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Autore: Whatadaph    28/10/2014    4 recensioni
Il Mondo Magico vive nella pace, almeno finché una serie di eventi misteriosi non giungono a sconvolgere l'equilibrio faticosamente ricostruito nel corso di lunghi anni.
Un Torneo Tremaghi, un incantesimo annullato, oggetti di grande valore trafugati senza un motivo apparente; inspiegabili avvenimenti ed enigmi irrisolti si sovrappongono, conditi con qualche segreto di troppo: segreti che forse sarebbe stato meglio svelare a tempo debito.
I ragazzi di una generazione felice sono destinati a scoprire a loro volta cosa significhi sentire il pericolo sulla propria pelle.
"Hai paura?"
"Sì. Una paura matta."
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Louis Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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23 maggio 2022

Londra, Inghilterra

h 2:03 AM

 

In un giorno di maggio, James Sirius Potter fu svegliato bruscamente alle prime ore del mattino dalla sua fidanzata, che lo scuoteva forte premendo le mani sul pancione.

“Credo sia ora, Jamie!”

“Chiamo subito il San Mungo.”

Alcune ore più tardi, nel reparto maternità dell'Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche, era venuta al mondo una bambina con qualche capello rosso sulla testa e un violaceo visino raggrinzito.

“È identica a te quando sei nato,” osservò estatica Ginny rivolta al figlio maggiore, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla nipotina.

“Tocca a me,” dichiarò Lily, togliendole delicatamente – ma anche con una certa decisione – la neonata dalle braccia. “Ciao, piccola,” sussurrò, soffiando leggermente sul suo minuscolo naso. “Anche se adesso sembri una ranocchia diventerai più carina, non preoccuparti.”

Ginny roteò gli occhi, ma James sorrideva e così Grace, che ancora stremata dal parto li osservava adagiata sui cuscini, attraverso le palpebre socchiuse.

“Vuoi prenderla in braccio anche tu, Al?” chiese Lily al fratello, sogghignando.

Albus, che fissava adorante la bimba, gli occhi verdi spalancati, apparve improvvisamente terrificato. “Oh, n-no,” disse impacciato. “Ho paura di... romperla, o qualcosa del genere.”

Harry, in piedi accanto al figlio di mezzo, sembrava dello stesso avviso. Ginny sbuffò tra sé.

Potter. Quando mai impareranno a gestire le emozioni?

“Non fare l'idiota, Harry,” borbottò. “Hai avuto tre figli, dico io.”

L'Auror si ritrovò costretto ad assentire mentre Grace rideva e Lily gli porgeva la bambina con aria di chi non ammette replica, un sopracciglio inarcato. Ginny si scambiò un ghigno con la figlia, mentre Albus lanciava loro un'occhiataccia e il sorriso di James si faceva sempre più largo.

Harry accomodò la bambina sulle braccia, osservando come apriva e chiudeva lentamente le dita dalle unghie simili a piccole conchiglie rosate. I suoi occhi verdi si soffermarono sulle orecchie, minuscole e perfette.

Più rilassato, sorrise.

“Benvenuta, piccola Clara.”

Ginny sentì il cuore scaldarsi, mentre osservava quella scena che le ricordava il momento in cui erano venuti al mondo i suoi figli: il coscienzioso James, quel combinaguai di Albus, e poi Lily, la sua meravigliosa bambina ficcanaso, che sfoggiava sempre quel suo sorrisetto furbo...

Le parve che gli eventi degli ultimi mesi fossero incredibilmente lontani. Ancora non riusciva a credere che si era sfuggiti per un pelo ad una terza guerra magica e che, da bravi Potter, i suoi figli ci fossero finiti in mezzo. Che Lily fosse stata tanto in pericolo.

Ma d'altronde avrei dovuto saperlo quando mi sono messa con Harry, giusto? Se i Potter non cercano guai...

Si ritrovò a sorridere tra sé, felice. Dopotutto, adesso era tutto finito, e non restava che osservare la piccola Clara, che adesso aveva dato a intendere con un robusto lamento di voler tornare tra le braccia della sua mamma. Ginny sorrise ancora, pensando a quanto, forse più ancora di Jamie, le ricordasse la sua Lily, che appena nata già si dava da fare per far capire ai grandi quello che voleva.

Beh, Grace e James ne avranno di filo da torcere!

 

 

*

 

 

Un piano più sotto, Louis Weasley schiuse con cautela la porta di una stanza privata, infilandosi al suo interno.

Il piccolo ambiente era rischiarato dai raggi del sole primaverile che trapelavano oltre le tendine bianche e dalla luminescenza asettica dei globi illuminati. Lo sguardo del giovane si posò sull'unico letto presente nella stanza, dove giaceva un uomo dalla corporatura massiccia, con i corti capelli neri che accarezzavano il cuscino e il volto riverso, profondamente addormentato.

Di spalle alla porta, su una poltroncina posta di fianco al letto, una ragazza dormiva a propria volta, raggomitolata con le ginocchia strette tra le braccia. La luce fredda dei globi faceva apparire i suoi capelli biondi quasi verdognoli.

Louis ingoiò un sospiro e strinse le labbra, avvicinandosi a lei con passo felpato per non svegliare Marcus. Una volta giunto a propria volta accanto al letto, strinse la spalla di Holly, scuotendola leggermente.

La ragazza si ridestò con un lieve sussulto, che lui percepì distintamente sotto le dita. Sollevò su di lui gli occhi ancora cisposi di sonno. “Louis...” sussurrò rauca, per poi schiarirsi piano la voce.

“Ciao, Holly,” replicò in un mormorio.

Lei sorrise a stento, prima di rivolgere un breve sguardo alla sagoma addormentata di Marcus.

“Oggi è nata la figlia di James,” fece Louis. “Clara.”

Il volto di Holly si illuminò del primo, vero sorriso che le vedeva in volto da oltre un mese. “Finalmente una buona notizia,” disse infatti. “Congratulazioni!”

Louis ridacchiò. “Dovresti farle a James: è sua figlia, non la mia.” Mise su un'espressione pensosa. “Anche se a dire il vero potrei aver prodotto prole illegittima senza saperlo.”

Holly si imporporò in volto e abbassò gli occhi. “Non fare l'idiota.”

“È nella mia natura, dolcezza. Non posso farci niente.”

La vide roteare gli occhi e qualcosa si rimestò dolorosamente nel suo stomaco.

Nel sonno, Marcus emise un sospiro lieve e voltò il capo dall'altra parte.

“Non ci sono cambiamenti, vero?” mormorò.

“Nessuna novità,” confermò Holly, improvvisamente rattristata. “Quasi tutte le altre vittime sono in via di recupero, o perlomeno iniziano ad avere barlumi di memoria. Lui invece niente: il massimo che sono riuscita a ottenere è stata una smorfia quando gli ho sventolato la sciarpa di Grifondoro sotto il naso... Ma non sono certa che sia dovuto a un ricordo. Magari gli ha solo dato fastidio.”

Louis, che in tutto quel tempo non aveva tolto le dita dalla sua spalla, la strinse appena. La mano di Holly si sollevò per posarsi sulla sua, avvolgendolo in una calda stretta.

“Che cosa farai?” le chiese.

Lei scrollò le spalle. “Tra pochi giorni lo dimetteranno... Non ha recuperato la memoria ma la sua salute è stabile. Tornerà nel suo appartamento a Londra...” deglutì.

Louis capì che c'era dell'altro in quella frase lasciata in sospeso. “Immagino che non possa stare da solo,” buttò lì, mentre il suo cuore sprofondava. Sapeva già quale sarebbe stata la risposta.

“No, non può,” convenne Holly. “Naturalmente è in grado di fare tutto, ma la mancanza di memoria potrebbe farlo sentire... spaesato. Il Guaritore Canon dice che è troppo rischioso.” Sollevò lo sguardo su di lui: i suoi occhi erano lucidi e seri; tra di loro passò un torrente di parole non dette. “Andrò io con lui.”

Annuì in silenzio, per nulla sorpreso, anche se avrebbe desiderato esserlo. “Verrò a trovarvi,” promise istintivamente. “Anche tutti i giorni, se avrò tempo. Magari lo aiuterà... Forse potrà ricordare i vecchi tempi.”

Holly sorrise. “Forse,” rispose, guardandolo dritto negli occhi. “Te ne sarei molto grata, Lou.”

Sai quanto tengo a te, completò Louis per lei, felice che non l'avesse detto a voce alta.

Era la fine, dopotutto. E non c'era modo di sapere cosa sarebbe successo se le cose fossero andate in modo diverso... Se la mente di Marcus non fosse stata Oscurata.

I Guaritori hanno detto che comunque è reversibile...

Ingoiò quell'ultimo moto di speranza. In fondo, da qualche parte dentro di sé, aveva sempre saputo quale sarebbe stata la scelta di Holly. Così come la conosceva abbastanza da sapere che non sarebbe tornata indietro.

“Adesso devo andare al lavoro,” biascicò, il cuore dolente. Non desiderava prolungare oltre quel colloquio: era cosciente che sarebbe stata solo un'inutile agonia.

Holly si alzò per salutarlo e lui la strinse tra le braccia, affondando il volto nei suoi morbidi capelli biondi. Non seppe trattenere l'impulso di sollevarle il mento e posare le labbra sulle sue.

Lei ricambiò quel breve, ultimo bacio. Ancora una volta si erano capiti senza bisogno di parole.

“Ci vediamo presto, Holly,” promise Louis prima di lasciare la stanza.

 

 

*

 

 

23 maggio 2022

Sala dei Trofei, Hogwarts (Scozia)

Dopo cena

 

“Bentornata, piccola Potter.”

“Ciao, Christine.”

“Potresti anche risparmiarti quell'espressione funerea ogni volta che mi vedi.”

Lily roteò gli occhi e scoppiò a ridere. “Mi riesce difficile evitarlo, visto che stiamo in punizione insieme.”

L'altra sollevò a propria volta gli occhi al cielo, prima di precederla nella penombra della Sala dei Trofei, con i riccioli bruni che sobbalzavano sulle spalle a ritmo col suo passo.

Dopo due mesi passati a lucidare e scrostare targhe, coppe e medaglie spalla a spalla con Christine De Bourgh quattro sere a settimana con mezzi rigorosamente non magici, Lily pensava di essere stata punita abbastanza. Naturalmente nella brillante idea dei professori di distribuirli in coppie a smaltire il castigo, non solo le era toccato il compito più noioso, ma anche di adempierlo in compagnia di quella pazza.

Certo, non poteva lamentarsi più di tanto – dopotutto a Boot e Lucy era toccato di pulire dai vermi il fegato di drago, giù nei sotterranei – ma neanche faceva salti di gioia, ecco.

Tuttavia, e non lo avrebbe mai ammesso, neanche con una bacchetta puntata alla tempia, si rendeva conto che tra lei e Christine quella che era stata una sorta di alleanza si stava trasformando in qualcosa di fin troppo simile ad un'amicizia... e neanche le dispiaceva più di tanto.

Dopo la baraonda di quella stancante, meravigliosa giornata, lei e Albus erano tornati a Hogwarts in tempo per la loro punizione. Come aveva detto sua madre, dopotutto Harry non era riuscito a sgridarli a dovere perché si sarebbe sentito un po' ipocrita, con tutte le cose che aveva combinato ai tempi della scuola, ma dovevano subire quel castigo fino all'ultimo.

E di certo non mi dimenticherò presto di queste dannate targhe.

Prendendo dalle mani di Gazza solventi, aceto, lucido per ottone e stracci puzzolenti, si scambiò con Christine uno sguardo rassegnato, seppur con il consolante pensiero che quella sarebbe stata la loro ultima punizione.

Il custode le guardò sogghignando, porgendo loro la mano. “Bacchette, prego,” sibilò astioso. “Che a voi sudicie mocciose non venga in mente di usare la magia...”

Lily ingoiò il rospo e gli porse la bacchetta; Christine fece lo stesso. Gazza chiuse la porta della Sala dei Trofei: udirono i suoi passi e il miagolio della sua insopportabile gatta allontanarsi lungo il corridoio.

Sospirò. “Dai, mettiamoci al lavoro.”

Osservò sconsolata le lunghe file di medaglie, chiedendosi per l'ennesima volta come diamine facessero a incrostarsi di tutto quel sudiciume in soli due giorni.

“Devono essere stregati,” borbottò Christine, neanche le avesse letto nel pensiero, prima di dirigersi con decisione verso una grossa coppa ricoperta di polvere, armata di stracci e detersivo.

Lily iniziò a dedicarsi subito alla sua targa preferita, quella dedicata a suo padre e a zio Ron per aver ucciso un basilisco e salvato una studentessa dalla Camera dei Segreti...

Tre ore più tardi, medaglie, targhe e coppe rilucevano splendenti alla fiamma traballante delle candele. Fuori dalla finestra spalancata, era calata una notte particolarmente serena: il cielo blu scuro era punteggiato di stelle e la luna crescente si specchiava sulla superficie del lago, lievemente increspata dal vento.

Christine, dopo aver finito di lucidare la Coppa del Quidditch, aveva allungato verso Lily un pacchetto di sigarette. “Non te ne dovevo una, Potter?”

Senza nascondere il sorriso che le stava affiorando alle labbra, Lily se n'era accesa una e così aveva fatto Christine, e adesso fumavano presso la finestra, lasciando che l'aria notturna assorbisse volute di fumo grigiastro. Come quella volta nel bagno delle ragazze al secondo piano – le sembrava che fosse trascorsa una vita – se ne stavano appoggiate al davanzale, Christine di spalle e Lily rivolta verso il panorama notturno che si allargava sotto di loro, con i lumicini di Hogsmeade visibili in lontananza.

Lily inspirò una boccata di fumo che si fece poi scivolare tra i denti. “Adesso è davvero finita, giusto?” mormorò soprappensiero.

Christine le sorrise enigmatica, con un brillio fugace negli occhi scuri. “Sembra di sì,” rispose lentamente.

Lei lasciò che il proprio sguardo scivolasse sul cielo scuro prima di parlare di nuovo. Prima di porre la domanda che l'assillava da due mesi a quella parte. “Christine, perché hai fatto il Proteus sui galeoni di Gossip Witch? Su tutto il resto ho trovato delle spiegazioni, ma questo...” la voce le si spense in gola.

L'altra si prese qualche attimo di silenzio, prima di rispondere – attimi in cui Lily non le tolse lo sguardo di dosso neanche per un millesimo di secondo, studiando le sue reazioni.

“Ti sorprenderà,” disse poi Christine, “ma la risposta è abbastanza semplice.” Sollevò lo sguardo su di lei. “Georgia Menley è la mia sorellastra. Sono... imparentata con la sua famiglia, abbiamo lo stesso padre.”

Tra tutte le risposte possibili che Lily aveva contemplato, questa non le era mai passata neanche per l'anticamera del cervello. Tuttavia, adesso che lo sapeva molte cose le erano più chiare. La somiglianza fisica di Christine e Georgia, ad esempio. Certi aspetti pressoché identici del loro carattere.

Tuttavia... Tuttavia non aveva ancora ottenuto una reale risposta.

“D'accordo.” Mormorò. “Mi hai sorpresa... Ma perché?”

L'altra fece spallucce. “Sono illegittima. Prima di sposare la madre di Georgia e Anthony, mio padre era fidanzato con mia madre. So che è una cosa stupida, ma... Beh, Georgia mi conosce da sempre, perché passavo con loro le vacanze, anche se pensavano fossi una lontana cugina. Abbiamo scoperto la verità quando ero al quarto anno. Lì per lì mi era sembrata una cosa gravissima e vergognosa... Georgia era andata su tutte le furie.”

Lily credeva di aver capito. “Dunque ti ha minacciata di dirlo a tutti se non l'avessi aiutata con i galeoni.”

In effetti tutto tornava: Gossip Witch aveva iniziato a diffondere i suoi messaggi proprio nel gennaio di quell'anno... Esordendo con una notizia su Rose, come Lily ricordava fin troppo bene.

“Esatto.” Christine fece spallucce. “Ma è acqua passata e Georgia si è rivelata anche più stupida di quanto credessi.”

Lily roteò gli occhi. “Dev'essere una cosa di famiglia, questa di progettare piani geniali, complicatissimi e con una percentuale di possibile riuscita così bassa da essere quasi invisibile...” commentò, consapevole che l'altra non se la sarebbe presa.

“Beh, il mio piano ha funzionato.”

“Solo merito della fortuna. E mio, ovviamente.”

“Dev'essere una cosa di famiglia, questa di pavoneggiarsi senza vergogna...” le fece il verso Christine.

“Senti chi parla!” ribatté Lily ridendo.

Calò il silenzio: udirono distintamente il respiro asmatico di Gazza avvicinarsi lungo il corridoio; più in fretta possibile spensero le loro sigarette e le fecero scivolare tra gli stracci sporchi.

Mentre la porta della Sala dei Trofei si apriva con un cigolio prolungato, si scambiarono uno sguardo di intesa.

 

*

 

 

Due piani più in alto, nei pressi della Torre di Grifondoro, Lucy Weasley era di ritorno dal suo giro di ronda. Sbadigliando raggiunse il ritratto della Signora Grassa: era sul punto di pronunciare la parola d'ordine, quando con la coda dell'occhio colse una figura attraversare il corridoio.

Si voltò di scatto, sfoderando automaticamente la bacchetta.

Una frazione di secondo più tardi, realizzò di starla puntando dritta contro il naso di Leopold Higgs. Non le parve un buon motivo per toglierla di lì, dunque gli si rivolse in tono minaccioso.

“Sei fuori dai dormitori,” gli fece notare.

Il ragazzo sollevò le sopracciglia. “Questo lo sapevo anche da me.”

Lucy strinse le labbra, mentre lo sguardo le scivolava sulla fiaschetta d'argento che il ragazzo stringeva tra le dita. “Quella contiene alcolici?” domandò, sempre senza spostare la bacchetta dal suo naso.

Lo vide sogghignare. “Questo puoi capirlo anche da sola. Quello che non capisco io è perché ancora non sei uscita con me.”

Per camuffare il rossore che le era affiorato in volto, Lucy spostò la bacchetta e la ripose in tasca. “Forse perché sono in punizione da due mesi e mi sono precluse le uscite a Hogsmeade?”

“Sono in punizione anche io, Weasley.”

“Beh, almeno tu non sei costretto a pulire il fegato di drago dai vermi! Hai idea di quanto faccia schifo?!”

“Hagrid fa raccogliere a me e a Malfoy sterco di ippogrifo. Ritieniti fortunata.”

Lucy sbuffò. “Beh, perlomeno il letame sta fermo. Quindi fa meno schifo.”

“Puzza.”

“Anche il fegato di drago puzza, Serpeverde schizzinoso che non sei altro...”

Leopold le rivolse un mezzo sorriso che Lucy si ritrovò a ricambiare. “Dobbiamo litigare su chi abbia la punizione peggiore, Weasley?”

Fece spallucce. “Mi sembra un ottimo motivo...”

Il ragazzo roteò gli occhi e si avvicinò di un passo nel corridoio deserto. Lucy vide con la coda dell'occhio la Signora Grassa strabuzzare gli occhi e scivolare via dalla sua cornice, probabilmente per andare a chiamare la sua amica Violet e spettegolare un po'.

“Complimenti, Higgs,” sbottò improvvisamente stizzita. “Adesso sono bloccata fuori dalla mia Sala Comune. Sei contento?!”

“Sinceramente? Parecchio.”

Si trattenne a stento dal ringhiare. “Idiota.”

Leopold le sorrise. “Questa è l'ultima settimana di punizione, Lucy. Uscirai con me sabato?”

Lucy voleva dire di sì, lo voleva davvero, ma neanche aveva intenzione di dargli subito soddisfazione. Non capiva come potesse piacerle tanto e infastidirla a tal punto al tempo stesso.

“Perché dovrei uscire con te?” replicò acida.

Il ragazzo non fece una piega, il che le fece capire di non essere stata granché convincente.

“Perché te lo chiedo da due mesi,” disse Leopold. “Perché non riesco a smettere di pensarti in ogni singolo istante della giornata. Perché ho passato le ultime otto settimane in punizione con il tuo ex-ragazzo senza lanciargli una fattura. Va bene così?”

Lucy spalancò la bocca per replicare qualcosa, qualunque cosa, ma non fece in tempo, perché Leopold fu velocissimo a baciarla prima che riuscisse a emettere fiato. Si ritrovò a rispondere al suo bacio, stringendosi a lui con il cuore che le batteva come una grancassa contro le orecchie.

“Lo prendo come un sì,” sussurrò il ragazzo contro le sue labbra, prima di sogghignare e allontanarsi velocemente per il corridoio buio.

Lucy rimase lì come una scema per alcuni istanti, prima di trovare le parole.

“Sei un totale idiota, Leopold Higgs!” gridò, ricevendo in risposta una risata allegra.

Quando fu certa che lui non potesse vederla, sorrise.
 

*

 

24 maggio 2022

Parco di Hogwarts, Scozia

Primo pomeriggio

 

 

Albus si asciugò il sudore dalla fronte, mettendo finalmente giù le cesoie. “Beh,” esclamò soddisfatto. “Abbiamo fatto un buon lavoro.”

Sorrise e si allungò in mezzo all'erba verde, smossa appena dalla brezza. Il sole di fine maggio distendeva i suoi raggi sul parco di Hogwarts, preannunciando un'estate particolarmente calda.

Jacob si lasciò cadere seduto al suo fianco, altrettanto grondante di sudore, con i gomiti poggiati sulle ginocchia. Si smosse i capelli madidi che gli piovevano sulla fronte per tirare via gli ultimi rametti e foglie rimasti incastrati, facendo una smorfia nell'osservare i propri vestiti ricoperti di terriccio.

“Non capisco il tuo entusiasmo,” borbottò.

Albus lasciò che il proprio sguardo scivolasse sul complicatissimo intrico di basse siepi che avevano appena finito di potare, circondate da aiuole di fiori colorati, che emettevano sospiri soddisfatti nel tendere i gambi verso la luce del sole. Da otto settimane a quella parte, lui e Jake erano stati puniti con l'obbligo di mettere su – dietro precise indicazioni della professoressa Sprite – un giardino speciale in cui si sarebbe tenuta la premiazione del vincitore del Tremaghi. Nel frattempo la Terza Prova era arrivata e conclusa, con Rose che si era piazzata ad un buon secondo posto, mentre la ragazza di Durmstrang aveva ottenuto il trofeo.

Di per sé – pensava Albus – il compito non sarebbe stato neanche così male, non fosse stato per la fatica di potare tutte quelle siepi e la scarsa collaborazione delle piantine nel farsi travasare nel terreno. Un giorno avevano avuto a che fare con delle Violette Veraci che avevano quasi staccato il suo naso a morsi: la sua faccia si era salvata solo grazie all'intervento di Jake.

Tuttavia, nel vedere il risultato del loro lavoro, si sentiva effettivamente soddisfatto: a vedersi, il giardino non era niente male.

“Mi entusiasma che sia l'ultimo giorno,” replicò, mentre Jake – dopo essersi guardato attorno con aria circospetta – si accendeva una sigaretta. Attese che l'amico gli passasse la cicca e aspirò una lunga boccata. “La punizione è finita.”

“Già, e i miei vestiti sono pieni di terra.”

“Oh, non farne una tragedia...”

Jake gli lanciò uno sguardo indecifrabile. “Non ne faccio una tragedia,” replicò.

Albus sghignazzò. “Meno male che a Lily è toccata la Sala dei Trofei... Avrebbe dato di matto con questo.”

Le sopracciglia di Jacob si inarcarono mentre il suo sguardo si faceva indagatore. “Ha dato di matto lo stesso,” replicò cauto, in tono leggero.

Albus si sentì improvvisamente in imbarazzo. Negli ultimi due mesi lui e Jake si erano comportati in maniera perfettamente normale tra di loro, con l'unico dettaglio che avevano sempre accuratamente evitato l'argomento Lily, in una sorta di tacito accordo.

Nervoso, si tirò in piedi. “Iniziamo ad andare?”

L'altro annuì – ad Albus parve di cogliere una scintilla di gratitudine nei suoi occhi – e si alzò in piedi a propria volta, raccogliendo le cesoie e seguendolo nell'inerpicarsi su per la collina accanto al lago dove avevano portato avanti il loro incarico.

Uno corvo volò sopra di loro, gracchiando nel quieto frusciare del vento sull'erba.

Jake lo affiancò proprio in cima alla collina. “Albus,” disse a mezza voce, posandogli una mano sulla spalla. Al si stupì nel vederlo deglutire, come se non fosse del tutto certo di cosa stava per dire – cosa che, con Jacob Greengrass, non accadeva di certo tutti i giorni. “Volevo dirti che... Ecco, sono contento che tu abbia accettato la cosa, alla fine. Di me e Lily, intendo.”

Adesso Albus era talmente imbarazzato che avrebbe desiderato essere inghiottito dalla siepe alle sue spalle. “Jake, tu sei il mio migliore amico e Lily è mia sorella. La cosa da una parte mi fa infuriare, dall'altra...” rilasciò andare un sospiro a fatica, “... dall'altra meglio tu che un Leopold Higgs qualunque, no?”

Vide l'amico sogghignare. “Direi,” convenne, palesemente sollevato.

Albus era divertito, ma allo stesso tempo sentiva il bisogno di sfogare tutta la rabbia di qualche mese prima... Improvvisamente gli prudettero le mani. “Comunque c'è ancora una cosa che devo fare, Jake.”

L'altro inarcò le sopracciglia. “Sarebbe?”

Si rimboccò la manica del braccio destro. “Non avercela con me, d'accordo?”

Jake parve perplesso: “Ma cos–”

Ma non fece in tempo a finire la frase, perché Albus gli aveva sferrato un pugno in faccia.

Wow, ha quasi perso l'equilibrio. Il pugno migliore che io abbia mai dato!

Jacob si premeva le mani sulla mascella, ringhiando dal dolore. “D'accordo, Potter,” gemette, “questo me lo sono meritato.”

“Per non avermelo detto subito,” puntualizzò Albus soddisfatto, con l'impressione di essersi tolto un grosso peso. “È stato–”

A propria volta non fece in tempo a dire granché, accecato dal pugno che gli era appena arrivato dallo zigomo: il dolore fu così improvviso e inaspettato da non fargli capire assolutamente nulla per una manciata di secondi. Tuttavia si riprese in tempo per vedere Jake massaggiarsi delicatamente lo zigomo.

“D'accordo,” ammise. “Me lo sono meritato anche io.”

Buttò un braccio intorno alle spalle di Jake e con lui si avviò verso il castello, mentre l'altro continuava a imprecare per il pugno, la terra e le dannate foglie nei capelli.

Di fronte al portone di quercia incapparono in Lily, che non appena li vide sorrise allegramente e fluttuò verso di loro, baciando Jake sulle labbra con uno schiocco vistoso.

Albus distolse lo sguardo mentre gli sfiorava la mascella – su cui stava spuntando un grosso livido violaceo – con la punta delle dita. Aveva accettato che stessero insieme, d'accordo, ma vedere certe cose...

“Avete fatto a botte, voi due idioti?” li interrogò Lily con voce supponente.

Si ritrovò a scambiarsi con Jake uno sguardo allarmato. “Ecco... Noi...”

Lei roteò gli occhi. “Beh, se volete presentarvi ai M.A.G.O. così conciati sono affari vostri.” Sogghignò. “Jake, sei carino ricoperto di terra.”

Li salutò con la mano dopo un altro bacio a Jacob, correndo a raggiungere le sue amiche. Albus fece per dire qualcosa, ma nell'osservare l'espressione di Jake nel veder andare via Lily preferì tacere.

Per qualche ragione, gli era venuta in mente Quinn.

 

 

*

 

 

“Produca un Incanto Patronus, signorina Weasley.”

Rose chiuse gli occhi, concentrandosi sui momenti che aveva passato con Scorpius nelle ultime settimane. “Expecto Patronus.”

Dalla punta della sua bacchetta magica capitolò la figura piumata del suo corvo lucente, che descrisse un cerchio in aria intorno a lei prima si scomparire in uno sbuffo argenteo.

“Molto bene, molto bene.” L'esaminatore le sorrise dietro il naso adunco. “Vada pure, signorina.”

Rose si alzò e si diresse verso l'uscita della Sala Grande; era l'ultima per i M.A.G.O. e di lì a poco sarebbe stato il turno dei ragazzi del Quinto Anno che dovevano sostenere i G.U.F.O. di Difesa Contro le Arti Oscure.

Sapeva che fuori dalle porte della sala avrebbe incontrato suo fratello, probabilmente in estrema, inutile angoscia. Così fu: Hugo camminava avanti e indietro lungo il perimetro della Sala d'Ingresso, per la disperazione dei suoi compagni di Casa, ripetendo una formula dietro l'altra in tono concitato.

“Non so niente, Rose!” Non appena la vide, l'agguantò per i gomiti. “Non so niente!”

Lei sbuffò. “Hugo, dalla gioia di tutti i presenti, deduco che tu stia ripetendo ininterrottamente le formule da almeno un'ora. Dunque sai tutto.”

“Ah!” Hugo le sorrise, come se la sua frase fosse stata la più geniale mai pronunciata. “Hai ragione, so tutto. Andrà benissimo.”

Parve improvvisamente rilassato. Iniziò a canticchiare e sorrise ai compagni di Casa, che a dire il vero ricambiarono il suo sguardo con astio. Temendo per la salute del fratello, Rose decise di allontanarlo da lì.

“Ehi, Hugo... Probabilmente sarai uno degli ultimi, che ne dici di andare a farci un giro al parco?”

“Buona idea,” convenne lui, stringendo le labbra.

In silenzio, si incamminarono oltre il portone di quercia, lasciando scivolare i loro passi sulle colline che declinavano dolcemente verso il lago e, più in fondo, l'oscura massa di alberi della Foresta Proibita. Il sole di maggio era ormai a metà strada verso l'orizzonte e aveva preso a tirare una piacevole brezza, che scompigliava i loro capelli sullo sfondo del cielo azzurro denso.

Come se non bastassero tutti i miei nodi...

Si beò del senso di rilassatezza conseguente alla fine degli esami. Il suo sguardo corse sul podio messo su per il Tremaghi, proprio accanto al lago, circondato dalle siepi che Albus aveva potato per quasi due mesi insieme a quel pretenzioso di Greengrass. Era felice che anche quello fosse finito, nonostante non fosse riuscita a raggiungere il primo posto.

Non le importava granché. Essere viva e con tutti i ricordi al loro posto – non le dispiaceva che fossero tornati neanche quelli brutti – era più che sufficiente.

Era bellissimo.

Mentre scendevano in direzione del lago, osservò silenziosamente Hugo per qualche secondo. Il fratello stava visibilmente meglio di due mesi prima: aveva raggiunto un peso forma quantomeno normale e le occhiaie erano svanite del tutto. Le sembrava che il fratello fosse ulteriormente cresciuto, al punto che ormai gli arrivava a malapena alla spalla: con quella zazzera rossa più alta di tutta la testa rispetto alla maggior parte delle persone, era perfettamente riconoscibile anche a distanza.

Tuttavia notò che sembrava pensieroso, come se qualcosa continuasse ad affliggerlo, e non era sicura che si trattasse degli esami.

“Tutto bene, Hugo?” buttò lì. “Si può sapere a cosa stai pensando?”

L'altro fece spallucce. “Solo una cosa che non mi torna.”

Rose aggrottò le sopracciglia, in attesa del seguito. Quando si avvide che Hugo rimaneva chiuso in un recalcitrante silenzio, decise di insistere. “E sarebbe?”

Lo vide sbuffare. “Ecco, ricordi tutti i messaggi misteriosi che qualcuno mi mandava? Le carte, le immagini...”

Rose inarcò le sopracciglia.

Come dimenticarle?

Hugo parve prenderlo per un segno d'assenso, dacché immediatamente proseguì: “Non ho ancora capito chi fosse il mittente. Sono due mesi che mi interrogo su questo, e credevo di essere giunto ad una conclusione, ma...”

“Quale conclusione, Hugo?”

Il fratello scrollò nuovamente le spalle. “Pensavo fosse stata Christine De Bourgh. Mi sembrava la persona più probabile, visto che si è inventata tutto quel piano solo per aiutare tutti, e che alla fine quelle carte mi aiutavano, in qualche modo perverso... Cercavano di darmi indizi, di avvisarmi delle cose che stavano per accadere.”

Rose annuì lentamente. “Ne hai parlato con lei?”

Hugo parve sconfortato. “Il punto è proprio questo. Ho parlato con Christine, chiedendoglielo direttamente. Ma lei ha negato tutto. Dice di non essere stata lei e mi sono ritrovato a crederle... Sembrava davvero sincera ed era proprio stupita quando gliene ho parlato.”

Rose si mordicchiò l'unghia del pollice, mentre finalmente scivolavano sull'ultimo crinale erboso prima del lago, dalla superficie lievemente incrostate di onde, profilate di bagliori cangianti dai raggi obliqui del sole.

Ci pensò un po' su prima di rispondere. “Fai bene a crederle. Se c'è una cosa che abbiamo imparato negli ultimi mesi è che Christine non dice bugie.”

Hugo sbuffò sonoramente. “Ecco il problema. Io le credo. Ma se non è stata lei, allora chi?”

Rose si lasciò cadere a gambe incrociate in mezzo al prato, allargando le braccia perché i fili d'erba le pizzicassero leggermente i palmi e la punta delle dita. Il fratello la imitò, sedendosi al suo fianco con le gambe piegate e i gomiti sulle ginocchia. Si ritrovò a riflettere, osservandolo, che ormai doveva aver superato di parecchi centimetri persino Scorpius, che era sempre stato il più alto del loro anno.

Sospirò, osservando la superficie del lago: la piovra gigante aveva fatto sbucare la punta di un tentacolo in un guizzo, per poi tornare a immergersi lasciando l'acqua increspata da svariati cerchi concentrici, che si allargavano in piccole onde fin quasi in riva.

“Rifletti,” mormorò. “Ricordi cosa ha aiutato te e Lily a capire come erano andate le cose? Tornare sui vostri passi. Al momento in cui tutto è cominciato.”

Hugo aggrottò le sopracciglia, osservandola di traverso oltre le lenti degli occhiali. “Che cosa intendi dire?”

Rose fece spallucce. “Non so, niente di particolare in realtà. Come hai avuto i primi indizi, ad esempio?”

“Me li ha dati–” iniziò Hugo, ma poi si interruppe a metà frase, come faceva sempre quando improvvisamente giungeva ad una conclusione.

Non si stupì più di tanto quando lo vide alzarsi di scatto. “Devo andare, Rosie,” sbottò concitato. “Ho un esame da fare e poi un'altra cosa...” aggiunse tra sé prima di allontanarsi di corsa su per la collina, senza lasciarle neanche il tempo di rispondere.

Diamine, lo odio quando fa il misterioso, pensò Rose.

Rassegnatasi a chiedere più tardi a Hugo che cosa avesse capito tutto d'un tratto, si dispose a pensare a cosa fare adesso: risolse che sarebbe rimasta lì per un po', per godersi un po' la piacevole brezza di fine maggio e la meravigliosa sensazione di essere finalmente libera.

A dire il vero, l'idea di lasciare Hogwarts le metteva un po' di tristezza. Le sarebbe mancato il castello con tutte le sue torri, le passeggiate in riva al lago, le notti in dormitorio, persino le interminabili ore di lezione... Anche perché non aveva idea di cosa avrebbe fatto dopo. Intorno a sé vedeva tutte persone che, se non erano convinte, ne avevano comunque una mezza idea. Lei, invece, non sapeva proprio cosa le sarebbe piaciuto di più. Di azione ne aveva avuta abbastanza per tutta la vita, quindi di fare l'Auror o la Spezzaincantesimi proprio non se ne parlava. Non era mai stata particolarmente empatica, dunque avrebbe dovuto escludere anche un lavoro come Guaritrice. Le piaceva studiare ma non abbastanza da dedicarsi a una qualche branca di ricerca troppo teorica...

Anche pensando alle sue materie preferite non c'era nulla che le tornasse.

Era così immersa nei propri pensieri che non si accorse dell'arrivo di Scorpius finché non lo udì sedersi in terra al suo fianco. Allora si voltò verso di lui e sorrise, prima che il ragazzo si chinasse sul suo viso per baciarla. Subito dopo si lasciò abbracciare e rimasero così per un po', senza scambiarsi una parola, finché Scorpius non disse improvvisamente: “Che cosa ti preoccupa, Rose?”

Lei deglutì. “Niente,” borbottò, osservando un corvo che planava sulla superficie del lago, che ormai il sole iniziava a tingere di arancione. “Stavo pensando che tutti sembrano abbastanza convinti di cosa fare dopo la fine della scuola, mentre io non ne ho proprio idea.”

Scorpius la strinse più forte. “Se ti può consolare, ho il tuo stesso problema.”

“Davvero?!” si distaccò da lui per guardarlo bene in faccia. “Avevo capito che volessi fare il Guaritore.”

Il ragazzo fece una smorfia. “Era l'idea che avevo in origine, forse perché è quello che ha sempre voluto fare Jake...”

Fu il turno di Rose di storcere il naso. Poteva tollerare la presenza di Greengrass, ma per qualche ragione era certa che non le sarebbe mai piaciuto.

“Ma forse,” proseguì Scorpius, “forse non è davvero quello che voglio. Ultimamente ho tante idee per la testa...”

“Del tipo?”

Scorpius sembrò vagamente imbarazzato. “Del tipo che non piacerebbero a mio padre. Mi piacerebbe se la mia vita futura fosse un po'... avventurosa, se capisci quello che intendo.”

“Capisco benissimo,” replicò Rose, scoprendosi con stupore poco sorpresa. “Vuoi fare l'Auror.”

Non era una domanda: non richiese una risposta. Scorpius sorrise, con l'aria di qualcuno che si fosse appena tolto un peso. “Penso che mio padre non la prenderà benissimo. Gli ho fatto già prendere parecchi colpi quest'anno... Continua a ripetere che dovrei essere più prudente, da bravo Serpeverde.”

“Sei molto meno Serpeverde di quanto credi,” borbottò Rose di rimando.

Scorpius scrollò le spalle. “A proposito di padri,” cambiò discorso, chinandosi a darle un bacio dietro l'orecchio, “non ci è ancora venuto in mente come dirglielo.”

Rose intuì immediatamente a cosa si riferisse. “Non è proprio che non mi sia venuto in mente,” osservò. “Diciamo piuttosto che ho accuratamente evitato il pensiero.”

“Dici che la prenderanno tanto male?” fece Scorpius. Ma non sembrava così preoccupato, né interessato alla risposta, dato che continuava a baciarla sorridendo contro il suo collo.

Anche Rose sorrise. “Direi che possiamo parlarne più tardi.”

 

 

*

 

 

Una settimana più tardi

Stazione di Hogsmeade, Scozia

Mattina

 

La banchina del treno era ingombra di studenti carichi di bauli e famigli, l'aria ammantata di vapore e pervasa dal frastuono di valigie spostate e versi di animali, in una confusionaria babilonia di miagolii e stridii sopra i quali dirompeva robusto lo sbuffo della locomotiva scarlatta.

Nell'aria umida e opaca, Hugo Weasley – che già aveva depositato sul treno i suoi bagagli – si diresse a passo sicuro verso una familiare testa castana, facendosi largo a spintoni nella folla di studenti.

“Menley!” esclamò nell'avvicinarsi a Tony, che sentendosi chiamare sollevò il capo verso di lui, sorpreso. Da quando tutta la faccenda della Diablo era giunta allo scoperto, così come le implicazioni avute da Georgia in quanto accaduto, Anthony era sembrato terribilmente depresso.

Era stato sottoposto a una marea di interrogatori, in seguito ai quali era stato reputato innocente, contrariamente alla sorella che era ancora sotto processo. Inoltre, dopo aver saputo che Georgia era stata Gossip Witch, veniva guardato con un naturale, seppure ingiusto, sospetto da tutti quanti.

A dire il vero, Hugo non sapeva quanto quel sospetto fosse poi così ingiusto: Tony poteva pure essere innocente, ma di certo non gli ispirava fiducia.

Ad ogni modo, aveva qualcosa da chiedergli.

“Che cosa vuoi, Weasley?” si vide rispondere a muso duro. Non se ne stupì: dopotutto aveva avuto un ruolo nello smascheramento di Georgia.

“Ho una cosa da chiederti,” disse senza mezzi termini.

“Sarebbe?”

Tony si passò la mano tra i capelli, visibilmente a disagio, guardandosi nervosamente attorno.

Hugo esitò.

“Allora?” lo esortò l'altro.

Fece un sospiro profondo prima di parlare. “Eri tu, vero?”

Si vide rispondere con una smorfia. “Di cosa stai parlando?”

“Lo sai benissimo,” replicò svelto. “A settembre mi hai dato quelle icone Babbane. Hai proseguito tutto l'anno mandandomi carte e indizi.”
 

“Non sono stato io,” fece Tony senza scomporsi, ma dal guizzo della sua palpebra Hugo capì che stava mentendo. Non si era mai sentito tanto stupido in tutta la sua vita.

“Ma certo che sei stato tu!” insistette. “E non solo,” aggiunse, colto da un'illuminazione, “sei stato tu anche a mandare a Rose quel mazzo di narcisi dopo lo svenimento in Sala Grande prima della Prima Prova. Sei stato tu, sei sempre stato tu!”

La gente continuava a passare loro accanto, senza prestar loro la minima attenzione. Nonostante ciò, Tony sembrava a disagio e continuava a guardarsi attorno con aria sospettosa, al punto che Hugo provò pena per lui. Gli sembrava di vedere se stesso appena due mesi prima.

“Perché avrei dovuto farlo?” fece Tony a mezza bocca, digrignando i denti.

Hugo scrollò le spalle. “Questo puoi dirmelo solo tu, Tony.” Deglutì. “Volevi aiutarmi, magari? Continuavi a darmi indizi. A dirmi cosa sarebbe accaduto.”

L'altro abbassò lo sguardo. “Aiutarti, sì,” replicò in tono aspro. “Probabilmente.”

Nell'udire quell'implicita confessione, Hugo si sentì improvvisamente sollevato: finalmente gli ultimi nodi venivano al pettine. Si sentì terribilmente stupido a non aver capito tutto fin dall'inizio.

“Ma non sarebbe stato più semplice dirmi come stavano le cose?” mormorò, mentre Tony continuava a evitare il suo sguardo, salvo poi sollevare di scatto gli occhi su di lui.

Lo vide inarcare le sopracciglia. “Più semplice?” sospirò. “Forse. Io non ero in una situazione semplice. Nessuno di noi lo era. Né io, né Georgia, né Christine...”

Hugo abbassò lo sguardo, sentendosi improvvisamente a disagio a propria volta. “Non ci avevo pensato,” ammise, “ma probabilmente hai ragione.”

“Certo che ho ragione,” replicò Tony. “Solo che nessuno ci pensa, proprio come te. Perché Christine vi ha salvati tutti e adesso è dalla parte dei buoni. Mentre io...”

“Tu hai cercato di fare la stessa cosa.” Mormorò Hugo. Ma con meno convinzione, senza dubbio, aggiunse mentalmente.

Il treno fischiò: ormai era giunto il momento di salire a bordo.

Si sporse verso Tony, assestandogli una pacca sulla spalla. “Devo andare alla carrozza dei prefetti. Scrivimi ogni tanto, d'accordo?”

Non gli lasciò il tempo di rifiutare, dirigendosi di scatto verso il treno, con un sorriso soddisfatto stampato in volto.

 

 

*

 

 

“I Caposcuola non dovrebbero dare il buon esempio, Bernie?” sorrise Scorpius, lasciandosi cadere su di un sedile dello scompartimento vuoto di fronte all'amico.

L'altro sogghignò. “Non sono più Caposcuola.” Diede una spinta al baule per caricarlo sulla reticella, per poi sedersi a sua volta. “E poi volevo godermi l'ultimo viaggio in treno.”

“Tecnicamente sei ancora Caposcuola finché l'Espresso non arriva a Londra,” fece Jake in tono piatto, seguendoli oltre la porta scorrevole dello scompartimento. “Gwyneth ti ucciderà per averla lasciata da sola con tutti quei Corvonero.”

Bernie scrollò le spalle con fare noncurante. “Gwyn non mi fa così paura.”

“Suppongo che difficilmente qualcosa possa farti paura, dato che ti sei messo con Christine De Bourgh.”

L'altro ignorò la frecciatina di Jake, limitandosi a sorridere. Scorpius si sentì improvvisamente malinconico: dopotutto era davvero l'ultimo viaggio in treno. Stavano lasciando Hogwarts definitivamente, adesso, e l'idea di essere catapultato tutto d'un tratto nel mondo degli adulti in parte lo spaventava, nonostante provasse una certa eccitazione al riguardo.

E poi, mi mancherà tutto questo.

Preferì non lasciarsi andare a riflessioni troppo sentimentali. Nonostante avesse il cuore tenero, non aveva senso crogiolarsi in pensieri tristi quando ancora poteva godersi quell'ultimo viaggio nei vagoni di quel treno scarlatto.

La locomotiva iniziò a rollare sui binari: il suo fischio insistente arrivava fin dentro lo scompartimento. Erano partiti. Ben presto la brughiera scozzese cominciò a scorrere oltre i finestrini, sotto un cielo azzurro chiaro appena oscurato da uno spugnoso velo di nubi biancastre.

Si chiese dove fosse finita Rose e si rispose che probabilmente era con Christine e Lily in qualche altro scompartimento, visto che Gwyneth doveva essere nella carrozza dei prefetti.

Poggiò la fronte contro il finestrino, le orecchie colme delle voci sommesse di Jake e Bernie, intenti a parlare di chissà che cosa, finché non udì la porta dello scompartimento aprirsi: sulla soglia c'era Albus, con la gabbia del suo barbagianni sottobraccio e ancora la cravatta a bande rosse e oro annodata attorno al collo. Lo vide entrare, trascinandosi dietro il baule; con uno sbuffo, il Grifondoro si sedette al suo fianco.

Improvvisamente realizzò che l'ultimo viaggio non significava la fine. Intuì che ci sarebbe stato altro, tanto altro; comprese che la vita continuava, che anzi era appena iniziata.

Si rilassò contro lo schienale del sedile, felice, mentre il suo sguardo incrociava quello di Bernard, seduto di fronte a lui. Per qualche motivo, ebbe l'impressione che l'amico avesse indovinato i suoi pensieri, vedendolo sorridere apertamente.

Erano felici, tutti e quattro. Erano vivi.

 

 

 

 

 

 

 


 

Note dell'Autrice

Allora, buongiorno a tutti/e!

So bene di aver di nuovo fatto passare un tempo indecente dall'ultimo aggiornamento, ma vi giuro che faccio del mio meglio. Domani ho due esami ma ho deciso di postare stamattina perché non volevo più aspettare (né farvi aspettare).

Questo capitolo è ufficialmente l'ultimo: seguirà l'epilogo, che spero di pubblicare in tempi brevi, e poi... E poi. Ho già plottato un prequel, ho qualche idea in testa per un sequel. Ma per quest'ultimo non so ben dire quando ci sarà (se ci sarà) perché ho deciso che, se prenderò la decisione di rimettere mano su questi personaggi (cosa che, come ho detto a qualcuno, muoio dalla voglia di fare) non pubblicherò nulla sul sito finché non avrò un buon numero di capitoli scritti, onde evitare terribili ritardi come quelli di quest'ultimo anno. Ho scoperto che se riuscivo a conciliare alla grande scrittura-postaggio con lo studio quando ero al liceo, con l'università faccio molta più fatica; inoltre ho anche diversi progetti per altre cose da scrivere, ma farò del mio meglio per riuscire a fare entrambe le cose, specie perché i personaggi scalpitano per entrare in scena di nuovo.

Bene: si vedrà. Rimando all'epilogo i discorsi strappalacrime, proprio come ho fatto con Gossip Witch.

Sappiate che vi adoro e vi ringrazio davvero per essere ancora qui.

Un bacione <3

A presto!

Daph

   
 
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