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Autore: Nina Ninetta    27/10/2014    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3

 
Tutto in quella stanza si arrestò, perfino il mondo lì fuori pareva essersi fermato, perfino lo scorrere del tempo, in attesa. A scandire i secondi solo il ticchettio dell’acqua che gocciolava dal rubinetto della cucina, Teddy aveva detto più volte a Grimilde di preoccuparsi di contattare un idraulico, prima delle feste natalizie, quando sarebbe stato quasi impossibile trovarne uno disponibile, ovviamente la biondina non l’aveva fatto e Teddy sapeva benissimo che sarebbe toccato a lei premurarsi anche di quello, appena avrebbe trovato cinque minuti liberi.
Morena fissava la sua amica bionda a bocca aperta, interrompendo il fiume di parole e di scuse che aveva avviato senza prendere fiato, la mente improvvisamente svuotata; Teddy la guardò per qualche secondo, poi chinò il capo, stringendo così forte le mani da far sbiancare le nocche, in attesa di sentire la risposta («È Nicolas il padre? È per questo che non ce lo hai detto prima?»), una risposta che, inevitabilmente, avrebbe cambiato il modo stesso di concepire la – sua –vita; Romero era di fronte a loro, quelle tre amiche che aveva conosciuto quando era poco più di un adolescente, quelle tre ragazze che nonostante la lontananza e gli anni trascorsi senza avere loro notizie erano ripiombate nella sua vita come cadute dal cielo. E poi c’era lei, Teddy, che si ostinava a non incontrare i suoi occhi, a non rivolgergli la parola, nemmeno per sbaglio, quella stessa ragazzina con lunghi capelli color nocciola e gli occhi spesso intimiditi dai suoi ogni qual volta si posavano su di lei, quella stessa ragazza che aveva amato fin da subito e che aveva imparato a rispettare nel corso degli anni che li aveva visti insieme e (quasi) inseparabili. Grimilde, al contrario, non aveva paura di sfidare lo sguardo di Morena, né tantomeno quello di Nicolas, sapeva di esser stata avventata nel porre quella domanda con Teddy presente, ma la realtà andava affrontata.
Nicolas Antonio spostò lo sguardo su Morena, con Martin ancora fra le braccia, si sorrisero, poi scoppiarono entrambi a ridere. Risero forte, risero fino a piangere, risero così tanto che lui fu costretto a posare Martin fra le braccia di Teddy, la quale lo raccolse più per istinto che per volontà, mentre la sua vicinanza, il suo riso che le aveva sempre fatto tornare il buonumore quando era necessario, le fecero battere un po’ più forte il cuore. Inizialmente, Grimilde li guardò perplessa, poi prese a ridere con loro. Nicolas e Morena: come aveva potuto pensare una cosa simile? Era come aspettarsi una sorta di fusione tra Stati Uniti e Russia.
«Oh cielo, Grimi!» strimpellò Romero senza riuscire a fermarsi, era da tempo che non rideva così «Certo che le spari proprio grosse!» la prima a riprendere il controllo fu Morena:
«No» disse schiarendosi la voce «Certo che no! Il padre è Diego»
«E allora perché non è qui? Con te e con il bambino?» era stata Teddy a parlare, l’unica che non aveva trovato nulla di divertente nella supposizione di Grimilde. Morena tornò improvvisamente seria e, come se anche Grimilde e Nicolas avessero percepito il cambiamento di rotta, si ricomposero.
Morena puntò i suoi occhi in quelli di Teddy.
Ah, quella Teddy che l’aveva fatta dannare per anni e anni, prima con il fatto di essersi innamorata di Nicolas («Stai parlando proprio di quel Nicolas Antonio Romero: il tipo punk, con gli orecchini e i jeans stracciati, quello che gioca a calcio nella squadra della città, quell'emerito impedito a scuola?»); poi il tempo passato a cercare di consolarla dopo che l’aveva lasciato partire per la Germania; poi a cercare di rimettere insieme i pezzi che aveva perso rincontrandolo durante il suo addio al nubilato, dove per poco non ci finiva a letto insieme (mentre lei era impegnata nel suo primissimo appuntamento con Torres), e infine la storia del matrimonio mandato all’aria con Marcelo. Teddy, che per certi aspetti era dannatamente simile a lei, trattenne il fiato, sentiva che era quella la vera risposta da temere, e non la precedente:
«Perché Diego mi tradisce e sono scappata via da lui»
 
Esprimere a voce alta quella sensazione che per mesi l’aveva incatenata a quella casa, a quel Paese a lei estraneo e a quell’uomo che a tratti riconosceva e a tratti no, la fece rabbrividire e insieme si sentì sollevata, come se avesse rivelato di avere un cancro che non avrebbe più dovuto combattere da sola.
Contrariamente a quanto si era aspettata, però, Teddy e Grimilde non avevano ancora aperto bocca, anzi, le labbra della biondina sembravano voler nascondere un sorrisetto.
L’avevano presa per matta, possibile?
Tuttavia, la persona che apparentemente sembrava aver accusato il colpo più delle sue amiche, era Nicolas, ancora in piedi fra il divano a L in pelle chiara:
«Scappata?» ripeté, alzando un sopracciglio. Tutte lo guardarono, ma Teddy si costrinse a distogliere lo sguardo, aveva sempre adorato l’espressione che assumeva quando qualcosa non gli tornava a conto, fra l’adirato e il sarcastico, lo trovava affascinante e si stupì a riprovare quella sensazione dopo tanti anni.
«Si, sono scappata.» Morena sostenne il suo sguardo, la tensione fra i due era tangibile e Grimilde si accostò un po’ di più a Teddy. Si sentiva sempre un pesce fuor d’acqua quando assisteva a una discussione che non la toccava in prima persona, come se stesse osservando qualcosa di tremendamente intimo.
«Scappata! Quindi lui non lo sa che sei … scappata!» il tono di voce di Nicolas aumentava mano a mano
«Credi che mi avrebbe lasciato partire, altrimenti?»
Martin iniziò a divincolarsi fra le braccia di Teddy che prese a cullarlo istintivamente.
«Tu mi hai telefonato sconvolta, chiedendomi, supplicandomi di accompagnarti qui, dalle tue amiche, perché avevi bisogno di tornare in Cile per riabbracciarle!»
«Ed era vero!» lo interruppe Morena, entrambi quasi urlavano e di tanto in tanto anche il piccolo Martin faceva sentire la sua voce.
«Mi hai chiesto di farti da bodyguard perché non sapevi come cazzo prendere un aereo e come fare da sola con Martin! Però non hai mai accennato al fatto che stavi in rottura con Torres, né al fatto che lui è praticamente all’oscuro!»
«Non mi avrebbe lasciato partire!» ricalcò Morena, nessun tremolio nella voce, d’istinto prese nella sua mano quella del bimbo per provare a calmarlo, mentre Grimilde gli faceva delle moine con la speranza di farlo smettere di piangere.
«Gli hai portato via suo figlio, Morena! Sei da denuncia, lo sai?» questa volta nessuno rispose e Nicolas sospirò, sedendosi pesantemente, con la fronte contro le mani e i gomiti sulle ginocchia. Si sentiva tradito, usato, preso in giro.
Teddy approfittò di quel momentaneo silenzio, come se fosse una tregua, e si alzò, senza mai smettere di cullare il piccolo che stringeva fra le braccia, sembrava a disagio:
«Morena, scusami, ma il piccolo piange …»
«Stai calma Teddy, ha solo fame» a parlare era stato ancora lui,  Nicolas
«Io non ho un figlio!» sbottò Teddy, più infastidita di quanto voleva dare a vedere per la sua affermazione «Non me ne intendo, al contrario di te!»
La temperatura lì dentro era calata di parecchio nell’ultimo quarto d’ora. Morena prese il piccolo Martin con sé, la discussione avuta con Romero non sembrava averla turbata; era forte Morena, soprattutto adesso che aveva una piccola vita da proteggere, chiese quindi a Grimilde un pentolino con dell’acqua per mettere a scaldare il biberon.
Nicolas Antonio aveva rialzato lo sguardo e fissò Teddy, soppesando quelle parole appena pronunciate, lottando contro la voglia che aveva di approfondire l’argomento, ma era sfinito e con troppe orecchie intorno a loro ad ascoltare. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere contro la spalliera, con la sensazione di aver percorso la tratta Italia – Cile a nuoto, improvvisamente aveva l’aria stanca.
 
La camera da letto di Grimilde era quella padronale e misurava almeno il doppio di metri quadri se paragonata a quella di Teddy. Le tende chiuse e drappeggiate erano costellate di cuoricini rossi stilizzati, su fondo rosa chiaro; il letto, stranamente intatto, era ricoperto di peluche ordinatamente riposti come se ognuno avesse un posto preciso dove stare, la coperta era rossa con ghirigori dorati, di chiaro stile natalizio, ai lati due comodini traboccanti di cianfrusaglie varie: smalti per le unghie, elastici per i capelli, crema snellente notte, crema snellente giorno, bottigliette d’acqua di mezzo litro, una pila di quattro libri, e altro ancora. Le pareti, dipinte di bianco, erano spoglie, solo un quadro raffigurante la Madonna era stato appeso al muro, alle spalle del letto. Un armadio imponente si issava contro la parete opposta al quadro, le ante erano tutte rigorosamente fatte di specchi. Nell’angolo in alto a destra una porta chiusa conduceva al doppio servizio.
Grimilde aveva insistito perché fosse Teddy ad occupare quella stanza, quando due anni fa si trasferirono in quella casa, ma quest’ultima aveva rifiutato categoricamente, e non per il semplice fatto che la ragazza bionda fosse la padrona di casa, ma perché non avrebbe saputo proprio cosa farsene di una camera così grande.
Morena si accomodò sul bordo del letto, acconciandosi Martin fra le braccia, mentre Teddy le passava la bottiglia di latte tiepido. Rimase a guardarli per un po’, mamma e figlio, così simili eppure diversi. No, le labbra erano quelle di Morena, o forse di Diego? Infondo ricordava così poco del fidanzato della sua amica che era l’ultima persona a poter dare un giudizio in merito.
Adesso che era da sola con Teddy, Morena si sentiva irrequieta, nella testa migliaia di pensieri si mischiavano e le parole si confondevano, aveva così tante cose da dirle e da chiederle che non sapeva neanche da dove iniziare.
Si alzò, spostando il bambino in posizione verticale, la bottiglietta era ancora piena per metà, ma per quella sera poteva andare, infondo Martin non era mai stato un gran mangione delle pappate notturne. Doveva dire qualcosa a Teddy o sarebbe scoppiata, la osservò, con le gambe distese sul letto, i peluche messi da parte, mentre sfogliava i libri di Grimilde, poi d’improvviso la vide sorridere:
«Questi libri fanno arrossire anche solo leggendo il titolo o guardando l’immagine sulla copertina!» diede una fugace occhiata alla donna mora, nuda e di spalle, cavalcioni su un aitante uomo dai capelli troppo biondi.
Morena sospirò:
«Mi dispiace di esservi piombata in casa così all’improvviso» Teddy sollevò gli occhi, sembrava più tranquilla ora, senza la presenza di Nicolas:
«Non lo devi neanche pensare! Mi hai capito?»
«Non sapevo dove altro andare. A chi altro rivolgermi. La mia famiglia non ha approvato il mio trasferimento in Italia, figuriamoci se mi fossi presentata a casa … mi vengono i brividi solo a pensarci» Teddy le si avvicinò provando ad abbracciarla come meglio poteva, senza rischiare di soffocare Martin. Ancora non poteva credere che quello fosse il figlio di Morena. La sua Morena.
«Qualsiasi cosa sia successa in questi due anni, la risolveremo insieme, come abbiamo sempre fatto!»
«Però a te devo delle scuse particolari» disse d’un tratto e nonostante Teddy già sapeva dove sarebbe andata a parare, le lasciò finire la frase «So che rivedere Romero per te non è facile. Non lo è mai, in verità, ma …»
«Va bene così» la interruppe Teddy, d’improvviso non aveva più voglia di ascoltare, d’improvviso la consapevolezza che lui era nell’altra stanza la riempì come una bolla d’aria, d’improvviso l’assalì la voglia di vederlo, di poterlo osservare dal vivo, scorgendo quelle minuziosità che solo lei conosceva, o perlomeno le piaceva pensare che fosse così; di poter sentire il tono della sua voce a solo qualche metro di distanza. Avrebbe potuto toccarlo, se solo …
«Va bene?» ripeté Morena e quei pensieri si dissolsero in un batter di ciglia. Le sorrise, doveva andare di là o sarebbe implosa, era come andare sott’acqua e non riuscire più a salire in superficie per respirare:
«Si, va bene. Oramai è acqua passata» guardò il piccolo Martin e questa volta fu sicura: gli occhi erano gli stessi di Morena che, in quel momento, non riusciva a guardare. La conosceva troppo bene, le avrebbe letto dentro e per quella sera c’erano già abbastanza gatte da pelare.
«Forse è meglio che vi lasci da soli. Raggiungici quando Martin si sarà riaddormentato»
Morena annuì, osservando Teddy che le sorrideva come un ebete fin quando non uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
«Hai visto la zia Teddy, tesoro?» chiese a Martin, il quale rispose con un verso «Quel sorriso nascondeva un mondo dietro di sé» di nuovo Martin assentì.
La sua mamma aveva sempre ragione!
 
  
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