Grida
La dolce fatina Silenya, girovagava un giorno senza meta, nell’immenso
bosco di Vala terra del vento. Lei, amava ascoltare
gli uccellini che orchestravano assieme alle foglie e poteva stare ore ed ore
ad udire le memorie degli alberi e le voci dell’acqua che scorreva in un
gioioso ruscello li accanto.
Quel giorno, stava adagiata su una ninfea
bianca e vellutata, guardando le Merrow che nuotavano allegramente nel laghetto
cristallino. Sentiva
indistintamente le risate argentine delle fate che ben conosceva. Quando le Merrow uscirono dall’acqua conversando nella loro lingua,
un grido disumano e straziante lacerò la coltre di pace del bosco.
L’urlo si ripeté sempre più forte. Le fate tacquero all’istante, e le Merrow si
gettarono nel lago.
Ancora l’urlo. Silenya scrollò le sue ali e, volando raggiunse il luogo
da cui aveva origine il grido. Si nascose repentinamente dietro un cespuglio di
fragole di bosco e guardò la scena. V’erano tre persone, tre ragazze per
l’esattezza. Due a cavallo e una levitava al di sopra delle
loro teste. Una ragazza a cavallo impugnò il suo arco di frassino e avvicinò
una freccia pronta per essere scoccata.
I capelli biondi ricadevano al di sotto dell’elmo
egli occhi azzurri contratti in una smorfia. Il corpo, sopra il purosangue
nero, sembrava una scultura incorniciata da un’armatura color oro e argento. La
ragazza che si muoveva nell’aria emise un altro grido. Silenya si tappò le
lunghe orecchie da fata con le sue manine mentre con i suoi occhioni dorati guarda lo svolgersi della situazione.
La ragazza guerriera tese la corda dell’arco cercando di visualizzare
bene il soggetto da colpire.
«Sydelle, no!» esclamò l’altra ragazza a cavallo.
«Andiamo Raven!» disse la guerriera «Sento l’eco della sua voce, che mi mangia le viscere, se non la
uccidiamo noi, potrebbe farlo lei.»
La ragazza che doveva chiamarsi Raven, si accigliò, e in un attimo,
mentre l’amica si concentrava sull’entità volante, pronunciando parole
incomprensibili, indicò l’arco, che senza preavviso volteggiò nell’aria due o tre volte, prima di ricadere nell’erba
rugiadosa.
«Raven! Cosa diavolo fai!» strillò la
guerriera.
« Sydelle, lei è una Banshee, forse ha da
dirci qualcosa. » disse calma Raven.
La Banshee scese a terra come una piuma. I
capelli biondi, quasi bianchi svolazzavano coprendo il niveo viso e a tratti
anche gli occhi colore del ghiaccio.
La creatura guardò piano le guerriere. Il labbro inferiore da un rosso terracotta, passò ad un rosso granato, ancora più
cupo.
Raven, scese da cavallo, i capelli mossi, color corteccia, brillavano
alla luce che filtrava tra le foglie degli alberi. Il vestito violetto
ondeggiava in armonia con alito del Dio del Vento. La maga tese una mano. Il
Bracciale della Vita e della Morte, brillava, e gli anelli magici, emettevano profonde
pulsazioni.
« Hai da dirci qualcosa, Oshlaem?»
La Banshee sospirò con la sua voce aspra.
Sydelle rise sprezzante. «Cosa vuoi che abbia
da dirci, questo.. questo mostro!» disse con disgusto.
Raven non rispose, ma chiuse gli occhi e increspò la fronte, come se
fosse disturbata dalle affermazioni dell’amica. « Taci Sydelle! Mi sta
parlando»
Il bosco ammutolì e un vento magico iniziò a soffiare silenziosamente.
Le balze violette e bianche della veste della maga presero a muoversi in preda
ad una frenetica danza e il vento portò con se un rumore azzurro e lucente, lo
stesso rumore che un petalo di magnolia farebbe,
cadendo su un pavimento di cristallo.
Il vento innaturale cessò e Raven uscì dalla sua trance.
« Sydelle, prepara i cavalli. Questa notte partiremo per il Lacus
Temporis. »