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Autore: Summer38    29/10/2014    4 recensioni
[Storia ad OC] [Iscrizioni chiuse][Per la categoria 'Ragazzi' accetto solo personaggi di IE 'normale']
Terra Nascosta è ormai il termine sempre più utilizzato per parlare di una misteriosa terra scomparsa negli anni, abitati da enormi e misteriosi alberi. Si narra che fosse la quinta terra del continente, scomparsa dopo una grande catastrofe. Molte sono le teorie ma pochissimi sono coloro che giurano di averla vista, nascosta da uno scudo impenetrabile di alberi. È qui che comincia la nostra storia, che affonda le sue radici nella storia di una catastrofe, che si dirama fino ad un'arcana profezia e tocca persino una strana gemma, fonte di poteri ricercati in tutto il mondo. Quando una misteriosa ragazza albina richiamerà degli aiutanti dalle altre quattro terre del continente, la storia prenderà una piega pericolosa.
Benvenuti a Terra Nascosta, un luogo dove il passato s'intreccia al presente con la speranza di creare un futuro migliore.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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ho difficoltà nel ricordarmi tutti gli oc e i loro creatori,

quindi vi chiedo cortesemente di lasciare una recensione scrivendomi:

> il ragazzo scelto per fare da compagno alla vostra OC (in caso di “doppione” il ragazzo andrà alla prima che lo ha richiesto);

> il nome del vostro OC (tipo: “Anri Kisaragi è la OC di Summer38”)

Grazie per l'attenzione.

Capitolo II

 

Naoko si aggirava furiosa per la foresta, cercando di non perdere l'orientamento che aveva

lentamente acquistato stando in mezzo agli alberi per quelle che le sembravano ore. Il freddo gelido che l'aveva accolta appena sveglia sembrava essere scomparso e il calore aveva ripreso il suo corso, rendendo il suo corpo una vera e propria fornace. Ricordava chiaramente cosa avevano detto quelli dell'Accademia: la resistenza al calore non è altro che il fuoco stesso che circola nel vostro corpo, capace di rendervi insensibili allo stesso elemento che controllate. Ed era sempre per quello, per le fiammeggianti lingue rosse che dominava, che tutti avevano iniziato ad allontanarsi da lei. Alcuni, i suoi più cari amici, erano rimasti al suo fianco, ma anche loro non potevano nulla contro quello strano potere. Lei era diversa e, per quanto si sforzasse di apparire come tutti gli altri, nessuno avrebbe mai capito seriamente che cosa provava. Certo, anche il suo carattere aveva allontano le persone, ma la scoperta dei poteri era stato il vero e proprio colpo di grazia. Se si trovava in quel posto, si diceva, ci doveva essere un motivo. E se quello era il frutto di un banale scherzo, tutti quanti l'avrebbero pagata. Stranamente, la rabbia non era ancora sbollita e la rendeva ancora più energica, capace di sprigionare un vero incendio. Decise, però, di non rivelare completamente la sua posizione bruciando tutto quanto, anche perché non le sarebbe piaciuta l'idea di cercare un corso d'acqua per spegnere le fiamme. Non soffriva il calore e non si scottava, ma il fuoco poteva essere pericoloso persino per una che lo controllava.
Superò l'ennesimo albero e spalancò gli occhi, completamente sorpresa dallo spettacolo che aveva davanti. Poco lontano da lei c'era un fiume largo e abbastanza profondo per nuotarci con tutta tranquillità; l'acqua limpida e probabilmente fresca gorgheggiava sui sassi, intonando una strana melodia che la faceva rabbrividire, riportandole alla mente ricordi che aveva sperato di dimenticare negli anni. Cercò di spostare gli occhi e con sollievo ci riuscì, cercando di trovare una via di fuga. Ci doveva essere un sentiero che collegava quel posto alla collina che intravedeva, se lo trovava poteva utilizzarlo per vedere dove si trovava esattamente. Si fece forza e decise, anche se controvoglia, di costeggiare il fiume. Fu allora che dalla folta vegetazione dall'altra parte del fiume comparve una ragazza. I lunghi capelli corvini dai riflessi verdastri erano lasciati sciolti e ricadevano morbidi fino ai fianchi, una frangetta asimmetrica ma carina cercava inutilmente di coprire gli occhi verde bosco e per evitare che altre ciocche ricadessero sul volto ovale portava anche una sottospecie di tiara verde. I vestiti erano strani e ne aveva visti davvero pochi di simili. Indossava infatti uno cheongsam verde ricoperto da un'armatura di legno in stile samurai e dei pantaloncini dello stesso colore del cheogsam. Dal suo aspetto e da come era vestita sempre in tutto e per tutto una karentiana, ma qualcosa gli diceva che non veniva nemmeno da quella nazione. «Oh, ti sei risvegliata! Cassandra ne sarà davvero felice» esclamò allegra la ragazza e una vocina, nella testa di Naoko, le suggerì che quello non era l'accento dei karentiani. Le sue parole, però, avevano risvegliato la rabbia che era stato scacciata dalla paura di ritrovarsi vicino a quel corso d'acqua e invano cercò di ragionare. Al momento la sua testa ragionava solamente tramite la furia che era nata dal ritrovarsi in un luogo differente da quello in cui si era assopita ed era stata nutrita da quell'improvvisa e apparentemente ovvia idea di uno scherzo. Cassandra, chiunque ella fosse, sarebbe stata la seconda che avrebbe trovato ed era pronta per dirle più di due paroline. Fece sfregare tra di loro le mani e subito il freddo gelido tornò, come se il fuoco fosse un nemico che persino il suo corpo cercava di schiacciare. Sì, quel posto proprio non le piaceva. La ragazza appena giunta da chissà quale luogo la fissò incredula, distogliendo subito dopo lo sguardo dalle fiamme per concentrarsi sugli occhi grigio tempesta di Naoko. Questa, infine, intese quell'incrocio di occhi come la conferma di partecipazione alla rissa che stava per scatenare. Intensificò le fiamme per schiacciare il freddo che l'aveva attanagliata e finalmente riuscì ad avvertire, seppur in lontananza, il caldo tepore che le nasceva spontaneo ogni qualvolta che sprigionava “scintille”. Il suo corpo prese sfumature rossastre come se stesse per venire inghiottito da un vero incendio e Naoko si rese conto che avrebbe dovuto mettere KO quella sconosciuta prima di terminare le energie. Si buttò in avanti e raggiunse in poche falcate il fiume, scacciando via la paura che l'aveva assalita un'altra volta. Doveva attraversalo, sentiva il bisogno di vincere quella sfida tra lei e la sconosciuta, incapace di capire il motivo di quella rivalità. Ad occhio e croce, aveva pensato, dovevano avere la stessa età. Ma lei sembrava in qualche modo estranea alle persone che aveva conosciuto durante gli anni della sua vita. All'Accademia aveva potuto incontrare persone di tutte le altre nazioni, ma lei – anche se assomigliava innegabilmente ad una karentiana – non era come quelle altre. Qualcosa la rendeva diversa. Quel pensiero la rese ancora più concentrata e, ardendo di combattività, spiccò un salto pronta per atterrare dall'altra parte. In situazioni normali non ci sarebbe mai riuscita, il fiume era troppo largo per un singolo salto ma spingendosi con i suoi poteri riuscì ad atterrare in piedi, muovendosi subito dopo per riprendere una posizione di guardia. Alzò gli occhi tempestosi e la squadrò, studiandola ancora un poco. Se indossava quella specie di tunica-armatura ci doveva essere un motivo e quello non doveva essere la moda o qualcosa di simile. Dal portamento fiero sembrava capace di fare di tutto e di più, ma qualcosa le diceva che dalla sua aveva il dominio. Quella ragazza non aveva alcun tipo di potere e quella era la sua carta vincente. Fece fluire una buona parte del suo calore corporeo – sentendo subito le prime fitte di freddo – alle braccia, fino ad arrivare ai pugni stretti. L'acqua proprio non le piaceva, ragionò, ma in lei viveva la pericolosità del fuoco e come dominatrice di quell'elemento imprevedibili e feroce, lei doveva combattere e voleva vincere. Un sorriso si disegnò sulle labbra carnose mentre si lanciava contro la rivale, la camicia rossa che svolazzava nell'aria per la velocità con cui si muoveva. “Con un solo colpo” pensò decisa mentre caricava agile e potente, pronta per vincere l'ennesima sfida che si era proposta quasi da sola. Il suo pugno sembrava inarrestabile e consumava i centimetri che lo separavano dall'altro viso con velocità, agognando il momento in cui si sarebbe mosso in alto per segnalare la sua vittoria. Ma qualcosa andò storto. La nuova arrivata, giunta da chissà dove e amica di una certa Cassandra, si accucciò improvvisamente su sé stessa, facendola sbilanciare e non perse tempo. Con una velocità dettata solamente dall'allenamento la corvina toccò le sue braccia e subito dopo le sue gambe, ricercando e toccando con forza i punti di pressione, così tranquilla da apparire inquietante agli occhi di Naoko. Il suo corpo s'irrigidì e poi sembrò rilassarsi, come se le articolazioni si fossero trasformate improvvisamente in cera fusa. Sentì il gelo tornare ad abitare nel suo corpo, il fuoco che se ne andava anche se non volontariamente e infine avvertì una sorta di dondolio, che era nato sicuramente dal suo corpo. “Il 'chi' controlla le nostre capacità, quando questo flusso viene bloccato, il corpo reagisce perdendo istantaneamente la capacità di dominio e\o di attaccare. I maestri di questa speciale disciplina sono pericolosi, infatti sono capaci di bloccare le capacità di attacco e di difesa di tutti coloro che si mettono sulla loro strada. Per utilizzare questa tecnica ci vuole una grande precisione – un tocco sbagliato e si potrebbe compromettere tutto il corpo – e una velocità senza parti. Per voi, che avete ricevuto in dono i poteri, sono ancora più pericolosi. State lontano da coloro che hanno queste capacità, è per il vostro bene” quelle poche e brevi frasi uscirono dal limbo dei suoi ricordi e lei si ricordò di quanto fosse pericoloso quella tecnica. Aprì la bocca per tentare di dire qualcosa ma le uscì solamente un vero strozzato che sembrava sia di disappunto che di orgoglio ferito, poi il suo corpo perse tutte le energie rimaste e si ritrovò ad indietreggiare ancora, dondolando. La vista le si annebbiò e crollò all'indietro, svenendo subito dopo aver toccato terra. Riuscì ad avvertire, però, l'acqua che le scorreva intorno e si chiese perché, tra tutti i posti possibili, fosse appena caduta nel fiume. Ma non trovò risposta e non avvertì nemmeno le imprecazioni della corvina che la riportava sulla riva e che invoca furiosamente il suo esercito, chiedendo aiuto.
 

* * *

 

Aprì gli occhi e, almeno nella sua testa, imprecò. Si trovava in una terra piena di alberi ma questo non le importava: il problema, al momento, era quello di trovare un libro da leggere. Perché Yuriko aveva appena trovato un luogo perfetto – silenzioso, solitario e tranquillo – ma non aveva in mano il passatempo perfetto. E per quello si maledì, chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritare una tale sfortuna. Poi ragionò – tanto, forse troppo – e decise di muoversi. Se i libri non andavano da Yuriko, Yuriko sarebbe andata dai libri. E quindi si alzò, i vestiti che frusciavano ai suoi momenti e l'idea di trovare un'ipotetica biblioteca in mezzo agli alberi. Non era molto probabile ma, ehi, aveva vissuto per qualche tempo all'interno di una gigantesca casa divisa in quattro parti -una più pericolosa dell'altra, tra l'altro. Ricordava bene come fosse quasi impossibile vagare per la casa senza beccarsi una fiammata o un sasso in faccia, talvolta si veniva anche spinti da una folata di vento imprevista o bagnati che neanche dopo una doccia si trasudava così tanta acqua-, una biblioteca nel nulla non era nemmeno l'idea più stramba passatagli per la mente durante gli anni. La kareniana sbuffò e si guardò meglio intorno, attingendo all'energia della terra per sondare il terreno. Non era la migliore con quel “radar”, ma aveva ben presto capito come avvertire i passi delle altre persone. Ed effettivamente avvertiva qualcosa, non molto lontano da lei. Passi tremanti e strascicati, che si sforzavano di essere silenziosi ma che non ci riuscivano. Sicuramente, si disse, non appartenevano alla sua nazione o a quella della aria – la voltafaccia, la lunatica Yula. Restavano due opzioni, l'una peggiore dell'altra. Sperò almeno di incontrare una coetanea di Iroka, la nazione che più le stava simpatica dopo la sua. Per quanto potesse starle simpatica una persona, ovviamente. Da quando aveva memoria Yuriko non aveva mai amato molto le persone, preferiva rimanere nel suo mondo di carta e inchiostro, immaginando mondi dove non doveva lavorare incessantemente per far vedere che lei era lei, con o senza poteri. Ma adesso non era il momento di perdersi in pensieri leggermente misantropi, doveva conoscere quello sconosciuto e... tutte le sue buone intenzioni si frantumarono quando avvertì i passi farsi più vicini e ancora più rumorosi. Yuriko immaginò la sua situazione in un libro: una giovane protagonista che, senza più libri, si ritrova con una vena pulsante di fastidio sulla tempia pronta per esplodere. Rabbrividì pensando che non era proprio una bella scena, ma il pensiero scappò così veloce da farla sentire una yuliana – brividi, tanti brividi s'inerpicarono su per la sua colonna vertebrale causandole brividi. La mancanza del suo passatempo – il termine droga le sembrava più appropriato, però – le stava causando più danni di quanto pensava. Il nervosismo fu tale da provocarle il bisogno estremo di graffiarsi leggermente le mani, un tic che aveva sin da bambina. Poi si tolse dagli occhi verdi e grigi una ciocca di capelli rossi – i kareniani si che avevano la più vasta tonalità di colori, altro che le altre nazioni! - e si preparò ad un possibile e non evitabile combattimento con Passi-pesanti. Chiuse gli occhi, concentrandosi per richiamare le rocce dal terreno e dopo qualche secondo avvertì la terra tremare, pronta per far saltare in aria i nemici. Respirò profondamente e attorno a lei si creò un piccolo cerchio di rocce, appuntite e pericolose come non mai. Ricordò quanto ci fosse voluto, all'Accademia, per imparare un trucchetto del genere. Era stata una delle allieve più brava, ma nonostante tutto quel trucchetto le riusciva ancora difficile. Passi-pesanti si avvicinò ancora e l'avvertì entrare nel suo raggio d'azione, conquistando il primo posto per venire infilzata da un masso volante – le ricordava la fine di un personaggio in un libro e il ricordo le provocò un sorriso malcelato –. Poi il nemico inciampò e crollò per terra, urlando in modo molto femminile e famigliare allo stesso tempo. «Tu...?» mormorò fissando la ragazza che era caduta, riconoscendola dai grandi occhi color pervinca che la fissavano, spaventati. Sembrava un animale in trappola. «Non mi uccidere! Non ti ho fatto nulla di male, cosa vuoi da me? Perché mi hai portato qui?! Non ho soldi, non ho nulla!» urlava intanto lei, spaventandosi ancora di più quando Yuriko le si avvicinò, tranquilla e fredda come un sasso nella corrente. Le appoggiò le mani sulle spalle e la tenne ferma quando l'altra cercò di sfuggirle, fissandola e studiandola come se fosse uno dei suoi libri. «Hiruri, smettila. Sono io, sono Yuriko» disse dopo qualche secondo, stufa delle idee balzane che la conoscente le sparava addosso. La nuova arrivata sembrò calmarsi al richiamo e gli occhi, ormai pieni di lacrime, sembrarono riprendersi. «Y-yuriko? Che ci f-fai qui?» balbettò incerta, cercando di ritornare in piedi. La rossa notò che aveva le ginocchia sbucciate e pensò che probabilmente era caduta almeno una decina di volte. «Non lo so, sono nella tua stessa situazione. Ma, dannazione, calmati» le disse e l'altra sembrò tornare quella che conosceva: una fastidiosa e finta allegra che aveva conquistato, seppur duramente, la sua attenzione – tutto per colpa di un libro raro, Yuriko non sapeva se odiarla o ringraziarla per averle osato parlare. Hiruri le spiegò la sua situazione, narrandole che si era svegliata improvvisamente in quel posto e che aveva camminato per – troppo – tempo alla ricerca di qualcuno che l'aiutasse. La rossa si perse nei suoi ragionamenti verso la fine, congratulandosi di aver resistito da abbandonare la sua conoscente (e forse amica) già dai primi minuti del racconto. Quando si erano incontrate la prima volta, all'Accademia, non si erano considerate e Hiruri si era dimostrata una ragazza allegra e amante delle chiacchiere. In poche parole il suo contrario, visto che lei preferiva restare in silenzio e non essere interpellata. Nessuno avrebbe scommesso mezzo soldo bucato su loro due come compagne e semi-amiche, ma in qualche modo avevano trovato piacevole la reciproca compagnia. Yuriko aveva accettato la strana natura dell'altra ragazza e Hiruri, dal canto suo, era stata felice di non essere più sola. Erano opposti, i loro elementi non collaboravano neanche tanto ma era una compagnia piacevole, seppur più raramente di quanto lei stessa volesse. E se qualcuno – chissà chi – le aveva trascinate entrambe in quella foresta – acqua e terra assieme, a che diamine servono? - doveva avere uno schema ben in mente. «Andiamo» disse decisa, interrompendo il flusso di paranoie dell'altra. «Abbiamo qualcuno da scovare» la sua stessa frase, più tardi, le diede i brividi. Ora non aveva tempo per la lettura.

 

* * *

 

«Mi dici come diamine hai fatto?!» il giovane dai capelli rossi continuava ad urlarle contro domande di vario genere e Anri si chiese se tirargli un calcio al basso ventre fosse una buona risposta. L'altra ragazza, cui occhi verdi cercavano di farla sentire in colpa, afferrò il ragazzo e lo portò a distanza di sicurezza, avvertendo chiaramente che le cose non sarebbe finite bene. La mora sbuffò e si alzò in piedi, togliendosi la polvere dai vestiti verdi. «Hiroto, ti pare giusto farmi una sfuriata? Sono o non sono la comandante? Dovrei licenziarti sul momento! E Rushe, almeno tu, compagna d'esercito e di stanza, non togliermi l'unica soddisfazione che questa lavoro ancora mi porta!» esclamò in risposta Anri e tutti i presenti sospirarono, ormai abituati alle manie violente della loro comandante. Rushe si sistemò meglio i capelli biondi e la fissò, provocandole dei brividi lungo la schiena. Quando si era risvegliata, i suoi occhi erano stati così opachi e vuoti che aveva sognato per giorni di diventare cieca, spaventandosi ogni volta che la compagna le parlava. Un giorno la bionda le aveva detto che da piccola aveva visto tutto e che quello le era bastato, ma Anri aveva sempre percepito una grandissima malinconia nelle sue parole e non aveva trattenuto la sua gioia quando Cassandra aveva deciso di donare nuovamente la vista alla giovane Rushe. «Sai benissimo che non sei l'unica Comandante, Anri. E ora, da brava, spiegaci cosa diamine è successo» disse tranquilla la ragazza dagli occhi smeraldini, irritandola e spaventandola allo stesso tempo. Ricordava vagamente l'ultima volta che Rushe si era arrabbiata e non ci teneva nuovamente a vedere lo spettacolo, non contro di lei almeno. Decise quindi di rispondere e osservò attentamente la ragazza che aveva accanto. I capelli castani sembravano prendere un po' di sfumature rossicce e la pelle era poco abbronzata, nonostante fosse nata nella nazione del calore. Al momento, poi, era ancora più pallida per colpa dei colpi che aveva disseminato in buona parte del suo corpo, che avevano bloccato il flusso di potere e d'energia, piegandola senza alcuna fatica. Essere sottovalutata, si disse, certe volte era proprio un bene. «Questa mattina mi sono svegliata poco dopo Anthea e ho deciso di andare sulla collina, per osservare l'alba e tutte quelle cose lì» si guardò intorno come se sfidasse qualcuno a ribattere. «Poi ho deciso di voler fare il primo giro di ronda e vi ho lasciato un bigliettino – indicò con un gesto del capo il foglio –. Sono partita e ho preso il sentiero che porta al fiume – uno di quelli più visibili, quello che si intravede poco dagli alberi ma tanto dalla collina – dove ho incontrato la ragazza. Sembrava terrorizzata dall'acqua o almeno così mi è sembrato, perché appena mi ha visto e ha sentito le mie parole si è mostrata subito furiosa» prese fiato e si guardò intorno, rendendosi conto di aver catalizzato tutta l'attenzione. Si sentì un poco in imbarazzo ma continuò. «Si è strofinata le mani – mimò il gesto con naturalezza – e si è acceso il fuoco, da questo deduco che sia di Iroka, nonostante l'aspetto atipico. L'intensità delle fiamme è aumentata e ho pensato che fosse per il gelo, sappiamo tutti quanti quanto gli alberi siano sensibili al calore eccessivo. Ma questo non le è bastato, infatti si buttata verso di me. Sappiamo tutti quanti che in velocità e agilità sono la migliore – cori di “sì, sì” e “viva la modestia” la raggiunsero ma li ignorò – quindi ho aspettato l'ultimo momento, mi sono accucciata per terra e ho fatto la mia mossa speciale. Sai, Hiroto, quella che ti blocca il dominio e ti fa dondolare avanti indietro, per poi farti svenire – quella tocco le braccia e tocco le gambe e poi BUM!, presente?» la spiegazione non era romanzata ma sembrava improbabile e Anri se ne rese conto appena terminata la frase. Ma fece spallucce e cercò di riprendere il filo del discorso. «La ragazza qui presente è scivolata all'indietro ed è caduta per metà dentro al fiume, il suo corpo si è irrigidito subito quindi penso fosse ancora sveglia. Poi è svenuta e sono corsa in fretta da lei, tirandola fuori. Poi sono venuta qua e... la storia la sapete, suvvia» finì con un leggero sospiro, come se tutto quello fosse completamente inutile. Lei e l'altra erano lì, che diamine importava il perché e il per come? Ma gli altri non sembravano della sua stessa idea. O meglio, Hiroto e Rushe si agitavano preoccupati, Shirou fissava attentamente la nuova arrivata come se fosse una mappa e gli altri guardavano Anri come se fosse un strana forma umanoide venuta dallo spazio. Poi tutti quanti si bloccarono avvertendo la morsa gelida che avvolgeva coloro che portavano il fuoco o che lo creavano, una sensazione che faceva venire i brividi e che era nata, molto probabilmente, dagli alberi. «Oh, è appena terminato l'effetto» sibilò piano Anri, mentre gli altri fissavano sgomenti la ragazza svenuta raddrizzarsi e aprire gli occhi, scrutando tutti quanti con i suoi grandi occhi grigi. «Io sono sveglia e vorrei capire cosa diamine sta succedendo» affermò passando dalla sorpresa di trovarsi quasi accerchiata alla curiosità. Poi si accorse di Anri e i suoi occhi si fecero taglienti e scuri, trasformandosi in una tempesta in miniatura. Disse: «E tra noi, mia cara, non è ancora finita», facendo affiorare un sorriso divertito alla giovane. Le cose si stavano facendo divertenti.

 

* * *

 

Anthea sospirò, rendendosi conto che le cose non sarebbe state facili. Affianco a lei camminava Takehiko, che si era lasciato convincere dalle sue parole solamente dopo diversi minuti di spiegazioni e domande. Aveva dovuto spiegare chi era Mahor, chi era Cassandra, chi era lei e perché aveva quegli stranissimi segni sul corpo. Poi gli aveva dovuto dire perché lui si trovava lì, immerso in un luogo che per un cieco non era proprio ottimale – Anthea ricordò di essersi arrampicata sugli specchi per quella domanda, per poi uscirsene con un sommesso “ma se ti muovi meglio te” che aveva fatto riempire di malcelato orgoglio il ragazzo permettendole di fargli fare alcuni metri in direzione del castello e, quindi, del re. Si era subito resa conto che quel ragazzo, seppur apparentemente banale e freddo, nascondeva un grande orgoglio e un immenso amore per gli apprezzamenti. Non ci aveva messo molto per capire che lui era uno dei due dominatori della terra e che l'altro – o l'altra – doveva essere nei paraggi. Aveva letto qualcosa sugli abitanti di Karent, ma non aveva nemmeno tentato di inquadrare quel ragazzo con le basi fornite dai vari libri. Takehiko sembrava troppo diverso per essere catalogato e si disse che quello non era che un pregio. «Avverti qualcosa?» gli chiese tranquilla, camminando leggera come sempre e in modo da farla sembrare un “yuliano”, come le aveva detto Takehiko al loro incontro. Al momento, quella definizione le aveva ricordato un vero e proprio insulto. L'altro si strofinò le mani e annuì, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio. Anthea si era quasi abituata agli occhi spenti di Takehiko ma non poteva non farsi venire i brividi ogni volta che vedeva le iridi vuote, che le ricordavano tantissimo Rushe. Solo che, al contrario del primo, la ragazza dai capelli biondi aveva ritrovato la vista. «Molto lontano da qui percepisco dei passi pesanti e dei passi più strascicati, come se qualcuno venisse trascinato via dall'altro. Ci sono altre due persone – passi frettolosi e passi... sembrano stanchi – molto poco lontano da qua. Ci siamo noi due e poi...» un rumore dietro di loro lo fece fermare dal suo discorso e Anthea vide il suo corpo irrigidirsi, come se avesse sentito qualcosa di brutto. Lei, d'altra parte, non sentiva nulla. I suoi poteri non avevano la modalità “radar” incorporata e si sentì un po' inutile. Poi si voltò e incontrò due occhi grigio-azzurri incastonati in un viso quadrato e incorniciato da lunghi capelli quasi albini, che la facevano sembrare un fantasma abbinati alla pelle pallidissima. Il Fiore e la ragazza si assomigliavano, ma Takehiko non poteva saperlo. D'altra parte, però, percepì la provenienza della giovane. «Tu sei di Yula» mormorò al suo posto Anthea, facendo scorrere il suo sguardo sul vestito elegante e sui guanti che la yuliana indossava. L'altra annuì e chissà come Takehiko lo intuì, facendosi ancora più ombroso. «Sono Hisoka Nobunaga e vorrei sapere il motivo della mia presenza qui» disse e la sua voce suonò malinconica, come il suono di uno strumento ormai spezzato che cerca di ricordare come fosse essere ancora intero. Anthea si preparò per ripetere il discorso che aveva fatto a Takehiko ma qualcosa la interruppe. «Gradiremmo sapere anche noi che cosa diamine succede, grazie» una seconda voce, anche questa femminile, sopraggiunse da un albero poco lontano da lì. Poi due ragazze – una con i capelli rossi e l'altra castana e assolutamente normale – si avvicinarono veloci e silenziose e si unirono al gruppetto appena creato. Il “Fiore” sospirò, pensando che le cose non potevano peggiorare.

 

* * *

 

Riri non era mai stata al centro dell'attenzione e quella era stata la causa principale di tutti i suoi guai. Più disastri causava più persone le giravano intorno, ma ogni volta che la novità finiva si ritrovava ancora una volta senza nulla in mano. Era stato l'inizio di un circolo vizioso: lei faceva un danno e le persone arrivavano, poi ne faceva un altro molto più dannoso e via dicendo. Ora, seduta su un ramo, si guardava intorno alla ricerca di qualcosa di veramente bello da fare. Niente attirava la sua attenzione e quello la preoccupava, perché era come se avesse finito tutte le novità. E quello non le piaceva. Si schermò gli occhi con una mano e ammirò il paesaggio che vedeva dalla sua posizione. Si era arrampicata diverse volte per vedere la sua posizione ed ora era vicina alla collina senza alberi, anche se non sapeva se era un bene o un male. Si alzò e dondolò avanti e indietro sul ramo grande abbastanza per sostenerla ma non così largo da tenerla mentre si muoveva, dimostrando un grandissimo equilibrio che le permetteva di non mettere mai male un piede. “Potrei scappare con il circo” pensò “magari questo attirerà l'attenzione”. Ma per superare un avvenimento così grande avrebbe dovuto distruggere o uccidere qualcuno e non ci teneva molto. Sospirò e decise di giocare un poco. Al posto di buttarsi, però, preferì spiccare un portentoso salto che, con l'aiuto dei suoi poteri, le permise di arrivare sopra all'albero stesso. Era sopra il mare verde e poteva quasi nuotarci, tanto questo era vasto e le foglie numerose. Ma poi si disse che non era il momento di nuotare e che doveva raggiungere la collina. Quindi si mise – metaforicamente – le gambe in spalla e iniziò ad attirare le correnti aeree per spostarsi. Non era propriamente volare ma non era neanche una camminata fatta tanto per. Stava galleggiando e la cosa le andava più che bene, ecco.
Quando, infine, arrivò alla base della collina, si stupì di trovare altre persone – tutte più o meno pazze quanto lei – che si urlavano addosso tirandosi... delle tazzine da tè? Riri si strofinò gli occhi. Che cosa si era persa?
 

Angolino dell'Autrice

 

Benvenuti, benvenuti.

È passato più di un mese dall'ultimo capitolo postato e come potete vedere alla fine sono ritornata qua nel fandom. Il problema non era nella scrittura – i capitoli già scritti sono abbastanza – ma piuttosto si è dimostrata fatale la fase di betaggio – una sfida ardua per la mia adorata mogliettina Alle, che è stata sfinita dalla scuola e dalle mie sei pagine di capitolo. Tuttavia alla fine sono arrivata e vi ho potuto mostrare il mio capitolo preferito, dove succede di tutto e di più. Ma tralasciando questi dettagli... Come sta andando? Vi ho lasciato che ancora la scuola non era iniziata e sono curiosa di sapere come sta andando! Qui tutto bene, il liceo mi piace e ho abbastanza tempo libero, quindi sono molto felice. Inoltre ho iniziato Psycho-Pass (di cui guardo la seconda stagione ancora in corso), Teen Wolf (di cui aspetto la nuova stagione), sono sempre più ansiosa per Shadowhunter, guardo RWBY e sono felice di leggere l'ultimo libro di Percy Jackson. Oh, come dimenticare il videogioco che adoro che uscirà in Giappone verso Natale? Insomma, sono sempre più felice. Spero che lo siate anche voi, miei cari.

 

I personaggi usati in questo capitolo (oltre al mio OC e i personaggi di IE) sono:

 

Hisoka Nobunaga (nazione: Yula) – nutellah

Yuriko Ikeda (nazione: Karent) – Ice Angel

 

Inoltre l'aspetto di Anri e Cassandra è questo:

> Anri: http://i62.tinypic.com/9h53wj.jpg

> Cassandra: http://i60.tinypic.com/el48iw.jpg

 

Infine ecco le ultime domande:


> Che ne pensate dell'abilità di Anri? (più o meno tutti i componenti dell'esercito hanno quest'abilità, anche se alcuni sono più bravi di altri. Anche questo – come l'aspetto della mia OC – è preso da “La Leggenda di Aang”, anche se in questo caso ci sono elementi di Korra).

> Che ne pensate dei nuovi personaggi?

> Sono l'unica che ama il rapporto d'odio tra Anri e Naoko nato per nulla? (io le adoro, aw).

> Chi sarà il personaggio della frase di Rushe (Sai benissimo che non sei l'unica Comandante, Anri.)?

Al prossimo capitolo,

vostra Summer38.

 

PS: visto che TN è nata come storia originale purtroppo sarà piuttosto breve e gli avvenimenti saranno molto veloci. Vorrei trasformarla in una storia separata e totalmente mia, quindi si può dire che questa è una bozza estesa del racconto che ho in testa. Quindi chiedo scusa se già nei prossimi capitoli vedrete degli avvenimenti accadere in modo fin troppo veloce.

   
 
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