Ed
eccoci con la terza parte. Non ho molto da dire in merito, se non che spero la
lettura sia piacevole e interessante. Se vorrete farmi avere una conferma nell’uno
o nell’altro senso, positiva o negativa, ne sarò lieta.
Se
no, divertitevi e basta.
A
presto.
suni
Konoha, sera
“Ancora
auguri, Neji,” esclama Naruto di slancio, sollevando il bicchierino in
direzione dello Hyuuga. Lo sposo sorride con insolita allegria, gli occhi
bianchi scintillanti di una gioia che la sua compostezza non può celare.
“Grazie,
Naruto,” risponde, ricambiando il brindisi.
Il
rinfresco è ancora nel pieno svolgimento, gli invitati sostano a
gruppetti, chiacchierando animatamente e scambiandosi di tanto in tanto, in un
andirivieni ridanciano e animato. Tenten, radiosa nell’abito da sposa,
è una macchia candida intorno a cui ruotano le ragazze, con risolini e
strilli di entusiasmo.
“E’
stata una festa strepitosa,” continua Naruto gettando una distratta
occhiata intorno, che Sakura intercetta con una smorfia scherzosa a cui lui
risponde con una linguaccia. “E il menu era fantastico!” continua
scherzoso, con aria discola.
Neji
gli allunga il suo elegante sorriso, divertito.
“Sapevo
che avresti apprezzato,” commenta ironico, mentre Kiba passando gli
allunga una pacca sulla spalla. Quindi si guarda intorno discretamente, poi
torna a osservare l’espressione di gioia leggermente forzata del
jinchuuriki. “Sas’ke-san è già andato a casa?”
chiede vago.
Neji
è uno dei pochi a Konoha, tranne gli amici più stretti, a non
serbare particolare diffidenza verso il traditore del villaggio. Forse
perché la sua storia non è del tutto dissimile. Conosce gli
svantaggi dell’essere un genio, la rabbia e la sete di rivalsa del
sentirsi vittima di un’ingiustizia universale.
Naruto
sussulta leggermente, poi lo imita, voltando lo sguardo.
“No,
è…qui da qualche parte, credo,” risponde, senza riuscire a
individuare la sagoma aristocratica dell’Uchiha in questione.
“Sarà rintanato in un angolo con quell’orso del sensei. Un
bel duo di eremiti,” commenta, con un risata paziente.
“Immagi…”
“Scusate,
scusate!”
È
Shikamaru che, la voce alta e per una volta energica, attira l’attenzione
degli astanti con un bicchiere levato. Ha l’aria di aver bevuto un
po’ più sakè del necessario, gli occhi lucidi e
l’espressione un po’ vacua.
“Scusate,
voglio fare un annuncio,” continua, mentre pian piano si fa il silenzio.
“Prima di tutto, mi congratulo ancora una volta con gli sposi. Neji,
Tenten… auguri da tutti noi.” I compagni alzano i bicchieri, Ino
già applaude leggermente il migliore amico.
“E
poi,” continua Shikamaru, schiarendosi la voce. “Volevo sapeste che
mi sono messo davvero nei guai, stavolta. A fine mese Temari verrà a
vivere a Konoha, insieme a me. Che seccatura,” annuncia, senza che la sua
espressione scontenta risulti minimamente convincente. Scaturisce una risata
scrosciante dal capannello di amici che lo circondano, quindi un breve
applauso.
“Grande
Nara!” strepita Lee, gonfio d’entusiasmo.
Naruto
applaude a sua volta, ridendo della faccia appesa sfoggiata
dall’intelligentissimo shinobi. Ma la sua allegria non è spontanea
come al solito e l’euforia lo abbandona rapidamente, com’è
arrivata, mentre questo e quell’altro amico si avvicinano a Shikamaru,
con intesa, per scambiare qualche parola.
A
venticinque anni, Naruto comincia a vedere i suoi amici sistemati. Kiba e
Hinata si sono sposati da sei mesi, oggi è stato il turno degli Hyuuga,
presto Shikamaru convivrà con l’affascinante sorella del Kazekage.
Qualche giorno fa Sai è passato da lui, insolitamente farneticante e
tutto preso dalla scelta dei mobili con cui arredare il suo nido d’amore
con Ino. È stato decisamente strano – si tratta di Sai, non di una
persona che ti aspetteresti sentir parlare di tavoli e di quante ante dovrebbe
avere un armadio – ma mentre parlavano di colori delle tende e di cosa il
suo indecifrabile amico vorrebbe vedere appeso alle pareti, ripromettendosi ad
ogni nuova ipotesi di consultarsi con la compagna, Naruto si è reso
conto di essere gonfio di malinconia.
Non
farà mai niente di tutto questo,
lui. Casa sua sarà sempre soltanto casa sua, continuerà a
spostare il pigiama da un posto all’altro di sera in sera, in funzione
del dormire da Sasuke o meno, passando a prendere i vestiti per cambiarsi
quando si ferma dal compagno e dimenticandosi di volta in volta magliette,
mutande, documenti. Nessuno, com’è stato per tutta la vita,
dividerà davvero la vita quotidiana con lui.
“Naruto.”
La
voce bassa e profonda di Sasuke lo riscuote, come se l’avesse evocato.
Sposta lo sguardo di lato, sul genio che fa ondeggiare pigramente il bicchiere
in mano. Caso strano, anche Kakashi è ricomparso in sala e sta
chiacchierando indolente con Kurenai.
“Vi
scambiavate gli sharingan?” chiede Naruto ironico, ridacchiando sotto i
baffi. “Giocavate a biglie coi bulbi oculari?”
Sasuke
gli scocca un’occhiatina superiore, scuotendo leggermente la testa.
“Avevamo
conversazioni troppo elevate per il tuo quoziente intellettivo, dobe,”
risponde, con la consueta gentilezza. “Allora, Nara si sistema con quella
della Sabbia,” aggiunge, senza interesse.
“Temari,”
lo corregge Naruto meccanicamente, annuendo. Sasuke fa spallucce: evidentemente
ai suoi occhi la definizione quella della
Sabbia era perfettamente adatta e calzante. “E Sai con Ino,”
continua, vago.
“Se
non fosse così odioso mi dispiacerebbe quasi per lui,” commenta
Sasuke noncurante. “La Yamanaka è una palla al piede.”
Naruto
lo guarda storto, scrollando la testa. Effettivamente, all’epoca, Ino era
piuttosto stressante con Sasuke. Come tutte quante, più o meno.
“Sei
il solito musone, teme,” commenta dispettoso. “Non ha più
dieci anni, sai?”
“Nemmeno
tu, ma sei rimasto scemo come allora,” ribatte l’altro, con fare
superiore. Allunga una mano a sfiorare la sua spalla, in un gesto che potrebbe
tranquillamente sembrare amichevole ad occhi esterni. “Vado a casa. Tu
stai ancora qui?”
Naruto
esita, stringe la presa sul bicchiere.
“Una
mezz’ora, sì,” risponde, fissando Sakura che chiacchiera
fittamente con Lee.
Gli
occhi di Sasuke saettano intorno per un istante, prudenti.
“Passi
più tardi?” continua, la voce sempre più bassa.
Naruto
si stringe nelle spalle, incerto.
“Non
so. Mi devo alzare all’alba, domani,” osserva pensoso.
“Comunque ho le chiavi, semmai ti sveglio,” conclude, con un
sogghigno minaccioso.
Sasuke
annuisce, fa un cenno e gli volta le spalle, per raggiungere gli altri membri
del team sette e salutarli.
“Naruto,”
fa poi, fermandosi a un paio di metri da lui. Il jinchuuriki si gira a
guardarlo, anche se Sasuke gli dà la schiena. “Tutto a
posto?”
Lui
socchiude le labbra, preso in contropiede, mentre un sorriso disarmato gli
arcua gli angoli della bocca. Non gli basta sghignazzare come se niente fosse
per ingannare gli occhi di Sasuke, che nonostante tutto sanno ancora sondare a
fondo, soprattutto quando si tratta di lui.
“Sì,”
risponde di slancio.
Non
è vero, e sa che neanche Sasuke prende per buona quella risposta.
Però il genio annuisce, riprendendo ad allontanarsi.
Lo
guarda scivolare in mezzo agli ospiti che per la maggioranza lo ignorano
– una volta Sasuke era seguito dallo sguardo ammirato di tutti, ora quasi
nessuno osa apertamente mostrare interesse nei suoi confronti - con la sua
andatura sinuosa, le spalle larghe e il portamento altero. Sakura lo blocca con
un cenno, facendoglisi vicina e cominciando a parlare sommessamente, e Sasuke
volta il capo verso di lei, ascoltandola in silenzio con un’ombra di
sorriso sulle labbra. Naruto li guarda, Sakura con i suoi verdissimi occhi da
fata e la pelle diafana, Sasuke che la sovrasta di tutta la testa, annuendo
lentamente.
Sarebbero
stati belli, insieme. Almeno loro si sarebbero sposati, sarebbero stati una
vera famiglia e avrebbero avuto dei bambini, il clan Uchiha sarebbe rinato. Lei
lo avrebbe sommerso di attenzioni e Sasuke sarebbe stato troppo preso dalle
responsabilità e dai figli per avere il tempo di continuare a essere
infelice.
“Yo,
Naruto,” lo chiama Shikamaru, affiancandolo. “Sei taciturno,
stasera. Lavorare negli ANBU ti stanca così tanto?” domanda, con
tono familiare. “Lo capisco, eh. Dev’essere una sfacchinata davvero
seccante.”
Lui
forza un sorriso, annuendo con finto imbarazzo.
“Sono
un po’ stanco, già,” ammette ridacchiando. “Ma non
credere che basti così poco a stendermi, eh? Altrimenti che Hokage
sarei…” scherza, tronfio.
Shikamaru
sorride, cacciando una mano in tasca.
“Tsunade
hime parla di ritirarsi, ultimamente,” osserva assorto.
“Sarà presto il tuo momento, Naruto. Non ti invidio nemmeno un
po’.”
Lui
ride, stavolta sinceramente. Non gli è davvero difficile immaginare che
per l’amico gli impegni e le responsabilità di un capovillaggio
sarebbero un peso insopportabile.
Ma
non riesce a sentirsi coinvolto dalla conversazione, nemmeno quando Ino, Choji
e Sai li raggiungono. Ride meccanicamente e commenta qualche sciocchezza delle
sue, per non dare nell’occhio, ma i pensieri maturati durante le ultime
ore lo martellano, serrandogli lo stomaco e lasciandolo apatico, demoralizzato.
Se si trattasse di un combattimento o di una missione recupererebbe la consueta
determinazione, ma la sfera dell’intimo è decisamente più
complessa, e nella sua vita in particolare.
Se
ne va poco dopo, salutando con qualche urlo scoppiettante che ha il potere di
imbarazzare mortalmente Neji e far sghignazzare chiunque altro, Tenten
compresa, mentre Sakura gli allunga un leggero cazzotto. Kakashi è
l’unico che lo congeda con un’occhiata penetrante, quasi
interrogativa.
Konoha,
fuori, è silenziosa e tranquilla nella luce fioca delle lanterne. Naruto
esita e tentenna, incerto sulla direzione da prendere, poi si lascia portare
dai piedi verso il quartiere sempre deserto degli Uchiha. Quando vi giunge si
ferma, osservando defilato la dimora del compagno.
Le
luci sono spente, tutto è immobile e muto. La grande casa con lo stemma
del clan sembra dormire a sua volta, annegata nella quiete che la circonda.
Naruto si trattiene per un paio di minuti, ma non ha voglia di entrare. Per la
prima volta da quando si ricorda non ha voglia di vedere Sasuke, di parlargli o
di toccarlo, perché servirebbe solo ad aumentare la confusione e il
malessere. Stringe amaramente le labbra e si volta, prendendo ad allontanarsi.
“Naruto,”
sente chiamare, sussultando ed alzando lo sguardo verso il tetto:
c’è Sasuke, appollaiato là sopra, che lo guarda con la
fronte leggermente corrugata. “Guarda che la porta è dall’altra
parte,” annuncia con sufficienza.
Lui
mette insieme una risatina sciocca, grattandosi i capelli biondi.
“Sì,
ma poi ho pensato che devo davvero alzarmi presto e che fosse meglio rientrare,”
blatera, gesticolando.
Sasuke
lo guarda impassibile, senza rispondere. Poi si sporge con un gesto minimo e
salta giù, atterrando silenziosamente a qualche metro da lui.
“Ormai
sei qui,” osserva pragmatico. “Entra e dormi.”
Naruto
reprime la smorfia di disappunto prima che gli si formi sulle labbra, annuendo
distrattamente. Segue Sasuke verso la porta, prima che questi si blocchi con
uno sbuffo.
“Non
ho preso le chiavi,” osserva, con rimprovero.
“Meno
male che sono io l’idiota,” sogghigna Naruto, porgendogli le
proprie.
“Taci,
dobe,” replica l’altro maestoso, spalancando la porta. “Taci
e vattene a dormire,” continua, avanzando senza nemmeno aspettarlo.
“E quando ti andrà di dirmi cos’hai magari avrò
ancora voglia di perdere tempo a starti a sentire,” aggiunge, iniziando a
salire le scale.
“Non
ho niente!” sbotta Naruto con enfasi, punto sul vivo. Sasuke si volta a
guardarlo dall’alto, accigliato.
“Non
trattarmi come un imbecille, sai che non lo sopporto,” intima bellicoso.
“Tu
non sopporti niente,” osserva il jinchuuriki irritato, sentendo
un’agitazione che non ha ragioni definite crescergli nello stomaco.
Sasuke
sbuffa, tornando a voltargli le spalle.
“Ci
ho ripensato, non mi va di darti retta,” annuncia freddamente.
Naruto
deglutisce, stringendo i pugni prima di parlare.
“Voglio
vivere con te.”
Le
parole gli sono sgorgate quasi da sole, senza difficoltà, risuonando nel
silenzio successivo. Non solleva lo sguardo, non può, rimane solo fermo
con i pugni stretti e il respiro bloccato nei polmoni.
“Scusami?”
C’è
sbigottimento nella voce di Sasuke, ma ormai è fatta.
“Voglio
che viviamo insieme,” ripete lui, fissando il pavimento. “Sai, come
le persone che stanno insieme e a un certo punto…”
“Sì,
ho capito il concetto,” lo interrompe Sasuke, spazientito. Lui lo sente
riscendere le scale e passargli accanto, infilandosi poi in cucina per accendere
la luce. Lo segue a testa bassa, rimanendo fermo sulla soglia.
“Guardami,
Naruto. Guardami.”
Solleva
la testa controvoglia: Sasuke è in piedi dall’altro lato del
tavolo, piegato ad appoggiare le mani su di esso e sporto in avanti, verso di
lui.
“Vorresti…stai
dicendo che vuoi venire a vivere qui,” afferma lentamente, atono.
L’espressione del suo volto, come capita spesso, è insondabile.
“Non
necessariame…non per forza qui,” ribatte Naruto, parendogli
già di sentire fisicamente la disapprovazione delle mura stessa della
casa del clan per quella relazione indecorosa. “Possiamo andare da
un’altra parte. Non sei costretto a vivere qui in eterno,
Sas’ke!” sbotta nervoso.
“Questa
è la casa della mia famiglia,” risponde l’altro, aggressivo.
Naruto scuote la testa, corrucciato.
“Questa
è casa tua. Non c’è nessun altro, qui,” osserva
rigido. “Questo dannato quartiere è completamente deserto, ci sei
soltanto tu. Ti sembra una cosa normale?”
Sasuke
allarga le palpebre, indispettito.
“Una
cosa normale? Perché, invece io sono normale?” osserva malevolo,
con voce tagliente. “Dimmi di un giorno normale della mia vita. Dimmelo,
dai, o sommo Hokage.”
Naruto
si acciglia ulteriormente.
“Non
c’entra niente. Non stavo parlando di…”
“Naruto,
ma ci hai visti?” lo interrompe l’altro, iroso. “Siamo due
uomini, lo sai, sì, o sei completamente idiota? Ti sei accorto di chi
sono io? Sono Uchiha Sasuke, ricordi? Quello che ha tradito il villaggio,
quello di cui nessuno si fida. Perché mai…” sbuffa,
infastidito. “Va tutto bene così. Non c’è niente da
cambiare.”
“Va
bene per te,” ribatte lui, facendo un passo avanti con animosità.
“Come al solito, Sas’ke, l’unica cosa che conta sei tu, il
tuo rispettabile cognome e queste scemenze!”
E
poi si sente afferrare al collo d’improvviso e spingere indietro.
“Razza
di idiota,” ringhia Sasuke, strattonandolo con violenza. “Il mio
cognome, ma cosa stai dicendo? Io sono un traditore, la gente per strada mi
indica, cosa vuoi che me ne freghi ancora di queste cazzate?” lo investe,
aggressivo. “Naruto, tu credi davvero di poter diventare Hokage se stai
con me? Ma allora sei veramente un totale idiota!”
conclude in un sibilo sprezzante, spingendolo via.
“Questo
non c’entra niente con l’essere Hokage!” sbotta Naruto di
slancio. “Sono cose completamente diverse!”
Sasuke
sospira con sprezzo, scrollando la testa.
“Cresci,
Naruto, cresci. Apri gli occhi,” osserva sarcastico. “Non lo
vorranno mai, un Hokage così. Ti guarderanno con disgusto e ti
rimanderanno a casa a calci. Penseranno che non bisogna aver fiducia nemmeno in
te, che ti lasci circuire da un bastardo come il sottoscritt...”
“No,
invece!” bercia lui, infiammandosi e dando un colpo al muro. “Mi
farò rispettare anche per questo, come ho fatto fino ad ora! Ero
soltanto un mostro, il compagno di squadra imbecille del genio di casa Uchiha,
e guarda! Sono il jonin più forte della Foglia, ho salvato il villaggio
una miriade di volte, è questo che serve per essere Hokage,
Sas’ke!”
Sasuke
fissa il muro, immobile e cupo, mentre lui riprende fiato.
“Tutti
quelli che lo sanno non…”
“Tutti
quelli che lo sanno sono i tuoi amici,” lo interrompe Sasuke seccamente.
“ma il villaggio non sono loro. Io e te non abbiamo mai visto le cose
nello stesso modo, Naruto, è inutile che adesso stiamo qui a raccontarcela.”
“Dimostrerò
loro che posso essere comunque un grande Hokage, dovessi metterci
vent’anni!” ribatté lui con fervore, serrando poi le labbra.
“Oh,
bell’idea. Lanciati in un’altra delle tue guerre sante senza senso.
Riprenderò Sas’ke, quattro
anni a rompere le scatole a chiunque ti stesse intorno,” fa
l’Uchiha, con spregio. “Questa volta io ne voglio stare
fuori.”
Naruto
china lo sguardo, amareggiato e stanco.
“E’
questo il punto. È per te che non ne vale la pena, non per me,”
mormora dolente.
Sasuke
osserva a terra per qualche istante, poi alza gli occhi neri nel vuoto, di
fronte a sé.
“E’
vero,” risponde fermo. “Per me non vale la pena di mettere tutto
sottosopra a questo scopo.”
Non
c’è altro da dire; Naruto si domanda perché mai abbia
sollevato l’argomento, visto che sapeva benissimo dall’inizio quali
sarebbero state le conclusioni. Ma forse è che non poteva più
tenerselo dentro, semplicemente.
“Ho
capito, Sas’ke,” dice piano, annuendo.
“Possiamo
dormirci su?” sospira l’altro, leggermente nervoso, avvicinandosi
alla porta, e a lui.
Naruto
scuote negativamente la testa, tardando a parlare perché non ci riesce.
“No?
Come no? Non devi alzarti all’alba?” commenta Sasuke,
condiscendente.
Lui
annuisce, stringendo le labbra per impedire che tremino.
“No,
intendevo…” emette, faticosamente. “Non dormire qui, almeno
io.”
L’altro
aggrotta la fronte, infastidito.
“Va
bene. Tienimi il muso,” commenta freddo. “Ci vediamo domani.”
Fa
un solo passo, mentre Naruto stringe le palpebre sugli occhi.
“Non
ti tengo il muso, quello sei tu semmai,” commenta il jinchuuriki, con una
tristezza che non è da lui. “Non cambia niente se ci dormo su,
è comunque tutto sbagliato. Sas’ke, finiamola qui.”
Pensa,
incoerentemente, che si ricorderà a lungo l’espressione
sconcertata e completamente smarrita di Sasuke in questo momento. I suoi occhi
un po’ sgranati, luminosi di un panico che nemmeno la sua padronanza di
sé può nascondere, le labbra socchiuse da cui non sta passando
aria.
“Finiamo
cosa?”
E
lui non risponde, abbassando soltanto la testa.
“Cosa,
ma…perché? Non…” Il genio sospira, rigido. “Va
bene, come vuoi,” afferma, la voce sorda.
“No,
non è come voglio,” lo contraddice Naruto, pacato. “Ma tu
vuoi passare la vita a giocare all’eroe maledetto e incompreso e invece
io voglio qualcos’altro.”
“Certo,”
commenta l’altro senza nemmeno ascoltarlo più, allontanandosi
verso il piano superiore. “Ah, Naruto, Tsunade Hime mi ha offerto una
missione a Iwa, come ambasciatore nella Terra. Ho intenzione di accettare, quindi
ti dico da ora che starò via parecchio. Sai, per evitare che poi ti
metta a cercarmi in tutte le nazioni,” termina sprezzante, voltandogli le
spalle e sparendo per le scale.
Naruto
rimane per qualche secondo immobile, come inebetito. Sbatte le palpebre
più volte, guardandosi intorno confusamente. Deglutisce a fatica, muove
un passo tremante alla cieca e ingoia aria, con lo stomaco serrato. A distanza
di pochi secondi la mancanza gli sembra già insopportabile,
intossicante. Stringe le palpebre perché le lacrime premono per scappare,
raggiunge la porta alla cieca e all’ultimo si volta, buttando la sua
copia delle chiavi su un gradino, prima di uscire e inspirare profondamente
l’aria fredda della sera, che non gli dà comunque alcun sollievo.
E
pensa, mentre gli occhi gli si fanno umidi e il respiro si spezza in gola, che
domani sarà di nuovo un giorno senza Sasuke.
Come
tutti quelli a venire.
____________________________
ryanforever: grazie mille! Mi fa molto piacere che anche la
parte due sia stata di tuo gradimento. La vena fanciullesca…beh, i “miei”
personaggi non la perdono mai. Forse perché in me è ancora
spropositatamente sviluppata e tendo ad affibbiarla anche a loro. ^__^ E poi
sono Sasuke e Naruto, saranno sempre un po’ baka…hihi. Alla prossima.
nemesi06: siiic. Anche io ci sono rimasta malissimo per
quella scena della vista. Cioè, Sasuke è un cretino e se le
cerca, però dai, un solo essere umano non può avere così
tante sfighe… bah. Detto questo e proclamata la mia indignazione ti
lascio, nella speranza che anche questa parte ti possa essere piaciuta. E grazie
dell’apprezzamento.
VavvyMalfoy91: Poesia?...mah. ^__^ più che altro è
un dato di fatto. Sono molto lusingata che ti piaccia il mio stile. Speriamo che
duri… Alla prossima.
krikka86: Allora: stando alle mie scarsissime conoscenze in
giapponese il nome Sasuke è pronunciato Saske. O comunque è così che lo dicono in Naruto. Poi,
non so se sia una mia psicosi o un dato reale, ma io ci sento comunque un’intonazione
da parola troncata nella seconda “s”, come se ci fosse un
apostrofo, un accento brusco (sì, passo il mio tempo libero a far caso a
come esattamente i doppiatori pronunciano le parole. Oh, ognuno ha le sue turbe…^__^).
E quindi nei dialoghi, per rendere l'effetto del parlato, ci metto un apostrofo: Sas’ke. Poi, ora potrei ringraziarti per
avermi ringraziata per averti ringraziata, ma rischiamo di non finirla mai
più…hehe. Quindi dico solo che spero che anche questa ti possa
piacere (e se ti avanzano consigli non lesinare). A presto.