essere arrabbiato! Dovresti avercela a morte con me!» il tono aumentava rapido. «Così non vale. Non voglio la tua compassione! Mostrami il tuo disprezzo! Vendicati!»
Ed la fissò, gli occhi spalancati per la sorpresa.
 «Questa è decisamente una crisi isterica in grande stile.»
Amber ricambiò lo sguardo, gli occhi fiammeggianti.
 «Smettila di dire sciocchezze. Cacciami da casa tua a calci piuttosto!»
 «Ti faresti male.»
 «Buttami di peso nel lago!»
 «No. Annegheresti sicuramente.»
 «Chiedi ad Alasteir di farmi il malocchio.»
 «Non lo farebbe mai!»
 «Affibbiami Karim fino alla fine dei miei giorni!»
 «Ne sei proprio sicura? Ti suicideresti prima.»
 «E allora organizza un incontro con delle mummie! Me lo merito!»
 «Le tue urla spaccherebbero di certo i miei timpani! No grazie.»
A quel punto Amber nascose la testa sotto il cuscino, senza più aggiungere una parola.
Un po’ come gli struzzi, per intenderci.
Solo che nascondere la testa sotto la sabbia non è mai stata la soluzione migliore…
 «E’ finito l’elenco?» domandò ad un certo punto Ed, un sopracciglio inarcato.
 «Vattene.»
La risposta della ragazza giunse soffocata. Ma dato il cuscino tenuto tenacemente sopra la testa, la cosa non era poi così strana.
Appurato che Amber non stava cercando di soffocarsi nella sua camera in un estremo tentativo di pagare per i suoi errori, Ed si rilassò un poco, appoggiandosi contro una delle colonne del letto.
 «E se non lo facessi?»
 «Puniscimi. Me lo merito.»
 «No.»
Da sotto il cuscino, Amber gli lanciò un’occhiata risentita.
 «E allora vai via. Magari Jack sarà arrabbiato sul serio…»
 «Si può sapere da dove arriva tutto questo masochismo?» chiese Ed, con un lieve sorriso accennato sulle labbra.
La ragazza ignorò la domanda.
 «Dovresti essere arrabbiato con me!» asserì con tono accusatorio.
Il giovane Controllore andò a sedersi su una poltrona accanto al letto.
 «Si dà il caso che non sono arrabbiato con te. Questo ti crea dei problemi?»
Nuova occhiata fulminante.
 «Sì, dannazione a te! E’ colpa mia, no?!»
 «Figuriamoci!» Ed prese un’aria di rimprovero. «Dovresti smetterla di incolparti di tutto quello che accade!»
Amber emise un suono derisorio. «Già, certo! Non è colpa mia! E di chi sarebbe? Tua, per caso?!»
 «Proprio così. È stata anche colpa mia.» ribatté l’altro, senza lasciarsi smontare dal tono sarcastico. «Quindi smettila.»
Amber cacciò di nuovo la testa sotto il cuscino, con un gemito.
 «Ci risiamo.» con un sospiro, Ed appoggiò una guancia sulla mano destra. «Si può sapere che hai? Ti ho già detto che non sono arrabbiato con te…»
 «Vattene.» voce soffocata dal cuscino.
 «Amber!»
 «Non voglio più parlare con te! Non sei affatto ragionevole.»
 «Vieni subito fuori da lì sotto!» Ed era combattuto tra esasperazione e divertimento. «Non è colpa tua.»
 «Ti stai arrampicando sugli specchi.» Amber non sembrava aver la minima intenzione di desistere.
 «Se è per quello anche tu.»
 «E dai.» c’era qualcosa nella sua voce che poteva essere benissimo disperazione o a scelta, isteria. «Non è normale che tu non ti sia arrabbiato…»
Appoggiandosi allo schienale della poltrona, Ed sospirò rassegnato.
 «Ci rinuncio…»
 «Si può sapere che cosa sono tutti questi schiamazzi?»
Entrando nella stanza, Jack lanciò all’indirizzo dell’amico uno sguardo interrogativo.
 «Jack, sei forse arrabbiato?» domandò Ed, con aria di chi pone la domanda così per caso.
 «Perché mai dovrei essere arrabbiato?» ribatté l’altro, inarcando un sopracciglio.
Ed scosse la testa. «Non va bene. Non hai risposto alla mia domanda. Sei arrabbiato, per caso? Dovresti sai…»
Da sotto il cuscino giunse la voce indignata di Amber.
 «Ed! Smettila subito. Non sei affatto spiritoso!»
 «Ah, ma io sono più serio che mai. Dicevo… Jack veramente, te lo dico col cuore, dovresti arrabbiarti…» continuò Ed, rivolgendosi ad un Jack sempre più allibito.
Abbassò la testa appena in tempo, evitando per un pelo il cuscino tiratogli da Amber.
 «Ti senti meglio ora?» domandò quindi, mentre la ragazza lo fulminava con lo sguardo, furente.
 «Voi due non siete normali!» esclamò Jack, ancora più sbalordito di prima.
 «Amber aveva solo bisogno di sfogarsi un po’.» spiegò Ed.
La ragazza lo ignorò, iniziando a far vagare lo sguardo tutto intorno a sé.
 «E perché mai?» chiese l’amico, sedendosi sull’angolo del letto.
 «Perché si sente in colpa, e quindi… AH! Aspetta un attimo Jack!» esclamò prima di lanciarsi in avanti sul letto per afferrare l’altro cuscino che Amber aveva adocchiato, precedendola di pochi attimi.
Si rialzò, sollevando il braccio in modo tale che il cuscino fosse al di fuori della portata della ragazza.
 «Edward Lionel Walker!!» dire che Amber era arrabbiata sarebbe stato un eufemismo. «Ridammelo subito!!»
 «Eh, no. Basta cuscini. Non puoi certo continuare a nasconderti all’infinito, vero?»
 «Sei insopportabile!» mettendosi a sedere, Amber incrociò braccia e gambe, lanciando all’indirizzo del Controllore occhiate assassine.
 «Non siete normali… non siete proprio normali…» quello era Jack, che aveva preso a scuotere la testa con aria rassegnata.
Ed non lo ascoltò, rimettendosi a sedere.
 «Dove eravamo rimasti? Ah, sì. Stavo dicendo che Amber si sente in colpa…»
 «In colpa per cosa?»
 «Per il fatto che l’Adhal è passato da questa parte, ovviamente.»
Jack corrugò la fronte.
 «Che assurdità!»
 «Vaglielo a spiegare. Io non ci sono ancora riuscito.»
 «E credi che io possa farcela, laddove tu hai fallito? Impossibile.» Jack stava facendo del sarcasmo, l’espressione divertita. «Devo forse ricordarti il tuo commento sull’infermiera?»
 «Non è il caso. Comunque hai ragione: con il caratterino che si ritrova, sarebbe un’impresa impossibile…»
L’esasperazione di Amber prese a crescere, aiutata dal sospetto che probabilmente quei due la stessero lievemente prendendo per… i fondelli. (non scivoliamo nel volgare.)
 «Ehi, voi due! Vi sembra il caso di perdersi in sciocchezze in questo modo?!» esclamò, richiamando la loro attenzione.
 «Non abbiamo nient’altro da fare, per il momento.» fece notare Jack, sdraiandosi sulla schiena, le braccia incrociate dietro la testa, come a sottolineare ulteriormente la sua affermazione.
Per un istante, Amber si chiese se avesse sentito bene.
 «Nient’altro da fare?! C’è un’Adhal in giro per Alfheim, e tu mi dici che non avete nient’altro da fare?!»
 «Abbiamo già avvertito il Consiglio. Per ora dobbiamo solo aspettare.» intervenne Ed.
 «Già.» confermò Jack. «Inoltre eravamo impegnati a preoccuparci per te, quindi non è propriamente esatto dire che non avevamo nulla da fare…»
 «Che Consiglio?» domandò Amber. «Un momento. Preoccupati? Perché eravate preoccupati?!» chiese subito dopo, voltandosi verso il giovane licantropo.
 «A quale domanda devo rispondere per prima?» chiese Ed, divertito, mentre Jack scuoteva la testa, incredulo di fronte al secondo interrogativo.
 «A quella che ti pare, basta che rispondi.»
 «Beh, il Consiglio è il Consiglio dei Controllori. Il Consiglio dei Sei. Coloro che sono a capo di Alfheim. E per rispondere anche alla tua seconda domanda,» continuò Ed, appena più rabbuiato. «diciamo che stavi dormendo da un po’… e non riuscivamo a svegliarti. Non era proprio un sonno naturale…»
Amber corrugò la fronte.
 «Quanto ho dormito, esattamente?»
 «Minuto più, minuto meno, intendi?» domandò Jack. «Oh, allora saranno state più o meno sei ore…»
 «Sei ore?!» Amber era sbigottita. «Quella maledetta stregaccia!!!»
Ed e Jack la fissarono, sorpresi.
 «Stregaccia?»
 «Già. Sapete com’è,» iniziò lei, ancora furiosa. «incontrando l’Adhal di persona, ho scoperto che è una donna…»
 «Noo!» Jack era a dir poco sbalordito. «L’Adhal… una donna?! Che roba! Non c’è più religione!»
Persino Ed non se l’era aspettata.
 «Non l’avrei mai detto.» commentò.
 «Figurati io…» borbottò Amber, ancora di malumore.
In quel momento comparve sulla soglia della stanza un ragazzo, non più vecchio di Ed e Jack, dall’aria preoccupata.
 «Edward, avrei bisogno di parlarti.» esordì, non appena gli altri tre si furono voltati verso di lui.
Il Controllore si alzò dalla poltrona.
 «Arrivo Peter.» disse, raggiungendo il giovane rimasto sulla porta.
 «Dunque quello sarebbe Peter…» osservò Amber, studiandolo con curiosità.
Il ragazzo aveva una corporatura esile, quasi minuta che faceva risaltare la sua zazzera di un castano tendente al ramato; due grandi occhi neri sbucavano da dietro un paio di occhiali dalla montatura rotonda e dorata.  
 «Precisamente.» rispose Jack, rimettendosi a sedere. «Il piccolo Pete è l’apprendista di Ed…»
 «Piccolo?» Amber lanciò al giovane un’occhiata di sbieco. «Ma se avrà a occhio e croce la tua stessa età!»
Jack si lasciò sfuggire un ghigno divertito.
 «Ma io lo dico con affetto!»
 «Sarà… a me non sembra proprio…» rispose lei, sorridendo suo malgrado.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre dall’altra parte della stanza Ed e Peter continuavano a parlare. Ad un certo punto, però Jack riprese la parola.
 «Sai prima, lui non ha risposto del tutto alla tua domanda.» esordì, l’aria non più divertita.
Quel lui era evidentemente riferito a Ed.
 «Quale domanda?»
 «Quella in cui ci hai chiesto perché eravamo preoccupati. Ha risposto solo in parte…»
Amber aggrottò la fronte, cercando di capire dove volesse arrivare l’altro.
 «E allora per quale motivo eravate preoccupati?»
 «Quando abbiamo attraversato il Portale, tutto era già stato ricoperto dalla neve. Non si vedeva altro che bianco. Per questo non siamo riusciti a scorgerti subito. E’ stato Ed a trovarti per primo. Non l’ho mai visto così pallido come in quel momento.» Jack parlava seriamente, senza più scherzare. «Credo che per qualche istante abbia pensato che fossi morta…»
 «Io ricordo solo di aver perso i sensi…» disse lei a mezza voce.
Jack si strinse nelle spalle.
 «Probabilmente l’Adhal pensava che sarebbe bastato. Se non fossimo arrivati noi, saresti di certo morta per assideramento. Eri quasi del tutto ricoperta di neve.»
 «Quell’arpia!!» esclamò Amber ad alta voce.
 «Non si può dire che non abbia fatto le cose per bene.» commentò il giovane, che stava recuperando il suo buonumore. «Se Ed non fosse stato in grado di individuare il neo Portale, l’avrebbe fatta franca. Abbiamo dovuto girare un bel po’ per trovarlo, comunque…»
 «Non elogiarla, Jack! Quella megera… se la ribecco…!»
 «Lei ti seppellisce di nuovo sotto un altro bel po’ di neve.» ribatté Jack allegramente. «A proposito! Sono curioso di sapere com’è. Non ho mai incontrato un’Adhal prima d’ora…»
 «L’apparenza inganna.» mugugnò Amber, di umore nero.
 «Ah. Quindi era bella.» dedusse l’altro con un sorriso.
 «Un pezzo di ghiaccio sarebbe stato di certo più emotivo!»
 «Che altro ti aspettavi da un Senz’anima? Avanti, com’era?»
 «Alta, bionda, pallida, occhi azzurri.» sospirò lei. «Soddisfatto?»
Jack ci pensò su.
 «Non più di tanto, in realtà: un vero spreco!» concluse, annuendo con convinzione, mentre Amber scoppiava a ridere senza riuscire a trattenersi.
In quel momento, Ed e Peter li raggiunsero, l’ultimo che si teneva appena più indietro.
 «Ehi, Jack!» iniziò il Controllore. «Hai voglia di fare un salto al White Horse
L’amico rispose con un sogghigno.
 «Che domande. Certo che sì!» balzò in piedi. «E’ da un po’ che non ci vado.»
Ed si accigliò.
 «Guarda che non ci stiamo andando per annegare i nostri dolori nell’alcool! Ti avverto in anticipo.»
Jack sospirò, affranto.
 «Lo sospettavo. Anche se data la situazione, una bella sbronza capiterebbe a puntino… oltretutto faremmo la felicità di Kathleen…»
Iniziando a spingerlo verso la porta, Ed fece segno agli altri due di seguirlo.
 «Kath ci perdonerà per questa volta. Anche se non penso che vederci tutti ubriachi sia la sua massima aspirazione.»
 «Questo lo dici tu!» ridacchiò Jack, scendendo giù dalle scale.
 «Già, già.» Ed accennò un sorriso. «In effetti vedere te ubriaco non è per nulla noioso. Comunque: mi stavo quasi dimenticando di fare le presentazioni.» così dicendo, si voltò verso gli ultimi due del gruppo. «Amber, Peter. Peter, Amber.»
Il giovane apprendista rivolse alla ragazza un mite sorriso.
 «Piacere di conoscerti.» disse, porgendole una mano. «Edward mi ha parlato di te.»
 «E in quali termini?» domandò lei, mentre il sorriso rivolto a Peter si trasformava in uno sguardo sospettoso in direzione del Controllore.
Dal pian terreno giunse la risata di Jack, mentre l’interessato nascondeva un sorrisetto divertito.
 «Oh, in termini sicuramente positivi…» iniziò Peter, stando al gioco. «… la maggior parte delle volte…»
 «Ci avrei scommesso!» esclamò la ragazza, con voce trionfante.
Ormai avevano raggiunto Jack nell’atrio.
 «Scommetto che quello che ti ha detto non è nulla in confronto a quello che ho sentito io, Pete.» affermò il giovane licantropo, con allegria. «Ah, aspetta. Te ne racconto una fantastica. È fresca, fresca di stamattina: riguarda un’infermiera…»
 «Jack!» Ed aveva aperto la porta. «Che ti avevo detto?!»
 «D’accordo, d’accordo. Sto zitto.» Jack uscì, seguito da Peter che stava cercando di non scoppiare a ridere.
 «Questa sì che è una buona idea!» approvò Ed.
 «Prima o poi la racconterà di certo.» ridacchiò Amber, seguendoli. «Quindi non credere di potertela cavare così a buon mercato…»
 «Speriamo di no.» rispose l’altro, tenendole la porta aperta mentre lei gli passava davanti. «E comunque ti tapperei le orecchie prima ancora che Jack possa dire anche una sola parola.»
Finalmente il quartetto si mise in marcia, seguendo il viale lastricato che portava al centro di Manor Chipping.
Amber prese a guardarsi intorno, incapace di nascondere la sua meraviglia.
La prima volta che era stata ad Alfheim, nel villaggio non aveva praticamente visto anima viva… eccettuato Etros, ovviamente.
Mentre per quanto riguardava la seconda visita, invece, Ed si era diretto così velocemente alla villa di Loxias, da non lasciare alla ragazza il tempo di vedere alcunché.
Ma ora, grazie al fatto che per una volta non si stava facendo tutto di corsa, Amber poté osservare le persone che affollavano la via.
La maggior parte – donne comprese – indossava abiti semplici e comodi, composti da pantaloni di tela, una casacca leggera e morbidi stivali di pelle; alcuni portavano anche un mantello dal colore indefinito, spesso segnato dalle intemperie.
In definitiva, si poteva affermare che loro quattro – anche Peter esibiva abiti tipici dell’altro mondo – risaltavano nella folla come un fiore in mezzo alla neve.
Immersa in quelle considerazioni, Amber si riscosse solo quando Jack prese la parola.
 «Avrei una domanda.» esordì quindi, rivolgendosi a Ed. «Se non hai intenzione di darti alla pazza gioia, si può sapere per quale motivo stiamo andando alla locanda?»
 «Domanda sensata.» commentò Amber.
 «Andiamo a caccia di informazioni.» rispose il Controllore, lanciando un’occhiata agli altri due.
Jack sembrò rifletterci sopra. «Ottima idea.»
 «Sono lusingato di avere la tua approvazione.» commentò l’altro con tono sarcastico.
 «L’Adhal sembra già essere entrato in azione.» intervenne Peter, come ulteriore spiegazione.
 «Non perde tempo.» convenne Jack.
 «Quella megera!» esclamò Amber, in una manifestazione plateale della sua irritazione.
Ed inarcò un sopracciglio.
 «Sei ancora dietro ad insultarla?»
 «Amber non la sopporta proprio.» intervenne Jack con aria allegra.
 «Non si era capito.» disse Peter, piegandosi giusto in tempo per evitare lo scappellotto che Jack aveva appena cercato di appioppargli.
Andando avanti più o meno in quel modo, i quattro giunsero in vista della loro destinazione.
Per raggiungere la locanda bisognava inoltrarsi in un dedalo di stradine che si snodavano in mezzo ad un gruppo di vecchie case dai tetti di paglia e le pareti in legno consumate dalle intemperie.
A quel punto le case si stringevano intorno alla piazza del mercato dove al centro si ergeva un modesto edificio con le travi scure a vista. Un’insegna di legno penzolava sopra la porta di quercia, con l’effigie di un cavallo bianco e un nome intagliato nel legno: White Horse Inn.
 «Molto pittoresco.» commentò Amber, osservandolo con attenzione.
 «Kathleen lo prenderebbe come un complimento.» disse Peter con un sorriso.
 «Beh, era un complimento.» precisò lei, seguendo Ed nel locale.
Era grande, pulito e poco affollato.
Probabilmente si sarebbe riempito al calare della sera.
Ora come ora, solo pochi avventori sedevano nella locanda, da soli o in gruppetti ammassati intorno ai tavoli in legno.
Il quartetto si diresse verso il bancone, dove una giovane donna dai crespi capelli rossi stava pulendo alcuni boccali con uno straccio.
Sentendoli arrivare, la ragazza alzò lo sguardo, puntando due occhi neri su di loro.  
 «Guarda chi si rivede!» esclamò con un sorriso. «Era da un po’ che non venivate. Come hai fatto a convincerli, Peter? Li hai trascinati di peso?»
 «Non ce n’è stato bisogno.» rispose il ragazzo, accomodandosi. «In realtà la proposta è partita da Edward.»
 «Sono qui per lavoro.» spiegò l’interessato, in risposta all’occhiata perplessa. «Quindi non sperare di guadagnare troppo a nostre spese. E ti tengo d’occhio, Jack!» concluse con tono di avvertimento, mentre l’altro borbottava un «Dannazione!».
 «Se sei qui per lavoro,» iniziò Kathleen, passando dai boccali al bancone di legno lucido. «significa che hai bisogno di qualcosa, dico bene?»
 «Precisamente. Sto cercando informazioni.»
La giovane inarcò le sopracciglia.
 «Che tipo di informazioni?»
 «Informazioni sul Senz’anima.» rispose Jack, ancora di cattivo umore, prima che Ed potesse aprire bocca.
 «Sembra che la discrezione non sia il tuo forte.» commentò Amber, mentre l’altro ridacchiava divertito, imitato da Peter.
Ignorandoli, Ed si rivolse alla locandiera.
 «Non mi sembri particolarmente sorpresa.» le fece notare.
 «Diciamo che sono stata moderatamente messa al corrente della situazione. A proposito, tu dovresti essere Amber.» disse, rivolta alla ragazza. «Vieni dal Portale, vero?»
 «Quanto hai parlato esattamente, Peter?» chiese Ed, il tono tagliente.
 «Solo un pochino.» fu la risposta dell’interessato, che aveva preso a fissare il soffitto con aria colpevole.
 «A quanto pare, tra cugini le confidenze non si risparmiano.» commentò Jack, mentre Ed alzava gli occhi al cielo, esasperato.
Amber scoccò ai due uno sguardo stupito.
 «Cugini?»
 «Di primo grado.» precisò Kathleen, il cui taglio degli occhi ora sembrava ad Amber decisamente simile a quello di Peter.
 «D’accordo, ora stiamo divagando!» intervenne Ed, cercando di riportare la conversazione all’argomento principale. «Informazioni, ricordate?!»
 «Giusto: notizie dell’Adhal.» ricordò Kath, mentre il sorriso svaniva. «Beh, per il momento le voci che hanno iniziato a circolare sono poche e vaghe…»
 «Che tipo di voci?»
 «Improvvise gelate in luoghi in cui di norma non si vede la neve se non per pochi giorni in inverno, inspiegabili fenomeni atmosferici, cose di questo genere. Ma come ti ho già detto, sono voci poco affidabili iniziate solo qualche ora fa.»
 «Per essere voci recenti, si spostano piuttosto in fretta.» commentò Jack, appoggiandosi al bancone.
 «Soprattutto se consideriamo che vengono da parecchi chilometri di distanza da qui.» aggiunse Peter.
 «Parecchi chilometri?» Amber era palesemente sorpresa. «Ma dove mi avete trovata?»
 «Non lo sappiamo con esattezza.» rispose Ed. «Il Portale che hai aperto non sembra seguire le regole… convenzionali. Eravamo in una zona al di fuori del mio controllo.»
 «Quello di cui possiamo essere sicuro, è che le informazioni in nostro possesso sono a dir poco scarse.» fece presente Peter. «Decisamente scarse. Il Consiglio non sarà soddisfatto…»
Kathleen assunse un’espressione pensosa.
 «Un modo per ottenere maggiori informazioni in realtà ci sarebbe. Ma non ti piacerà, Ed. Temo che dovrai tornare da Loxias…»
 «Gli hai raccontato anche quello, Peter?» chiese Ed, dando l’impressione di stare per mettersi a ringhiare, o quanto meno, per saltare addosso all’apprendista.
Dietro di lui, Jack era scosso da risatine silenziose.
Amber imprecò mentalmente.
Dannazione.
Se n’era completamente dimenticata.
Con tutto quello che le era successo, quel particolare le era sfuggito di mente.
Ora non restava altro da fare che decidere se fosse il caso di informare Ed proprio in quel momento, e da non dimenticare, in un luogo pubblico.
Comunque, aspettare non avrebbe di certo migliorato la situazione. Al contrario!
Tanto valeva farlo subito.
Via il dente, via il dolore.
Prese quindi coraggiosamente la parola.
 «Ecco… non credo sia il caso di coinvolgere ancora Loxias…» esordì, la voce incerta.
Quattro paia d’occhi si puntarono su di lei.
Accidenti!
Ed era accigliato, ma decisamente incline a seguire il suggerimento. La sua natura, tuttavia, gli imponeva di andare a fondo di qualsiasi questione.
 «Perché?»
 «Non ti ho ancora raccontato come sono andate di preciso le cose, vero?» domandò lei, nervosamente.
 «In effetti, no.» ammise l’altro, che stava iniziando a sospettare come qualcosa non andasse.
 «Prima però devi promettermi che, qualsiasi cosa ti dirò, manterrai la calma.»
Il giovane assunse un’espressione minacciosa.
 «Già dicendomi questo mi hai praticamente messo sul chi vive. Quindi ti conviene proseguire e dissipare i miei peggiori timori. Avanti.»
 «Non sei affatto rassicurante!» protestò lei.
 «Raramente Ed riesce ad essere rassicurante.» intervenne Jack, con l’aria di chi la sa lunga.
 «Soprattutto se gli si stanno per dare delle brutte notizie.» aggiunse Kathleen.
 «Inutile avvertirlo in anticipo. Di solito non serve a prevenire l’esplosione.» affermò Peter, annuendo saggiamente.
 «In questo caso, non posso garantire per l’incolumità del tuo locale, Kathleen.» dichiarò Amber, rivolgendosi alla donna.
L’altra sospirò
 «Dopo la distruzione della locanda ad opera di Peter, perfino una reazione di Ed riuscirà fare meno danni.» concluse, lanciando occhiate poco amichevoli all’interessato.
 «Se avete finito di parlare a vanvera,» intervenne Ed, al momento preda di un ripetuto tic al sopracciglio destro, indice di un elevato livello di stress. « potremmo anche cercare di andare avanti. Vero Amber?!»
 «Io ti ho avvertito.» borbottò lei. Poi prese un bel respiro. «Comunque, si può riassumere in breve che l’Adhal mi ha trovata solo perché sono stata raggirata.»
 «E’ inutile che me lo riassumi in breve. Così non capisco. E poi, sbaglio o saresti dovuta rimanere in ospedale fino al nostro arrivo?»
 «E’ una storia un po’ complicata.» rispose la ragazza, sulla difensiva.
 «Più complicata di tutto quello che abbiamo passato in questa settimana? Ne dubito.»
 «Questo lo dici tu: in ospedale ho incontrato un bambino, che definire bizzarro sarebbe riduttivo, che mi ha avvertito di come qualcuno mi stesse aspettando all’esterno dell’edificio. Sì, lo so che detto così sembra assurdo.» spiegò lei, vedendo che l’altro stava per parlare. «Ma è andata in questo modo. Pensando che foste tornati, sono uscita…»
 «Inutile dire che noi non c’eravamo.» intervenne Jack, nel tentativo di alleggerire l’atmosfera.
 «Già.» e ora si arrivava alla parte più difficile. «In effetti, fuori ho incontrato… Alasteir.»
Codarda, codarda, codarda!
Altro inutile tentativo di rimandare l’inevitabile.
Per la seconda volta, quattro paia d’occhi la inchiodarono sul posto.
 «Alasteir?!» Ed era a dir poco stupefatto.
 «O quello che credevo.» ribatté Amber, ancora più nervosa.
Ed strinse pericolosamente gli occhi.
 «Va avanti.»
 «Lui… mi ha detto che qualcuno aveva rubato le tue scorte e che probabilmente l’Adhal centrava qualcosa…»
 «Sapeva delle scorte?! Com’è possibile?!»
 «Ci sto arrivando, e non ti piacerà la risposta.»
 «Continui a dirmelo e io continuo a non capire.» sibilò l’altro di rimando.
 «E io continuo a temere la tua reazione. In ogni caso, sapeva delle scorte perché quello non era Alasteir.»
 «E allora chi era?» domandò il Controllore, al limite dell’esasperazione.
Amber deglutì appena.
 «Ricordi vero che ti ho fatto promettere di mantenere la calma?»
 «Non ho promesso niente. Vai avanti!»
 «Non va bene, sei già nervoso in partenza.»
 «Mi stai facendo innervosire tu! Chi era?!»
 «Ma…»
 «Amber!»
 «Si trattava di Loxias.» svelò Amber in un sussurro.
Il silenzio calò come un velo sul gruppetto.
Tre di loro parevano pietrificati dallo shock.
In quanto a Ed, sembrava che stesse per soffocare.
Il silenzio si protrasse talmente a lungo da far nascere nella mente di Amber una sfilza di pensieri tra i più disparati.
Accidentaccio! Lo sapevo che non avrei dovuto dirglielo così bruscamente.
In apparenza sembrerebbe cosciente… ma secondo me è svenuto. Lo shock deve averlo messo ko.
Speriamo di non doverlo rianimare!
E via discorrendo, andando avanti in questo modo per parecchi minuti…
Fortunatamente, Ed diede presto i primi segni di ripresa… o quanto meno parve uscire dal nero abisso nel quale era poco prima scivolato.
 «Tu… cosa? Che cosa…?!»
D’accordo: la riabilitazione sarebbe stata lunga e faticosa.
 «Hai capito quello che ti ho detto prima, vero Ed?» domandò Amber, fissandolo preoccupata. Il giovane non sembrava ancora nel pieno delle sue facoltà.
 «No.»
 «Ed! Fai uno sforzo, accidenti a te!»
 «No.» si stava rivelando decisamente cocciuto. «Tu stavi scherzando, vero?»
La ragazza cominciò ad irritarsi.
 «Ti sembra forse una cosa su cui potrei scherzare allegramente?!»
 «Potresti.»
Respira Amber, respira. Non devi picchiarlo, anche se lo vorresti con tutto il tuo cuore! È ancora chiaramente sconvolto. E anche gli altri tre non sembrano essere messi meglio…
 «Non stavo scherzando, Ed. E tu faresti bene a riprenderti in fretta: stai sragionando.»
L’altro le lanciò uno sguardo di fuoco. Stava tornando il vecchio Ed.
 «Io sragiono?! E quel maledetto allora cos’è? Pazzo?» secondo Amber stava ancora sragionando. «Loxias… E perché diavolo avrebbe dovuto farlo…»
Delirava, delirava.
 «Avevano fatto un patto, lui e l’Adhal.»
Quella frase parve sconvolgerlo più di tutto il resto messo insieme.
 «Un patto? Un patto?!»
E già a quel punto si stava tornando alla normalità.
 «L’esplosione arriva in ritardo?» domandò Amber, ironica.
Ed sbatté un pugno sul tavolo, reazione che la ragazza stava aspettando da un pezzo.
 «Amber! Non è il momento!»
 «Non dirlo a me!» ribatté lei, esasperata. «Fino a prova contraria stavo per rimetterci la pelle.»
 «Io lo uccido.»
Amber si bloccò, confusa.
Quella era una reazione del tutto inaspettata.
A quelle parole, Jack, immerso in uno stato catatonico fino a quel momento, parve tornare magicamente in sé.
 «Ottima idea! E data la situazione, non dovremo neanche prenderci il disturbo di inventare una scusa.»
 «Non scherzare!» gemette Amber.
 «Non sto affatto scherzando.» ribatté l’altro, indignato. «Sto aspettando questo momento da una vita. Per la precisione da quando ho incontrato Loxias per la prima volta.»
 «Sapevo che avresti approvato, Jack.» commentò Ed, con una calma terrificante.
Sembravano aver superato entrambi la soglia della sanità mentale.
È lo shock, continuava a ripetersi Amber, gli occhi sgranati.
 «Ed! Sii ragionevole!»
 «Non voglio essere ragionevole! Voglio trovarlo, picchiarlo e fargliela pagare!»
 «Ho sempre desiderato tirargli un pugno.» confessò Jack con aria sognante.
 «Non mi sembra il caso.» si affrettò a dire la ragazza.
La situazione aveva preso una piega inaspettata.
Ed prese di nuovo la parola.
 «Amber ha ragione. Non è necessario ricorrere alla violenza: basterà ucciderlo.» la cosa peggiore era che Ed sembrava assolutamente serio.
 «D’accordo! Lasciamo stare Loxias per un momento.» intervenne lei. «Perché non elabori un bel piano, Ed? Per risolvere la situazione. Ne abbiamo assolutamente bisogno.»
E nel frattempo ti terrà occupato, a Dio piacendo.
 «Ho già un piano.» rispose l’altro, guardandola come se fosse impazzita.
 «Davvero?»
Speriamo bene.
 «Il mio piano consiste nel trovare Loxias e spedirlo all’altro mondo.»
Dannazione.
 «Non mi sembra il caso.» ripeté Amber, scoraggiata.
 «L’omicidio è un ottimo piano.» affermò Jack, annuendo con convinzione.
 «Il migliore.» confermò Ed. «Semplice, rapido, pulito.»
Amber fece scorrere lo sguardo sui due, allibita.
 «L’omicidio non è mai stato semplice. E tanto meno pulito!»
 «Io so essere molto ordinato, quando voglio.» assicurò Jack volenteroso, cercando lo sguardo dell’amico.
 «Confermo.»
Amber si voltò verso Peter e Kathleen, che avevano seguito la conversazione con espressione vuota, in cerca di un qualche sostegno.
 «La notizia deve aver sconvolto Edward,» esordì Peter, riprendendosi a fatica. «ma Jack gli è andato dietro a ruota.»
 «Trattandosi di Loxias…» commentò Kathleen, l’aria preoccupata.
 «Ho come l’impressione di aver bisogno di una mano.» affermò Amber, guardando Ed e Jack ancora dediti alla progettazione di vari decessi tutti particolarmente cruenti e dolorosi.
 «Dubito che riusciremo a farli smettere.» borbottò Peter.
Kath si fermò a riflettere.
 «Un modo ci sarebbe, in realtà.»
Amber la fissò, speranzosa.
 «E in che cosa consiste?»
 «Birra a fiumi.»
Peter ci pensò su.
 «Non è un’idea poi così buona.»
 «Ha ragione.» concordò Amber. «Mi servono lucidi, non ubriachi marci.»
 «In questo caso abbiamo un problema.»
 «Uno solo?» gemette Amber, lanciandole un’occhiata disperata.
Kathleen prese a tamburellare le dita sul bancone.
 «Deve esserci un modo per riportarli alla sanità mentale! Almeno Ed. Su Jack non ripongo molte speranze. È così la maggior parte del tempo…»
 «Un bel paio di ceffoni?» domandò Amber, illuminandosi all’idea.
 «Una secchiata d’acqua gelata.» propose Peter, già pregustando l’evento.
 «Bocciati tutti e due i suggerimenti.» la locandiera sospirò. «Non siete di grande aiuto, sapete?»
 «No! La proposta di Peter andava bene!» protestò Amber. «Cosa c’è che non va in una bella doccia fredda per schiarirsi le idee?»
 «Una bronco-polmonite, forse?» ribatté Kath con aria innocente.
La ragazza si accigliò, imbronciata.
 «Io sono rimasta praticamente sommersa dalla neve per non so quanto tempo, e mai nessuno che se ne ricordi! Ti sembro forse ammalata?»
 «Potremmo asciugarli due secondi dopo averli inzuppati dalla testa ai piedi.» intervenne Peter, folgorato da un’illuminazione.
Kathleen assunse un’espressione dubbiosa. Iniziava a prendere in considerazione l’idea.
 «Potrebbe funzionare.» ammise. «Ma sei in grado di farlo?»
 «E’ semplicissimo. Basta uno schiocco delle dita.» rispose il cugino, gonfiandosi d’orgoglio.
Amber lo guardò, sorpresa.
 «Sei capace di praticare incantesimi?» domandò ammirata.
Peter si sgonfiò sotto i suoi occhi, arrossendo.
 «Solo quelli basilari.» confessò con un sorriso di scuse.
Kathleen batté una mano sul bancone.
 «L’importante è che tu sia in grado di realizzare questo. Un livello superiore non ci interessa, per il momento.» affermò, aspettando il cenno d’assenso dell’apprendista. «Bene, a questo punto ci serve solo un secchio.»
In pochi minuti, la giovane recuperò tutto l’occorrente, tornando dal retro della locanda con un secchio pieno d’acqua fino all’orlo.
 «Ci siamo. Speriamo che funzioni.» disse, facendo cenno ai pochi avventori di spostarsi di lato.
Ed e Jack, ignari di tutto e ancora intenti a confabulare tra loro, furono investiti all’improvviso da una secchiata d’acqua che li lasciò completamente fradici.
Amber scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi, seguita a ruota da Peter, il quale, piegato in due, aveva le lacrime agli occhi per il troppo sghignazzare.
I due annaffiati, dal canto loro, si erano finalmente zittiti e parevano troppo sconvolti per continuare la loro follia.
L’unica cosa che riuscivano a fare, per il momento, era fissare senza parole gli spettatori ancora impegnati a ridere.
La scena rimase la stessa per qualche minuto, finché un riluttante Peter venne convinto da Kathleen a eseguire l’incantesimo.
Ed e Jack tornarono asciutti.
 «Vi siete ripresi?» domandò Amber, ancora ridacchiando.
 «La doccia ha avuto il suo effetto.» ammise Ed, guardandola male.
 «Scommetto che l’idea è stata tua, Peter.» asserì Jack, che sembrava suo malgrado divertito.
 «Sorvoliamo.» intervenne Ed, che si era ripreso del tutto. «La situazione è grave. Non è mai successa prima d’ora una cosa del genere: un abitante di Alfheim ha tradito la sua stessa gente.»
 «Questo spiega molte cose.» fece notare Kathleen. «Soprattutto spiega come facesse Loxias a sapere delle tue scorte.»
 «Le ha rubate quel maledetto bastardo.» esclamò Jack, tirando un pugno sul tavolo.
 «Non credo che abbia molta importanza ora.» ribatté Peter, accigliato.
 «Dobbiamo piuttosto pensare alla prossima mossa.» disse Kathleen.
Amber annuì.
 «Già. Che facciamo adesso?»
Ed si voltò verso di lei.
 «Questa è proprio un’ottima domanda. Il problema è che non lo so.»



L L L



D’accordo: non farò mai più promesse, dato che non sono in grado di mantenerle.
L’importante è che io sia riuscita a portare a termine anche questo capitolo.
In assoluto il più lungo che io abbia mai scritto. Complimenti a me! ^.^
Mi sono divertita molto scrivendolo e spero che voi vi divertirete allo stesso modo quando lo leggerete.
Sarei potuta andare avanti ancora un bel po’, ma ho deciso di chiuderlo in questo modo, altrimenti sarebbe diventato troooppo lungo… l’ho già detto, la sintesi non è proprio il mio forte!
Spero di aver accontentato Shirahime88, con questo capitolo, dato che voleva conoscere la reazione di Ed. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi.
Ringraziamenti finali a chiunque mi segue e sopporta quindi i miei continui ritardi.
Alla prossima
  
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