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Autore: General_Winter    26/10/2014    1 recensioni
[Storia di un serio marine alle prese con la sua famiglia non molto seria ]
Dal testo:
Akainu porta le mani nel fascio di luce e si toglie i guanti di pelle. Le osserva.
Forti, ma non mostrano le morti che hanno causato. Non si vede il sangue con cui si sono sporcate. E anche se si vedesse, lui non ci farebbe nemmeno caso.
Ciò che veramente ha attirato la sua attenzione è il fioco luccichìo su una falange della mano sinistra.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akainu, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mercoledì, sera ( Capitolo di una visita ad un vecchio amico )





Il cielo si era fatto aranciato da circa un’ora e nuvole bianche, tendenti al grigio chiaro, lo attraversano, dirigendosi all’orizzonte.

Akainu le guarda come se fossero la cosa più interessante del mondo, ma in realtà sta solo pensando ad una scusa per evitare quella fastidiosa presenza femminile che si era appostata dietro di lui da almeno dieci minuti e non si era ancora mossa.

Tetsuya sospira – Da chi andrai, questa sera? Non puoi continuare ad ignorare tuo figlio e tuo fratello – gli fa notare, severa.

Il marito sbuffa – Non li sto ignorando … sto solo cercando di prendere tempo: quella che avrò con loro sarà una guerra, non un dialogo – dice serio, osservando il mare che ha assunto la stessa colorazione del cielo.

La donna si avvicina a lui, affiancandolo, mentre si asciuga le mani con uno strofinaccio. Era toccato a lei sola sparecchiare quella sera, ma per sua fortuna era stata una cena relativamente tranquilla, considerata la famiglia.

Lei prende la parola – Non immaginavo che il guerrafondaio grand’ammiraglio della Marina militare fosse così spaventato da suo fratello e suo figlio … che poi non ho ancora ben capito cosa vi siete fatti, potresti spiegarmelo? – dice con fare innocente, come se fosse una bambina.

Un singolo istante di panico scuote il grand’ammiraglio, ma non lo dà minimamente a vedere: Tetsuya non dovrà mai sapere nulla – Niente di che: solo una piccola … ah … incomprensione – fa vago.

La moglie lo guarda con sospetto. Sembra intenzionata a chiedergli altro, ma Akainu l’abbandona lì con le sue parole non dette. Tetsuya, sorpresa, si volta e gli pone un’altra domanda – E ora dove vai? –

Sakazuki sospira seccato – Da gli unici componenti di questa famiglia che non controbatteranno mai le mie affermazioni – dice, annoiato dalla curiosità della donna.

Lei capisce al volo e sbuffa. In quel momento si accorge della presenza che li aveva osservati dall’inizio della piccola disputa: Tsuki, nel suo vestito candido quanto lei, guarda la madre con gli occhi celesti sgranati.

- Mamma, cosa intendeva Sakazuki-san? E dove sta andando? – domanda incuriosita. Tetsuya si appoggia le mani suoi fianchi, osservando la schiena del marito allontanarsi. Poi si rivolge alla piccola di casa – Nulla, tesoro, non intendeva nulla e sta solo andando a farsi un giro – mente.

La bambina si volta verso il padre, che si sta allontanando sempre di più – Vado con lui – afferma sicura e fa per inseguirlo.

A quelle parole, Tetsuya si allarma e afferra per un braccio la piccola, che stava già correndo in direzione del marine – NO! – le urla la madre, spaventandola. La donna si accorge della paura negli occhi della figlia e addolcisce subito il tono – Non andare con lui – conclude.
Tsuki la guarda perplessa – Perché? –
Tetsuya si spazientisce – Perché te lo sto dicendo io – le ordina seria.

Intanto Akainu si avvia lentamente verso la montagna dietro la casa della sua famiglia. La mezza montagna, si corregge mentalmente, ricordando il casino che aveva combinato Nakamura qualche giorno prima.

Mentre cammina per gli alberi del bosco, alcuni ricordi si accavallano nella sua mente, al pensiero di chi sta andando ad incontrare. Un ghigno, molto simile ad un sorriso, gli attraversa il volto per un attimo.

La strada si trasforma in una salita, facendosi sempre più ripida e dissestata.

Lentamente, la stradina si allarga e lascia spazio ad una piccola radura. L’erba alta era accarezzata dalla lieve brezza che si leva nella sera.

L’attenzione del marine è catturata da una costruzione in pietra bianca che, da distante, può sembrare un altare, ma la grossa croce sopra esso non lascia nessun tipo di dubbio: è una tomba. Il marmo di cui è composta risplende della luce aranciata del tramonto che sta per concludersi, lasciando spazio ad una notte che si prospetta serena.

Si avvicina alla candida struttura. Un prisma di pura roccia dove, sul davanti, sono incise elegantemente sei sole lettere: Yoichi.

Le erbacce selvatiche hanno avvolto la base di marmo, dando un’aria trascurata alla lapide. Cosa effettivamente vera: nessuno si reca a far visita ad una sterile tomba che nemmeno conserva il corpo della ragazza, in quanto questo era andato bruciato prima che potesse salvarlo. Nemmeno Keisuke va da lei, ma non sa se per codardia o rimorso.

Sbuffa, Akainu, quando altri ricordi tornano a galla da i meandri della sua mente.

All’improvviso, si porta il pollice e il medio della mano destra alla bocca, per poi emettere un acuto e sonoro fischio.
Attende, anche se sa che potrebbe farlo anche invano: non sempre è nei paraggi, pronto a rispondere alla sua chiamata.

Ma, stavolta, sembra avere fortuna: l’unico in quella famiglia che sembra ascoltarlo e non aver nulla da ridire si avvicina con calma.
Ogni suo passo è ben ponderato, fatto lentamente, come se non avesse alcuna fretta di raggiungere il marine, anche se sono anni che non lo vede.
Quando lo raggiunge lo squadra, dal basso verso l’alto, con i suoi profondi occhi scuri. Poi si issa sulle zampe posteriori per appoggiare quelle anteriori su una gamba del grand’ammiraglio.

Sospira divertito, Akainu, per cominciare a dare pacche sul corpo robusto del cane – Ne è passato di tempo eh, Kazan? –

Kazan: il grosso doberman che ora guaisce sotto le carezze del suo padrone. A detta di Sakazuki, l’unico membro di quella famiglia che non ribatte ogni sua affermazione, anche se non può farlo per ovvi motivi.

All’improvviso, il cane si mette in guardia e assume una posizione di punta, come se stia per avventarsi su una preda.
E Akainu si domanda come ha fatto a non accorgersi di chi lo stava seguendo. Semplicemente l’aveva ignorata perché non rappresentava una minaccia per lui.

Il grand’ammiraglio riesce a trattenere il cane per il guinzaglio di pelle nera appena in tempo perché questo non faccia un balzo e si avventi sulla piccola vittima, che in quel momento esce dal suo nascondiglio dietro il tronco.

Tsuki cade a terra per la paura e continua a fissare terrorizzata il mastino che ancora le ringhia e le abbaia contro, mostrando gli affilati canini grondanti di bava.

Sakazuki guarda senza alcuna emozione in volto la figlia: aveva sentito chiaramente la moglie che impediva a sua figlia di seguirlo – Tua madre non ti aveva detto di aspettare a casa? – domanda, serio. Odia chi non obbedisce agli ordini, anche se questo qualcuno è la sua figlia più piccola.

La bambina si alza, ignorando i pensieri del marine, e si sbatte via, con le mani, la polvere da gambe e vestito. Poi alza il volto a guardare Kazan, che nel frattempo si è un po’ calmato (ma continuando a ringhiare), ancora trattenuto dal padrone per il collare.

Tsuki guarda il cane, ancora visibilmente intimorita – Sì, l’aveva detto, ma in quel momento non avevo voglia di ascoltarla. Ero troppo curiosa di sapere dove andavi – conclude la ragazzina, guardandolo negli occhi con una punta di ammirazione.

Akainu sbuffa: non sopportava i curiosi – Lo sai che la curiosità uccise il gatto? – le fa notare.

La piccola sorride furbetta – È stato il cane ad ucciderlo? – chiede ironica. Il padre la guarda impassibile, ma un ghigno comincia poi a farsi strada sul suo volto: lei
aveva irrimediabilmente acquisito il sottile sarcasmo di Tetsuya, quello che lui stesso all’inizio aveva odiato così tanto, per poi arrivare ad amarlo.

Il grand’ammiraglio dà un paio di pacche sul dorso del cane, che sembra rilassarsi.

Tsuki sembra prendere coraggio. Con uno scatto deciso allunga la mano verso il muso del cane. Sakazuki la osserva impassibile – Ti può mordere – dice atono. La ragazzina non distoglie lo sguardo dal doberman – E tu glielo permetteresti? – domanda, candida.

Kazan osserva la mano di bimba tesa di fronte al suo muso. La guarda spaesato un attimo, prima di avvicinare lentamente la bocca alle dita affusolate, per poi leccarle fin troppo delicatamente per un cane di quella stazza e quell’indole fin troppo aggressiva.

Tsuki fa un sospiro liberatorio – Visto? Non era così difficile. Non ho avuto nemmeno paura – dice, chiaramente falsa e malandrina.

Il marine sbuffa divertito, prima di dirigersi di nuovo verso la tomba della sorella, mentre la figlia più piccola lo segue, tempestandolo di domande, come se stesse eseguendo un interrogatorio e lui le risponde senza alcuna particolare sfumatura nella voce. Semplicemente atono, concentrato su quelle sei lettere incise nel marmo.
– È suo questo cane? –
- Sì –
- Da quanto ce l’ha? –
- Qualche anno –
- Come sopravvive? –
- Non ne ho idea. Lo fa e basta –
- Perché non lo fa vivere giù con mia mamma? –
- Perché Nakamura non lo sopporta – risponde ancora, anche se visibilmente irritato dalle domande incessanti dettate dalla logorrea della figlia, fin troppo simile a quella di Keisuke.

All’ennesima domanda della bambina perde un attimo la calma, per poi ritrovarla subito – TSUKI … per favore – urla, per poi abbassare la voce.
La ragazzina si spaventa un attimo, prima di osservare la costruzione che si trova dietro al marine, sgranando gli occhi come se la ci abbia fatto caso solo in quel momento – E questa cos’è? – chiede ancora, petulante. Akainu non risponde e Tsuki comincia a fare filmini mentali su a chi può appartenere quella lapide – Ah, credo di aver capito … è la sua fidanzata? – domanda infine.

Il grand’ammiraglio si volta impassibile verso la figlia – Tsuki, tua madre non ti ha insegnato che a volte è meglio stare in silenzio per non disturbare gli altri? – chiede, ormai altamente infastidito dalle domande dell’undicenne.

La bambina capisce l’antifona. Chiude la bocca e si siede al fianco dell’uomo, mentre tira fuori un block notes e un astuccio di cuoio, sotto lo sguardo incuriosito di Kazan, che ormai l’ha presa in simpatia.

Sakazuki ringrazia mentalmente per il silenzio. L’unico rumore che si sente infatti, oltre al fruscio del vento, è lo scribacchiare di Tsuki sulla carta.

Dopo qualche minuto, un sussurro squarcia l’aria immobile – Crea – dice Tsuki.
Un’enorme ghirlanda di fiori chiari si appoggia contro il marmo della lapide. La ragazzina si china ancora e comincia a strappare le erbacce che deturpano il chiarore della tomba.

Quando finisce, si sfrega le mani e si rivolge al marine – Molto meglio, non trova, Sakazuki-san? – chiede.
Akainu sospira – Sì, così va meglio –
Tsuki sbadiglia – Sono molto stanca, ora – afferma, strofinandosi gli occhi con le mani – Allora andiamo a casa – fa atono il grand’ammiraglio. In quel momento la figlia arrossisce. Sembra sul punto di chiedere qualcosa, ma si trattiene. Poi domanda imbarazzata – Sakazuki-san, mi può portare a casa lei? –

Sakazuki sospira ancora, questa volta rassegnato, e si china per prendere in braccio la figlia. Solo in quel momento realizza che è qualcosa che non ha mai fatto. Non ha mai trascorso abbastanza tempo con lei, o con un altro dei suoi figli. Forse, l’unica volta che l’ha fatto è stata quando è nato il suo primo erede, Sakuya. Già lo vedeva, forte e fiero quanto lui, dedito ai suoi ideali di giustizia. È stato troppo tempo distante da casa e la sua speranza è andata sfumando ogni secondo trascorso lontano da suo figlio.

La bambina, nel frattempo, appoggia la testa alla spalla del padre e chiude gli occhi, pronta a riposare. Il marine comincia ad incamminarsi, girandosi però verso la tomba della sorella e il cane, rimasto in piedi immobile poco distante dalla lapide.

Sospira un'ennesima volta, Akainu – Ora hai anche qualcun altro da proteggere – fa, rivolto al cane, che si era sdraiato di fronte alla lapide di Yoichi, ma aveva mantenuto comunque la testa ritta, in posizione di guardia. Sakazuki è sicuro che Kazan gli è fedele. Uno dei pochi ad esserlo realmente.

Tetsuya non dice nulla, guarda e basta. Osserva attentamente il marito mentre depone un’addormentata Tsuki nel suo letto e se ne torna lentamente al divano, dove è confinato per la terza notte.

 


ANGOLO AUTRICI:
Lupus: non dico nulla riguardo al capitolo e al ritardo … chiedo venia, per chi mi ha aspettato pazientemente, se qualcuno c’è stato, ma il mio computer ha avuto problemi che hanno richiesto parecchio tempo per la soluzione. Spero di non aver forzato troppo le cose per aver voluto aggiungere un cane, ma Leo mi ha messo la pulce nell’orecchio e io non ho resistito: insomma, il grand’ammiraglio Cane Rosso non può non avere un cane. Con questo chiudo.
Al prossimo capitolo, che giuro, arriverà il prima possibile.
Baci, Lupus.
 
  
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