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Autore: Velvetoscar    29/10/2014    2 recensioni
Louis, con suo sommo orrore, frequenta un'università d'élite in cui Zayn Malik è un nome che conta, Niall Horan non sta zitto un momento, ci sono pianoforti dappertutto, e Harry Styles, l'unico figlio maschio di un ex cantante rock strafatto e pazzo clinico, ha un sorriso perfetto e due occhi spenti. [Larry/minor-Ziam]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10.

Nel corso del mese successivo, Louis si ritrova coinvolto ogni giorno da Zayn Malik e company. Le sue giornate sono piene di vino e sigarette, praterie erbose, colori pastello, e pranzi. Le serate sono un turbine di fumo e martini e profumi costosi e balli e sedili in pelle premuti sul sedere mentre viaggiano per la città in limousine, saltando da una destinazione all'altra e brindando alla vita con le bevande migliori che il denaro possa comprare.

Si è affezionato parecchio a Zayn Malik.

Con il suo contegno calmo, occhi dimessi, e movimenti languidi, ritrova una strana affinità con il ragazzo; è poetico senza essere pretestuoso e dolce senza senza essere finto. Dipinge nel tempo libero – e Louis scopre che le cataste di bellissimi dipinti nelle sue stanze sono in realtà suoi – e scarabocchia di tutto e di più su pezzetti di carta che trova prima di infilarli nelle tasche dei ragazzi senza farsi notare. È simpatico, tranquillo, creativo, generoso e fedele, e ogni giorno Louis trova nuove cose su cui ridere con lui, e nuovi dispetti da architettare.

L'altro suo compagno di merende, Liam, è anche lui diventato parte integrante della sua vita, se non fosse per il semplice fatto che Liam sembra venerarlo. È educato e professionale, dice la cosa giusta al momento giusto, e li ha cacciati fuori da tante situazioni spinose. In particolare quella volta che Niall era stato rinvenuto nella fontana della scuola senza vestiti, privo di sensi e aggrappato a una grossa pentola piena di coriandoli. Lo fa con piacere, risolve i casini con convenevoli e cordialità, e poi, proprio quando sono al sicuro e lontani dagli occhi indiscreti dei loro superiori, scatena l'inferno e coglie tutte le opportunità che la vita gli regala e le lancia all'aria, ballando e giocando con loro come se fossero pioggia che cade. È pieno di vita e riesce a manipolare una situazione a suo vantaggio – visto che è un magnifico uomo d'affari in divenire – e Louis ammira la gioia e la gentilezza che sembrano essere sua indole naturale. Anche se può essere un po' un guastafeste di tanto in tanto.

Comunque, sorprendentemente, ce l'ha fatta anche a tenersi al passo con gli studi, essendo riuscito occasionalmente a convincere il gruppo a fare delle sessioni di studio in biblioteca o nelle camere di Liam – nascoste nel più remoto angolo della scuola, ampie ed estremamente poco dispersive. Potrebbe quasi dire di star addirittura eccellendo negli studi, se non fosse per un corso particolarmente noioso, "Lo studio della prosa nei drammaturghi dell'era vittoriana", cosa che non migliora in alcun modo lo stato della sua autostima o della sua pazienza.

Ma è abbastanza sicuro di star perlomeno passando il corso, quindi non si permette di preoccuparsi. Troppo.

È anche riuscito a bidonare sua madre (che sembra passarsela bene, a giudicare dai messaggi su Facebook delle sue sorelle) e persino a fare un po' di esercizio visto che a Liam e Niall piace giocare a calcio a orari strambi, soprattutto dopo aver fumato e dopo aver bevuto il loro brandy serale.

Alla fine sta andando tutto a meraviglia.

C'è solo una piccola fregatura.

E si presenta sotto forma di un dandy, dotato di capelli ricci, occhi verdi, e una bocca pomposa, che si pavoneggia come se il mondo fosse suo e passa tra una passione vacua e l'altra come fa con i suoi accompagnatori. Perché sì, ogni singola cazzo di volta che Louis vede Harry, ha qualche nuova conquista al braccio, qualche nuova cuore da stritolare e spingere contro le spine. 

E oh, tutte quelle "nuove fisse" che gli vengono… sono abbastanza per far impazzire chiunque.

A ogni serata mondana, Harry riesce a rendersi sempre più ridicolo. Che siano la sua ossessione per le rose gialle durata tre giorni (avevano dovuto tutti vestirsi di giallo, e quando erano andati ad assistere a una sinfonia, aveva costretto tutti a lanciarle su quel palco del cazzo) o la sua infatuazione per la parola "pavone" che lo aveva spinto a disseminare dei fottuti pavoni in carne e ossa sul prato falciato della casa sul lago di Zayn mentre giocavano a croquet ("Sono il mio animale totem," aveva detto, strascicando le parole), o il particolarmente irritante periodino in cui si era innamorato dei pomelli di porta d'antiquariato e si rifiutava di aprire qualunque porta che non ne fosse fornita, di conseguenza costringendoli ad aprirle per lui tutto il giorno, ogni giorno. Louis se n'era approfittato sbattendogli la porta in faccia a ogni occasione possibile. In effetti era stato davvero splendido. Quella era stata una bella 'fissa'.

E questo per non parlare delle feste.

Le notti di eccessi in cui i muri di Harry si infrangono e perde quel poco che ha di se stesso nella folla e nei fiumi dell'alcol. Le notti in cui giace sui divani e si versa assenzio nella bocca sgocciolante e fuma oppio sui cuscini di velluto e inciampa dappertutto con i fiori in mano, stampando occhiatacce e insulti sottilmente velati nella bocche delle persone. Si comporta da re, un re malvagio del cazzo, e Louis non può far altro che guardarlo con intensità sempre maggiore, e aspettare una crepa sulla fredda superficie dura per così ridere e gioire dell'impercettibile umanità che risiede in Harry Styles.

Che non si presenta mai, ovviamente. Non proprio.

Ma nello svolgersi di tutti questi piccoli tic, Harry non scambia mai nemmeno una parola con Louis. 

Gli guarda attraverso e gli passa oltre senza una parola, e tutto il finto charme scompare. Sa che non funziona con lui, quindi non ci prova nemmeno. Cosa fantastica, sul serio, ma non è mai stato il tipo a cui piace essere ignorato, e anche se neanche lui riesce esattamente a costringersi a riconoscere l'esistenza di Harry – l'immagine dei suoi occhi spettrali e parole sussurrate ancora risuona dentro di lui dalla loro ultima interazione – trova comunque il tutto molto maleducato. 

Agli altri non sembra importare, non sembrano nemmeno mettere in discussione la totale avversione tra i due. Soprattutto visto che Niall e Harry hanno legato così bene – cosa per cui Louis costantemente lo sgrida. ("TRADITORE!" "È solo simpatico. Mi piaci comunque più tu." "Puoi dirlo forte. Traditore.")

Quindi è naturale che Louis non sia molto nervoso al momento, affatto, mentre si incammina, da solo, verso le camere di Harry. Che non ha mai visto prima d'ora. Ma manco di striscio è nervoso, eh.

Hanno tutti acconsentito di vedersi lì dopo aver finito le lezioni, e visto che Niall ha ancora venti minuti del suo corso di audio e deve fare delle commissioni con Rory, Louis si era preso la responsabilità di imbarcarsi in questo periglioso viaggio da solo. 

Cosa che gli sta bene.

Ignorando dunque qualunque senso di scontentezza alla radice dello stomaco, Louis bussa a quella che spera sia la porta giusta. È in un posto bellissimo, proprio sopra i portoni ad arco vicino ai giardini, che si affaccia sul lago, nascosto lontano dal fracasso tanto che da fuori è quasi tranquillo. 

Mentre aspetta, può solo sperare di non essere il primo. Devono andare a cena tra un po' – in qualche locale chic che, Niall spergiura, ha la bistecca e il whiskey migliore della nazione. Originariamente si sarebbero direttamente dovuti incontrare lì (che sarebbe stato logico, a essere sinceri), ma la nuova fissa di Harry è il cordiale alla ciliegia, e per questo aveva insistito di ospitarli per l'ora dell'aperitivo prima di avviarsi lì. 

E così eccolo qui. Ad aspettare alla porta di Harry Styles. Con un maglione color ebano e jeans aderenti grigi, braccia conserte, e rigorosamente non nervoso. Per niente.

Dopo più o meno cinque minuti senza risposta, prende in considerazione di andarsene. Sarà poi anche la porta giusta?

Ma proprio quando sta per girare sui tacchi con tutta l'eleganza del rifiuto per messaggiare rabbiosamente con Niall, la porta si apre, lentamente e con decisione. 

Ed è Harry. Accigliato. Senza il suo solito completo con papillon, le uniche cose con cui l'aveva visto vestito… ma con una camicia a cuori. Una camicia a cuori, sul serio. È abbottonata fino al colletto, viola scuro, ed è disseminata di enormi cuori bianchi del cazzo. 

"Nel nome di Dio, ma come sei conciato?" proferisce subito, incapace di fermarsi, guardando con quasi orrore la scena che gli si para davanti.

Il cipiglio di Harry si intensifica e guarda giù. "Perché?"

"È una tenda? Perché di certo non è una camicia."

Un'occhiataccia di ferro gli viene sbattuta in faccia. "Che ci fai qui?"

Louis sbatte le palpebre. "Dobbiamo vederci qui. Ti ricordi? L'ora dell'aperitivo?" Lo dice ferocemente e, forse, alza gli occhi al cielo in maniera un po' troppo esagerata. 

"Ho detto di venire alle quattro."

"Sono le quattro e mezza."

"Appunto. Devi arrivare un'ora dopo l'ora prestabilita. Ma non sai proprio niente?" Lo dice con un tono talmente feroce, che Louis per poco non scatta, il desiderio di levarsi la scarpa e picchiargliela in testa senza pietà è ormai allarmante. 

Invece, riduce gli occhi a due fessure. "È una delle tue regole trite e ritrite? O mi stai seriamente dicendo che sono arrivato mezz'ora in anticipo?"

"Sei arrivato mezz'ora in anticipo."

Cazzo.

Quindi.

"Beh…" Louis si gratta la nuca, rifiutandosi di guardare Harry e scorrendo invece gli occhi sulla sabbia legnosa della porta, concentrandosi meticolosamente sugli elaborati cardini d'onice fatti a mano con una certa finezza. "Devo aspettare, o…?" chiede impacciato, volendo soltanto svignarsela da questa situazione (e magari randellargli una scarpa in testa mentre se ne va) ma non vedendo una pratica via d'uscita.

Dove andrebbe? Inutile rifarsi tutta la strada fino alle sue stanze.

Lui si limita ad alzare le spalle, sguardo truce ancora presente, emanando disinteresse e disapprovazione a pacchi. "La cosa non mi tange. Dovrai comunque intrattenerti da solo."

Oh, ma che carino.

"Allora se per te è lo stesso, rimango," taglia corto restringendo gli occhi in maniera esagerata, facendo un aggressivo passo avanti.

Harry apre la porta e lo lascia entrare senza un'altra parola, voltando sui tacchi e continuando lontano, scomparendo in una stanza adiacente e chiudendo la porta con uno schioppo sicuro. E poi c'è il suono di una chiave che viene girata nella toppa, e adesso è davvero troppo.

"Farò come se fossi a casa mia, sì?" urla portando gli occhi al cielo, ma gli risponde il silenzio tombale.

Beh. Louis prevede disagio.

Per fortuna, le stanze di Harry sono bellissime e piene di abbastanza ciarpame da tenerlo ampiamente occupato. Lo spazio è grande, quasi più di quello di Zayn, i muri rosso sangue e mogano che fanno atmosfera e, sorprendentemente, non c'è un pianoforte. Perché sì –perfino Liam ne ha uno, lo suona mentre Zayn è in piedi accanto a lui a cantare come un maledetto angelo in paradiso.

Lo stile di Harry è di gran lunga più eccentrico del lusso sottile di Zayn; se lui ha un sistema di altoparlanti nero e moderno e enormi librerie di legno, Harry ha delle spesse tende di velluto, grammofoni, giradischi, diapositive porno incorniciate di quelli che sembrano essere gli anni venti o trenta, e… statuette di gatti.

Un sacco di statuette di gatti del cazzo.

Pungola con un dito quelle più inquietanti, i loro occhi azzurri fissano vuoti da sotto i lampadari raffinati e la luce del pomeriggio, col pelo di ceramica mirato in tutte le direzioni. Deve ammettere che alcune sono piuttosto tenere – la coppia di gattini di vetro con le loro zampette avviluppate attorno a un gomitolo scaldano proprio il cuore – ma per la maggior parte sono snervanti, e il fatto che su nessuna di esse ci sia un granello di polvere indica che c'è qualcuno che si prende grande cura di loro. 

Cosa su cui Louis non sa come pronunciarsi. 

Continua a camminare piano nella stanza, ispezionando gli scaffali carichi di libri consunti (come Zayn, Harry sembra collezionare solo le prime edizioni e quelle vintage) e passa le dita sui loro dorsi di pelle stanchi, titoli appena visibili sotto il peso del tempo. Nota l'abbondante collezione di libri di Oscar Wilde, e si chiede per un attimo se Harry abbia abbastanza sostanza in sé da poter apprezzare veramente opere di questo calibro, o se li tenga per apparenza, distrazione, o per rompere il ghiaccio.

Forse tutti e tre.

È proprio quando sta per prendere posto sulla sedia a sdraio vermiglio (messa vicino a un tavolino barocco di legno trafficato di bottiglie di liquore bevute per metà, vari bicchieri a stelo sparpagliati) che sente l'improvviso click di una serratura che scatta e l'apertura di una porta.

Si volta giusto in tempo per vedere una bellissima bionda agghindata in un vestito dorato sgualcito, che tiene i tacchi a spillo lucidi appesi a una mano, e che si pettina i capelli con l'altra. Harry la segue a ruota, una vestaglia magenta di raso che gli casca sull'orrenda maglia a cuori e sui pantaloni neri, i piedi scalzi.

"Ciao, Harold," gli fa le fusa la ragazza, e gli stampa un bacio sulla guancia che Harry non calcola neanche di striscio, concentrando invece il suo sguardo su Louis, che si limita a ricambiarlo.

Senza che lui la degni neanche di uno sguardo, la ragazza esce, e la porta le si chiude dietro dolcemente.

Harry continua a guardarlo, adesso con un martini in mano. Ha degli elfi domestici del cazzo? Da dove sbucano tutti questi drink preparati?.

"Ho cambiato idea. Voglio che tu te ne vada adesso," è tutto quello che dice, labbra premute sul bicchiere freddo, con gli occhi allo stesso tempo annoiati e taglienti.

Come ha detto questo stronzo?

"Scusa?"

"Puoi tornare non appena gli altri saranno arrivati," dice con la voce strascicata e sospirante, la noia e l'arroganza che praticamente trasudano da tutti i pori. 

Louis fa un sorrisetto, piantandosi sulla sedia a sdraio senza battere ciglio. "Sei proprio una sagoma."

Gli occhi di Harry lampeggiano per un momento, osservando Louis che si sistema ancora meglio e nella maniera più eccessiva che gli riesca. "Sai che posso cacciarti. Con la forza, se necessario. Ho varie opzioni e nessuna di esse mi crea alcun problema."

"Non credo tu capisca quanto poco la cosa mi tocchi, Curly. E sì, gradirei proprio un drink." Senza spezzare il contatto visivo, Louis raccoglie il bicchiere più vicino dal tavolo e lo porge ad Harry, lanciando uno sguardo significativo alla bottiglia di champagne alla sua sinistra. 

Ed è finita, pensa. Quella è stata l'ultima goccia per Harry; invece di andarsene o di scagliargli addosso qualche commento caustico, lo prenderà a pugni in faccia, capovolgendo i mobili e perdendo completamente il senno. E un po' Louis lo vorrebbe. Vorrebbe giustificare l'odio divorante che prova per questo ragazzo, vorrebbe razionalizzare il motivo per cui ci si fissa, gliene frega, dedica parte del suo tempo anche solo a pensare a quanto gli dia fastidio questo maledetto Harry Styles.

Per questo si prepara, una mano già sul bracciolo (se così si può chiamare) di ciliegio, e si prepara a difendersi e ad attaccare.

Ma questo non succede. 

Invece, invece, Harry continua a fissarlo, occhi freddi e scrutatori, prima di prendere la bottiglia, e camminare verso di lui, senza battere ciglio.

Gliela suonerà in testa. Glielo verserà in faccia e riderà e poi probabilmente gliela spaccherà sul cranio e poi-

Ma Harry versa lo champagne nel bicchiere che gli ha offerto. 

E la mascella quasi gli si disloca perché come, come?

Lo guarda, probabilmente a bocca spalancata (ma spera di no) mentre lui versa e ricambia il suo sguardo; è quasi ammirato dalla fluidità dei suoi movimenti quando gli versa lo champagne senza vederlo, con gli occhi ancora decisi su di lui, ed è ancora più ammirato quando riesce a interrompere il corso del liquido nel momento esatto in cui il bicchiere è pieno. 

E adesso non sa davvero come reagire, con Harry in piedi davanti a lui in silenzio, con addosso una camicia pacchiana e una vestaglia inquietante e un'espressione a metà tra il disgusto e la curiosità, le sue labbra rosa premute l'una contro l'altra, i ricci scompigliati e luminosi sotto la luce del sole.

"Grazie," borbotta Louis piano, un tantino spiazzato, e quello fa un cenno per dire di aver sentito prima di mettere giù la bottiglia.

Harry sembra essere sul punto di dire qualcosa in più, le labbra socchiuse, quando di colpa la tasca gli vibra, rompendo l'imbarazzo della stanza.

Louis manda una preghiera di ringraziamento al cielo. 

Guardano insieme in basso, e mentre Louis prega che sia Zayn che li informa che è fuori dalla porta (hah), l'espressione di Harry cede immediatamente non appena guarda lo schermo. Ed è strano, davvero, fare una faccia così provata fisicamente per una chiamata.

Sta per chiedere chi è, ma Harry mette il silenzioso, tornando a guardare Louis di nuovo con un estremo pallore che prima non c'era, anche quando i suoi tratti si appiattiscono di nuovo nell'indifferenza, benché con difficoltà.

"Serviti pure," è tutto quello che dice in un tono sorprendentemente calmo, parole borbottate e lente nella loro monotonia prima di voltarsi lentamente e avviarsi verso un'altra stanza, chiudendo un'altra volta la porta.

Ma questa volta non chiude a chiave, e Louis quasi si chiede se abbiano fatto qualche insignificante passo avanti nel loro rapporto, nonostante la chiamata casuale e misteriosa.

Spera di no.

**

È passata mezz'ora e Niall non gli risponde e Zayn e Liam ancora non sono qui.

E Harry è ancora in camera sua. 

Che va bene, per carità, ma Louis ha già bevuto troppo liquore di scorta e pungolato troppi dei suoi animaletti di pezza – sì, ne ha scoperto un mucchio nell'angolo più remoto della stanza, con dei cappellini in testa e dei monocoli seduti sopra dei forzieri in pelle scura. Ha anche scoperto un diadema non molto dopo, e ogni briciola di forza di volontà era giunta in suo soccorso per resistere all'impulso di mettersela in testa e sfilare di qua e di là a farsi selfie. 

Okay, forse l'ha fatto sul serio. Ma è stata letteralmente una foto sola, e l'ha mandata solo a Stan perché, beh, doveva farlo. Per una questione morale.

Proprio quando sta per capitombolare di nuovo sulla sedia a sdraio per poltrire un altro po' nella noia e guardare fisso fuori dalla finestra (abbracciato a un gufo di pezza – i suoi occhi sono troppo grandi e adorabili per non meritare un po' di coccole e comunque non è che abbia chissà che cazzo di compagnia), sente il tintinnio indistinto dei tasti di un pianoforte. 

Ma certo, cazzo.

I pianoforti vengono distribuiti alla nascita?

Ma Louis ha abbastanza liquore in circolo da assicurargli un piacevole formicolio e visto che il salotto non ha altro da offrire oltre a ciò che ha già eviscerato, si avvia verso il suono e preme l'orecchio contro il freddo legno della porta di Harry.

Il motivo è melodioso, dolce e ignoto, quasi triste per natura con insito al contempo una nota di speranza. È piuttosto bello, davvero, e mentre ascolta, chiudendo gli occhi e assorbendo la consistenza del suono, sente un innegabile desiderio di avere di più.

Quindi, con la mente annebbiata dallo champagne e qualche sorso di gin, gira piano il pomello e apre la porta. 

È immediatamente accolto dalla vista di Harry seduto a un grande pianoforte di castagno, con la testa leggermente abbassata. Le mani – al di fuori della sua visuale, sepolte sotto i solidi contorni del suo corpo – sembrano muoversi con destrezza e grazia, e gli occhi calmi seguono i loro movimenti. Il raso della vestaglia incontra i tenui raggi di luce che sgorgano dalla fila di finestre dietro di lui, contrastando con le ombre blu polvere della stanza (le luci sono spente) e si mescolano con la sua pelle in molteplici tonalità e prospettive. 

Louis guarda.

Non è come quando suona Niall.

L'intera vita di Niall è come una luce esplosiva che risplende senza fine su tutto ciò che la circonda, ma quando è immerso nei suoi strumenti e la sua musica, il suo essere si placa. Al posto dell'energia rumorosa e della vita che da lui sgorga, il luminoso faro di vita che è Niall Horan si affievolisce quando suona il piano, la sua energia si fa concentrata e serena.

Con Harry è il contrario.

Harry, che è un misto di sorrisi da cartonato e occhi vuoti, la personificazione stessa di 'c'è nessuno in casa?' nel suo significato più macabro, quando suona si accende, di netto. Non che stia sorridendo o roba simile. No, non sembra meno infelice del solito. Ma c'è qualcosa di indefinibilmente diverso in lui. C'è una verità, una sincerità, una determinazione appassionata dentro di lui che brilla in superficie, lasciandolo distrutto e reale, con le spalle curve sotto il peso delle ombre.

È come ritrovare tutti insieme quei tremolii di un qualcosa che gli scorge negli occhi ogni qualvolta è agitato – espressi adesso a chiare lettere e riassemblati in carne e ossa. 

Per la prima volta, Harry Styles sembra una persona vera. Sembra un ragazzo. E Louis non riesce a non guardarlo.

Ma poi i tasti vanno alla rinfusa.

Quasi non ci fa caso all'inizio, la snervante bellezza di quel momento gli ottenebra i sensi, ma l'inequivocabile strano clank di un tasto guasta la semplice melodia, e i suoi occhi scattano in alto per incontrare il viso di Harry e-

Oh cazzo.

Ha le guance bagnate.

Sono fiumi, spessi, caldi fiumi di lacrime che gli si riversano sulla faccia, che gli appannano la vista, mentre preme le sue lunghe ciglia sulle guance in grumi, e anche se Harry non ha la benché minima idea che Louis è lì mentre lui silenziosamente suona e piange, si vergogna di guardare questo spettacolo. 

Perché Harry Styles sta piangendo (è umano? come?) ed è qualcosa che Louis ha sognato nelle sue ore più buie. Ma adesso che sta succedendo per davvero… non gli dà alcuna soddisfazione. Gli spezza il cuore. E i singhiozzi piccini e le guance luccicanti a metà tra l'ombra e la luce lo invadono di un tale indescrivibile dolore che non riesce nemmeno a provare a capirlo. 

Sta per voltarsi indietro, davvero, ma poi Harry smette di suonare completamente, e afferra le cornici del pianoforte in una mano sola, girando la faccia. 

Louis studia il suo profilo, riesce a vedere le lacrime ancora più chiaramente, e si sente assolutamente incapace e intrappolato, perché cosa fa adesso? Che sta succedendo??

Quindi sta lì congelato a guardare gli occhi di Harry chiudersi, provocando un'altra ondata di lacrime salate giù per la faccia. Inchina la testa sotto il peso dei suoi stessi pensieri e si passa una mano tra i ricci, afferrando con forza le punte e tirando con quella che sembra essere angosciosa frustrazione, il corpo che inizia a oscillare avanti e indietro in un ritmo gentile.

Vorrebbe tirargli via la mano e urlargli di smetterla perché che cazzo, ma invece lo guarda con occhi spalancati, e i suoi minuscoli singhiozzi riempiono la stanza mentre si avvolge più stretto i capelli alle dita tremanti come un piccolo, bambino abbandonato.

È senza parole, immobile, e inesplicabilmente molto, ma molto stressato, al punto da sentire il bisogno di toccare, confortare, anche se non sa perché o per cosa. 

Per questo inizia a fare un passo avanti. 

E il telefono di Harry squilla. 

A una velocità sinceramente disarmante, si asciuga le lacrime con la manica della camicia, i suoi tratti che immediatamente si riassemblano in una calma preparata. Deglutisce, prende un paio di boccate d'aria con labbra tremanti, poi si scrolla i capelli dagli occhi e risponde portandosi il cellulare all'orecchio in un solo movimento lineare. 

"Zayn, tesoro," lo saluta, e la sua voce non contiene alcuna traccia della scena precedente. 

Lo fa sentire ancora peggio in qualche modo, la nausea che gli divora lo stomaco gli riga e gli pungola il cervello nei suoi angoli silenziosi, colpevoli.

"Sì, certo." Una pausa. "Non c'è fretta, gioia. Aspetto con piacere il tuo impeccabile arrivo. Indossa i colori delle ciliegie, ti prego – sono le uniche tonalità che riesco a capire al momento." Una pausa. "Andrà benissimo. Riferisci il messaggio a Liam. E digli di piantarla di parlarmi addosso." Una pausa. "Sì, Louis è qui."

Louis sente un brivido lungo la schiena al sentire il suo nome sulle sue labbra. È strano davvero, visto che non è la prima volta che l'ha detto, ma è scioccante e fa risvegliare di scatto i suoi nervi e prega, prega, prega che Harry non si volti. 

"Certo," continua lui, e si massaggia gli occhi con una mano. "Sì, tesoro, mi sembra perfetto. Ci vediamo presto. Suggerisco il viola, per inciso. Si addice alla tua carnagione in una maniera assolutamente meravigliosa." E saluta poi con un sorriso che gli fa alzare gli occhi al cielo mentre quello mette giù piano il telefono. I suoi tratti sono immobili, non più sorridenti ma non più addolorati, invece a riposo con una fragilità che sembra perfetta abbastanza da poter essere dipinta. 

Temendo per la sua vita se dovesse scoprirlo, si costringe a uscire, chiudendo piano la porta con tutto la calma di cui è capace la sua stazza mingherlina.

Stupidamente, cammina di nuovo alla sdraio e siede, piedi a terra e gomiti appoggiati sulle ginocchia, e si limita a fissare il vuoto, la nausea ancora presente mentre la testa gli gira, non tanto per l'alcol, quanto per Harry Styles e le sue lacrime del cazzo. 

Affonda la testa nella mani e prega per un rapido arrivo di Zayn. 

Perché stasera è già troppo difficile da gestire, e giura su dio di non poter sopportare l'idea di stare solo con i suoi pensieri in questo momento.

**

Alla fine arrivano tutti i ragazzi (Niall per ultimo perché aveva insistito di comprarsi un segway) e dopo che un cordiale di ciliegie e vari aperitivi e liquore pesante vengono distribuiti (Niall si rifiuta di consumare qualunque cosa che non sia alcol puro ed etichetta il resto come "succo di frutta") se ne vanno a fare una cena molto costosa e sontuosa che è appagante proprio come Niall aveva promesso. 

Sono tutti felici, Zayn che medita dietro alle sue sigarette sulle lamentele di Louis a proposito di tutte le stronze del suo corso (ci sono certi che dovrebbero proprio darsi una cazzo di calmata) mentre Liam ridacchia di tutto e lo fissa quasi-rapito, con una mano sulla gamba di Zayn.

Harry è il più felice di tutti. Beh. "Felice."

Riempie i bicchieri di tutti e ride dietro il tovagliolo e brinda al cielo, alle stelle, al mondo, e si aggiusta il papillon (sì, si era cambiato, è adesso vestito con un completo lavanda, con un ramoscello di ciliegie attaccato al bavero) con dita ingioiellate che non tremano, e Louis si sente male solo a guardarlo.

Perché è falso, adesso sa quanto falso, e con ogni risata fragorosa che emette, ogni enorme sorriso che illumina la stanza, ogni carezza al braccio di Zayn e ogni tintinnio del suo bicchiere  contro quello di Niall, Louis vede il ragazzo nascosto dal pianoforte, lacrime che gli rigano il volto.

Ma non gli importa, non gliene può importare, per questo manda giù i suoi pensieri con bistecca e patate, rimproverando Niall per aver comprato un segway.

"Non puoi venire a casa stanotte e mi assicurerò che Rory lo sappia, Irlanda!"

"Irlanda? Ma mi hai chiamato Irlanda?"

E così, Louis ignora molto fermamente ogni pensiero che minaccia di salire in superficie.

**

È mentre tornano a scuola in auto, imbottiti nell'auto d'epoca di Zayn, la luce della luna che si spande nel cielo su di loro e il vento fresco della notte che frusta umido la loro pelle, Liam ha suggerito di andare a una festa.

"Mi sono arrivati messaggi tutto il giorno. Pare sia parecchio divertente?"

"Beh, effettivamente è venerdì," ragiona Louis con un sorriso birichino, e Zayn gli fa un sorrisetto nello specchietto retrovisore.

"Mi hai rubato le parole di bocca, Louis," borbotta, le mani poggiate delicatamente sul volante mentre li guida lungo le strade in ciottoli. "E festa sia."

"Eccellente," sorride Harry, tirando fuori il cellulare. "Stavo cercando una scusa per chiamare un po' di gente."

"Da quando hai bisogno di una scusa?" ribatte Zayn lanciandogli uno sguardo.

"Da mai," alza le spalle quello con un largo sorriso, "ma così fanno le persone educate."

Niall scoppia a ridere, facendo scivolare un braccio attorno alle spalle di Harry. "Hai le palle d'ottone, questo è sicuro!" ruggisce di cuore, e Harry si unisce alle sue risate, compiaciuto del complimento e buttando la testa all'indietro.

Louis lo guarda, premuto com'è dall'altro fianco di Niall sul retro, e percepisce solo per un attimo qualcosa risvegliarglisi nel petto prima di riportare lo sguardo davanti a sé.

"Diamoci dentro stasera, d'accordo, ragazzi?" dice inarcando un sopracciglio con un sorriso sereno.

Zayn pure lui sorride con un, "D'accordo, Louis," mentre Liam batte le mani come un delfino e annuisce entusiasticamente, Niall che agita i pugni in aria e Harry che ruggisce rumori insensati al vuoto del cielo sopra di loro.

Almeno può contare sulle distrazioni quando i pensieri diventano troppo pesanti. E stasera ne ha un disperato bisogno.

**

La festa, imbottigliata in un attico, è una di quelle più fuori controllo, ed emana fumo, persone belle, e luci lampeggianti. 

Ci sono vassoi di bicchieri di cristallo riempiti di assenzio e cognac, persone con maschere luccicanti e barocche, una band i cui membri sono rivestiti di pelle e bodypaint, e file di cocaina serpeggiano tra i gioielli di diamante e gli orologi da taschino disseminati su tutte le superfici disponibili. 

Magari in una giornata normale Louis lo avrebbe trovato divertente; oggi, riesce solo a disgustarlo.

Passa la notte a seguire goffamente Niall visto che, ancora una volta, Liam ha trascinato Zayn nelle masse vorticanti e di loro si erano perse le tracce. Più che camminare saltella, incontrando ragazza dopo ragazza e facendole ridere a quel modo acuto che altro non è che forzato.

È conscio di star compromettendo gli abbordaggi di Niall, mentre scruta causticamente l'ultima scroccona, e se all'inizio era rimasto indifferente alla sua stessa incredibile mancanza di buone maniere, la cosa lo mette sempre più a disagio.

"Mi sa che è meglio che ti lascio fare," dice, alla sesta ragazza di fila che si allontana dopo avergli lanciato una ferrea occhiataccia.

"Forse," concorda quello, ma alza le spalle. "Ma non me ne importa più di tanto. Fanculo tutto, voglio solo divertirmi. Succeda quel che cazzo succeda, mi capisci? Non sentire il bisogno di andartene se non ti va. Dico sul serio, Tommo."

Louis sorride e annuisce (è mai forse capitato che Niall non fosse schietto e assolutamente semplice?) ed è così toccato dalla sua lealtà e solarità che gli batte una mano sulla spalla e dice, "Mi sa che ti lascerò in pace stavolta, Irlanda. Vieni a cercarmi quanto ti annoi, okay? Vado in esplorazione a vedere se c'è qualcosa da rubare." Con un'ultima strizzata d'occhio lo saluta con una mano, urlando dietro di sé un, "Conquista le signore come sai fare solo tu!", mentre si allontana, lasciando un Niall sorridente che scuote la testa divertito.

Perché forse Louis ha effettivamente bisogno di stare da solo. Perché forse questa distrazione non sta funzionando. Perché si sta al momento domandando, ossessivamente, dove sia Harry. 

E questa cosa deve finire. 

**

Louis passa il resto della serata fuori al balcone, appoggiato al muro e con gli occhi rivolti al cielo che non fa altro che guardarlo di rimando. 

Prova a cantare, anche a bocca chiusa, e a bere, con l'intenzione di indirizzare i suoi pensieri alla distrazione, ma nonostante tutto rimane con un solo nome sulla punta della lingua, che lo tormenta quando controlla il cellulare, pregando silenziosamente che Niall gli invii un "Usciamo e andiamo a sfondarci."

Ma non arriva mai.

Quindi dopo quattro cazzo di ore, quando il fracasso di dentro si affievolisce e gli intrusi (questo è il santuario suo e di nessun altro) che inciampano nel balcone diminuiscono fino a scomparire, decide che è ora di costringere Niall ad andarsene. Adesso basta.

Mettendosi in tasca il telefono senza messaggi e massaggiandosi via la noia dagli occhi, rientra dentro, cercando Niall o Zayn o Liam con occhi sempre più disperati.

Ma tutto invano.

E dopo aver setacciato il posto per quanto scrupolosamente possa fare un estraneo, si arrende, in piedi, al centro della stanza a soqquadro con la birra schizzata a terra, fiumi inzuppati che turbinano nel liquido rossastro, maschere pestate e bicchieri di carta schiacciati. C'è un aroma stantio e i resti di fumo si avvincono ancora all'aria, riuscendo solo a frustrarlo e a disgustarlo di più.

Dove sei? scrive a Niall, e i suoi occhi a malapena riescono a concentrarsi sulla luminosità dello schermo, le membra sono appesantite dallo sfinimento e dal disfattismo.

Perché, cazzo. Vuole solo tornare a casa. E non sa proprio come fare.

Per fortuna, ha degli amici famosi.

Questo posto è sorprendentemente vuoto considerata l'ora – magari sono tutti migrati in un posto ancora migliore? Acchiappa il braccio sudato alla prima malcapitata isolata che vede, e poggia gli occhi imploranti sulla ragazza bruna di fronte a lui.

"Non è che hai visto Niall Horan per caso?"

La ragazza sorride stralunata. "No, spiacente, gioia. Da, tipo, tre ore."

Merda.

"E Zayn Malik?"

"Oh. Sì. Lui e Liam Payne se ne sono appena andati, a dire il vero."

E Louis la fissa.

Cazzo.

"Ah. Non riuscirei a raggiungerli?"

"Ne dubito. Stavano entrando in macchina l'ultima volta che li ho visti. Scusa," alza le spalle,  e gli manda un ultimo vago sorriso prima di andarsene. 

Fantastico. 

Fottutamente fantastico.

E adesso?

Frustrato dall'impotenza che prova – e da quando esattamente è diventato impotente e perché non si era preparato per situazioni del genere? – vaga di stanza in stanza, sperando di trovare un indizio che risveglierà una qualche sorta di soluzione nella sua testa. 

Ma invece di trovare una soluzione trova Harry Styles. 

È lì, proprio lì dall'altra parte della stanza, a malapena cosciente ed è tenuto su da una serie di gente dell'alta società in vestiti sudati e pesanti che sembrano fin troppo costosi e blandi. Lo tirano da ogni parte, gli passano le mani sopra come se fosse un luccichino (Louis sospetta ecstasy come minimo), che volta gli occhi socchiusi verso di loro mentre gli premono labbra fredde e arrossate sulla faccia afflosciata.

Una sensazione allarmante gli brucia alla bocca dello stomaco, e prima di sapere esattamente quello che sta facendo, si ritrova a marciare verso il mucchio di sanguisughe.

Le loro voci diventano più nitide, raggiungendo le sue orecchie sopra quello che rimane di musica pop di merda che fluisce dalle casse, sgusciando tra le nuvole di fumo debolmente sospese.

"Lo voglio," dice con voce strascicata una rossa carina, con gli occhi spalancati e vitrei mentre fa scivolare una mano sotto la giacca di Harry.

Un ragazzo giovane, probabilmente non ha più di sedici anni, la guarda male, spingendo via la sua mano e prendendo stretta quella di Harry. "Io lo voglio!"

"Andiamo amico, tu l'hai già avuto," si lamenta un altro ragazzo, e inizia a strattonargli la giacca in un modo che dà il voltastomaco a Louis.

Fissa la scena che gli si pone davanti con orrore, comprendendo a stento il fatto che queste persone stiano tirando avanti e indietro Harry Styles come se fosse una bambola di pezza,  che lo stropicciano da tutte le parti e toccano ogni parte di lui senza una briciola di rispetto. Ed è ancora più orribile il fatto che Harry non ci stia con la testa, troppo fatto di qualunque cosa in cui si sia affogato stanotte, mentre viene passato di peso di persona in persona, gli occhi appannati che sbirciano nel vuoto e si chiudono a intermittenza, la bocca un po' aperta, e il sudore che gli imperla la pelle.

Cazzo no.

Così proprio no.

"D'accordo, gente, d'accordo," tuona Louis, dissodando la massa sudata di arpie. "Giù le mani, giù le mani." Li caccia via uno a uno, mentre miagolano le loro proteste e gli mandano sguardi taglienti.

Il ragazzo di prima gli si para davanti, petto in fuori e apparentemente pronto a ricorrere alla violenza.

"Chi dice che puoi averlo?" brontola, a voce bassa e carica di vodka vecchia.

Louis storce il naso, ripugnato dalla puzza – e dalla sua faccia – e porta gli occhi al cielo e si passa il braccio di Harry attorno al collo, stringendogli la vita con l'altro.

"L'ho già pagato," dice nel più sarcastico dei toni, con una tale insolenza che si aspetta una seria scazzottata lì e subito.

Ma, con suo sommo orrore, gli occhi del ragazzo si riempiono di comprensione. 

"Oh. Scusa, amico, non lo sapevo."

E Louis vorrebbe vomitare, cazzo, perché l'ha preso sul serio. 

Digrignando i denti contro tutte le cose che vorrebbe dire (perché al momento non lo aiuterebbe, ha solo bisogno di portare Harry fuori di lì) gli lancia un'ultima occhiataccia disgustata, permettendosi un "Parassiti del cazzo," prima di incespicare via. 

Questo ancora non risolve il problema di essere rimasto a piedi – potrebbe averlo complicato ancora di più – ma non gli importa, e invece si concentra sulla pura e semplice difficoltà che trova nel sostenere questo pupazzo allampanato che puzza di sudore e fiori, con la testa che gli rotola sulle spalle quando a malapena riesce a mettere un piede di fronte all'altro.

"Mi fa tanto piacere che ti lasci così tanto andare, Curly. Davvero, fantastico. Proprio un'idea assolutamente splendida," si lascia sfuggire a denti stretti, zigzagando fino all'ascensore. 

Le porte si aprono facilmente, permettendo loro di entrare nel cubicolo dorato, e Louis spinge il pulsante per il piano principale con più forza del necessario.

"Mi chiamo Harold," borbotta l'altro all'improvviso in tono basso, le labbra socchiuse. "Non Curly."

E quasi vorrebbe cantare a questo punto, perché cazzo, Harry è sveglio e Harry ha degli agganci. In particolare, servizi automobilistici. 

"Curly! Harry. Harold. Benissimo, sei vivo. D'accordo allora, dimmi come posso portare tutti e due a casa. Visto che io non posseggo schiavi."

Riesce a vedere l'incresparsi molto vago della sua fronte (e lo considera quasi una conquista, il fatto che, anche in uno stato di semi-incoscienza, riesca comunque a rabbuiarsi) ma Harry lo aiuta con un, "Nel mio cellulare. Vedi 'Autista'."

Che ordine.

"Naturalmente," brontola, ma gli tira il telefono fuori dalla tasca, trovando il nome con facilità e chiamandolo in un modo che spera non trasmetta la sua instabilità emotiva attuale. Con Harry che nel frattempo borbotta sciocchezze incomprensibili nella sua spalla mentre perde e riprende conoscenza.

**

Quando "Autista" li scarica davanti alla scuola, Louis è già sull'orlo di una crisi di nervi, avendo dovuto sopportare il peso del corpo di Harry per fin troppo tempo (e i suoi brontolii e i quasi sibili del suo stato confusionale da ubriaco) e si chiede per un attimo quanto orribile sarebbe se lo lasciasse semplicemente fuori. 

Ma, ovviamente, la sua coscienza prende il sopravvento, e per questo se lo carica addosso per il resto della strada fino a raggiungere le sue stanze – che sono ingiustamente lontane da quelle di Louis e Niall. 

Gli fa strano, dover sorreggere il peso quasi morto di Harry Styles mentre girovaga nell'oscurità di un appartamento di cui ha fatto la conoscenza solo ieri. Inciampa, i piedi che cozzano coi mobili sparsi e angoli acuminati, e a un certo punto quasi fa cadere Harry in un cumulo di cactus, radunati inopportunamente vicino al corridoio. E anche se sarebbe stato esilarante (perché poi possiede dei cactus?) non riesce a pensare a nulla di peggio che trascinare più del dovuto questa manfrina, e dunque manda una preghiera di ringraziamento al cielo, aprendo la porta della camera di Harry con un calcio, incespica oltre il pianoforte senza guardarlo neanche di striscio, e lascia cascare il ragazzo di peso sul letto. 

E non farà altro.

Ecco cosa si è detto. Non farà altro.



Solo che Harry non è neppure completamente sul letto, le sue gambe penzoloni su un'estremità, il cuscino troppo lontano dalla testa.

E quindi lo sposta più in alto, manovrando il ragazzo con le membra infinite fino a quando è sistemato comodamente. Senza pensarci, Louis gli slaccia il cravattino e il primo paio di bottoni della camicia inamidata, decidendo di non levargli la giacca visto che non riesce nemmeno a contemplare a come farlo senza svegliarlo completamente. Gli slaccia le scarpe e gliele leva, prepara un panno bagnato e tampona via una roba appiccicosa e misteriosa che gli ricopre il collo e le mani (non vuole sapere) e accarezza una mano fredda sulla sua fronte sudata e le sue ciocche umide. 

E adesso se ne andrà.

Perché si è ufficialmente preso cura di Harry e praticamente gli ha fatto il bagno e ha fatto tutto ciò che poteva considerato che non gli deve niente e Harry ha per lui lo stesso rispetto che ha per una granseola artica.

A dire il vero, Harry rispetta di più le granseole artiche. Gliel'ha detto. 

Louis porta gli occhi al cielo al pensiero e si siede accanto a lui, tenendo in mano il panno bagnato e guardando la sua sagoma dormiente. È un tale contrasto da com'è normalmente. 

Ancora una volta, Louis si ricorda di oggi, della sua faccia e della sua postura mentre piangeva e versava qualunque sentimento nel pianoforte; quello stesso senso di realtà è qui adesso, davanti ai suoi occhi, incapaci di guardare altrove e incapaci di identificare quella sensazione che gli artiglia lo stomaco, e si ritrova a poggiare una mano su quella di Harry. 

Vorrebbe ritrarla subito. Ma non lo fa. Se ne sta seduto lì, a guardare questo tornado di un ragazzo dalle profonde ombre e dai boccoli scuri e gli stringe la mano come fosse un bambino, incapace di staccarsi per quanto il suo letto lo stia chiamando. 

Alla fine soccombe allo sfinimento, facendo scivolare via la mano e guardandolo per l'ultima volta. Non sa quando ricapiterà vederlo in un atteggiamento di resa così onesta, di vulnerabilità così aperta, e questo lo fa sentire al tempo stesso triste e sollevato. 

Con un ultimo sguardo d'addio, chiude la porta, stringendo forte il panno bagnato quando si costringe a voltarsi e arranca fino al suo appartamento, ogni passo che porta con sé un peso tutto nuovo. 

E non vuole che arrivi domani. 

Perché non gli piace la piega che sta prendendo questa situazione.
   
 
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