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Autore: Shetani Bonaparte    26/10/2014    1 recensioni
[Seguito di 'Mi accontento di sognare...]
(Dal testo)
Si era lasciata tutto alle spalle, dicevo, tutto ciò che le faceva male.
Era ancora nerd, questo sì, però erano anni che non guardava una puntata si Star Trek, che evitava di comprarsi dei fumetti e che usava il computer occasionalmente.
Semplicemente, non ne sentiva più il bisogno.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II°
 
La loro storia si spense, rimasero al buio. Decisero silenziosamente di non guardarsi più negli occhi.
[Daniele Tartaglione]
 
Il giorno dopo era domenica.
E Shetani si ritrovò a far colazione alle sei del mattino, un’abitudine che, sinceramente, non l’aveva mai abbandonata da quattro anni a quella parte.
“Il tuo divano-letto cerca di uccidermi…”
“Eh?”
“Son cascato due volte! E ci si è messo pure il comodino!” mugugnò Bones tastandosi la testa.
Lei ridacchiò, rigidamente seduta al proprio posto.
Dopo pochi istanti, a loro si unirono anche Spock e un Kirk piuttosto spettinato.
“Ragazzi, vi devo delle scuse” iniziò allora Shetani. E parlò. Parlò a lungo.
Parlò del coma di quattro anni prima, di come le fosse risultato difficile tornare alla vita di sempre, di come si era attaccata morbosamente a Star Trek, più del solito, per alcuni mesi, di come la psicoterapeuta lo considerasse un atteggiamento anomalo, magari causato da una mente sconvolta e spaventata, dei due anni di terapia.
Parlò di come si fosse lasciata tutto alle spalle, di come ci avesse provato, a dimenticare i fumetti e le serie televisive e loro, specialmente loro, costantemente, inutilmente, di come avesse creduto d’esserci riuscita, mentendosi, di come avesse paura.
Paura di loro, dell’affetto che provava per loro, di dover nuovamente separarsi, di dover rivivere tutto daccapo e di come non credesse di poterci riuscire.
“…però non dovevo farvi sentire indesiderati perché siete… siete come parte della mia famiglia, ecco”
James le sorrise, cordiale come al suo solito, contento che l’amica si fosse con loro confidata.
La giornata passò relativamente presto, ma una pessima sensazione s’era impossessata di Shetani.
Sapeva che l’uomo che da tutto il giorno meditava sul divano era estremamente riservato, però era anche a conoscenza del rituale che avrebbe intrapreso tra la fine della missione quinquennale e l’inizio del primo film – anzi, si sorprendeva che non lo avesse già iniziato – e temeva il suo comportamento così freddo, più del solito, anche con Jim, beh… era un ottimo indizio, per lei.
E si ritrovò a confermare la propria tesi due notti dopo.
Seduta comodamente sul tetto – come aveva ripreso a fare con regolarità, nonostante le proteste di McCoy – aveva sentito la porta della propria stanza aprirsi e dei leggeri passi che si avvicinavano al balconcino della finestra. Di primo acchito aveva pensato che James volesse farle compagnia, ma poi s’era dovuta ricredere, una volta scesa dal tetto.
“Spock” bisbigliò lei; poi vide la valigia. “Oh”
Il vulcaniano la guardò e, nonostante l’espressione indifferente e annoiata ch’era solito assumere, i suoi occhi raccontavano la paura, la tristezza e la vergogna di ciò che stava facendo.
“Shetani…”
“Non serve che mi spieghi nulla. È proprio necessario?”
“Sì”
“Come lo dirò a James…?”
L’uomo tacque, poi disse: “Lo sa. Però non capirà. Non del tutto. Per quanto sia intelligente, la sua emotività lo destabilizzerà come la mia fa con me. Ti prego di prendertene cura”
“Sì. Vorrei che tu restassi. Ma non lo farai, giusto?”
“Giusto”
Shetani, atteggiandosi da perfetta vulcaniana, come avrebbe detto sua sorella, raddrizzò schiena e spalle, trattenne le lacrime – nonostante sapesse come sarebbe andata a finire – e disse, eseguendo anche il gesto adatto: “Lunga vita e prosperità, Spock di Vulcano”
“Lunga vita e prosperità”
“…e buona fortuna” aggiunse lei.
Lo vide sparire nel luccichio del teletrasporto, sospirò, gettò un’occhiata in direzione della porta chiusa della propria stanza.
Aprì la porta e trovò Jim ancora sotto le coperte. Gli si avvicinò con lentezza, non sapendo se stesse dormendo o no, sperando che fosse immerso nella beata speranza donata dal sonno.
 “Jim…” sussurrò.
“Lo so”
Gli occhi dell’uomo erano velati da lacrime che non voleva versare e, dannazione, nonostante Shetani capisse la necessità di Spock d’effettuare il Kolinahr pensò che lui, quelle lacrime, non le meritava.
Jim aveva in se la consapevolezza di quella fuga, sapeva perfettamente il perché. Sapeva. Eppure si chiedeva perché fosse necessaria. Perché proprio ora, che tutto cominciava ad essere perfetto.
La donna lo prese per mano, e lui ricambiò la stretta.
“Va tutto bene, davvero. Ero… ero preparato, vedevo come si comportava, me l’ha spiegato però…”
“Andrà tutto come deve andare. Sai che non posso dir niente, però fidati, in un modo o nell’altro starete bene”
“Già, forse è meglio che mi dimentichi, che smetta di amarmi”
“Ehy” lo rimproverò lei, “Non ho assolutamente detto questo! Ha bisogno di te, ti ama perché sei il primo uomo che non lo guarda come se fosse un fenomeno da baraccone e che lo capisce. Ma ha anche bisogno del Kolinahr, deve ritrovare un equilibrio, l’amore che prova per te lo spaventa, e deve riuscire a controllarsi, o ne verrà distrutto. Però fidati, non lo disprezza”
L’Ammiraglio la abbracciò, scompigliandole i capelli con una mano, e disse: “A volte credo proprio che tu lo capisca meglio di me”
“Beh, è solo che, a volte, vedere le cose da fuori aiuta. Pensi che nessuno, prima di me, si fosse accorto di voi due?”
“Cosa?”
“Ma sì!” ridacchiò lei, tentando, seppur goffamente, di distrarlo. “Io e Lenny facemmo pure una scommessa!”
Lui sorrise debolmente, forse più per abitudine che per davvero.
“Sai, ho mentito” ammise Kirk. “Non sono pronto. Me lo disse tempo fa. Jim, mi disse, me ne devo andare, devo effetturare il Kolinahr. E mi ha spiegato tutto. Negli ultimi tempi si era chiuso a riccio. E non ho fatto nulla per persuaderlo perché sapevo che se ne era già andato, in realtà. Ho scelto di fingere che tutto andasse bene, di illudermi e di non combattere una lotta dolorosa e inutile…”
Lei tacque. Nemmeno io ho impedito che se ne andasse, pensò.
Shetani non era intenzionata a lasciarlo solo, così si sdraiò accanto a lui, alle sue spalle, per riempire quel posto dolorosamente vuoto, e se lo strinse contro, come a impedirgli di crollare, di spezzarsi.
Lasciò che piangesse, che le sue spalle sobbalzassero per i singhiozzi, lasciò che maledicesse Spock per avergli spezzato il cuore che gli aveva affidato, che gli dichiarasse amore eterno, gli permise di rigirarsi tra le sue braccia e di nascondere il viso nell’incavo del suo collo, lasciò che la stringesse, che si aggrappasse a lei tanto da graffiarle la schiena attraverso il pigiama. Lasciò che facesse tutto questo, ma non che si spezzasse più di quanto già non fosse, che si annientasse.
Gli carezzò i biondi capelli fino all’alba, incapace di distogliere lo sguardo da quel bel viso stanco.
A volte credo proprio che tu lo capisca meglio di me, gli aveva detto.
Già, lei capiva perfettamente cosa significa sentirsi diverso da chiunque, sentirsi soli in mezzo ad un sacco di persone, capiva la gioia di trovare qualcuno che ti consideri normale. Capiva la necessità di Spock del Kolinahr, il bisogno di equilibrio interiore… capiva, e cercava di convincersi che andava bene così, che era normale, che era giusto, ci provava con tutta se stessa.
Ma era difficile.
Difficile.
E vedere quel Capitano, il suo unico Capitano così devastato non aiutava. Perché no, non riusciva a credere che deturpare quel suo tenero cuore fosse giusto, e ci provava davvero, a vedere la cosa dal punto di vista di Spock, ma pur riuscendoci non riusciva a non dargli torto.
Era una sorta di circolo vizioso.
Mentre il sole carezzava il mondo, lei si assopì, conscia che la Vita non si sarebbe di certo fermata per Jim.
“Tranquillo. Ho promesso che mi prenderò cura di te”
  
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