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Autore: padme83    28/10/2014    7 recensioni
"Accendi il tuo MP3, mettilo in modalità casuale e fai partire tutte le canzoni che ci sono; scrivi qualcosa che si ispiri a queste canzoni, anche rischiando di rendere i personaggi OOC."
1. Summertime Sadness
2. Northern Star
3. November Rain
4. Lonely Day
5. Personal Jesus
6. Comfortably Numb
7. L'Ultima Thule
"Non dovresti permettergli di guardarti così, con quegli occhi dolci e feroci ad un tempo, che sembrano volerti trapassare da parte a parte, scrutarti fin nel profondo dell'anima, facendoti sentire, in qualche modo, nuda, fragile.
Viva."
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E qui da solo penso al mio passato,
vado a ritroso e frugo la mia vita,
una saga smarrita ed infinita
di quel che ho fatto, di quello che è stato.
Le verità non vere in cui credevo
scoppiavano spargendosi d’intorno,
ma altre ne avevo e, giorno dopo giorno,
se morivo più forte rinascevo.

(Francesco Guccini – L'Ultima Thule)

 

 

 

 

 

18.
Bring me home in a blinding dream,
through the secrets that I have seen.
Wash the sorrow from off my skin
and show me how to be whole again.
Because I'm only a crack in this castle of glass.
(Linkin Park – Castle of Glass)

L'eco dei tuoi passi è lugubre, in questo sotterraneo dimenticato da Dio.
L'umidità prende alla gola, e il freddo, pungente, ghiaccia il respiro e penetra indisturbato nella pelle, nelle ossa.
Nel cuore.
Maledetti. Siate tutti maledetti.
Ti mordi le labbra fino a farle sanguinare.
Che lei sia costretta a trascorrere i suoi giorni circondata da un tanto abominevole squallore è un pensiero che non puoi tollerare; è un pugnale che ti torce le viscere e ti devasta l'animo, alimentando il furore che, come una belva rabbiosa, lotta contro le catene cui l'hai costretto, e scalcia furibondo, cercando disperatamente qualcosa contro cui sfogarsi, una vittima qualsiasi sopra la quale riversare la sua furia disumana.
Riesci a stento a mantenere la calma. Non puoi permetterti alcuno sbaglio, adesso. Sei il punto di riferimento di tutti, e non ti sono concessi errori. Non quando la posta in gioco è così alta.
Lei, ti sta aspettando.
Si trova appena dietro a questa porta.
Ed è proprio nell'attimo esatto in cui, finalmente, puoi inchinarti di nuovo al suo cospetto, che l'intero universo va in pezzi.
Per l'ennesima volta.
Dell'oro che un tempo splendeva fulgido ed arrogante attorno al fine cesello del suo viso non è rimasto nulla, a parte qualche sparuto, candido fiocco di neve – te ne avevano parlato e, per quanto sconvolgente, questo cambiamento, almeno, te l'aspettavi.
Ciò a cui non sei preparato, invece, sono i suoi occhi. Raggianti, determinati, vivi. Non hai dubbi, davanti a te c'è ancora la Sovrana di Francia, in tutta la sua gloria e magnificenza. Seduta su di un umile scranno di legno, ti accoglie con la medesima dignità con la quale, poco più che bambina, illuminava di grazia ogni remoto angolo della Reggia di Versailles.
E accanto alla sua figura regale ti appare vivida, sfolgorante, l'immagine di un'altra fanciulla, un'altra creatura di pura luce che ha amato questa donna sventurata con tutta l'anima, che per la sua salvezza ha rischiato la vita innumerevoli volte, e che non è più qui, a tremare di disperazione davanti allo scempio cui lei stessa – di sua spontanea volontà – ha contribuito, macchiando per sempre col disonore il nome della sua stirpe – il nome di suo padre.
Tua figlia.
La tua più grande vergogna.
Il tuo più grande rimpianto.
Perché sei stato tu – proprio tu –, impartendole l'educazione di un soldato – contro ogni logica e al di là di ogni buon senso, ma sempre convinto nel'intimo di fare la scelta giusta –, a fornirle le capacità necessarie non solo a tradire i suoi giuramenti, ma anche, e soprattutto, a voltare le spalle alla sua famiglia e a te – e solo per andare a morire, in quel maledetto mattino di luglio, sotto alla pioggia di proiettili che il Comandante Delaunay le ha fatto vomitare addosso dai torrioni della Bastiglia.
Se la testa di quel bastardo non fosse stata esposta sopra ad una picca la sera di quello stesso giorno, ci avresti pensato tu, senza troppe cerimonie, a dargli la caccia e a fargliela pagare piantandogli una pallottola in mezzo al cervello.
Tua figlia.
Il tuo più grande orgoglio.
Il tuo più grande amore.
Ed il motivo per cui ti trovi qui, ora, in questa cella buia e sudicia, a tentare di convincere la Regina della necessità di una fuga, prima che sia troppo tardi, prima che la nera scure della Rivoluzione si abbatta inesorabilmente anche su di lei – lei, che è l'ultimo brandello di vita che ancora ti tiene legato al ricordo di tua figlia, uno scampolo di speranza che non puoi permetterti in alcun modo di lasciarti sfuggire dalle dita.
– Maestà, vi supplico, dovete ascoltarmi. –
Farò di tutto per salvarla, Oscar.
E' una promessa.
– Maestà, vi prego, lasciate che vi porti via da qui. –

 

 

 

 

19.
Lend me your desire, take away my pain.
I am liquid fire, it's you that lite the flame.
I'm burning up, burning up, burning up.
I'm burning up, burning up, burning up, burning up.
I'm burning up .
(Scarlett Jane – Burning Up)

Non passi giorno senza chiederti com'è, toccare la sua pelle.
Accoglierebbe fredda le tue carezze – marmo sfiorato da raggi di luna –, oppure ricorderebbe il calore del fuoco, come il tremore che invade il ventre e le vene ogni volta che confondi il tuo sguardo nel suo?
Non dovresti permettergli di guardarti così, con quegli occhi dolci e feroci ad un tempo, che sembrano volerti trapassare da parte a parte, scrutarti fin nel profondo dell'anima, facendoti sentire, in qualche modo, nuda, fragile.
Viva.
A volte ci provi, a capire.
Cerchi di sfiorarlo, per caso, quando, al mattino, ancora assonnato, ti passa le briglie di Caesàr, quando camminate affiancati attraverso i giardini silenziosi di Versailles, quando lo inviti a bere una cioccolata insieme a te, nell'intimità delle tue stanze. Lo segui quasi senza esserne consapevole, incapace come sei di resistere al capriccio sconveniente che ti tortura le dita, a quella voglia impudica che ti toglie il fiato.
E ti infiamma il cuore.
Chissà se si accorge dei tuoi goffi tentativi, dei movimenti inconsueti che sei costretta ad inventarti per portarti appena un po' più vicina a lui.
Come se non lo sapessi, che lui fiuta le tue intenzioni con l'immediatezza di un serpente che saggia gli odori nell'aria.
Chissà se è consapevole della tua presenza muta, mentre, al riparo di una tenda discreta, lo osservi adempiere con calma e attenzione ai tanti doveri che gli comporta l'essere al tuo servizio. Rapita, contempli la curva sinuosa delle sue spalle, la linea perfetta del collo, e ti lasci incantare dai movimenti raffinati e precisi delle sue mani – mani eleganti, forti, che non conoscono fatica nel prendersi costantemente cura di ciò che hai di più caro, che si tratti del benessere del tuo amato cavallo, o dell'efficienza delle tue preziose e fidate armi.
E le immagini scivolare, quelle mani, lente, fra i capelli, sulla schiena, lungo i fianchi, delicate come la seta più fine, audaci e sicure, ammalianti.
Tue.
Il sangue freme violento dinnanzi alle implicazioni che questo pensiero porta con sé, ma non distogli lo sguardo. Non vuoi. Non puoi.
E ancora, la brama che ti coglie quando sei accanto a lui incendia nervi che nemmeno credevi di possedere, assoggettandoli ad un incantesimo dal quale non c'è nessuno scampo, nessuna via di salvezza. E' una malia che intorpidisce i sensi, e si manifesta in respiri che si fanno carne, in sguardi che diventano nodi.
Affondi le unghie nei palmi, fino a farti male, fino a sussultare dal dolore.
E sempre, sempre la stessa domanda, che rimbomba nella testa, che indugia sulle labbra, che ferisce il petto.
Ma com'è, com'è la sua pelle?

 

 

 

 

20.
Here comes the rain again, falling from the stars.
Drenched in my pain again becoming who we are.
As my memory rests – but never forgets what I lost.*
Wake me up when September ends.
(Green Day – Wake me up when September ends)

Non sembra neanche Settembre, su questa spiaggia assolata e sferzata dal vento.
L'ombra dell'ultima lacrima ancora aleggia sul viso di mia moglie, mentre stringe al petto la rosa di stoffa che si porta dietro da Parigi, dono dell'ultima Regina di Francia, il cui valore – per noi inestimabile – non può certo essere sminuito dal paragone con tesori solo all'apparenza più preziosi.
Alla fine, non ci sarà alcun bisogno di tingerla. Il suo candore immacolato custodirà per sempre l'essenza di colei che ne è stata ispiratrice.
Anche Alain è visibilmente commosso; grande e grosso com'è, non può fare a meno di cedere impotente sotto al peso schiacciante dei ricordi, che si rincorrono sui nostri volti in un turbinio incessante di immagini, colori, suoni. Voci.
Tante voci.
Voci gentili, colleriche, appassionate, felici, disperate, fiduciose. Voci di amici che un tempo camminavano al nostro fianco, condividendo le nostre idee, lottando per gli ideali che ci infiammavano il cuore. Voci che fanno capolino tra le pieghe della memoria, vibranti, mai sopite, mai dimenticate.
Impossibili da dimenticare.
Guardo le due croci che, a poca distanza da noi, feriscono il blu dell'orizzonte; la madre e la sorella di Alain, la piccola Diane, sembrano vegliare serene sull'oceano immenso che si infrange ai piedi della scogliera – finalmente in pace, libere, felici.
O, almeno, questo è quello che mi auguro.
Venendo qui, abbiamo reso omaggio anche alle tombe di Oscar ed André. Sono passati anni, ma il dolore per la loro prematura morte non accenna a diminuire. Né in Rosalie, né in Alain, né, tanto meno, in me. Incontrarli sul nostro cammino ci ha inciso il corpo e l'anima come nient'altro nella nostra vita è più riuscito a fare.
Creature splendenti, sono tornate alla Luce cui appartenevano di diritto.
E ben poco ci è di consolazione sapere che, dopotutto, a loro è stato risparmiato lo strazio di vedere la nostra Francia – quella nazione nuova, grande e più giusta per la quale tanto abbiamo combattuto – dimenticarsi dello scopo per cui è nata e saziarsi con le carni della stessa madre che l'ha partorita.
Violenza, terrore, sangue nelle strade.
Visioni calpestate. Speranze perdute. Vite spezzate.
Un incubo dal quale ancora non riusciamo a svegliarci.
No, non era questo il nostro sogno.
Ma solo noi siamo vivi per raccontarlo.

 

 


 

* Ad Euridice, che capirà. <3



 

– FINE –


 



 

Nota:

Buonasera a tutt*!
Sono viva! Forse.
Eccoci giunti alla fine di questa raccolta. Spero che mi perdonerete l'ulteriore, abominevole ritardo con cui aggiorno – ormai non so più che scuse inventarmi XD
Spero che questo ultimo capitolo sia di vostro gradimento, sinceramente non saprei dire se è venuto bene oppure no. Ma tant'è.
Ad ogni modo, lasciate che ringrazi coloro che mi hanno seguita in questo viaggio, supportandomi e sopportandomi nei miei deliri.
Ringrazio quindi giovanna71, Euridice100, LadyAlanna, alga, 1018, sb83, mgrandier e Julie_Julia per aver recensito il capitolo precedente, nonché tutti coloro che, con le loro parole, hanno apprezzato questo progetto. Inoltre, ringrazio jelore, Euridice100, Tetide, LadyAlanna, bienchen, Clayndory, Ninfea Blu, carladerossi, asrai, ladymary13, sb83, Bradamante, Julie_Julia, clovis de jarabas, BelleFrench e andry15 per aver aggiunto la raccolta alle preferite/seguite/ricordate.
Grazie di cuore a tutti i lettori silenziosi, perché siete veramente tantissimi <3
Non so come e quando riuscirò a tornare di nuovo fra voi – da oggi in poi si apre per me un capitolo nuovo ed importantissimo della mia vita, e che porterà in essa parecchi stravolgimenti.
Penso comunque di poter affermare con ragionevole sicurezza che questo non è un addio. Avrete di nuovo a che fare con me :)
Alla prossima dunque!
Un bacio :*

padme

 

   
 
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