Ahm.
Non
fate quelle facce. Lo so che è seccante, ma sono ancora qua. Di nuovo.
Vi
presento la seconda parte della mia raccolta su Naruto e Sasuke, che al momento
conta quattro parti ma promette di allargarsi mostruosamente. Le scene in
questione non sono propriamente collegate tra loro, salvo eccezioni (la tre e
la quattro, ad esempio), ma sono compartimenti che fanno parte di un unico,
ipotetico racconto che avrebbe luogo tempo dopo lo Shippuuden.
La precedente, mattina, li vedeva
intorno ai ventitre anni di età, questa direi un annetto dopo, ma non
è importante.
Vorrei
ringraziare in particolare krikka86,
che mi ha suggerito di andare avanti a scrivere proprio mentre mi stavo domandando
se farlo o meno, e mi ha spronata.
Se
vi va, se non vi è troppo disturbo, vorrei sapere cosa ne pensate. Soprattutto
le critiche, i suggerimenti per la resa dei personaggi e anche le stangate, se
ritenete di doverne fare.
Le
accoglierò come se fossero mazzi di rose.
Buona
lettura
suni
Konoha,
pomeriggio
A
volte le ore dei tanti pomeriggi liberi sono lunghe da far trascorrere. Quando
il sole è l’alto nel cielo e l’aria, pigra, risuona di voci
indolenti e passi provenienti dalla strada, per un tempo che sembra
immensamente lungo, l’apatia la fa da padrona.
Sasuke
va sotto il porticato, allora. Nella quiete del cortile interno di casa Uchiha,
dove i suoni giungono lontani e ovattati, si lascia scivolare addosso le ore
studiando i volumi sui jutsu, finché la testa
non comincia a fargli male e lo sguardo gli si offusca, stanco. Allora si
allunga sulla panchina che ha sistemato accanto al ciliegio e sonnecchia,
riposando gli occhi, quegli occhi annebbiati da un offuscamento che non
è malattia, non ha cure né rimedi ma soltanto argini per arrestare
la degenerazione.
Sono
quegli occhi a portarlo a trascorrere troppe delle sue giornate lì,
lontano dal quartier generale. Perché non può quasi combattere,
Sasuke, non può usare lo sharingan: potrebbe perdere definitivamente la
vista per un qualunque sforzo. È un jonin senza incarichi, se non quelli
più semplici e pacifici di incontri tra delegazioni alleate.
Potrebbe
essere lo shinobi più forte di Konoha, magari potrebbe persino tornare a
battere Naruto; potrebbe, forse, se le pupille non lo tradissero. Ma ha dovuto
dire addio a quelle ambizioni quando il combattimento con Kyuubi gli ha quasi distrutto
gli occhi, a monito dell’errore di spingersi troppo oltre i limiti.
Se
n’è fatto una ragione con insolita pacatezza: del resto tra i suoi
è stato pur sempre il più fortunato, è l’unico
ancora vivo. Comunque non aveva più bisogno di proiettarsi oltre: aveva
già combattuto la sua guerra personale per la vendetta, aveva portato a
termine i piani dell’infanzia. Per il resto, nelle ore in cui gli occhi
lo reggono – quelle centrali della giornata, quando la luce naturale
è più forte - studia i jutsu, avendo
inaspettatamente ereditato da Orochimaru quella spiccata passione per
l’apprendimento del maggior numero possibile di tecniche.
Spesso
Sakura lo aiuta. E’ sempre stata una studentessa appassionata e una
teorica sapiente e a volte arriva, nel dopopranzo, con qualche volume raro da
sottoporgli. Hanno trovato lì un vero punto d’incontro, quello che
non avevano da bambini. Ma i loro non sono colloqui molto frequenti
perché Sasuke sa che Sakura, nonostante sia pienamente a conoscenza, da tempo,
della vera natura del rapporto tra lui e Naruto, non ha mai cessato di
guardarlo come lo guardava dieci anni fa, nonostante i tanti tentativi di
spegnere in lei una passione che non sarà mai ricambiata.
Altre
volte, invece, è proprio Naruto a passare di lì: arriva come un
uragano annunciando di avere una mezz’ora libera e comincia a far
chiasso, nella sua tipica maniera. Si porta dietro luci e colori, risate
irrefrenabili e spumeggianti. La sua testa bionda e i suoi incredibili occhi
azzurri – quelli, soprattutto, essendo diversi da tutti gli altri –
sono la cosa che Sasuke vede meglio.
Non ha senso, forse, ma non è che possa farci molto.
Può
giusto mantenere un certo distacco nel rapportarsi col compagno, senza
rinunciare al contegno. Perché non è facile, per un uomo con il
suo carattere, ammettere di dipendere così chiaramente da qualcuno.
Anche lì, sdraiato sulla panca nel silenzio del cortile, con gli occhi
chiusi e le gambe allungate, Sasuke sa di stare soltanto aspettando Naruto; e
forse è la giusta punizione per essersi fatto aspettare per anni, a sua
volta, mentre inseguiva una vendetta confusa e senza senso.
Aggrotta
la fronte, abbandonando i suoi pensieri a se stessi. Come se ci fosse stato un
ritmo concordato, in quel momento sente la serratura scattare e socchiude gli
occhi, come un gatto. Poi ci sono passi saltellanti, energici, e la cascata
della voce squillante di Naruto.
“Teme!
Dove sei?”
Non
ha nemmeno finito di parlare che già spunta dall’accesso al
cortile, ingabbiato nella sua divisa da ANBU e sorridente, individuandolo a
colpo sicuro nel suo pigro sonnecchiare.
“Non
ci credo! Sas’ke, stai di nuovo ronfando,” commenta sgranando gli
occhi, prima di fare una smorfia di scherno. “Di questo passo diventerai
grasso come un porcello,” aggiunge sogghignando.
Lui
alza appena un palpebra, scoccandogli un’occhiata altera mentre lui si libera
della corazza leggera, che getta in un angolo.
“Almeno
io non mi sfondo di ramen ogni santo giorno, idiota,” commenta Sasuke
laconico, arricciando le labbra. Sbuffa, condiscendente, e si volta dandogli la
schiena. Deve aspettare solo una manciata di secondi prima di sentire il
respiro del jinchuuriki contro il proprio collo e poi la sua bocca sfiorargli
un orecchio. Trattiene un sorriso, piegando leggermente il collo verso di lui.
“Ho
un po’ di tempo per fare pranzo,” sussurra Naruto, “e ho una
fame enorme! Tu hai già mangiato?” chiede supplice.
No,
non ha mangiato, come sempre, anche se è già pomeriggio
inoltrato. Lo ha aspettato, lo fa quasi tutti i giorni.
“Sì,
ho mangiato,” risponde freddamente, senza ancora aprire gli occhi.
“Ma magari mangio di nuovo.”
“…Come
un porcello…” canticchia Naruto tra sé, raddrizzandosi.
“Faccio una corsa al chiosco a prendere del ramen.”
Sparisce
rapido com’è arrivato, lasciandosi alle spalle un silenzio che non
è più quiete ma vuoto. Sasuke si alza, entra in casa e mette in
tavola due bicchieri e una brocca dell’acqua; lo fa ogni volta. Si siede
a tavola e aspetta per qualche altro minuto, rilassato, in un iter che si ripete
giorno per giorno.
Quest’esistenza
serena, fatta di piccole consuetudini, è una pace che non si aspettava
di poter ottenere e che ha trovato in Naruto. Nel vuoto succeduto alla guerra
dell’Akatsuki, quando la sua vita si è trovata d’improvviso
senza un senso come un macabro relitto, il jinchuuriki è stato il suo
solo contatto con la realtà e quel legame profondo e incancellabile, che
tanto a lungo lui aveva disprezzato e negato, si è rivelato
l’appiglio indispensabile a rialzarsi e l’unico significato individuabile
nel proprio esistere.
“Ne
ho prese tre porzioni,” urla Naruto dall’ingresso,
“perché ho un po’ fame.”
“Chi
sarebbe il porcello, dobe?” risponde lui con
scherno, mentre l’altro compare sorridendo.
“Bada
a quel che dici, teme,” ribatte solenne, raddrizzando il busto.
“E’ con il futuro Rokudaime Hokage di
Konoha che parli,” fa, pomposo, prima di sedersi di schianto e gettarsi
sul suo spuntino.
Sasuke
sbuffa piano, imitandolo in silenzio. È così che mangiano,
lanciandosi di tanto in tanto qualche sguardo che forse non ha un preciso
contenuto, è solo un bisogno di guardarsi spontaneo, persistente. In
questi momenti più che mai Sasuke vorrebbe che i suoi occhi captassero
ancora ogni sfumatura e ogni infinitesimale dettaglio, per poter cogliere tutte
le microscopiche caratteristiche del viso che ha davanti, anche più del
normale.
“Oggi
Sakura mi ha picchiato di nuovo,” annuncia Naruto, ridacchiando.
“Ha
sicuramente fatto bene,” commenta Sasuke con disinteresse.
“Non
sai nemmeno com’è andata!” protesta Naruto inalberando
un’aria offesa.
“Non
ne ho bisogno, idiota,” lo riprende Sasuke con fare superiore.
“Comunque si siano svolti i fatti, aveva ragione a dartele.”
Naruto
si infila nelle fauci un altro sproporzionato boccone, scrutandolo torvo.
“Adesso
ti rompo la testa,” minaccia aggressivo.
“Provaci,
dobe” replica Sasuke con sfida, sorridendo
dentro di sé.
Naruto
assottiglia gli occhi, scrutandolo minaccioso con una smorfia malevola. Allunga
di scatto il braccio sopra il tavolo e lo afferra per il bavero della casacca,
tirandolo verso di sé. Sasuke non fa nemmeno in tempo a prendere fiato
prima che le labbra dell’altro si incollino alle sue, con urgenza.
Protende la testa in avanti e allunga la mano a sfiorare il contorno del viso
di Naruto.
“Sei
odioso, teme,” mormora poi il jinchuuriki, allontanandosi d’un
soffio.
Sasuke
storce il naso, scettico, facendosi sfuggire un sorriso canzonatorio.
“Potevi
fare a meno di inseguirmi per anni, allora,” osserva sostenuto.
Naruto
lo fissa ostile, solleva la testa e la volta, offeso.
“L’ho
fatto solo perché avevo promesso a Sakura che ti avrei riportato
indietro,” illustra con stizza.
Sasuke
lo guarda con indulgenza, sospira tra sé.
“Come
no…”
Naruto
svuota la ciotola con un’ultima zappata
decisa, ignorandolo volutamente.
“Domani
vado in missione a Suna,” annuncia allegro,
presumibilmente per l’idea di vedere Gaara. “Starò
via tutta la settimana.”
“Oh,
grazie,” bofonchia Sasuke, ingoiando un sorso d’acqua. “Qualche
giorno di pace, finalmente.”
Non
lo pensa affatto, anzi. E anche Naruto lo sa: lui ci ha anche provato, a
convincerlo che di lui non gliene frega un accidente, ma non deve essere stato
abbastanza convincente. O, più che altro, Naruto ha la testa dura come
il marmo, e per fortuna.
Il
jinchuuriki lo guarda imbronciato, mimando un ringhio con i denti.
“Stai
dicendo che ti do fastidio, teme?” domanda bellicoso.
Sasuke
distende la fronte in un’espressione di sublime indifferenza.
“Credevo
di avertene parlato, quella notte alla cascata. E quando sei venuto a cercarmi
nel covo di Orochimaru. E quando…”
“Vai
a cagare, Sas’ke,” lo zittisce Naruto, con scintille di rabbia
negli occhi aggrottati. Ma non ce la fa a mantenere la mascherata, gli sfugge
una risata come un rantolo e poi sghignazza.
Sasuke
dovrebbe per lo meno irritarsi per quel suo palese e sfacciato ridergli in
faccia. Dovrebbe, se non fosse un’immagine tanto piacevole da guardare. Perché
alla fine una cosa che ha capito – se mai ha capito qualcosa,
eventualità sulla quale, con il passare del tempo e l’allungarsi
dell’elenco di errori di valutazione che ha commesso, comincia a nutrire
qualche dubbio – è che ci sono poche cose che contano davvero
nella vita. Quasi nessuna è una questione di principio; sono le piccole
cose a fare la differenza. La risata di Naruto, che piega la testa e gonfia le
guance come palloncini, è la prima della lista.
“Hai
finito di fare l’idiota, sì?” lo apostrofa acrimonioso.
Il
jinchuuriki gli lancia contro una bacchetta, ancora ridacchiando.
“Sei
tu l’idiota,” replica con una specie di pernacchia.
Sasuke
resta impassibile, poggiando i gomiti sul tavolo e portando le mani incrociate
davanti al mento.
“Teoria
interessante,” commenta truce. Naruto sogghigna, stringendosi nelle
spalle.
“Comunque,
sarò a Suna per almeno sette o otto giorni,
tra viaggio e permanenza. Con Shikamaru, Neji e Lee,”
continua imperturbabile.
“Ti
ho chiesto precisazioni?” ribatte Sasuke annoiato.
Naruto
sbuffa rumorosamente, spostando la sedia per alzarsi.
“Che
musone insopportabile,” strepita indignato. “Me ne vado.”
Non
fa nemmeno un passo: Sasuke sta al gioco, gli è addosso in un secondo e
lo blocca, circondandolo in un abbraccio deciso. E lo scemo ghigna soddisfatto,
piegando la testa perché lui possa affondare il viso nel suo collo. Sasuke
gli strofina contro le labbra, con la gentilezza che riserva unicamente a
Naruto.
“Stasera
dormi qui?” sussurra contro il suo orecchio.
“Ci
penserò su,” borbotta Naruto, beato. “Adesso però
devo andare davvero, non solo perché sei antipatico,” puntualizza,
poggiando le mani sulle sue, che lo stanno ancora intrappolando. Non le sposta,
anzi le stringe leggermente e storce indietro la testa, fino a riuscire a
raggiungere le sue labbra con impeto. È forse è tutto quel
trasporto che mette in quel che fa, e nel loro rapporto in particolare, che l’ha
contagiato come una malattia. Sasuke non ne ha idea, ha anche smesso di
chiederselo. Perciò si limita a accoglierlo, socchiude le labbra e fa
scorrere la mano intorno al suo fianco, per invitarlo a voltarsi. E quando
Naruto lo fa e gli si spinge contro, afferrandosi alla sua schiena, lui gli
cinge il volto con entrambe le mani e lo allontana leggermente, guardandolo con
un mezzo sorriso.
“Allora
devi andare subito?” mormora serio.
“Tra…poco,”
esala Naruto con malizia, poi lo spintona verso la panchina.
Che,
anche se non è particolarmente comoda, è ormai abituata a momenti
del genere.
nemesi06: grazie. Non so se quest’altra e le prossime
ti possano piacere altrettanto, ma me lo auguro. Bye
ryanforever: …in effetti è melassosa
questa venerazione da parte di Naruto, ma che vuoi farci…è canon.^__^
krikka86: wow! Stavo appunto pensando all’idea di
continuare con i momenti della giornata, e quando ho visto che lo suggerivi
anche tu mi sono detta che è un segno del destino. Speriamo bene ^__^. Per
i titoli ho fatto esattamente come dicevi, mo’ vediamo che ne esce. Grazie.
retsu89: ahm,
non esagerare… hehe. Grazie. Dubito che il
manga possa davvero finire così, ma noi sappiamo che è la
verità. Sìsì.