Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: Elizabeth_Keats    20/10/2008    6 recensioni
"Perfetto. Davvero perfetto. Sarebbe anche arrivato tardi al lavoro. Gerard Way si lasciò sfuggire un sospiro rumoroso [...] Lo sapeva: sarebbe stato un lunedì nero". Come sarebbe il mondo senza i My Chemical Romance? Come sarebbe la vita dei nostri 5 eroi se non fosse mai accaduto niente, se la band che ha fatto sognare migliaia di fan non fosse mai nata? Dove sarebbero loro ora? Se non si fossero mai conosciuti? Se fossero delle persone comunissime alle prese con i mille crucci della vita? "E così Gerard Way a 31 anni stava ancora aspettando che qualcosa sconvolgesse il suo quotidiano... invano (o quasi)" Leggete, RECENSITE... e scoprire che fine hanno fatto i 5 MyChem!
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD HTML 4.01 Transitional//EN">

1.          Vecchiette e hamburger

 

Mezzogiorno e venticinque: cinque minuti alla fine del suo turno. Un brivido d’eccitazione gli percorse la schiena, mentre finiva di mettere a posto una fila di libri di Stephen King sull’ultimo scaffale. Ancora cinque minuti e suo fratello lo sarebbe passato a prendere appena uscito per la sua pausa pranzo, poi, più tardi, una volta tornato a casa avrebbe finalmente rivisto la sua fidanzata, Alicia.

Era ormai quasi un anno che convivevano in un piccolo appartamento di Brooklyn e ormai nella mente di Mikey Way iniziava a maturare l’idea del matrimonio. Da quando era arrivato a New York insieme a suo fratello e alla sua famiglia, ne aveva fatta di strada. Aveva trovato lavoro in quella piccola libreria del centro e con gli anni era riuscito a mettersi da parte un bel gruzzoletto. Ma ancora un pensiero lo ostacolava dal compiere il grande passo: quello di finire come suo fratello. Ok, la sua famiglia era favolosa ed amorevole con lui ma… be’, troppo spesso, a giudicare dalla faccia di Gerard, la cosa gli pareva troppo asfissiante per valerne la pena. Era ancora troppo giovane per rinunciare a quella frizzante libertà, alle serate passate con Alicia in qualche pub, senza alcun obbligo o responsabilità, e i week-end trascorsi lontani da tutto quel trambusto metropolitano. No, decisamente ci teneva troppo a quella spensieratezza per pensare di mettere su famiglia. Avrebbe aspettato ancora un anno o due.

Si diresse alla cassa con degli scatoloni vuoti in mano, fischiettando leggermente e così attirando l’attenzione di Lily, la sua collega di lavoro, una ragazza eccentrica con i capelli rossi e un piercing al naso. Ok, aveva una ragazza fantastica, un lavoro sicuro e una vita relativamente tranquilla, ma… be’, diciamo che, come il maggiore dei Way, anche lui aveva dei dubbi. Era tutto troppo tranquillo, ovvio e scontato. E i sogni dove erano andati a finire? Eh, bella domanda: quasi non se ne ricordava più. Da piccolo, insieme a Gerard, anche lui aveva sognato un futuro avventuroso, un futuro che si distinguesse dagli altri, forse anche insicuro ma pur sempre entusiasmante. Ma alla fine la voglia di basi solide aveva avuto la meglio e ora anche lui era una persona qualunque tra altre persone qualunque… anche se, magari, un po’ meno stressato e depresso di suo fratello maggiore.

Oh, ma che discorsi stai a fare, Mikey Way?, lo rimproverò la sua coscienza dal fondo della sua mente. Hai una vita invidiabile, tranquilla e con tutti i confort standard; quindi basta con questi castelli in aria: è inutile complicarsi la vita quando non ce n’è bisogno! Vero, pensò il piccolo Way, potrebbe andarmi peggio… E gli ritornò in mente suo fratello perennemente incazzato nero con… Alt! Basta. Però lui era una di quelle persone che credeva davvero nei sogni, nell’impossibile, nel “se vuoi una cosa, vattela a prendere”. Ma ora non era più un bambino, pensò con rammarico gettando un’occhiata al reparto libri per l’infanzia lì vicino alla cassa. Era ormai finito il tempo del “quando sarò grande sarò… diventerò… farò…”; alla fine era cresciuto ed era diventato quello che era. Punto e stop. Ah, ingenua fanciullezza! Ora doveva occuparsi di Alicia, di fare la spesa, di pagare le tasse e le bollette, di…

«Mikey!». L’esclamazione secca di Lily lo riportò bruscamente alla realtà.

«Eh, sì, chè c’è?».

Per un attimo la collega lo guardò stralunata, come per dire “ci sei o ci fai?”, per poi indicargli con un gesto perentorio la cassa.

«Io devo finire con questa roba…» disse indicando uan fila di volumi ancora imballati. «Te ne occupi tu, vero?».

Sulle prime il povero Mikey non recepì a pieno il messaggio, ma una seconda occhiata fulminante della rossa gli fece tornare in mente tutto in un batti baleno. Si sporse oltre al cassa ed intravide una docile vecchietta minuta e tutta raggrinzita con la sua corsettina anni ’30 (del Novecento o dell’Ottocento?), lo scialle di lana ricamato a mano e un “adorabile” cappellino troppo simile a una presina per passare per decente. Con un altro sorrisino dal gentile nonna papera gli porse una pila di tipo dieci libri e, avvicinandosi a lui con fare confidenziale, disse: «Seghe mentali, eh, giovanotto?».

Le labbra di Mikey si modellarono in  un muto “co-come?”, ma alla fine il ragazzo optò per il silenzio neutrale e si concentrò sui libri. Ce n’erano così tanti che gli avrebbero dovuto pagare almeno un quarto d’ora di straordinari per batterli tutti. Senza contare la vecchina che lo fissava curiosa con gli occhi ridotti a due fessure…

 

12:40 pm

Gerard trattenne una bestemmia, l’ennesima della giornata, quando parcheggiando davanti alla libreria dove lavorava il fratello per poco non andò a tamponare l’auto davanti: un fuoristrada corazzato che l’avrebbe fatta pagare cara alla sua semplice utilitaria. Cercando di allontanare la negatività di quella tragedia sfiorata (e di tutta la mattinata) si sporse oltre il finestrino in cerca di Mikey, certo che avrebbe avuto come sempre una parola di conforto e di incoraggiamento per lui. Ma di lui non c’era traccia. Strano, visto che Gerard era arrivato anche in ritardo (per ovvi problemi col capo) e tenendo conto che l’altro spaccava sempre il secondo riguardo la puntualità. Avrà avuto da fare, si disse, scendendo dall’auto ed entrando nella libreria. Appena varcò la soglia gli si presentò davanti una scena mai vista prima.

 

«Brutto mascalzone! Truffatore! Criminale!».

Mikey fece un rapido salto indietro e si andò a nascondere dietro la cassa, nel disperato tentativo di evitare la borsa che la vecchietta agitava nella sua direzione come una mazza chiodata urlando come un vichingo inferocito. E lui che l’aveva definita “docile vecchietta”! Seeeee, come no!

«Ma, signora, lei non capisce! Io non intendevo… C’è stato un equivoco… io…» tentò abbattuto, ma la pensionata non pareva avere la minima intenzione di dargli ascolto, mentre continuava ad urlare la sua sfilza di insulti ed epiteti vari.

«Come ti permetti di ingannare una povera vecchia come me? Vile! Manipolatore!».

Il piccolo Way si guardò attorno in cerca d’aiuto: Lily probabilmente era all’altro capo del negozio a riordinare la merce se non nel magazzino, quindi era assai improbabile che accorresse in suo soccorso; le poche altre persone presenti nel negozio osservavano incuriositi quella scena buffa senza però muovere un dito a favore del malcapitato commesso. Quindi era da solo in balia di quella… quel King Kong di vecchietta inferocita. E il tutto per un semplice errore di resto! Invece che 2 dollari e 50 Mikey gliene aveva dato solo due e quando si era accorto dell’errore era ormai troppo tardi per chiedere perdono alla cliente che, resasi conto del misfatto, aveva urlato alla truffa ai quattro venti. Merda… Lo sapeva che c’era qualcosa che non quadrava in quella lì!

«Pensavi forse che fossi scema? Rimbambita come tutte le altre vecchie? Eh? Rispondi, farabutto!».

Un pesante colpo della borsa arrivò sulla cassa che emise uno scricchiolio sinistro, sul punto di aprirsi in due. E a quel punto Mikey si chiedeva se ne sarebbe uscito intero... L’assicurazione sulla vita non ce l’aveva… Acc…!

«Signora…».

Una voce profonda e familiare intervenne improvvisamente tra i tonfi della borsa sul bancone e le grida isteriche della pensionata.

«Signora, le sembra il modo di comportarsi in un luogo pubblico?».

Per un attimo la signora non rispose, come se fosse appena stata presa alla sprovvista, mentre Mikey si sporse di qualche centimetro fuori dal suo nascondiglio per vedere in faccia il suo salvatore. E appena scorse un volto pallido (forse un po’ più tirato del solito) e una chioma di capelli corvini subito i suoi occhi s’illuminarono. Aveva sempre saputo di poter contare sul suo fratellone ma… be’… di sicuro non si sarebbe mai aspettato di vederlo spuntare lì per salvarlo dall’ira di quella nonnetta. Che dire, un deux ex machina veramente ben riuscito! Poi gli ritornò in mente tutto: quel giorno Gerard gli aveva promesso che alla fine del turno l’avrebbe passato a prendere in negozio per andare a mangiare un boccone insieme. E ora eccolo lì, a difenderlo come ai vecchi tempi, quando i bulletti della scuola lo prendevano in giro per via degli occhiali.

«Sono sicuro che c’è una spiegazione a questo equivoco e credo che il signore qui presente possa dare una spiegazione?» continuò Gerard in tono pacato e lasciando senza parole la nonnina.

A quel punto Mikey poté abbandonare del tutto il suo nascondiglio: non aveva più nulla da temere ormai.

 

«Sempre a cacciarti nei guai te, eh?».

Cinque minuti dopo si trovavano in macchina (guidava Gerard) e discutevano dell’accaduto, girando a caso per il quartiere ancora incerti sul luogo dove mangiare. Intanto Mikey continuava a dare riposta ai numerosi perché e per come di Gerard sulla quella faccenda e come ci fosse finito “in mezzo”, cioè tra la vecchietta e il suo resto. Era felice di rivedere suo fratello, dato che l’ultima volta che si erano incontrati era stata a casa sua e in mezzo a tutto il casino che facevano i suoi figli non erano riusciti a parlare granché. Ora, invece, erano finalmente soli e potevano discutere tranquillamente di tutto. Anche se a giudicare dal volto del fratello, più pallido e trasandato del solito, quella non doveva essere stata una settimana particolarmente rilassante per lui. Come le altre del resto.

«Io quello che si mette nei guai? Ma se te con i guai ci vai a braccetto tutti i giorni…».

Il volto di Gerard, nell’udire quelle parole, si fece più cupo e Mikey si rimangiò subito quello che aveva detto. Sapeva benissimo quanto il fratello amasse la sua famiglia e, nonostante questo, non poteva negare quanti problemi gli causasse, quanto a volte lo rendesse infelice e preoccupato, quanto gli fosse costato abbandonare i suoi sogni per loro. Però, loro gli volevano bene, sua moglie e i suoi figli, e lui voleva bene a loro… e questo avrebbe dovuto bastargli. Ma a volte Mikey, come forse anche Gerard, pensava che suo fratello sarebbe stato meglio se non avesse avuto quel fardello sulle spalle. E questa era una contraddizione di cui entrambi preferivano evitare di parlare.

Per qualche secondo, mentre erano fermi a un semaforo, rimasero in silenzio e Mikey si diede del deficiente per aver parlato troppo, frenando il desiderio irresistibile di mordersi la lingua fin a farla sanguinare come punizione. Solo quando scattò il verde ritrovò il coraggio di parlare.

«Vabbè… tu? Novità? Al lavoro tutto ok?».

Gerard fece un sorriso tirato e da quella sua espressione Mikey seppe di aver toccato un altro tasto dolente. Merda.

«Se non contiamo il ritardo di quasi mezz’ora per i soliti vari motivi e la conseguente incazzatura del capo e i soliti commenti del cavolo di Nate… Oh, sì, una favola!».

Mikey sospirò, sentendosi quasi più in pena del fratello. Erano ormai quasi cinque anni che Gerard lavorava in quello studio di fumetti, ma in tutto quel tempo non aveva fatto alcun progresso nella carriera, ultima aspirazione che gli rimaneva. Innanzitutto il capo, forse anche perché Gerard non si poteva definire a prima vista un tipo “professionale”, non aveva mai cercato di instaurare un buon rapporto con lui, poi quello stronzo di Nate, tipico figlio di papà, single, disposto a lavorare anche dodici ore per farsi un nome non mancava mai un’occasione per sottolineare la scarsa competenza di Gerard. Ma Mikey sapeva che Nate si sbagliava: aveva sempre creduto nelle capacità del fratello e non aveva dubbi sulla sua bravura solo che… be’, una volta per un motivo una volta per un altro, la sua decennale sfortuna non gli permetteva di rivelarla al mondo. E così…

«Norah e i bambini stanno bene?» chiese Mikey sperando di approdare su una spiaggia sicura.

«Sì, bene» rispose Gerard e finalmente un piccolo sorriso gli rischiarò il viso. «Adam ha preso il suo primo 8 a scuola».

A quel punto anche Mikey non poté fare a meno di sorridere. Almeno una cosa ce l’avevano, per sorridere.

«Volta qui, a destra» disse subito dopo notando l’insegna luminosa di un fast-food di cui gli avevano parlato bene.

Gerard ubbidì subito, svoltando nel parcheggio quasi del tutto pieno a quell’ora, mentre Mikey pensava che finalmente avrebbero potuto sedersi tranquillamente in un posto caldo, a parlare come i vecchi tempi, quando, ancora adolescenti, sognavano di avere in pugno il mondo.

«C’è un parcheggio liberò laggiù».

«Sìsì, lo so, l’ho visto…».

Forse Gerard aveva visto il posto libero, ma probabilmente non aveva visto qualcos’altro, qualcosa che non era di certo piccolo. E diciamo che quel qualcosa lo centrò in pieno, per poi sterzare bruscamente con un’imprecazione, seguita da un tonfo sordo e l’urletto di Mikey che per poco non veniva catapultato contro il parabrezza.

«Oh, cazzo!» esclamò ancora Gerard osservando la cosa, o meglio il chi, aveva quasi tirato sotto.

«Porca troia, Gerard, ma… ma che hai fatto?!?» esclamò invece Mikey con gli occhiali di traverso sul naso per l’urto.

«Non è colpa mia! Era in mezzo alla strada e… non l’ho visto…».

Ma Mikey era già corso fuori dall’auto in aiuto del poveretto, ma appena mise piede sull’asfalto non poté trattenere una risatina. Il tipo in questione, che probabilmente lavorava in quel fast-food, era vestito da hamburger e sparsi attorno a lui c’erano un sacco di volantini che pubblicizzavano il locale in questione. Inoltre Mikey non poté non notare le braccia completamente tatuate che spuntavano da quel ridicolo costume, il piercing al labbro e la bassa statura. Un tipo strano non c’è dubbio. In meno di un nanosecondo fu raggiunto da Gerard che rimase altrettanto sorpreso.

Mikey si chinò e, dopo aver dato uno scossone al malcapitato e avendo costatato che era privo di sensi, disse: «Cazzo, Gerard, hai investito un hamburger!».

Ok questa volta capitolo lungo per ricompensare i cari lettori della lunga attesa (causa: scuola e sfinimento psicologico). Be', non so giudicate un po' voi, a me non sembra un granchè. Vabbè questa volta non mi va di indugiare molto in questo spazio, anche perchè le mie povere dita, mani e braccia non ne possono più di battere su questa tastiera dimmerda. Ultima cosa: indico un sondaggio. Domandone da 1 milione di euro: chi sarà mai l'uomo-hamburger? Lo scoprirete nella prossima puntata! (ma daiiiii che lo sapete!).

Infine ringrazio tutti gli arditi che hanno avuto il coraggio di recensire questa ff: spero che mi rimaniate fedeli. In particolare: princes_of_the_univers, Dominil, friem, OOgloOO, ElfoMikey.

See you soon, guys!

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Elizabeth_Keats