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Autore: Nina Ninetta    30/10/2014    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
 


È strano come il corpo umano avverta alcune cose e tenti di metterti in guardia, seppur a modo suo. Una notizia, un cambiamento, un pericolo. Il fisico non riesce a distinguere la felicità dalla rabbia, la paura dal coraggio. Si piange per la troppa contentezza, ma si piange anche per il troppo dolore; la paura genera adrenalina, così come il coraggio. Ci sono cose che accadono in un istante preciso, in una data situazione, talvolta si riesce ad inquadrarlo e si è consapevoli che è stato in quel preciso momento che qualcosa è mutato, si è spezzato, irrimediabilmente.
Morena sapeva perfettamente in che occasione Diego era cambiato – o forse era cambiata lei? – lo sapeva come sapeva di essere incinta ancor prima di fare il test di gravidanza, lo sapeva già mentre, notte dopo notte, faceva l’amore con lui.
Erano stati ad una stupida festa di matrimonio, dove era rimasta per quasi tutto il tempo seduta ad una lunga tavolata da sola, circondata da giovani donne per lo più italiane, a fissarsi le mani, mentre il suo fidanzato rideva e chiacchierava con i suoi compagni. Un ammasso di rozzi uomini in smoking, troppo ubriachi per mettere su frasi di senso compiuto, troppo ubriachi per ricordarsi delle loro mogli o fidanzate, troppo ubriachi per astenersi dal guardare le hostess in tailleur blu notte ondeggiare i loro didietro perfetti e sensualmente fasciati dal tessuto morbido e sottile della gonna.
Lo stesso Torres era troppo ubriaco per evitare di complimentarsi con la damigella della sposa ogni qual volta gli passava davanti, avrà avuto circa vent’anni e un fisico mozzafiato.
Le donne intorno a quel tavolo parevano non preoccuparsi affatto degli apprezzamenti che i loro mariti o compagni rivolgevano alle altre ragazze presenti nella sala, evidentemente più giovani e attraenti di loro. O erano abituate, pensò Morena, o se ne fregavano. Ma lei no, non era né abituata, né tantomeno gliene fregava. Ardeva dentro, come un fuoco lento che le bruciava fin nelle vene scorrendo per tutto il corpo. All’inizio aveva provato a distrarsi, seguendo i ragionamenti e le chiacchiere di quelle donne, benché non conoscesse a perfezione la lingua italiana, riusciva a comprendere almeno il senso delle conversazioni. Ma quei discorsi l’annoiavano: i figli, la scuola, l’estetista, il parrucchiere, la rigorosa dieta, la vescica sul tallone, il rossetto abbinato, l’abito firmato e l’abito “made in china”, le scarpe e la gara a chi aveva i tacchi più alti. Dopo un po’ quel vocio era diventato un sottofondo, al pari del piano bar, ma stranamente i complimenti che gli uomini – che Diego – rivolgevano alle ragazze le giungevano forte e chiaro.
Erano le cinque del mattino quando si era messa al volante della cabriolet di Diego, con quest’ultimo completamente rintontito dall’alcool, seduto al posto del passeggero, ammonendolo di continuo perché stesse fermo con quelle mani che invece la toccavano ovunque, mentre procedeva lentamente lungo la statale che li avrebbe ricondotti a casa.
Il vento le buttava i capelli all’indietro e le faceva accapponare la pelle delle braccia, non era riuscita a chiudere il tetto dell’auto e se all’inizio si era indispettita, quella brezza era stato un vero toccasana per il suo fisico e la sua mente.
Il cielo era puntellato di stelle, la strada deserta, ma era soprattutto il mare ad infonderle una nuova forza, il suo rumore, il suo odore, per un momento le sembrò di esser ritornata in Cile, agli anni in cui ripercorreva la strada che dal campus universitario la riportava a casa, da sua madre, da suo padre, dalle sue amiche. Poi i mugolii di Torres e la sua mano che le palpava la coscia la fecero ritornare con la mente alla realtà e, per l’ennesima volta, lo allontanò, gridandogli di stare fermo.
Era il 31 agosto e di lì a qualche mese avrebbe scoperto di essere incinta, ma lei lo sapeva già. Lo sentiva. Come sentiva che dal 31 agosto qualcosa tra lei e Diego Torres era mutato, seppur impercettibilmente, il suo corpo lo avvertiva.
 
Teddy rimase qualche minuto nell’ombra del corridoio che conduceva alla cucina e al salone. Che conduceva a lui.
Proprio a lui, la cui voce le arrivava chiara e limpida, quella voce che avrebbe riconosciuto fra mille. Data la cadenza del tono, probabilmente stava sorridendo, forse chiacchierando di qualcosa in particolare con Grimilde. Infondo era impossibile non sorridere in sua presenza, al contrario di lei e Morena, la ragazza bionda raramente era di cattivo umore e, anche quando lo era, le passava in un nano secondo, le bastava distrarsi, trovare qualcos’altro da fare o a cui pensare. Questa volta Teddy lì senti ridacchiare insieme e si scoprì ad essere incuriosita, di cosa potevano mai parlare di così divertente?
Chissà, forse stavano ridendo ancora del fatto che Grimilde aveva pensato ad un’assurdità come quella di Morena e Nicolas insieme. Si, con il senno di poi, Teddy si rese conto che era davvero improbabile.
Avanzò di qualche passo, arrestandosi di nuovo. Da lì poteva vedere il suo profilo, il sorriso largo, la posizione del corpo leggermente curvata in avanti, le braccia posate sulle cosce, le dita delle mani intrecciate come in preghiera. Come poco prima, quando lo aveva visto sul pianerottolo di casa, o quando le aveva posato Martin fra le braccia per l’improvviso attacco d’ilarità, il cuore di Teddy prese a battere un po’ più forte, accompagnato questa volta da una sensazione di vuoto allo stomaco.
Nicolas, pensò, e come se lui avesse udito il proprio nome si voltò a guardarla, lì in penombra, mentre lo fissava. Il sorriso morì dal suo viso, ma gli occhi si addolcirono, perché lui non era capace di odiare. Se Teddy fosse stata al posto suo si sarebbe odiata per l’eternità.
Grimilde seguì lo sguardo di Romero e saltò a sedere con le ginocchia, rivolta alla sua amica:
«Teddy!» esclamò «Che fai lì? Dai, vieni qui! Ho preparato il caffè!» batté il palmo della mano sul cuscino rigido di pelle e a Teddy non rimase altro da fare che assentire «Morena non viene?»
«Si, certo. Non appena Martin si sarà riaddormentato» teneva gli occhi fissi in quelli azzurri di Grimilde, non osava voltarsi dall’altro lato, dove sapeva che ne avrebbe trovati due scuri e profondi come la notte senza stelle.
«Martin è un gran dormiglione» disse d’improvviso lui, obbligandola a guardarlo, il sorriso era riaffiorato sulle sue labbra, si stiracchiò le braccia e ricadde all’indietro, contro lo schienale «Non ci vorrà molto.»
Sul tavolino basso, al centro del divano, sito su un tappeto di poco prezzo che Teddy aveva comprato al mercato del mercoledì, Grimilde vi aveva adagiato un vassoio con quattro tazze di caffè all’americana e un porta biscotti pieno per tre quarti. La biondina si sporse in avanti e ne prese due in un sol colpo, il primo se lo infilò subito in bocca, era al cioccolato. Stava ancora masticando quando chiese:
«Tu lo conosci proprio bene questo bambino?»
Nicolas Antonio si passò una mano sulla testa, quasi imbarazzato da quella domanda:
«Non così bene …»
«Di sicuro lo conosci meglio di noi. Almeno eri a conoscenza della sua esistenza» Teddy aveva parlato d’impulso, con una leggera vena sarcastica nella voce. Nicolas provò a mettersi nei suoi panni, apprendere che la sua migliore amica aveva avuto un figlio senza mai accennare alla gravidanza doveva esser stato una sorta di shock, o comunque un dispiacere:
«Se avessi saputo che non ne sapevate nulla vi avrei telefonato io»
«E perché avresti dovuto farlo?» questa volta Teddy alzò lo sguardo per guardarlo in faccia «Tu sei un portento nel tenere nascoste le notizie importanti.»
Nicolas Antonio Romero ripassò in rassegna quella frase nella sua mente, qualcosa gli sfuggiva, qualcosa di non detto aleggiava fra quelle parole, avrebbe potuto leggere fra le righe e forse ci sarebbe anche riuscito, se solo fosse stato un po’ più sveglio e meno offuscato dal viaggio e dal fuso orario. Cercò aiuto in Grimilde che però gli sorrise flebilmente facendo spallucce, come a dire “non guardare me, lo sai come è fatta Teddy”, poi osservò proprio quest’ultima allungare la mano sinistra per prendere un dolcetto e, per la prima volta da quando era arrivato in quella casa, notò un particolare essenziale: non portava la fede.
 
La porta della camera da letto di Grimilde si chiuse e i passi di Morena giunsero fino a loro, poi la videro materializzarsi dalla penombra del corridoio, indossava una tuta di cotone a maniche lunghe, con la zip della maglia chiusa fino al collo. Un classico di Morena quello di nascondere quanta più pelle era possibile. Si accomodò al fianco di Grimilde, il viso visibilmente sollevato e riposato, profumava di bagnoschiuma a fragola, quello preferito dalla biondina, la quale le saltò al collo, respirando a fondo il suo odore, non quello dolce e mieloso del bagnoschiuma, ma il profumo di Morena: la sensazione delle sue spalle e delle braccia che si chiudono intorno al proprio fisico mingherlino, quella dei folti capelli castani che le solleticano il naso e la guancia, assaporando quella sensazione di sicurezza che forse non ha mai avuto da una vera mamma.
Grimilde rimase ancora un attimo abbracciata a Morena, poi passò un braccio intorno al collo di Teddy e strinse entrambe, trascinandole con sé contro lo schienale del divano:
«È fantastico! Siamo di nuovo tutte insieme!» esclamò, circondata dalle sue amiche sorridenti. Era vero, era fantastico, nonostante le ragioni che le vedevano insieme non erano delle più allegre era comunque fantastico!
Il classico rumore di uno scatto e il bagliore accecante del flash fu quasi come una tromba, ricordando loro che non erano sole. Nicolas era di fronte a quelle tre ragazze, le braccia allungate in avanti e un i-Phone a coprirgli parte del viso. Il suo sorriso si allargò quando vide la foto che aveva appena scattato sul display:
«Romero!» sbottò Morena, da sempre infastidita dall’obiettivo della macchina fotografica «Cancella subito!» ma Nicolas forse neanche la sentì, abituato com’era alle sue lamentele, o troppo indaffarato ad armeggiare con il touch:
«Voglio vedere! Voglio vedere!» Grimilde al contrario di Morena era sempre stata a proprio agio al centro dell’attenzione, dimentica delle sue amiche balzò in piedi e affiancò il ragazzo, facendo leva sulle punte dei piedi per cercare di vedere la foto «Oddio! Ho la frangia tutta in disordine» concluse, prendendo a lisciarla con le dita
«Romero, elimina quella foto!»
«Che dici? La inviamo a Martinez?» continuò lui e il volto di Grimilde s’illuminò, mentre Nicolas la guardava di sbieco, senza smettere di sorridere:
«Si, si!» esclamò lei, affacciandosi di nuovo sullo schermo del cellulare
«No!» era stata di nuovo Morena a parlare
«Inviata!» Nicolas guardò la madre di Martin e la schernì con una linguaccia, mentre lei metteva il broncio. Quando faceva così lo detestava.
Teddy era rimasta tutto il tempo seduta a fissare quell’allegra combriccola. La sua allegra combriccola. Era rimasta immobile, con le mani strette a pugno, lottando contro la voglia di saltellare dietro la biondina per vedere quella foto: si sarebbe avvicinata a lui, inebriandosi del profumo di Nicolas, quello che usava sempre, quello che metteva da quando era poco più di un quindicenne, quello che non poteva permettersi a quei tempi perché costava troppo e allora entrava nelle profumerie e di nascosto se lo spruzzava dai campioni esposti sugli scaffali, quello che aveva comprato dopo il primo stipendio. Poi magari avrebbe detto a Morena di smetterla di fare tante storie perché era molto più fotogenica di quello che credeva, ma sarebbe stata molto critica con sé stessa – il sorriso da ebete, il viso troppo grande, il fatto che sembrava una persona obesa a causa della postura assunta – solo per sentirsi dire da Nicolas che era perfetta, che era bellissima, lei avrebbe finto di non credere alle sue parole e allora lui, per darle conferma di quello che pensava, le avrebbe dato un bacio a stampo sulle labbra.
Come un uragano fu investita dalle immagini del sogno che l’aveva tormentata solo poco tempo prima – l’abito da sposa, la chiesa, le sue amiche arrabbiate con lei, Marcelo, Nicolas e il suo bacio che aveva fatto sparire ogni paura, ogni dubbio, ogni insicurezza – si ma quanto prima? Ore, minuti, giorni?
Si alzò, sentendo il silenzio calare improvvisamente e gli occhi dei presenti fissarla, ancora una volta aveva rovinato quel bel momento e si sentì in colpa per questo. Si avvicinò al tavolo della cucina e si accese una sigaretta, respirando a fondo il sapore acre del fumo.
Grimilde urtò Nicolas con il gomito, quasi di nascosto, Morena la fissò con fare interrogativo, chiedendosi cosa avesse in mente:
«Ehi! Nicolas!» lui la guardò, avvicinando l’orecchio per sentire cosa aveva da dirgli, aveva un tono di voce molto basso, ma Grimilde non lo alzò, né lo guardò in viso quando gli parlò «Guarda che non si è più sposata»
«Grimilde!» Morena la richiamò, guardandola male, ma l’unica a beccarsi una vera occhiata di fuoco fu proprio quest’ultima, da parte di Romero:
«Grazie per avermi detto anche questo!»
«Non glielo hai detto?» Grimilde era stupita quasi quanto lui
«Tu non me l’hai mai chiesto!» si difese Morena, continuavano a bisbigliare
«Io cosa? Tu, piuttosto …»
«Che succede?» l’interruzione di Teddy fece sobbalzare tutti e tre: Morena drizzò la schiena, Nicolas finse di essere interessato ad una macchia inesistente sulla mascherina dell’i-Phone bianco, Grimilde sorrise con troppa enfasi, porgendole una tazza fumante:
«Caffè?»
 
Fu così che mentre Teddy si gustava il suo ennesimo caffè, Grimilde si affacciava per l’ennesima volta sulla biscottiera, il viso concentrato, poi sorrise e afferrò un altro frollino al cacao.  
Teddy la osservò, invidiava il suo metabolismo veloce e il fatto che sembrava poter ingurgitare quante schifezze desiderava senza ingrassare mai, senza preoccuparsi dei brufoli. Riusciva a mantenere la sua pelle candida come il latte, liscia e luminosa, e dubitava che fosse per le creme che quotidianamente utilizzava, semplicemente era stata fortunata in questo.
La biondina prese un altro biscotto, al burro questa volta, e lo divorò come quello precedente, sul seno piatto e sulla gambe incrociate caddero alcune briciole che tuttavia non si curò di togliere:
«Fammi capire una cosa» disse rivolta a Morena, ingoiando rumorosamente «Tu in realtà credi che Diego ti tradisca»
Nicolas scosse il capo, sorridendo con sarcasmo, era rimasto in silenzio per tutto il tempo, inviando messaggi ai compagni di squadra e di nazionale, fingendosi poco interessato, ma assolutamente attento a quello che gli accadeva intorno.
«No! Io so che lui mi tradisce!»
«Te lo ha detto lui?» le chiese Teddy alle sue spalle, seduta al tavolo della cucina a fumare un’altra sigaretta. Vide le spalle di Morena alzarsi e abbassarsi, come se avesse sospirato con forza, come una persona che si è sentita rivolgere la stessa domanda per decine di volte:
«No» rispose in un sospiro
«Lo hai beccato in qualche modo? Che ne so … hai letto un messaggio sul cellulare, un biglietto …»
«Tanga nelle tasche dei pantaloni» sghignazzò Grimilde e Nicolas la guardò divertito e compiaciuto, cosa che irritò Teddy, la quale si arrabbiò ancor di più per l’indignazione che aveva provato di fronte a quel sorrisino di chi sa il fatto suo:
«Grimilde! Questo è un discorso serio!» sbottò poi, schiacciando il mozzicone nel posacenere. La biondina si voltò a guardarla, interdetta, l’espressione di una bambina sgridata dalla mamma, un altro biscotto a mezz’aria:
«Perché te la prendi con lei?» Romero alzò gli occhi dal display dell’i-Phone e li fissò il quelli di Teddy, il suo tono pacato metteva i brividi «Qui la sola che dovrebbe essere rimproverata è Morena …»
«Tu non sai quello che ho dovuto sopportare!» tentò di schermirsi la ragazza mora, nella mente ancora i lunghi minuti che con una lentezza esasperata si trasformavano in ore, mentre aspettava Diego seduta al tavolo, osservando il giorno che si tramutava in notte, con quel senso di impotenza che la divorava da dentro.
«Morena non è un incosciente!» esclamò Teddy in difesa dell’amica, o forse semplicemente per la voglia che aveva di affrontare Nicolas. Si alzò e si avvicinò al divano «Se ha fatto quel che ha fatto avrà avuto le sue buone motivazioni! E tu non le conosci, quindi non puoi permetterti il lusso di giudicarla!»
«Hai ragione! Non conosco le sue ragioni, ma ti posso assicurare che c’ero io quando ha partorito in ospedale, circondata da medici italiani, di cui a malapena comprendeva le parole!» Teddy sbarrò gli occhi e Morena nascose il volto dietro i palmi «Le ho stretto la mano, l’ho rincuorata, ho preso Martin in braccio prima del padre …» Nicolas sembrò colto da un’improvvisa rivelazione, spostò l’attenzione sulla neo mamma «A proposito, Torres dov’era quel giorno?»
«Non lo so» fu la risposta secca di Morena «Gli telefonai almeno dieci volte nell’arco della mattina per dirgli che i medici mi avrebbero portato in sala operatoria di lì a poco»
La rabbia che aveva invaso Romero parve abbandonarlo e lui la scacciò espirando, l’emicrania cominciava ad attanagliargli la testa:
«Arrivò in clinica solo in serata» dichiarò poi, rammaricandosi giacché quel fatto non aveva destato sospetti in lui a quei tempi.
 
Come era prevedibile, dopo la tempesta, il nulla.
Oramai non giungeva neanche più il mormorio della città, solo una sirena o l’allarme di una macchina in lontananza dava loro la sensazione che al di fuori di quelle mura si estendeva il Mondo. Il rubinetto perdeva ancora, ma nessuno vi badava.
Grimilde fissò il frollino che avrebbe voluto mangiare, ma si scoprì a provare un leggero voltastomaco e lo riadagiò con garbo nel porta biscotti. Provò solo ad immaginare quello che aveva dovuto passare la sua amica: una gravidanza improvvisa, un compagno di vita di cui non si fidava, sola e praticamente sbattuta dall’altra parte dell’oceano. Era fin troppo ovvio pensare che Nicolas Antonio doveva esser stato il suo unico appiglio, il suo unico promemoria di un’altra vita, più felice forse, più facile. Sentì le lacrime bruciare e d’istinto strinse la mano a Morena, seduta al suo fianco, questa le sorrise mesta:
«Cosa farai ora?»
«Innanzitutto chiamerà Torres» intervenne l’unico uomo presente
«Scordatelo!» esclamò Morena, incrociando le braccia e guardando altrove.
La tregua momentanea era già passato. Nicolas si drizzò in piedi:
«Mi aiuti a farla ragionare, per favore!»
A Teddy mancò il respiro. Quegli occhi, quello sguardo, quel tono. Fu come se gli anni che li avevano visti lontani miglia e miglia non fossero mai esistiti, si dice che indietro non si torna, ma in quel momento a Teddy vennero dei dubbi.
Morena era sempre stata molto orgogliosa e testarda, anche più di lei, e farle ammettere uno sbaglio, o farle cambiare idea, non erano mai state imprese facili. Quando Nicolas non ci riusciva da solo, si voltava verso Teddy, allora la sua fidanzata, e con fare esasperato, come chi non sa più che pesci pigliare, invocava il suo intervento, sempre con la medesima frase «Mi aiuti a farla ragionare, per favore!», consapevole che lei era l’unica persona che ci sarebbe potuta riuscire.
Teddy chinò il capo e lentamente si accomodò sul bordo del divano, passando un braccio intorno alle spalle di Morena:
«Te lo chiedo un’ultima volta» disse «Sei proprio sicura che Diego ha un’altra donna?»
«Sicurissima»
«Sicurissima» le fece il verso Nicolas, subendo varie occhiatacce, eccetto da parte di Grimilde che a stento trattenne un risolino «Rimane comunque il padre di tuo figlio! Ha il diritto di sapere dov’è Martin!»
«Chiamalo tu!» sbottò Morena, scrollandosi di dosso la stretta amichevole di Teddy e alzandosi per contrastare Nicolas, era più bassa di lui di almeno dieci centimetri o poco più: «Se hai paura di essere ritenuto mio complice e di avermi aiutata a scappare, telefonagli e digli che non ne sapevi niente!»
«Si, esatto! Brava!» le applaudì davanti alla faccia, cosa che fece imbestialire Morena «Mi hai dato proprio una bella idea! Brava!»
La ragazza con i lunghi e folti capelli castani parve caricare, alla stregua di un toro, Grimilde si sarebbe aspettata di vederle fumare narici e orecchie da un momento all’altro. Preoccupata scattò dal divano, inserendosi fra i due con facilità grazie al suo fisico esile, mentre Teddy tirava verso di sé Morena, prendendola per le spalle, poi una famosa canzone pop inglese echeggiò in tutta la casa.
Morena fissò lo schermo del suo smartphone, stringendolo con forza fino a farsi sbiancare le nocche. La scritta Mì Amor lampeggiava sul display. Teddy le sussurrò che avrebbe dovuto rispondere e spiegargli la situazione.
Trattennero il respiro, poi Morena rifiutò la chiamata e fu come se tutta la fatica del mondo crollasse sulle loro schiene. Nicolas Antonio spalancò le braccia; Grimilde sospirò e ricadde pesantemente sul divano, le spalle ricurve; Teddy si passò una mano sul volto.
«Gli parlerò io, meglio che tu lo sappia» il tono di voce di Romero era tornato pacato, ma nascondeva una rabbia immensa, aspettò una risposta da parte di Morena che tuttavia non giunse «Mi hai deluso, sai? Credevo che fossi una persona più matura»
«E io credevo che tu stessi dalla mia parte»
Nicolas Antonio aprì la bocca ma la richiuse immediatamente, non aveva più argomentazioni. Nessuno, in verità, sembrava averne più, o forse non avevano più la forza di intraprenderne di nuove.
Il rintocco del costoso orologio a cucù, che il padre di Grimilde aveva comprato durante i suoi primi viaggi in Svizzera, segnò la mezzanotte. La ragazza bionda si alzò stiracchiandosi, quindi si rivolse a Nicolas:
«Puoi dormire sul divano» disse «Nel corridoio infondo a sinistra c’è il bagno, ti prendo una coperta nel caso avessi freddo durante la notte» sorrise «Se ti ammali la tua squadra potrebbe anche farmi causa.»
Sorrisero tutti: l’ottimismo di Grimilde era sempre stato contagioso e, nonostante gli anni, questa sua virtù era rimasta immutata. Grazie al cielo!
Teddy fu la prima ad abbandonare la stanza, annunciando di avere del lavoro da finire – quei benedetti quindici temi da leggere e correggere non potevano cascare in una notte peggiore – stampò un bacio sulla guancia di Morena, augurandole la buona notte e bisbigliandole di essere contenta di averla di nuovo a casa.
Anche Morena parve sollevata, dopo tanto tempo avrebbe potuto dormire serena, ma il sorriso svanì quando Nicolas le ricordò ancora una volta che avrebbe telefonato a Diego:
«Fa come ti pare, Romero. Io con lui ho chiuso» quindi seguì Teddy lungo il corridoio.
Nicolas e Grimilde rimasero ancora un po’ a rimuginare, poi la ragazza raccolse il vassoio con le tazze e lo adagiò nel lavabo con delicatezza, posò la biscottiera nello stipetto in alto a sinistra sollevandosi sulle punte dei piedi, infine tornò a rivolgersi al ragazzo, entrambi avevano l’aria di essere molto stanchi:
«Ti serve qualcosa?» gli chiese, ma lui scosse il capo, la ringraziò e si augurarono buona notte a vicenda.
Nicolas Antonio rimase in piedi a fissare il suo cellulare per un tempo indefinito, quindi avviò la chiamata. In Italia dovevano essere circa le otto di sera e quando era oramai sicuro che non avrebbe ottenuto risposta, sentì distintamente la voce di Diego Torres dall’altra parte del telefono.
 
 
 
 
 
  
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