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Autore: Ellie M_ellark    27/10/2014    1 recensioni
Rosalie Hale ha un'amica speciale: Cassie. Cassie ha un dono, un dono che non vuole, un dono che chissà perchè è toccato a lei, dono che però le ha permesso di conoscere i Cullen.
Lo stesso dono le porterà nuove amicizie nei pressi di La Push che potrebbero diventare di vitale importanza quando le cose si metteranno davvero male.
Storia senza troppe pretese, che potrebbe strapparvi spesso un sorriso e ogni tanto qualche lacrimuccia.
Dal primo capitolo: "Un’altra cosa che condividiamo io e Bella è la goffaggine. Che ci posso fare se mamma mi ha fatto due piedi quadrati? E sembra quasi che lo sapesse quando mi ha messo al mondo, che sarei diventata un cataclisma, tanto che mi ha chiamato Cassandra, come la povera profetessa troiana che non veniva creduta da nessuno e presagiva solo disgrazie.
Immaginate invece le risate che si sono fatti a casa Cullen sentendo il mio cognome. Ridono ancora e per Edward sono diventata Bloody, anche se in fondo non c’entra niente."
Recensite e fatemi sapere che ne pensate ;)
Genere: Commedia, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Rosalie Hale, Un po' tutti, Volturi | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Più libri/film
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6. Invitato Speciale

Chapter 6

Invitato speciale

Sconvolgente nuovo arrivo e notizia inaspettata.

 

 

 

 

 

 

 

Varco la tetra soglia della scuola con gli occhi gonfi. Non ho dormito nemmeno un po’ stanotte e adesso mi sento uno zombie in cerca di cervelli. Anzi a dire la verità è più come essere completamente sbronzi perché qualsiasi rumore mi fa sanguinare le orecchie e la testa.
Vedo Bella in lontananza e le vado subito incontro per chiederle scusa. Lei risponde che è tutto okay e che una giornata no capita a tutti. Poi mi parla di Jacob.
«Mi ha raccontato di ieri sera.», comincia subito. Vuole ascoltare la mia versione, ma a quanto pare sta dalla mia parte. Bene.
«Come mai siete così amici tu e lui?», chiedo quasi per depistarla dalla discussione.
«Quando mi sono trasferita qui non conoscevo nessuno e il primo giorno Charlie mi ha fatto portare il pick-up da lui e Billy. È stato la prima persona con cui ho legato. Ovviamente il fatto che i nostri padri fossero molto amici ha aiutato.»
Non menziona mai un legame più forte di un’amicizia, ma sento che il suo cervello lavora parecchio. Credo che sappia bene che lui provi qualcosa per lei, ma preferisca tenerlo per sé. È giusto, non aggiungo niente né la sprono a parlare, specialmente per come è finita ieri con Jacob.
«Oggi i nostri amichetti ci sono?», chiedo sarcastica. Bella annuisce sorridente.
Alla fine il piccolo malinteso si è risolto. In realtà io ho espressamente chiesto di essere messa al corrente di ogni cosa strana che avvenga a Forks e loro hanno accettato anche se non so per quanto manterranno la promessa. Chissà quanto vale la parola di un vampiro centenario.
Edward aspetta la sua dolce metà davanti il suo armadietto. Non sono una che ama il romanticismo, anzi, ma sono così dannatamente teneri quando si guardano che non posso non sorridere e voltare lo sguardo dall’altra parte. So quanto è difficile per Edward stare vicino a Bella così sia perché lo sento sia perché ne abbiamo parlato una volta.
Potrebbe sembrare inumano e strano un rapporto così e non nascondo che anche io l’ho pensato una volta – anche se è stato un pensiero molto fugace – ma quello che hanno loro è speciale, diverso, non come le storielle che nascono al liceo, quelle che durano una stagione. Sembrano vivere in un romanzo rosa, un bestseller da milioni di copie vendute. Chissà magari qualcuno un giorno scriverà davvero una storia su di loro. Edward mi guarda e sorride.
Stiamo per andare nell’aula di biologia, quando una voce attira sia me che Edward. La voce è quella silenziosa ma perforante di una mente che ti cerca e ti parla.

Di solito saluta chi arriva. Quindi… ciao.
Edward si volta lentamente e guarda verso l’ingresso. Un tizio che mi sembra una montagna – ma probabile che lo sembri soltanto a quelle piccoline come me – si avvicina con un sorrisetto da sbruffone stampato in faccia. Ha i capelli tagliati corti, a spazzola, di uno strano castano cioccolato, gli occhi enormi e dorati e la pelle così pallida da risultare trasparente. Vampiro.

 

 

Il nuovo ragazzo-vampiro si chiama Scott Evan e viene dall’Oregon. È passato alla dieta vegetariana da circa due anni e ha sentito parlare molto dei Cullen. Credo siano tipo una leggenda nel loro mondo. Ha meno di cent’anni e ne dimostra diciotto. Edward ha detto che è meglio non dirgli del mio “potere” perché ancora non ci fidiamo di lui. Più lo guardo più mi fa pensare ad un mix di Jacob ed Edward. Inutile dire lo sdegno che prova quest’ultimo quando ascolta i miei pensieri. Non credo che sia Bella la causa di quest’odio reciproco, ma più che altro la loro natura. Vampiri e licantropi non sono fatti gli uni per gli altri e questo l’ho capito con l’esperienza.
Il nuovo arrivato non mi sconvolge più di tanto, ma è tutto il contrario per il resto della popolazione femminile della scuola – a parte Bella, ovviamente –.
A pranzo il nostro tavolo è affollato di gente: cheerleader,  ragazze della pallavolo e persino quelle che si occupano dell’annuario. Tutte si sono avvicinate con qualche scusa banale, più che altro fingendo di voler parlare con Alice come al solito. Il loro obiettivo in realtà è un altro e sarebbe in grado di capirlo persino un bambinetto di pochi anni. Lo strano sovraffollamento femminile mi infastidisce e decido di andare a mangiare per conto mio fuori. Di avere un po’ di sole nemmeno se ne parla, ma almeno non fa il solito freddo cane. In lontananza vedo Amanda, una ragazza che conosco praticamente da una vita. Credo di conoscere tutti da una vita, insomma quando abiti per diciassette anni in una cittadina piccola come Forks è normale conoscere tutti. Lei si avvicina e si siede accanto a me.
«Ciao.», mi dice. «E’ praticamente da una vita che non ti si vede in giro.»
«Oh, lo so.» Non so esattamente come dovrei giustificare la mia assenza da tutte le feste a cui mi hanno invitata o semplicemente la mia costante fretta a scuola.
«Più o meno da quando frequenti i Cullen.»
«Si, loro sono…»
«…impegnativi?»
«Direi di si.» Sorrido imbarazzata perché non so veramente cosa dire. Prima che arrivassero loro e anche prima che Bella si trasferisse qui passavo molto tempo con lei e con il suo gruppo di amici. Andavamo ogni sera fuori città, al cinema di Portland o in qualche locale tranquillo. Non stavo molto a casa e Tessa si lamentava spesso. Quando mio padre è venuto a sapere tutto questo è andato su tutte le furie e direttamente dal Messico ha mandato la sua punizione. Tessa – non saprò mai se con piacere o a malincuore – mi faceva rispettare i termini e gli accordi della mia punizione. Poi sono arrivati i Cullen e di colpo mi sono sentita diversa. Finalmente avevo a fianco qualcuno che poteva capire cosa succedeva nella mia testa e che non lo trovava strano o da manicomio. Era come se improvvisamente fossi cresciuta e avessi capito che il mondo nascondeva un segreto molto più importante di un venerdì sera di baldoria. Per tutti questi motivi di colpo avevo smesso di frequentare Amanda e molti altri e questo non era stato un punto a mio vantaggio: oggi a scuola non mi salutano e se mi vedono distolgono lo sguardo. Amanda è una delle poche con cui ogni tanto scambio due chiacchiere. Nonostante tutto non vorrei tornare a prima perché mi sembra tremendamente infantile.
Quando finisco il mio pranzo Amanda è già andata via da un po’ ed io ormai infreddolita non vedo l’ora di tornare dentro.
«Ehi, asociale.» questo è il saluto di Rosalie.
«Bionda.» Sembra che tutte le nostre questioni in sospeso siano state dimenticate. Non ce la faccio a rimanere arrabbiata con lei per molto tempo, è la mia migliore amica.
«Cosa pensiamo di questo Scott?», le chiedo cercando il mio cellulare nella borsa.
«Che sia uno sbruffone pieno di sé. E poco dotato.» L’affermazione mi fa ridere, anche se so che ovviamente si sta riferendo al fatto che non abbia poteri particolari.
«Vampiro standard?» Rosalie annuisce fingendosi annoiata. Sto continuando a cercare il mio dannato cellulare, quando rischio di finire addosso a Scott. Comincio a raccogliere una serie di scuse, mentre Rosalie se la ride alla grande. Scott non parla, ma mi osserva finchè non smetto. Poi esce dalla tasca del giubbotto – che è una copertura perché la loro temperatura è tipo sotto la media del genere umano – il mio cellulare.
«Hai dimenticato questo fuori.», dice con uno strano accento inglese.
«G-grazie.», mi esce fuori come se fossi un robot rotto. Odio la mia goffaggine.
«Figurati. Ah e comunque non sono poco dotato. Io trovo le cose e a volte anche le persone.»

 

 

Perché la frase di Scott mi ha messo i brividi non lo so e sinceramente non lo voglio nemmeno sapere. Sarà che ancora non lo conosco e che devo mantenere il segreto su di me, ma preferisco restargli lontana il più possibile. Io e Bella abbiamo un compito da finire e dobbiamo farlo insieme per cui torno a casa con lei.
«Ti spiace se faccio una doccia prima?», mi chiede appena arriviamo.
«No, figurati.»
Provo ad accendere il vecchio computer della sua camera e mentre aspetto che il processore a carbone si accenda la sento tornare.
«Mi faresti un favore? Ho un problema al motore del pick-up e credo che l’unico al mondo in grado di aggiustarlo sia Jake. Lo chiameresti?»
La fisso con le sopracciglia alzate e lo sguardo esterrefatto. Davvero crede che me la beva? Anche senza dover leggere la sua mente so che è tutta una scusa per farci riappacificare ed è davvero molto puerile. Adesso mi prega anche con il pensiero. Mi alzo dalla scrivania e annuisco.
«D’accordo, ma uso il telefono di casa tua, impicciona.»
Scendo velocemente al piano di sotto. Mia madre mi ha insegnato che è meglio togliersi il dente subito. Compongo il numero – dopo aver controllato che sia giusto perché sono una frana con i numeri – e aspetto silenziosamente che qualcuno risponda. Sorprendentemente è Billy.
«Ciao, Cassie. Vedendo il numero pensavo fosse Charlie. Come sta il tuo vecchio?»
Comincio a parlare tranquillamente con Billy e peccato che non possa leggere la sua mente perché vorrei sapere qualcosa sull’argomento che mi ha tenuta sveglia tutta la notte. Alla fine decido che è meglio non chiedere niente e cerco di farmi passare Jacob. Prima che possa chiedere di lui il campanello di casa suona e vado ad aprire con Billy che sta ancora parlando.
«Billy lascia perdere. Cercavo tuo figlio, ma a quanto pare lui ha trovato me.»
Jacob resta sulla soglia di casa come uno stoccafisso. Mai visto uno stoccafisso a petto nudo, in calzoncini e scarpe da tennis però. Però. Gli faccio cenno di entrare e gli dico che Bella è sotto la doccia.
«Prova a fare qualche strano pensiero e sei morto.», gli sussurro.
«Mi hai preso per un pervertito?»
«Era solo per dire.»
Si siede sul divano ed io resto all’ingresso del salone. Mi sento un po’ in imbarazzo ora. Vorrei chiedergli se Edward sa che va a casa della sua ragazza così, ma temo di ricominciare il discorso del giorno prima e allora preferisco stare zitta. Leggere i suoi pensieri mi irrita al momento quindi lo isolo e mi metto a canticchiare qualcosa a bocca chiusa.
Ha lo sguardo accigliato e sembra impaziente di andare via. Quando Bella scende ancora con i capelli bagnati si abbracciano e quel secondo in più che lui la stringe mi fa sentire in colpa. E’ come se stessi assistendo ad un tradimento e non lo dicessi ad Edward. Perché Bella non fa nulla per sbloccare questa situazione? Questa cosa mi fa incazzare. Li fisso di proposito e Jacob lo capisce perché si  mette a fissarmi di rimando e scuote la testa cercando di capire cosa c’è che non va.
«Quella cosa possiamo finirla anche un altro giorno.», dico rivolta a Bella. «Vado a casa.»
«Ok.», risponde Jacob. La mia faccia da a vedere quanto io sia stupita dalla cosa. Bella ovviamente mi dice di restare e che non c’è motivo che io me ne vada, ma preferisco non dare fastidio a nessuno. Mentre Bella torna di sopra per asciugare i capelli umidi io prendo le mie cose e faccio per uscire. Jacob mi è venuto dietro ma cerco di ignorarlo.
«Si può sapere che ti prende?» Che prende a me?
«Ma non ti rendi conto di come ti comporti?», gli dico avvicinandomi. Non voglio che Bella senta. «Mi sono sentita terribilmente a disagio. Sta con Edward e non credo che la cosa finirà presto. Scusa se te lo dico, ma davvero non capisco perché devi continuare a sbatterci la testa.»
«Il modo in cui mi comporto non è affar tuo.» Mi sta facendo innervosire veramente tanto allora comincio ad urlargli sottovoce.
«Sei tu che mi hai messo al corrente della cosa!», rispondo a denti stretti.
«Ma non ho chiesto il tuo parere, mi pare.», dice e sembra offeso.
«E io voglio dartelo lo stesso. Stai sbagliando e ti fai anche del male e non è giusto per nessuno.»
Vedo che soppesa la cosa e mi studia anche se dovrebbe studiare se stesso. Ci sono cose che non mi ha detto, ma non le cerco nella sua testa. Fin dal primo momento ho provato questo senso di protezione nei suoi confronti, ma non capisco perché. Prima sentivo che c’entrava la morte delle nostre madri, però adesso i nostri genitori non sono stati nemmeno menzionati ed io gli sto comunque dicendo che non si merita di stare dietro una storia impossibile che gli spezzerà solo il cuore. Ora si è messo quell’espressione da bimbo che adoro, ma allo stesso tempo non posso guardare.
«Se non sbaglio ti devo una cena, quindi… Perché non ti vai a mettere una maglietta e magari una felpa, così per mantenere l’illusione di essere normale e andiamo a mangiare?»
Accetta volentieri anche se sostiene fermamente che non si farà offrire nulla. Invitiamo anche Bella – la invita lui perché a me non è sembrato il caso – ma lei rifiuta perché ha da fare con Edward.
Restiamo solo io e Jacob e so già quale sarà l’argomento della serata.

 

Volevo andare in un posto carino dove mi portava sempre mio padre, ma Jacob insiste e dice che non c’è bisogno di fare niente di che. Rimaniamo a casa mia – Tessa è stata invitata a cena da una sua amica quindi siamo soli – e decido di preparare un buon piatto di spaghetti. Abbondo con la sua porzione perché ricordo quanto ha mangiato quella sera al fastfood e lui apprezza evidentemente. Mi alzo per prendergli un’altra birra e una domanda mi sorge spontanea.
«Jake, voi licantropi potete ubriacarvi?»
«Lo chiedi perché è la seconda o è semplice curiosità?», dice ridendo.
«No, non credo che tu sia un ubriacone!»
«Non ho mai provato, ma credo che il calore del mio corpo brucerebbe subito l’alcool. Mi chiedo invece cosa succederebbe ad una piccoletta come te.»
Torno a sedermi a tavola e lo guardo male mentre stappa la bottiglia. «Io non sono una piccoletta e posso bere tranquillamente senza risentirne.»
«Certo, certo.» Assume quel suo strano cipiglio divertito e dolce.
«Mi stai sfidando?»
«No, Cassie. Sei già abbastanza schizzata al naturale, immagino lo spettacolo da ubriaca.»
Cominciamo a prenderci in giro finchè non mi ritrovo a lanciargli chicchi d’uva. Lui riesce a schivarli e li ingoia uno dopo l’altro.
Gli dico di scegliere un film mentre io sparecchio e torna tutto contento dopo un po’ con un dvd in mano. Si mette in testa però di aiutarmi con i piatti e combina un casino con il sapone. Proviamo a invertire i ruoli – io lavo e lui asciuga – e sembra andare meglio. Si mette persino a fare un balletto mentre rimette a posto i piatti nella credenza. Credo di adorarlo. Non è un pensiero strano perché le persone come lui sono veramente poche e mi fa ridere così tanto che sono contenta di averlo invitato. Poi mi accorgo che è ancora a petto nudo e la cosa mi turba. Mi turba che io non ci abbia fatto caso fino ad ora e che lui stia mezzo nudo a casa di tutti.
«Senti ti presto una maglietta di mio padre.»
«Non ce n’è bisogno.»
«Si, immagino che tu non senta freddo, ma non voglio che Tessa tornando pensi chissà cosa.»
Tessa già crede che Jacob mi piaccia in quell’altro senso, figuriamoci cosa potrebbe pensare se ci trovasse sul divano così. Questo non è stato mica un appuntamento, ma soltanto una semplice cena tra amici.
Ci sediamo sul divano a guardare il film che ha scelto, ma in realtà passiamo il tempo a parlare. Di Bella. Ho veramente sonno, ma non voglio fare la padrona di casa pallosa e lo lascio parlare a ruota libera.
«Sento di aver perso tutto questo tempo dietro lei quando invece mi ha sempre visto come un buon amico e niente di più. Mi vuole bene lo so, ma non è l’affetto che voglio io.»
«Beh,» rispondo sbadigliando. «è il momento di voltare pagina.» Lo dico perché è la tipica frase che si dice in questi casi, non alludo a nessuno e di certo non volevo assumere un tono solenne. Ma Jacob sembra soppesare la frase come se avessi appena detto qualcosa di vagamente filosofico. Non ci do molto peso, forse avrei dovuto, e mi metto comoda sul divano. Sono passati pochi minuti quando il mio testoncino rischia di cadere. Jacob accompagna la caduta così da renderla dolce e lenta, ma mi tiene lì, vicina al suo viso. Cerco di ritrarmi, ma i suoi occhi mi stanno incatenando. E poi quando si avvicina per baciarmi mi ritraggo violentemente e mi prendo una testata. Istintivamente porto le mani al naso dolorante. Di cosa cavolo è fatto? Granito? Saltello per tutta la stanza piagnucolando come una bambina per il dolore. Riesco ad arrivare alla cucina e cerco il ghiaccio in freezer. Jacob sembra non capire il perché di tanto trambusto e mi viene dietro, prova a dare un’occhiata, ma io mi ritraggo di nuovo di scatto.
«Mi spieghi questa reazione violenta?», chiede spaesato.
«Volevi baciarmi!»
«Beh, ho qualche malattia infettiva?» Il tono di offesa nella sua voce mi stupisce e cerco di prenderlo in contropiede.
«Beh, sono una qualche specie di rimpiazzo?»
Mi prende il ghiaccio dalle mani e lo avvolge in uno strofinaccio. Poi lo poggia delicatamente sul mio povero setto nasale.
«Scusa.», dice sorridendomi. Ed è quel suo sorriso che vorrei distruggere ma ammirare tutto il giorno allo stesso tempo. «E’ ovvio che tu lo abbia pensato, ma ti assicuro che non è così. Mi andava di farlo.»
Mi lascia a bocca aperta, non so che dire. Mi andava di farlo.
«Non ho capito.»
«Pensavo che potendo leggere la mente avessi già capito.»
Il mio sguardo gli fa capire che non so di cosa stia parlando. Mi sento un’ebete a stare con il ghiaccio sul naso e con lui davanti che cerca di alludere a qualcosa.
«Mi piaci, Cassie.»
Ed ecco che il ghiaccio non serve più perché io sono diventa un intero blocco freddo, un iceberg gigante che fluttua per casa. Qualsiasi cosa dica gli esce con una naturalezza che mi sconvolge. Adesso ha il tono che si assumerebbe dicendo: “Oggi è una bella giornata”. La mia espressione deve essere piuttosto eloquente e Jacob si mette a ridere.
«Scusa, è che non so che dire.»
«Non devi dire niente, se non ti va.» Ora il suo sguardo addosso mi sembra pesante. «Però te lo dico subito: non voglio che cambi niente tra noi. Questo mi piace davvero.» Fa un gesto con le mani indicando lo spazio tra di noi.
«Anche a me piace stare con te.», dico e me ne pento subito. «E’ che non so cosa pensare. Mi hai spiazzata.»
«Il tuo superpotere perde colpi?»
«In realtà io evito di leggere i tuoi pensieri.»
«Perché?», chiede sorridendo. Non capisco se la cosa gli fa piacere o no.
«Non mi sembra giusto. Lo faccio anche con gli altri a volte, ma con te è diverso.»
«Grazie.»
Di nuovo non rispondo perché non riesco a farlo. Perché gli ho detto che con lui è diverso? Non so nemmeno io che cosa significhi, forse è quella stramaledetta sensazione che ho avuto fin da subito nei suoi confronti. Sono in visibile imbarazzo adesso e il mio cervello cerca di elaborare l’accaduto. C’è una domanda che più di tutte sta picchiando sulla mia corteccia frontale, vuole farsi sentire, ma io la sto bellamente ignorando.
«Resto finchè arriva tua zia o preferisci che me ne vada?», chiede distrattamente.
«Resta.», rispondo subito. Non voglio rimanere da sola e soprattutto non voglio che Jacob pensi che adesso lo eviterò come la peste.
Tessa non ci mette molto a tornare e il suo sguardo compiaciuto mentre fissa me e Jacob seduti vicini sul divano mi irrita. Quando lui se ne va chiede i particolare della serata, ma io resto sul vago. Ho molto a cui pensare.
Credo che stanotte dormirò e finalmente lo faccio dopo molto tempo, ma prima di addormentarmi, esattamente poco prima di non capire più nulla, la domanda che tanto premeva per uscire ritorna a galla. Cosa provo io per Jacob?

   
 
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