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Autore: The_Grace_of_Undomiel    29/10/2014    2 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Martedì;  con quello erano tre giorni che Kyda non veniva a scuola e sei che Sam non la vedeva. Ormai mancava poco all’iniziare delle lezioni, perciò era molto improbabile che la ragazza si presentasse.
Sospirò guardando il banco vuoto.
Chissà come stava, da quel Mercoledì pomeriggio non aveva più avuto sue notizie.  Desiderava con tutto se stesso poterle mandare un messaggio e chiederle se stesse bene, o cose del genere, ma non ne aveva il coraggio. Non era nemmeno riuscito ad informarla del punteggio che avevano preso per il disegno , tra l’altro esorbitante, ne a riferirle il tema del quarto ed ultimo cartellone, figurarsi  inviarle un messaggio di quel tipo! Tuttavia era sia ansioso di sapere le sue condizioni, sia di organizzarsi per fare il progetto. Avrebbero dovuto rappresentare l’Amore. L’Amore! Come accidenti avrebbero fatto loro due raffigurare un sentimento del genere? Sicuramente non con cuoricini o zucchero filato rosa, a lui sarebbe venuto il diabete, per non parlare di Kyda. Inoltre, era lui il primo a non sapere cosa gli venisse in mente al pensiero dell’amore e poi era sicuro che, in ogni caso, non avrebbe coinciso con l’idea di amore della ragazza. Sempre che lei ne avesse avuta una, perché per quanto ne sapeva, Kyda poteva essere del tutto indifferente a quell’emozione. Come lui del resto; più o meno.
Si fermò a riflettere. Qual’era la prima cosa che gli veniva in mente pesando all’amore? Nulla. Poi, però, un’immagine lo colpì come un’affilata lama di pugnale: Kyda stretta tra le sue braccia, la sensazione del suo capo sul petto...
Interruppe bruscamente il filo dei propri pensieri, prima che la sua mente andasse oltre. Perché diamine aveva pensato a Kyda!? Decise di ritentare, ma questa volta l’altra immagine che la sua testa gli mostrò fu quella di lui stesso che sfiorava i capelli neri di lei. Gli parve di sentirne di nuovo la consistenza fra le dita e di risentire quel buon profumo...
Scosse forte la testa, esterrefatto. Forse era il caso di lasciar perdere, la sua mente gli stava giocando brutti scherzi.
-Perché scuoti la testa come un cane?-
Sam si voltò verso Daniel, che lo guardava con un sopracciglio inarcato.
-Non stavo affatto scuotendo la testa...- borbottò Sam.
-Oh sì invece. Quello che stavi facendo era un’untile tentativo di cacciar via qualche pensiero molesto, mio nobile amico- replicò il biondo congiungendo le mani.
-Ti ho già detto che quando fai così sei inquietante?-
-Sempre, ma non è questo il punto. Allora, cos’è che ti arrovella la mente?-
Sam scrollò le spalle -Mah, sono solo un po’ preoccupato per il progetto...- rispose con una mezza verità.
-Sai, credo che tu sia l’unico in tutto l’istituto a cui importi qualcosa di quell’affare, comunque....Io non mi farei troppi problemi, tu e Kyda siete secondi in tutta la classifica! Secondi! Non hai sentito quello che ha detto Conway? Se siete arrivati fino a qui vuole dire che non siete dei disastri totali-
-Ma sì, hai ragione!-
-Così si parla! Segui il mio motto, che va sempre bene: fotte sega. Questo è il segreto- annuì Daniel compiaciuto, poi la sua espressione divenne improvvisamente sorniona –Ho delle novità...-
-Lo sospettavo, quando ti viene quella faccia c’è sempre qualcosa sotto! Sputa il rospo!-
-Ebbene, sono riuscito a scrivere una poesia per quel concorso e non solo: è piaciuta e sono passato!- esultò. Era talmente esaltato che Sam si stupì di non vederlo alzare un pugno verso l’alto in stile manga.
-Sul serio!? I miei complimenti!- esclamò dandogli il cinque –Infine hai trovato di cosa parlare-
-Già, ed è tutto merito di Hetty, non so come avrei fatto senza di lei! È leggendo il libro che mi ha imprestato (tra l’altro mostruosamente avvincente), che mi è venuta l’ispirazione! A proposito di Hetty, ha passato anche lei la selezione e siamo entrati ancora più in confidenza, credo di starle simpatico! Per esempio, ho scoperto che abita in periferia, che ha due fratelli minori gemelli e che il suo vero nome è Henrietta, ma tutti la chiamano Hetty! Poi mi ha un po’ parlato di quello che le piace fare e mi ha confidato che il suo sogno è diventare una scrittrice. Sono sicuro che lo diventerà, è troppo brava. Lei guarda oltre, è visionaria, passionale. È un vero talento, quasi la invidio...-
-Quindi oltre che passare il concorso sei anche riuscito a “non farti odiare”- mimò le virgolette.
-Proprio così, perché è inutile, sono troppo simpatico io- disse con aria teatrale -Anche se la maggior parte delle volte non riesce a guardarmi in faccia e non capisco il perché... Boh, le ragazze sono proprio strane!- scoppiò a ridere.
Ridacchiò anche Sam, poi gli chiese cosa prevedesse da quel momento in poi il corso di poesia.
-Niente di particolare, l’esame finale è tra un po’ di mesi, quindi posso stare tranquillo. Accidenti!- esclamò, sbattendosi una mano sulla fronte –Stavo quasi per dimenticarmene! Stasera c’è un buffet, una sorta di festeggiamento per chi ha passato la selezione, lì dalla scuola. Ho la possibilità di invitare qualche persona, vieni?-
Sam ci rifletté un po’ su, poi rispose –Sì, direi che sono libero, ma un momento...- lo scrutò assottigliando lo sguardo –Daniel Lipton che partecipa ad un ricevimento? Hai davvero intenzione di passare lì metà della serata?-
-No, mio Dio, che strapalle!- si scandalizzò il biondo –Il mio piano è tutto un altro- sogghignò malefico.
Ormai conosceva troppo bene quel ragazzo, sapeva che doveva aver architettato qualcosa “alla Lipton”.
-Ossia?-
-Ossia ci faremo un po’ vedere, poi sgusceremo quatti quatti fuori da lì e ce  ne andremo alla festa che hanno organizzato nel locale in centro! Allora, ci stai?-
Sam aggrottò le sopracciglia, non molto convito. Quando viveva ad Amentia era andato a qualche festa insieme a Luke e si era divertito, ma l’idea di andare in quel locale non gli sconfinferava molto. Aveva capito qual’era quello a cui si riferiva Daniel e non vantava di essere un posto raccomandabile. E il giorno dopo c’era la scuola! Sua madre non gli avrebbe mai dato il permesso.
-Non lo so, Dan. E poi domani non è Sabato, abbiamo la scuola-
-Lo so, infatti non torneremo a casa tardi, altrimenti i miei mi appendono al muro per il colletto! Il ricevimento inizia alle sette, mentre la festa inizia alle otto e finisce alle due del mattino, perciò se ci andiamo per le otto e mezza e torniamo a casa per le dieci e mezza, alle undici saremo già nel mondo dei sogni- ammiccò –Dai, sarà da sballarsi, non farti pregare!-
Sam ragionò ancora qualche istante e infine accettò. Un po’ di divertimento e di distrazioni gli avrebbero fatto bene, in quel periodo ne sentiva un gran bisogno. L’unico problema era “l’ostacolo mamma”. C’erano due possibilità: o le mentiva dicendole che sarebbe andato solo al ricevimento, o le diceva la verità. Optò subito per la seconda. Aveva imparato per esperienza che raccontare balle non era la tattica migliore, si finiva solo più nei casini, e poi non se la sentiva di mentirle in quel modo, non con quello che sua madre stava passando, si sarebbe sentito troppo in colpa. L’unica cosa da fare era essere convincenti e sperare che lei gli desse il permesso.
-Fantastico! Nell’intervallo espongo il mio piano a Mark e a Jade-  ghignò Daniel.
-Un momento! Quindi racconterai anche a loro del tuo corso di poesia?- si sorprese il ragazzo.
-Sì, penso che lo farò. Gli anni scorsi non eravamo in confidenza, ma quest’anno ci siamo avvicinati molto di più; mi fido di loro. Quindi glielo dirò-
-Okay, come vuoi- sorrise Sam –Jade non se lo farà ripetere due volte, ma Mark...tu ce lo vedi ad una festa del genere?-
In realtà non ci si vedeva molto nemmeno lui, ma quelli erano dettagli.
-No, per niente. Ma ci penserà a Jade a convincerlo, lo trascinerà per il maglione se necessario!-
Scoppiarono a ridere, ma ammutolirono non appena entrò la Symons. Quel giorno interrogava di geografia, e lì c’era ben poco da ridere.
Mentre Eloise Symons compilava arcigna il registro, Sam si voltò ancora un ultima volta verso il banco deserto di Kyda, quando i suoi occhi si incrociarono con quelli micidiali di Travis. Il Dark teneva le braccia incrociate al petto e la bocca in un ringhio spaventoso, mentre lo scrutava con uno sguardo cattivo e assassino.
Sam si pietrificò seduta stante e si accorse che anche gli altri Dark lo fissavano pressappoco in quel modo.
Si girò di scatto, chinando la testa sul libro. Sia perché era stato preso da tutt’altre cose, sia perché loro avevano un po’ allentato con le angherie, il ragazzo si era quasi dimenticato della presenza dei Dark. Solo qualche sgambetto e qualche spinta gli ricordavano dell’esistenza di Travis e Co; ma adesso quell’occhiata lo aveva a dir poco terrorizzato. Era certo che stesse solo aspettando il momento opportuno per agire, per vendicarsi del fatto che quella volta gli fosse sfuggito. 
Da quel momento in poi, avrebbe dovuto ricominciare a guardarsi alle spalle.

Gli aveva detto di sì, di sì!  Ci era voluta solo mezza giornata per convincerla, meno della metà di quello che Sam si era aspettato. Sua madre gli aveva fatto mille mila raccomandazioni, concludendo con un “se torni a casa con un minuto di ritardo ti uso come sturalavandini, chiaro?”, ma la cosa importante era che alla fine avesse ceduto. Ora che il problema “mamma” era stato risolto, ne sorgeva però un altro: lui non aveva la più pallida idea di come ci si dovesse comportare a feste di quel calibro. Era sicuro che ci fossero delle differenze rispetto a quelle a cui andava quando viveva ad Amentia.
In conclusione, urgeva un telefonata. Prese il cellulare e compose al volo un numero. L’interlocutore non ebbe nemmeno il tempo di dire “pronto” che Sam lo interruppe subito: -Luke, ho bisogno di aiuto-
-Guarda un po’ chi è resuscitato da Roxvuld...- rispose l’amico con sarcasmo.
-Sì lo so, non mi sono fatto sentire per un po’, mi dispiace, mi farò perdonare, però ora ho bisogno del tuo aiuto!-
-E io che contavo di fare il prezioso e portarti rancore a vita, ma a quanto pare dovrò rimandare i miei piani- disse Luke con il sorriso nella voce, con grande sollievo di Sam –Allora, che succede? I bulli sono tornati all’attacco?-
-No, non ancora; il mio problema si può riassumere in una parola: festa- rispose il ragazzo. Aveva saputo che negli ultimi tempi Luke era diventato un frequentatore accanito di discoteche e locali, per cui era sicuro che avesse qualche buon consiglio da dargli.
-Wohoo! Questo si che è interessante! Dov’è la location?-
-In una specie di pub, credo-
-Doppio interessante!- urlò Luke, rischiando quasi di assordare Sam, costretto ad allontanare la cornetta –Quelle nei pub sono le mie preferite in assoluto, hai chiamato la persona giusta! Cosa vuoi sapere a proposito?-
-Informazioni generali, tipo tu cosa fai quando sei lì?-
Luke si schiarì la voce –Molto bene, ti riassumerò il tutto in poche e semplici frasi: innanzitutto fregatene di tutto e di tutti e fai quello che ti pare e piace, tanto là in mezzo ci sarà gente molto più folle di te, quindi no problem. Comprendi?-
-Sì...-
-Eccellente. Altra cosa molto importante, se una ragazza ti si avvicina e ti fa segno di seguirla, tu non fare domande. Seguila e basta-
-Ma non credo che sia...-
-No no, tu non “credi”, tu “segui”, raus? E tutto ciò se non è racchia, ovviamente-
-Sei sempre il solito...- sorrise Sam rassegnato.
-Che ti devo dire?- rise il ragazzo –In conclusione, rilassati, divertiti, lasciati andare, segui e soprattutto cerca di...-
-Grazie Luke, i tuoi consigli sulle ragazze sono sempre, ehm, preziosi! Ora scappo, che ho un sacco di cose da fare e tra un po’ devo uscire-
-D’accordo, ci si risente! Ma mi raccomando, ricordati di...-
-Seguire, ho capito! Ciaooo!- e chiuse la comunicazione. Certo che Luke quando ci si metteva era davvero allucinante. Ma insieme si facevano sempre delle grosse e grasse risate.
Guardò l’ora sull’orologio verde. Dannazione, gli era rimasto pochissimo tempo.

Tanto finiva sempre così. Lui si presentava nel posto prestabilito all’orario prestabilito e tutti arrivavano in ritardo, ovviamente.
Sam ricontrollò per l’ennesima volta l’orologio, seccato. Si erano accordati per incontrarsi alle 18:45 in via Arrow vicino all’aiuola e invece erano già le 19:10 e nessuno si era ancora presentato. In futuro sarebbe arrivato con un’ora di ritardo altro che, così per una volta avrebbero fatto gli altri la figura degli scemi ad aspettare in piedi vicino ad un alberello rinsecchito.
Quel pensiero gli fece ricordare improvvisamente di una cosa: quello era lo stesso punto in cui settimane prima aveva atteso, sotto un sole cocente in grado di arrostire le rondini in volo, Kyda. Bastò solo il suo nome perché il viso della ragazza gli ritornasse in mente; i suoi occhi blu, i capelli neri, le labbra incurvate in quel perenne sorriso sarcastico...
Quel giorno si era divertito tantissimo;  certo,  aveva rischiato di ammazzarsi giù da un rampa, ma l’accesa partita di Basket che ne era seguita ripagava ogni infarto.   
Si rese conto di aver ricominciato a pensare a Kyda, ma negli ultimi giorni non poteva proprio farne a meno.
-Devo dire che quel simpatico alberello ha un  non so che di affascinate, ma addirittura contemplarlo in quel modo mi sembra esagerato-
Sam non ebbe neppure il bisogno di voltarsi per capire a chi appartenesse quella voce.
-Daniel, sai che il tuo anticipo è sconcertante?-
-Non so perché, ma qualcosa mi dice che c’è del sarcasmo nella tua voce- sghignazzò –Ho perso tempo per cercare una cosa, per quello sono arrivato in ritardo. Tanto nemmeno Mark e Jade sono ancora arrivat...- un urletto piagnucoloso lo interruppe. Sam e Daniel si voltarono e davanti a loro si presentò la scena più comica che avessero mai visto.
Jade stava avanzando verso di loro a passo di marcia, trascinando per il maglione un Mark lagnante.
-Ahu ahu, Jade, lasciami andave! Così mi sfovmi il colletto!- frignò il ragazzotto, cercando di divincolarsi.
-Questa è la punizione che ti meriti per aver anche solo provato a darci buca!- lo rimbeccò la ragazza. Indossava una semplicissima felpa di cotone e un paio di pantaloni verde militare  pieni di tasche. Sotto braccio teneva una giacca a vento e i capelli erano legati in una pratica coda bassa.
Mark invece era pressoché il solito, con i suoi immancabili maglioncini.
-Ciao Daniel, ciao Sam- li salutò Jade, decidendosi a mollare il malcapitato, che si risistemò il colletto in tutta fretta.
-Scusate il ritardo, ma questo scemo mi ha fatto perdere tempo con le sue paturnie...- riprese la ragazza, fulminando con lo sguardo Mark.
-Non sono patuvnie, sono pvoblemi sevi! Io non sono il tipo da locale! E poi le lenti a contatto mi danno fastidio, vidammi i miei occhiali!-
-Scordatelo, caro mio! Quei fondi di bottiglia ad una festa sono assolutamente fuori luogo. A dir la verità anche quel maglione lo è, ma ti sei rifiutato di indossare la mia giacca multitasck-
-Pev fovza! Era ovvibile!-
-Okay, time out!- rise Daniel, interrompendo il battibecco –L’importante è che siamo tutti qui, ora andiamo alla scuola di Poesia che prima ci facciamo vedere, prima possiamo rifugiarci alla festa!-
Si incamminarono a passo spedito. Quella sera il tempo era mite e il cielo sgombro da tutte le nuvole.
Arrivarono in breve tempo in prossimità della scuola. Nonostante fossero in ritardo c’erano ancora molti ragazzi che stavano salendo le scale esterne dell’edificio.
Si unirono anche loro insieme agli altri, accompagnati da un suffuso brusio e dai commenti ammirati di Mark riguardo la struttura del palazzo. Una volta dentro si fecero far strada da Daniel, che li condusse in un’ampia sala dal pavimento di marmo bianco e i muri dello stesso colore. Tutto era stato allestito nel migliore dei modi, su due lunghi tavoloni laterali vi era ogni tipo di ben di Dio, c’era persino il ponche!
La sala era piena zeppa di gente di tutte le età.
Sam era rimasto davvero colpito, quello era un ambiente di gran classe! Tutti erano vestiti molto eleganti, al che si sentì un po’ fuori posto con la sua felpa azzurra e i suoi jeans, ma poi gli bastò guardare il look di Jade per tranquillizzarsi.
-Uh, là c’è il mio maestro!- disse Daniel salutando un uomo col panciotto, lo stesso che tempo prima aveva esortato educatamente Sam ad andarsene. Il ragazzo si ricordava bene di quella volta, era stato mostruosamente imbarazzante e tutto era successo per colpa di quel tizio, Eustache. Chissà che fine aveva fatto.
-Io vado a salutarlo, voi girate dove più vi piace. Ci rivediamo qui tra un po’- e detto questo Daniel si fece strada fra gli invitati. Mark era già scomparso chissà dove e Jade si era letteralmente fiondata al tavolo dei dolci. Sam, rimasto solo, decise di andare dal buffet a sgranocchiare qualche stuzzichino. Stava giusto per addentare un succulento paninetto, quando una voce saccente quanto  irritante guastò il soave momento.
-Ma guarda un po’ chi si rivede, L’Apprendista Pappagallo- disse Eustache, in tutta la sua presunzione e altezzosità, vestito di tutto punto.
-Uh, Il Signore Delle Liste...- rispose Sam, con un tono che era tutto tranne che entusiasta.
-Divertente, noto  che il tuo senso dell’umorismo non è migliorato di una stilla in tutto questo tempo-
-Potrei dirti la stessa cosa- borbottò il ragazzo –Ebbene, che ci fai qua?-
Eustache alzò gli occhi al cielo, estremamente seccato –E lo stesso discorso vale per le domande, a quanto pare. Sempre molto intelligenti. Io qui mi occupo dell’organizzazione, credevo fosse chiaro il concetto-
-Grazie, quello lo avevo capito. Intendevo che cosa vuoi da me- replicò Sam, piccato. Allucinante, quell’insopportabile pinguino era in grado tutte le volte di risvegliargli il suo lato peggiore.
-Te lo dico subito, caro Dilettate, controllo se sei nella lista- rispose quello come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Quale lista?- 
-Ecco che ritorna il pappagallo; comunque, questa lista- e detto questo , Eustache si aprì la giacca, ricavando dalla tasca interna un elenco.
-Non ci posso credere!- esclamò Sam, esterrefatto. Aveva pure le giacche fatte apposta!
Frattanto il damerino si era anche procurato una penna e controllava la lista assorto.
-Qual è il tuo cognome?-
-Wild-
Eustache fece scorrere il dito lungo tutto l’elenco, concentrato, e infine disse –Mi ricresce per te, ma qui non è segnato nessun “Wild”-
-Come sarebbe a dire!?-
-Sarebbe a dire che il tuo nome non c’è-
-Impossibile, sono venuto in compagnia di uno degli studenti, per cui sono tra gli invitati!- si infervorò il ragazzo. Fantastico, ci mancavano le grane anche quella sera.
-Le tue sono scuse a dir poco patetiche. Ogni alunno che aveva intenzione di portare un amico o famigliare ha informato la scuola anticipatamente e il loro nome è stato segnato, ergo, pensane un’altra. Assurdo come certa gente non abbia problemi a mentire pur di accaparrarsi qualche stuzzichino. Ma ti comprendo, questo è un buffet di gran classe, non per niente l’ho organizzato io- sorrise spavaldo.
-Io sono qui per accaparrarmi un bel niente! Sono venuto in compagnia di Daniel Lipton!-
A quel nome Eustache aggrottò le sopracciglia, quando, senza nemmeno farlo apposta, il sopracitato Daniel Lipton arrivò tutto allegro.
-Weilà Eustache! Come andiamo!?- esclamò con un sorriso a trentadue denti, buttandogli un braccio intorno alle spalle.
-Splendidamente - rispose quello a denti stretti,  scostandosi e risistemandosi la giacca.
-Allora Sam, che succede qui?- chiese il biondo senza perdere il sorriso, rivolgendosi al ragazzo.
-Tu lo conosci?- disse Eustache blandamente sorpreso.
-Certamente, è venuto insieme a me!-
L’altro parve per un attimo senza parole, con grande soddisfazione di Sam, poi però rispose –Eppure qui non è segnato, quindi vuol dire che ti sei dimenticato di informarmi!-
-Sì è vero, che scemo! Mi è completamente passato, ehehe, pazienza!-
Eustache fece per ribattere qualcosa, ma Daniel lo interruppe –Ah, già che ci sono ne approfitto per dirti che ci sono altre due persone: uno è Mark de Vere, l’altra è Jade O’Connor, aggiungili un po’ nel tuo inseparabile elenco! Vorrei rimanere, ma il prof mi deve parlare, sono solo venuto a prendere un tramezzino, adios!- e scomparve di nuovo.
Eustache rimase per un attimo imbambolato, poi, stizzito, scribacchiò qualcosa nella lista.
-Immagino che sia abbastanza imbarazzante per te...- approfittò per tirare una moschettata Sam.
-Fai poco lo spiritoso, ti è andata solo di lusso- borbottò il ragazzo. Lo squadrò dall’alto in basso con quel suo solito modo altero, poi commentò –Certo che… bah…-
-Cosa?- sbottò Sam, al limite della sopportazione di quell’individuo.
-Niente, niente...Constatavo solo come il tuo abbigliamento sia inerente all’occasione!- disse con un’insopportabile sorrisetto stampato in volto.
-Sempre meglio del tuo look!-
-Sì, ti piacerebbeee!- intonò Eustache.
-Senti, perché non mi lasci finire il mio panino in santa pace e non vai a esasperare qualcun’ altro con le tue liste e le tue lezioni di stile!?-
-È il mio compito controllare che sia tutto perfetto e si da il caso che tu sia l’unico che non sappia come funzionino le cose qui- s’impuntò –Guardati attorno...- gli indicò tutta la sala con una mano, quando si paralizzò completamente alla vista del tavolo dei dolci.
Il rinfresco era ormai divenuto proprietà esclusiva di Jade, che passava da un vassoio all’altro per strafogarsi di pasticcini in un modo che di raffinato non aveva niente, facendo persino cadere di tanto in tanto qualche tortina sul lustrissimo pavimento in marmo.
Sam giurò di aver visto l’occhio destro di Eustache preso da un tic nervoso, prima che questi si avviasse a passo di marcia e con uno sguardo omicida verso il buffet.
Okay, uno scontro diretto tra Jade e Eustache non poteva assolutamente perderselo. Ci sarebbe stato da divertirsi.
Frattanto Eustache era giunto alla spalle di Jade, ancora ignara della sua presenza. Lui si schiarì la voce, ma lei non lo sentì. Riprovò una seconda volta, ma di nuovo nessun risultato. A quel punto, spazientito, le picchiettò una spalla con l’indice -Scusami- disse irritato. 
Jade si voltò lentamente verso di lui -Mh?- biascicò torva, continuando ad ingurgitare.
-Ti pare forse questo il modo di mangiare ad un rinfresco del genere?-
-Oh, mi stavo giusto chiedendo dove fosse il classico damerino con la puzza sotto il naso pronto a dare lezioni di etichetta, ed ecco spunti tu!  Tempismo perfetto- farfugliò con la bocca piena.
Il ragazzo la guardò un attimo agghiacciato, poi disse con superiorità -Vedrò di sorvolare su questo ultimo commento. Piuttosto, non hai risposto alla mia domanda. Nel caso tu non te ne fossi accorta, lì alla tua sinistra c’è un pila di piatti di carta dorati su cui mettere i pasticcini. Non si prendono e mangiano direttamente dal vassoio- 
Jade lanciò un’occhiata ai piattini, poi si voltò di nuovo verso Eustache con aria annoiata –Li ho visti, ma li ho ignorati volontariamente- ammise con soddisfazione -Anche alle feste di compleanno non li ho mai usati-
-Non mi interessa ciò che era solita fare ai compleanni; quello che ti sto dicendo è che qui devi utilizzarli. E stai sporcando tutto il pavimento con la tua irruenza-
-La mia che?-
-Irruenza! Ti stai abboffando e ha fatto cadere per terra delle paste!- rispose lui, cominciando a perdere le staffe.
-E allora?-
-Come sarebbe a dire!?-
 -Che strazio, si può sapere chi sei tu?- brontolò la ragazza.
Eustache si schiarì la voce per l’ennesima volta - Mi presento, sono l’addetto alle iscrizioni di questa scuola, nonché organizzatore del rinfresco e...-
-Grazie dell’informazione, me la segno. A quello ci ero arrivata da sola, basta vedere la tua giacca da pinguino per capire la tua mansione!- lo sfotté –Io volevo sapere il tuo nome, fucking genio!-
-Mi chiamo Eustache-
-Piacere, Eustace, io sono Jade!- gli tese una mano, sporca di glassa.
Lui non la strinse e replicò stizzito –Non è “Eustace”. Si pronuncia “Iusteis”- 
-Ok, Eustace. Resterei ancora a farmi rompere da te (NO), ma devo andare a ripescare un mio amico- prese un pasticcino e glielo schiaffò in mano, poi gli diede una pacca sulla spalla talmente forte che quasi lo scartabellò a terra –Goditi il dolce, Mister Pinguino, ci si vede!- e se ne andò, lasciando uno Eustache basito, e alquanto indignato, in mezzo alla sala.

Sam stava giusto cercando di non scoppiare a ridere quando intravide Daniel fargli un segno. Era arrivato il momento di filarsela. Passò in mezzo agli altri invitati, raggiunse l’amico e insieme si avviarono furtivamente verso l’uscita.
-Dove sono finiti Mark e Jade?- chiese Sam. Lei l’aveva persa di vista, mentre il ragazzotto era scomparso fin da subito.
-Probabilmente sono già fuori- rispose il biondo guardandosi intorno –Sbrighiamoci, va. Non ho voglia che qualcun altro mi attacchi bottone- e così accelerarono, ma una voce femminile interruppe la loro avanzata.
-Daniel!-
I due ragazzi si voltarono e videro Hetty a pochi passi da loro, che li guardava perplessa. Indossava una semplice magliettina fucsia, con due bottoncini sulla scollatura, e un paio di jeans. Aveva i capelli sciolti e la frangia le copriva buona parte della fronte. Non portava gli occhiali.
-Dove... dove stai andando?- soggiunse imbarazzata, e un lieve rossore fece capolino sulle sue guancie.
-Oh Hetty! Perfetto!- esclamò il ragazzo. L’afferrò per il polso e se la trascinò dietro.
Uscirono in strada e trovarono Mark e Jade ad aspettarli.
-Finalmente! Si può sapere dov’eravate finiti!?- borbottò la ragazza impaziente.
-Ci siamo, ora possiamo andare!- disse allegro.
-Daniel, mi puoi dire che sta succedendo!?- esclamò Hetty, confusa.
-Ce ne andiamo ad un festa!-
-Cosa? Adesso?-
-Si, e tu vieni con noi!-
Hetty spalancò gli occhi –Ma io non, non credo che...-
-Niente “ma”! Forza, sbrighiamoci!- e si mise a correre, costringendo la giovane a seguirlo.
Lo stessero fecero gli altri tre, che si misero in moto. Sam si domandò sul fatto perché dovessero mettersi a correre, visto che non ce n’era alcun bisogno, ma non diede voce ai suoi pensieri. Quella sera Dan era troppo euforico.
Capirono di essere arrivati a destinazione quando vennero letteralmente investiti dalla folla e sentirono una forte musica rimbombare per il centro. Si lasciarono trasportare dalla massa ed arrivarono davanti al locale in cui era stata organizzata la festa: il Stargazer.
Dovettero sgomitare un po’, specialmente Jade che non si fece problemi a sfondare quel muro di folla, ma alla fine riuscirono ad entrare. La musica era fortissima ed assordante e luci colorate vorticavano per la sala. Molte persone si erano già lanciate in balli scatenati, altre bevevano, alcune tentavano inutilmente di intrattenere una conversazione ed altre ancora si erano buttate sui divanetti.
-Wow, che figata!- urlò Daniel, elettrizzato. Jade si guardava intorno muovendo la testa a ritmo di musica, con dietro Mark che la stava usando poco dignitosamente come scudo umano. Hetty stava vicino a Daniel, un po’ spaesata.
-E ova che facciamo?- chiese Mark.
-Che domande! Ci buttiamo nella mischia, ovvio!- rispose Daniel, infilandosi un paio di occhiali bianchi con le lenti cosparse di glitter.
-Fammi indovinare, scommetto che erano quelli la cosa per cui sei arrivato in ritardo- disse Sam.
-Precisamente!- rise il biondo –CORAGGIO, LANCIAMOCI!- e detto questo si buttò in pista, tirandosi dietro sia Hetty che Sam.
-Seguimi, Mark, troviamoci qualcosa di buono da mangiare, ho visto dei panini laggiù!- sogghignò Jade e anche loro due scomparvero.
Per la maggior parte del tempo Sam, Daniel e Hetty ballarono, o meglio, Sam faceva giusto qualche mossa, Daniel era fuori controllo e la ragazza si muoveva appena, tantoché alla fine il biondo l’afferrò per le mani e la trascinò nel suo ballo senza senso.
-Allora, vi divertite?- urlò Daniel, ridendo.
Gli altri due annuirono sorridenti, anche se quello di Hetty fu più un sorriso mesto,  poi mormorò rivolta al ragazzo –Daniel io... dopo, quando usciremo di qui, avrei bisogno di parlarti...-
-Eh, cosa? Non ti sento, c’è troppo casino!-
-Non importa, non era niente di che...-
Le cose parevano andare nel migliore dei modi, anche Hetty, in compagnia di Daniel, si era un po’ sciolta, quando d’un tratto un gruppo di ragazze mai viste prima piombò in mezzo al terzetto. Erano tutte altissime, bellissime, e ognuna di loro pareva avere una qualche mira nei confronti di Daniel. E quest’ultimo lo aveva captato subito, infatti le guardava con un sorrisetto strano.
-C’è qualcosa che posso fare per voi, ragazze?- chiese come un ebete.
Quelle si misero a ridacchiare –Oh beh, il fatto è che non siamo di queste parti ed è la prima volta che veniamo in questo locale e non sappiamo bene come muoverci, sapresti aiutarci?- disse una dai capelli lunghi neri, sorridendo sensuale.
Daniel mollò all’istante le mani di Hetty –Certamente, conosco questo posto come le mie tasche- mentì spudoratamente –Sarò felice di farvi strada!- e in men che non si dica sparì in compagnia di quelle, lasciando lì Hetty e Sam.
Il ragazzo guardò basito l’amico allontanarsi, e si sforzò di comprendere il suo comportamento: in effetti, quella per Daniel era una sorta di rivincita, una rivincita nei confronti di Chanel e di tutte quelle ragazze che lo avevano respinto; era giusto che volesse divertirsi, ora che aveva ben sei ragazze tutte intorno. Anche se avrebbe potuto evitare di abbandonarli lì come due scemi, specie Hetty, visto che era stato proprio Dan a portarla con loro.
Si voltò verso la ragazza, ma con sua enorme sorpresa constatò che si era volatilizzata. Dov’era finita? Sam realizzò in quel momento di essere rimasto completamente solo. Decise di mettersi a girovagare per il locale, giusto per non rimanere con le mani in mano, nella speranza di riuscire a ritracciare Jade, Mark e Hetty. Daniel chissà dov’era andato a finire...
Ma che accidenti era andato a fare lì? Non si stava divertendo per niente, la musica era talmente forte che la testa gli pulsava dal dolore, la gente non faceva altro che spintonarlo e tutti i suoi amici erano sparpagliati. D’un tratto pensò a Kyda. Cosa stava facendo in quel momento, dov’era? Gli sembrava passata una vita dall’ultima volta che aveva sentito le sue battute pungenti e i suoi commenti sarcastici, quasi sentiva la mancanza pure di quelli...
Era talmente immerso nei suoi pensieri e così distratto, che senza farci caso andò addosso ad una ragazza.
-Ehy, stai un po’ attento!- sbottò con voce acuta, voltandosi. Era piuttosto alta, lunghi capelli biondi le arrivavano fino alla schiena e alcuni ciuffi le ricadevano sul viso, incorniciando rosse labbra carnose. Indossava un vestitino argentato senza spalline molto corto, che le evidenziava le forme prosperose. Ai piedi portava tacchi alti abbinati al vestito, e in mano reggeva un drink.
-Scu..scusa, ero sovrappensiero...- balbettò il ragazzo.
-Tranquillo, non fa niente, sono cose che capitano!- si affrettò lei, cambiando improvvisamente temperamento, cosa che sbalordì Sam non poco.
-Piuttosto, non ti ho mai visto da queste parti- riprese la ragazza, sorridendo provocante.
-Credo dipenda dal fatto che non frequento spesso questi locali-
La tipa ridacchiò –Si, penso anch’io. Come ti chiami?-
-Sam-
-Oh, che bel nome. Io sono Deborah, ma puoi chiamarmi Debby!-
-Okay...Debby- rispose lui. Decisamente non ci sapeva fare con le ragazze, stava facendo la figura dell’idiota completo. Provò ad aggiungere qualcosa, ma lei si avvicinò pericolosamente, troncandogli la parole.
-Ma lo sai che sei proprio un bel ragazzo?- soffiò, spostandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
-Ehm, grazie. Anche tu non sei male...- riuscì a formulare. Stava iniziando ad avere terribilmente caldo, ma non era una sensazione piacevole, per nulla.
Debby ridacchiò per l’ennesima volta –Lo so, me lo dicono in molti...- sorrise, e un lampo di malizia passò nei suoi occhi -Vieni con me...-
Lo afferrò per la felpa e se lo trascinò lontano da lì. Attraversarono quasi tutto il locale, fino ad arrivare nel parte più laterale e in ombra. Sam le chiese dove lo stesse portando e lei non rispose, ma gli sorrise enigmatica.
Giunsero vicino ad un parete e Debby, a quel punto, ci sbatté contro, tirandosi appresso il ragazzo.
Lui sgranò gli occhi -Deborah, ma cosa stai…?-
La ragazza gli premette un dito sulle labbra –Shhh, ti ho detto che puoi chiamarmi Debby, ricordi?- fece scivolare l’indice lungo il collo, e lo tirò ancora di più verso di lei -E voglio solo conoscerti meglio...-


*Note dell'autrice*

Ciao a tutti! Non ho niente di particolare da dire, solo farvi un saluto! x) L'immagine che ho messo all'inizio del capitolo raffigura Hetty, ma immagino che molti lo abbiano capito ;)
Rigrazio tutti coloro che mi recensiscono, chi ha messo la storia tra le seguite/ preferite e anche i lettori sileziosi <3

Alla prossima!


The_Grace_of_Undomiel




  
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