Chapter 6
Invitato speciale
Sconvolgente nuovo arrivo e notizia inaspettata.
Varco
la tetra soglia della scuola con gli occhi gonfi. Non ho dormito nemmeno un po’
stanotte e adesso mi sento uno zombie in cerca di cervelli. Anzi a dire la
verità è più come essere completamente sbronzi perché qualsiasi rumore mi fa
sanguinare le orecchie e la testa.
Vedo
Bella in lontananza e le vado subito incontro per chiederle scusa. Lei risponde
che è tutto okay e che una giornata no capita a tutti. Poi mi parla di Jacob.
«Mi ha
raccontato di ieri sera.», comincia subito. Vuole ascoltare la mia versione, ma
a quanto pare sta dalla mia parte. Bene.
«Come
mai siete così amici tu e lui?», chiedo quasi per depistarla dalla discussione.
«Quando
mi sono trasferita qui non conoscevo nessuno e il primo giorno Charlie mi ha
fatto portare il pick-up da lui e Billy. È stato la prima persona con cui ho
legato. Ovviamente il fatto che i nostri padri fossero molto amici ha aiutato.»
Non
menziona mai un legame più forte di un’amicizia, ma sento che il suo cervello
lavora parecchio. Credo che sappia bene che lui provi qualcosa per lei, ma
preferisca tenerlo per sé. È giusto, non aggiungo niente né la sprono a
parlare, specialmente per come è finita ieri con Jacob.
«Oggi i
nostri amichetti ci sono?», chiedo sarcastica. Bella annuisce sorridente.
Alla
fine il piccolo malinteso si è risolto. In realtà io ho espressamente chiesto
di essere messa al corrente di ogni cosa strana che avvenga a Forks e loro
hanno accettato anche se non so per quanto manterranno la promessa. Chissà
quanto vale la parola di un vampiro centenario.
Edward
aspetta la sua dolce metà davanti il suo armadietto. Non sono una che ama il
romanticismo, anzi, ma sono così dannatamente teneri quando si guardano che non
posso non sorridere e voltare lo sguardo dall’altra parte. So quanto è
difficile per Edward stare vicino a Bella così sia perché lo sento sia perché
ne abbiamo parlato una volta.
Potrebbe
sembrare inumano e strano un rapporto così e non nascondo che anche io l’ho pensato
una volta – anche se è stato un pensiero molto fugace – ma quello che hanno
loro è speciale, diverso, non come le storielle che nascono al liceo, quelle
che durano una stagione. Sembrano vivere in un romanzo rosa, un bestseller da
milioni di copie vendute. Chissà magari qualcuno un giorno scriverà davvero una
storia su di loro. Edward mi guarda e sorride.
Stiamo
per andare nell’aula di biologia, quando una voce attira sia me che Edward. La
voce è quella silenziosa ma perforante di una mente che ti cerca e ti parla.
Di solito saluta chi arriva. Quindi… ciao.
Edward
si volta lentamente e guarda verso l’ingresso. Un tizio che mi sembra una
montagna – ma probabile che lo sembri soltanto a quelle piccoline come me – si
avvicina con un sorrisetto da sbruffone stampato in faccia. Ha i capelli
tagliati corti, a spazzola, di uno strano castano cioccolato, gli occhi enormi
e dorati e la pelle così pallida da risultare trasparente. Vampiro.
Il
nuovo ragazzo-vampiro si chiama Scott Evan e viene dall’Oregon. È passato alla
dieta vegetariana da circa due anni e ha sentito parlare molto dei Cullen.
Credo siano tipo una leggenda nel loro mondo. Ha meno di cent’anni e ne
dimostra diciotto. Edward ha detto che è meglio non dirgli del mio “potere”
perché ancora non ci fidiamo di lui. Più lo guardo più mi fa pensare ad un mix
di Jacob ed Edward. Inutile dire lo sdegno che prova quest’ultimo quando
ascolta i miei pensieri. Non credo che sia Bella la causa di quest’odio
reciproco, ma più che altro la loro natura. Vampiri e licantropi non sono fatti
gli uni per gli altri e questo l’ho capito con l’esperienza.
Il
nuovo arrivato non mi sconvolge più di tanto, ma è tutto il contrario per il
resto della popolazione femminile della scuola – a parte Bella, ovviamente –.
A
pranzo il nostro tavolo è affollato di gente: cheerleader, ragazze della pallavolo e persino quelle che
si occupano dell’annuario. Tutte si sono avvicinate con qualche scusa banale,
più che altro fingendo di voler parlare con Alice come al solito. Il loro obiettivo
in realtà è un altro e sarebbe in grado di capirlo persino un bambinetto di
pochi anni. Lo strano sovraffollamento femminile mi infastidisce e decido di
andare a mangiare per conto mio fuori. Di avere un po’ di sole nemmeno se ne
parla, ma almeno non fa il solito freddo cane. In lontananza vedo Amanda, una
ragazza che conosco praticamente da una vita. Credo di conoscere tutti da una
vita, insomma quando abiti per diciassette anni in una cittadina piccola come
Forks è normale conoscere tutti. Lei si avvicina e si siede accanto a me.
«Ciao.»,
mi dice. «E’ praticamente da una vita che non ti si vede in giro.»
«Oh, lo
so.» Non so esattamente come dovrei giustificare la mia assenza da tutte le
feste a cui mi hanno invitata o semplicemente la mia costante fretta a scuola.
«Più o
meno da quando frequenti i Cullen.»
«Si,
loro sono…»
«…impegnativi?»
«Direi
di si.» Sorrido imbarazzata perché non so veramente cosa dire. Prima che
arrivassero loro e anche prima che Bella si trasferisse qui passavo molto tempo
con lei e con il suo gruppo di amici. Andavamo ogni sera fuori città, al cinema
di Portland o in qualche locale tranquillo. Non stavo molto a casa e Tessa si
lamentava spesso. Quando mio padre è venuto a sapere tutto questo è andato su
tutte le furie e direttamente dal Messico ha mandato la sua punizione. Tessa –
non saprò mai se con piacere o a malincuore – mi faceva rispettare i termini e
gli accordi della mia punizione. Poi sono arrivati i Cullen e di colpo mi sono
sentita diversa. Finalmente avevo a fianco qualcuno che poteva capire cosa
succedeva nella mia testa e che non lo trovava strano o da manicomio. Era come
se improvvisamente fossi cresciuta e avessi capito che il mondo nascondeva un
segreto molto più importante di un venerdì sera di baldoria. Per tutti questi
motivi di colpo avevo smesso di frequentare Amanda e molti altri e questo non
era stato un punto a mio vantaggio: oggi a scuola non mi salutano e se mi
vedono distolgono lo sguardo. Amanda è una delle poche con cui ogni tanto
scambio due chiacchiere. Nonostante tutto non vorrei tornare a prima perché mi
sembra tremendamente infantile.
Quando
finisco il mio pranzo Amanda è già andata via da un po’ ed io ormai
infreddolita non vedo l’ora di tornare dentro.
«Ehi,
asociale.» questo è il saluto di Rosalie.
«Bionda.»
Sembra che tutte le nostre questioni in sospeso siano state dimenticate. Non ce
la faccio a rimanere arrabbiata con lei per molto tempo, è la mia migliore
amica.
«Cosa
pensiamo di questo Scott?», le chiedo cercando il mio cellulare nella borsa.
«Che
sia uno sbruffone pieno di sé. E poco dotato.» L’affermazione mi fa ridere,
anche se so che ovviamente si sta riferendo al fatto che non abbia poteri
particolari.
«Vampiro
standard?» Rosalie annuisce fingendosi annoiata. Sto continuando
a cercare il
mio dannato cellulare, quando rischio di finire addosso a Scott.
Comincio a raccogliere una serie di scuse, mentre Rosalie se la ride
alla grande. Scott
non parla, ma mi osserva finchè non smetto. Poi esce dalla tasca
del giubbotto
– che è una copertura perché la loro temperatura
è tipo sotto la media del
genere umano – il mio cellulare.
«Hai
dimenticato questo fuori.», dice con uno strano accento inglese.
«G-grazie.»,
mi esce fuori come se fossi un robot rotto. Odio la mia goffaggine.
«Figurati.
Ah e comunque non sono poco dotato. Io trovo le cose e a volte anche le
persone.»
Perché
la frase di Scott mi ha messo i brividi non lo so e sinceramente non lo voglio
nemmeno sapere. Sarà che ancora non lo conosco e che devo mantenere il segreto
su di me, ma preferisco restargli lontana il più possibile. Io e Bella abbiamo
un compito da finire e dobbiamo farlo insieme per cui torno a casa con lei.
«Ti
spiace se faccio una doccia prima?», mi chiede appena arriviamo.
«No,
figurati.»
Provo
ad accendere il vecchio computer della sua camera e mentre aspetto che il
processore a carbone si accenda la sento tornare.
«Mi
faresti un favore? Ho un problema al motore del pick-up e credo che l’unico al
mondo in grado di aggiustarlo sia Jake. Lo chiameresti?»
La fisso
con le sopracciglia alzate e lo sguardo esterrefatto. Davvero crede che me la
beva? Anche senza dover leggere la sua mente so che è tutta una scusa per farci
riappacificare ed è davvero molto puerile. Adesso mi prega anche con il
pensiero. Mi alzo dalla scrivania e annuisco.
«D’accordo,
ma uso il telefono di casa tua, impicciona.»
Scendo
velocemente al piano di sotto. Mia madre mi ha insegnato che è meglio togliersi
il dente subito. Compongo il numero – dopo aver controllato che sia giusto
perché sono una frana con i numeri – e aspetto silenziosamente che qualcuno
risponda. Sorprendentemente è Billy.
«Ciao,
Cassie. Vedendo il numero pensavo fosse Charlie. Come sta il tuo vecchio?»
Comincio
a parlare tranquillamente con Billy e peccato che non possa leggere la sua
mente perché vorrei sapere qualcosa sull’argomento che mi ha tenuta sveglia
tutta la notte. Alla fine decido che è meglio non chiedere niente e cerco di
farmi passare Jacob. Prima che possa chiedere di lui il campanello di casa
suona e vado ad aprire con Billy che sta ancora parlando.
«Billy
lascia perdere. Cercavo tuo figlio, ma a quanto pare lui ha trovato me.»
Jacob
resta sulla soglia di casa come uno stoccafisso. Mai visto uno stoccafisso a
petto nudo, in calzoncini e scarpe da tennis però. Però. Gli faccio cenno di
entrare e gli dico che Bella è sotto la doccia.
«Prova
a fare qualche strano pensiero e sei morto.», gli sussurro.
«Mi hai
preso per un pervertito?»
«Era
solo per dire.»
Si
siede sul divano ed io resto all’ingresso del salone. Mi sento un po’ in
imbarazzo ora. Vorrei chiedergli se Edward sa che va a casa della sua ragazza
così, ma temo di ricominciare il discorso del giorno prima e allora preferisco
stare zitta. Leggere i suoi pensieri mi irrita al momento quindi lo isolo e mi
metto a canticchiare qualcosa a bocca chiusa.
Ha lo
sguardo accigliato e sembra impaziente di andare via. Quando Bella scende
ancora con i capelli bagnati si abbracciano e quel secondo in più che lui la
stringe mi fa sentire in colpa. E’ come se stessi assistendo ad un tradimento e
non lo dicessi ad Edward. Perché Bella non fa nulla per sbloccare questa
situazione? Questa cosa mi fa incazzare. Li fisso di proposito e Jacob lo
capisce perché si mette a fissarmi di
rimando e scuote la testa cercando di capire cosa c’è che non va.
«Quella
cosa possiamo finirla anche un altro giorno.», dico rivolta a Bella. «Vado a
casa.»
«Ok.»,
risponde Jacob. La mia faccia da a vedere quanto io sia stupita dalla cosa.
Bella ovviamente mi dice di restare e che non c’è motivo che io me ne vada, ma
preferisco non dare fastidio a nessuno. Mentre Bella torna di sopra per
asciugare i capelli umidi io prendo le mie cose e faccio per uscire. Jacob mi è
venuto dietro ma cerco di ignorarlo.
«Si può
sapere che ti prende?» Che prende a me?
«Ma non
ti rendi conto di come ti comporti?», gli dico avvicinandomi. Non voglio che
Bella senta. «Mi sono sentita terribilmente a disagio. Sta con Edward e non
credo che la cosa finirà presto. Scusa se te lo dico, ma davvero non capisco
perché devi continuare a sbatterci la testa.»
«Il
modo in cui mi comporto non è affar tuo.» Mi sta facendo innervosire veramente
tanto allora comincio ad urlargli sottovoce.
«Sei tu
che mi hai messo al corrente della cosa!», rispondo a denti stretti.
«Ma non
ho chiesto il tuo parere, mi pare.», dice e sembra offeso.
«E io
voglio dartelo lo stesso. Stai sbagliando e ti fai anche del male e non è
giusto per nessuno.»
Vedo
che soppesa la cosa e mi studia anche se dovrebbe studiare se stesso. Ci sono
cose che non mi ha detto, ma non le cerco nella sua testa. Fin dal primo
momento ho provato questo senso di protezione nei suoi confronti, ma non
capisco perché. Prima sentivo che c’entrava la morte delle nostre madri, però
adesso i nostri genitori non sono stati nemmeno menzionati ed io gli sto
comunque dicendo che non si merita di stare dietro una storia impossibile che
gli spezzerà solo il cuore. Ora si è messo quell’espressione da bimbo che
adoro, ma allo stesso tempo non posso guardare.
«Se non
sbaglio ti devo una cena, quindi… Perché non ti vai a mettere una maglietta e
magari una felpa, così per mantenere l’illusione di essere normale e andiamo a
mangiare?»
Accetta
volentieri anche se sostiene fermamente che non si farà offrire nulla.
Invitiamo anche Bella – la invita lui perché a me non è sembrato il caso – ma
lei rifiuta perché ha da fare con Edward.
Restiamo
solo io e Jacob e so già quale sarà l’argomento della serata.
Volevo
andare in un posto carino dove mi portava sempre mio padre, ma Jacob insiste e
dice che non c’è bisogno di fare niente di che. Rimaniamo a casa mia – Tessa è
stata invitata a cena da una sua amica quindi siamo soli – e decido di
preparare un buon piatto di spaghetti. Abbondo con la sua porzione perché
ricordo quanto ha mangiato quella sera al fastfood e lui apprezza
evidentemente. Mi alzo per prendergli un’altra birra e una domanda mi sorge
spontanea.
«Jake,
voi licantropi potete ubriacarvi?»
«Lo
chiedi perché è la seconda o è semplice curiosità?», dice ridendo.
«No,
non credo che tu sia un ubriacone!»
«Non ho
mai provato, ma credo che il calore del mio corpo brucerebbe subito l’alcool.
Mi chiedo invece cosa succederebbe ad una piccoletta come te.»
Torno a
sedermi a tavola e lo guardo male mentre stappa la bottiglia. «Io non sono una
piccoletta e posso bere tranquillamente senza risentirne.»
«Certo,
certo.» Assume quel suo strano cipiglio divertito e dolce.
«Mi
stai sfidando?»
«No,
Cassie. Sei già abbastanza schizzata al naturale, immagino lo spettacolo da
ubriaca.»
Cominciamo
a prenderci in giro finchè non mi ritrovo a lanciargli chicchi d’uva. Lui
riesce a schivarli e li ingoia uno dopo l’altro.
Gli
dico di scegliere un film mentre io sparecchio e torna tutto contento dopo un
po’ con un dvd in mano. Si mette in testa però di aiutarmi con i piatti e combina
un casino con il sapone. Proviamo a invertire i ruoli – io lavo e lui asciuga –
e sembra andare meglio. Si mette persino a fare un balletto mentre rimette a
posto i piatti nella credenza. Credo di adorarlo. Non è un pensiero strano
perché le persone come lui sono veramente poche e mi fa ridere così tanto che
sono contenta di averlo invitato. Poi mi accorgo che è ancora a petto nudo e la
cosa mi turba. Mi turba che io non ci abbia fatto caso fino ad ora e che lui
stia mezzo nudo a casa di tutti.
«Senti
ti presto una maglietta di mio padre.»
«Non ce
n’è bisogno.»
«Si,
immagino che tu non senta freddo, ma non voglio che Tessa tornando pensi chissà
cosa.»
Tessa
già crede che Jacob mi piaccia in quell’altro senso, figuriamoci cosa potrebbe
pensare se ci trovasse sul divano così. Questo non è stato mica un
appuntamento, ma soltanto una semplice cena tra amici.
Ci
sediamo sul divano a guardare il film che ha scelto, ma in realtà passiamo il
tempo a parlare. Di Bella. Ho veramente sonno, ma non voglio fare la padrona di
casa pallosa e lo lascio parlare a ruota libera.
«Sento
di aver perso tutto questo tempo dietro lei quando invece mi ha sempre visto
come un buon amico e niente di più. Mi vuole bene lo so, ma non è l’affetto che
voglio io.»
«Beh,»
rispondo sbadigliando. «è il momento di voltare pagina.» Lo dico perché è la
tipica frase che si dice in questi casi, non alludo a nessuno e di certo non
volevo assumere un tono solenne. Ma Jacob sembra soppesare la frase come se
avessi appena detto qualcosa di vagamente filosofico. Non ci do molto peso,
forse avrei dovuto, e mi metto comoda sul divano. Sono passati pochi minuti
quando il mio testoncino rischia di cadere. Jacob accompagna la caduta così da
renderla dolce e lenta, ma mi tiene lì, vicina al suo viso. Cerco di ritrarmi,
ma i suoi occhi mi stanno incatenando. E poi quando si avvicina per baciarmi mi
ritraggo violentemente e mi prendo una testata. Istintivamente porto le mani al
naso dolorante. Di cosa cavolo è fatto? Granito? Saltello per tutta la stanza piagnucolando
come una bambina per il dolore. Riesco ad arrivare alla cucina e cerco il
ghiaccio in freezer. Jacob sembra non capire il perché di tanto trambusto e mi
viene dietro, prova a dare un’occhiata, ma io mi ritraggo di nuovo di scatto.
«Mi
spieghi questa reazione violenta?», chiede spaesato.
«Volevi
baciarmi!»
«Beh,
ho qualche malattia infettiva?» Il tono di offesa nella sua voce mi stupisce e
cerco di prenderlo in contropiede.
«Beh,
sono una qualche specie di rimpiazzo?»
Mi
prende il ghiaccio dalle mani e lo avvolge in uno strofinaccio. Poi lo poggia
delicatamente sul mio povero setto nasale.
«Scusa.»,
dice sorridendomi. Ed è quel suo sorriso che vorrei distruggere ma ammirare
tutto il giorno allo stesso tempo. «E’ ovvio che tu lo abbia pensato, ma ti
assicuro che non è così. Mi andava di farlo.»
Mi
lascia a bocca aperta, non so che dire. Mi andava di farlo.
«Non ho
capito.»
«Pensavo
che potendo leggere la mente avessi già capito.»
Il mio
sguardo gli fa capire che non so di cosa stia parlando. Mi sento un’ebete a
stare con il ghiaccio sul naso e con lui davanti che cerca di alludere a
qualcosa.
«Mi
piaci, Cassie.»
Ed ecco
che il ghiaccio non serve più perché io sono diventa un intero blocco freddo,
un iceberg gigante che fluttua per casa. Qualsiasi cosa dica gli esce con una
naturalezza che mi sconvolge. Adesso ha il tono che si assumerebbe dicendo:
“Oggi è una bella giornata”. La mia espressione deve essere piuttosto eloquente
e Jacob si mette a ridere.
«Scusa,
è che non so che dire.»
«Non
devi dire niente, se non ti va.» Ora il suo sguardo addosso mi sembra pesante.
«Però te lo dico subito: non voglio che cambi niente tra noi. Questo mi piace
davvero.» Fa un gesto con le mani indicando lo spazio tra di noi.
«Anche
a me piace stare con te.», dico e me ne pento subito. «E’ che non so cosa
pensare. Mi hai spiazzata.»
«Il tuo
superpotere perde colpi?»
«In
realtà io evito di leggere i tuoi pensieri.»
«Perché?»,
chiede sorridendo. Non capisco se la cosa gli fa piacere o no.
«Non mi
sembra giusto. Lo faccio anche con gli altri a volte, ma con te è diverso.»
«Grazie.»
Di
nuovo non rispondo perché non riesco a farlo. Perché gli ho detto che con lui è
diverso? Non so nemmeno io che cosa significhi, forse è quella stramaledetta
sensazione che ho avuto fin da subito nei suoi confronti. Sono in visibile
imbarazzo adesso e il mio cervello cerca di elaborare l’accaduto. C’è una
domanda che più di tutte sta picchiando sulla mia corteccia frontale, vuole
farsi sentire, ma io la sto bellamente ignorando.
«Resto
finchè arriva tua zia o preferisci che me ne vada?», chiede distrattamente.
«Resta.»,
rispondo subito. Non voglio rimanere da sola e soprattutto non voglio che Jacob
pensi che adesso lo eviterò come la peste.
Tessa
non ci mette molto a tornare e il suo sguardo compiaciuto mentre fissa me e
Jacob seduti vicini sul divano mi irrita. Quando lui se ne va chiede i
particolare della serata, ma io resto sul vago. Ho molto a cui pensare.
Credo
che stanotte dormirò e finalmente lo faccio dopo molto tempo, ma prima di
addormentarmi, esattamente poco prima di non capire più nulla, la domanda che
tanto premeva per uscire ritorna a galla. Cosa provo io per Jacob?