Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Lelenu    02/11/2014    2 recensioni
Bella ha un ragazzo, due amici pronti a darle anche la vita e la passione del tè. Ogni sera è dedicata ad un libro che ama, seduta lì in un angolo del Redskin. Una vita normale se non fosse che un passato non molto lontano risulta difficile da superare ed è a causa di questo che resta ferma in un limbo che le impedisce quasi di respirare. Si crogiola nel suo tè e miele, palliativo per la sua anima spezzata.
Ma una musica, una voce, se quella giusta, potrebbe farle tornare il respiro ed essere il suo vero tè e miele, senza alcuna eccezione.
***************************************
Rompo la punta della matita. Lo sgabello striscia sul palco.
Ne cerco una nuova in borsa. Ho comprato il pacco da venti solo tra giorni fa. La trovo. Il microfono fischia. Passo una ciocca dietro l'orecchio. I primi accordi di una chitarra.
La punta antracite torna sul foglio. Calca piano. Scorre. Scrive. Una voce canta. E' calda. Graffia. Graffia forte e fa bruciare. E' nuova. Come la matita. Mai sentita. Sembra fuoco gelido.
Sembra quel fuoco e quel gelo che scalfiscono.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAN YOU BREATHE?


2.

All I know is that I'm lost in your fire below

 

 

Quando il tuo migliore amico sta per diventare padre si suppone debba essere la regola sentirsi in colpa nel non potergli stare accanto in un momento tanto importante.

Dovrebbe essere normale stare attaccati al cellulare, aspettare una chiamata od un sms. Ci si dovrebbe mangiucchiare le unghie per il nervoso e bere alcolici per distendere i nervi.
Sì, probabilmente è così che ci si dovrebbe sentire. Probabilmente.
Ma se ti ritrovi a pulire il bancone del pub del suddetto migliore amico mentre un ragazzo tanto bello quanto bravo a suonare ti prepara l'ennesimo tè della serata, allora le premesse di prima non valgono a nulla.
Insomma, che senso ha crogiolarsi nella preoccupazione quando ci sta qualcuno che tra una consegna al tavolo e l'altra ti ha totalmente riempita di tè e miele e biscotti e "lascia ci penso io" e sorrisi e...
"Posso metterci il miele al... mh... tiglio?"  rido appena.
"Ci hai preso gusto, eh?"
"Sinceramente? Io odio il tè. E l'unico miele mai assaggiato in vita mia è quello millefiori. Mia madre mi obbligava a prenderlo per il mal di gola. Ma mi incuriosisce che in un pub si ritrovi una vasta scelta di prodotti del genere. Insomma, qui ci stanno almeno dieci vasetti"
"Che dire, Jake mi vuole bene" mi vanto un po' "Credo che tu abbia confessato un peccato capitale comunque. Come si fa ad odiare il tè? Caspita è la migliore compagnia nelle serate invernali. Un libro, una matita, tè e miele. E' la combinazione perfetta"
"No, non è una combinazione. Sei tu"
Fermo un attimo lo straccio e alzo gli occhi. Ha la mia tazza fumante in mano e sembra così semplice nella sua camicia a quadri. Quasi come se i suoi occhi verdi e l' incredibile bellezza del suo viso non lo eleggessero ad Essere Supremo-sbarra-Dio-sbarra-Apollo-sbarra-Bellezza fatta uomo.
Allungo solo il braccio e afferro il contenitore con quel liquido scuro e ambrato. Ci fisso gli occhi dentro e sorrido lievemente.
E' vero, sono io.
E lui pur non conoscendomi mi conosce meglio di altri.

"Ti dispiace non aver potuto leggere stasera?" finisce il mio lavoro mentre io prendo posto su uno sgabello senza smettere di fissarlo.
"Non molto a dire il vero. Recupererò appena tornata a casa. Mi dispiace di più non aver ascoltato un po' di musica"
"Oh. Ho appena scoperto un'altra cosa di te. Sei sorda all'occorrenza a quanto pare. Mi sembra di aver sentito strimpellare Mike fino a pochi minuti fa"
A onor del vero non è un po' di musica quella che avrei voluto ascoltare, ma la sua musica. Quella che mi cura come un balsamo.
"E a te? Ti è mancato suonare?"
"Perché me lo chiedi?"
E tu perché vuoi leggermi l'anima? Non ti basta essere capace di tenere insieme i pezzi del mio puzzle mentre canti?
Dio, come vorrei non essere così. Come vorrei essere come tutte le altre. Civettare con un bel ragazzo e divertirmi.

Vorrei capire perché mi sento così e non ti conosco.
E vorrei sentirti suonare. E cantare.

Perché è come se in quei momenti tutto si trovi al suo posto.  Come se io fossi nata per quei momenti.
Ti prego suona.
"Perché io ho già risposto alla tua domanda. Per curiosità. O per fare conversazione. I motivi per il quale te lo chiedo potrebbero essere milioni. E ovviamente non posso elencarli mica tutti. Cadrei nel banale e sono già le due di notte e la stanchezza potrebbe far... Oddio sei sicuro di averci messo miele qui dentro? Sto iniziando a blaterare cose senza senso"
"Era miele, sì" e scoppia a ridere, scuotendo un po' la testa "Dubiti così tanto di me?"
"Mh, in fondo non ti conosco. Magari hai finto per tutta la sera, ad ogni tazza di tè mi hai rifilato chissà quale sostanza e il tutto per potermi mettere ko adesso e appropriarti di tutto l'incasso"
Lo prendo in giro con il sorriso sulle labbra, specchio del suo.
"Okay, credo che per te sia davvero arrivato il momento della nanna, signorina. Inizi a dare i numeri e posso assicurarti che non si tratta dei tè che ti ho preparato"
"Sai, per essere uno che dice di odiare il tè lo prepari piuttosto bene"
"E' solo tè, Bella. Voglio dire, acqua calda con un infuso dentro" poggia entrambi gli avambracci sul bancone e sporge la testa un po' più vicina alla mia.
La mia risposta pronta si perde un attimo nei meandri della mia mente mentre lo osservo brevemente.

E in una frazione di secondo mi rendo conto di quanto mi possa rendere strana Edward.
L'attimo prima non riesco a reggere il suo sguardo, quello dopo vorrei parlare senza staccarmi da quei due magneti verdi. Inspiegabilmente mi rendo conto che vorrei sommergerlo di domande.
Sapere quanti anni ha, cosa fa nella vita, come ha imparato a suonare e dove trova il coraggio di mettersi di fronte al giudizio delle persone per quella che è la sua passione.
Vorrei chiedergli se quegli occhi sono quelli di sua madre o di suo padre. E se conosce il nome esatto del suo colore dei suoi capelli.

Vorrei sapere se è innamorato, se lo è mai stato o se pensa che mai lo sarà. E vorrei sapere se il suo tè in realtà si chiama Jennifer, Monica, Charlotte o… Derek, Richard e.. Già, magari è gay.

All’improvviso cerco di mettere a tacere tutta l’angoscia che deriva da questa eventualità. Come se fosse il peggiore dei cataclismi mai pensati dalla mente umana e non.

No. Non lo è. Ovvio che non lo è.

Non può esserlo.

Dio, davvero, cosa cazzo c’è in questo tè?

Sbatto le palpebre e in un attimo riprendo coscienza della risposta che avevo in mente poco prima e la snocciolo con convinzione.
"Un tè è molto più di questo. E' dolce, rende la vita meno amara negli attimi in cui lo bevi. E' calore che scorre per riscaldare il freddo che hai dentro. E' come un abbraccio a volte. Anzi è meglio di un abbraccio. Perché non può sparire, anzi lo rendi proprio tuo. Lo fagociti al tuo interno. Ti rende un po' di pace... scusa sto farneticando di nuovo"
Stupida
Come se quello che ho appena detto avesse un minimo di senso. Come se a lui potesse interessare.
Poggio la tazza sul bancone e punto ancora gli occhi sul liquido fumante.


Non so nemmeno perché mi sono buttata su questa filippica su... una bevanda. E' solo una bevanda, in fondo, per qualsiasi altra persona. Probabilmente adesso sta pensando a quanto fosse alto il livello di cazzate sparate dalla mia bocca e a quanto in realtà possa sembrare strana e pazza e logorroica e...
Non dovrei tremare mentre lui poggia lieve un dito sotto il mio mento per posizionare di nuovo i miei occhi all'altezza dei suoi.
"Forse allora non hai ancora trovato il tuo tè in carne ed ossa" sussurra.

E tu? Tu l’hai trovato?
"Forse" sussurro.

 

 

 

"E poi?"
"E poi cosa?"
Sento Leah sbuffare dal suo letto mentre io continuo a restare incantata di fronte al piccolo Liam Ephraim Black. Alla fine era nato alle 4.45 del mattino e io, dopo solo un'ora e mezza di sonno, mi ero ritrovata a correre in ospedale per non perdermelo.
E' una meraviglia della natura. La sua pelle olivastra illuminata dagli occhi scuri ma assolutamente lucidi. I capelli nerissimi come il papà e il nasino della mamma. Talmente piccolo che a tenerlo in braccio sento la paura di potergli fare del male stringendolo anche solo un po'.
"Poi, dopo aver chiuso il locale"
"Niente, siamo andati ognuno per la sua strada. Cosa avremmo dovuto fare scusa?"
"E' carino?"
E' un Dio.
"
Sì, penso si possa definire carino"
"Hai detto che ti ha preparato un paio di volte il tè"
Più che un paio di volte.
"
Mh"
"Era buono?"
Era perfetto.
"Era solo tè, Leah. Non ci vuole una laurea per farlo"
"Per te non è solo tè."
" E per te invece adesso è ora di riposare. Sono le 6 del mattino e non dormi da chissà quante ore" le scocco un'occhiata di traverso mentre ripongo il piccolo nella sua culletta accanto al letto della mamma

In realtà, non era davvero successo niente. Dopo la mia ennesima apnea di fronte al suo sguardo limpido, mi ero fatta coraggio e avevo ripreso coscienza di me stessa con una passata di mano tra i miei capelli e un "Mh, credo dovremmo chiudere".

 Lui non aveva battuto ciglio e dopo dieci minuti ci trovavamo entrambi fuori, sul marciapiede. Io stretta nel mio cappotto e con il mio libro in mano, lui con la chitarra in spalla.

Quella chitarra che ho così tanto sperato che prendesse in mano fino all'ultimo secondo.

"Hai l'auto o non so hai chiamato qualcuno per farti prendere? Un'amica o amico o... il tuo ragazzo" aveva sussurrato l'ultima parte spostando repentinamente lo sguardo dal mio come ad essersi imbarazzato.
Era quasi tenero in quel momento. Gli occhi che vagavano ovunque tranne che sul mio viso, il naso rosso per il freddo e le mani a contorcersi l'una con l'altra.
Ok, togliamo il quasi.
"No, abito praticamente dietro l'angolo. E poi i miei amici sono impegnati in sala parto, credo" rise appena tornando a guardarmi.
"Ancora nessuna novità su quel fronte?"
"Nessun vagito a nome Black ha ancora squarciato la notte di Seattle, a quanto pare" scherzai
"Beh, se la cosa dovesse andare per le lunghe e Jacob dovesse avere bisogno di una mano anche per domani, io sono disponibile. Voglio dire, da solo non ce l'avrei mai fatta ma..."
"Nemmeno io ce l'avrei fatta da sola" mi affrettai ad aggiungere "E.. e comunque spero di no. Lo spero per Leah. Non può davvero tirare per ventiquattro ore. Diventerebbe un parto suicida" scoppiai a ridere seguita da lui.
"Forse hai ragione. Mh, quindi nessun passaggio, niente amici disponibili e... il tuo ragazzo ti lascia camminare la sera da sola anche se per pochi passi? Non muore d'ansia?"
Sì, che muore d'ansia. Certo che Riley si preoccupa. Lo fa sempre. Lo fa anche mentre sono a lavoro.
Lui è una risorsa inesauribile di protezione nei miei confronti. O almeno era così una volta. Adesso non lo so più. Adesso spero solo che lui tenga tutto per sè.
Spero che mi ami in silenzio. Se ne ha voglia. Se ne ha il coraggio e la pazienza. In caso contrario capirei.
In fondo lui l'ho davvero già perso per certi versi.  E mi rendo conto che in realtà avevo appena passato una serata con un ragazzo che non era nè Riley nè Jake e che forse ero stata bene con lui come mai prima d'ora.
"No, a dire il vero sono io che gli chiedo di non venire a prendermi. Preferisco fare quattro passi e ormai se ne è fatto una ragione"
"Uh, quindi esiste. Un fidanzato, dico" aveva di nuovo spostato lo sguardo. Lontano da me. Ed io ne sentii subito la mancanza. Volevo che il suo verde restasse incatenato al mio cioccolato.

Sembrava quasi deluso o addirittura confuso e io feci decisamente finta di non notarlo. Feci finta persino di non sentire le sue ultime parole. Fu infatti lui a continuare dopo qualche istante.
"Senti, ti accompagno. Non mi va che cammini al buio da sola. E' notte inoltrata."
"No, davvero. Te l'ho detto, è qui vicino. La macchina non è proprio necessaria"
"E chi ha parlato di macchina? Coraggio, Cioccolata, facciamo questi quattro passi. Allora si va verso destra o verso sinistra?"
"Fa freddo. Torna a casa, Edward. Dico davvero. Cosa vuoi che mi succeda?"
"Destra o sinistra?"
"Sembri davvero ostinato, sai?"
"Diciamo che non sono un tipo che se ne fa una ragione tanto facilmente"
Dio, aveva quel sorriso sghembo, così genuino e.. caldo. E mi guardava speranzoso che non rifiutassi ancora ma allo stesso tempo quasi convinto che non l'avrei mai fatto. Ed aveva ragione. Non avevo rifiutato e alzando gli occhi al cielo, con le labbra increspate in un sorriso a cui mi stavo abituando da qualche ora, sussurrai appena un "Sinistra".
Non mi rischiai a guardarlo ma so per certo che sorrise. Lo sentii.

In realtà quei quattro passi durarono più di dieci minuti. Forse perché camminavamo a passo di formica con andatura da tartaruga o forse perché la strada per casa mia si era improvvisamente allungata.
Nessuno dei due aveva fiatato. Ascoltavamo solo il rumore dei nostri passi e dei nostri respiri. Alcuni più profondi di altri.
Quando mi trovai di fronte il palazzo di casa mia mi fermai solo dopo aver fatto i quattro scalini che portano al portone. Mi voltai e lui stava lì, di nuovo a torturarsi le mani.
"Arrivata a destinazione"
"Lo vedo"
"Già. Quindi... Buonanotte?"
"Sì, credo si dica così in queste situazioni" ridemmo entrambi. Quasi in silenzio, come se una risata piena potesse disturbare l'intero quartiere.
Con le chiavi in mano iniziai trafficare per farle entrare nella fermatura della porta, quando lo sentii fare uno scalino e mi pietrificai.
"Bella?"
"Mh?"
"Ci vieni anche domani al Redskin, vero?"
Era strano come ogni parola mi facesse sorridere sempre più dell'ultima volta. In fondo non diceva niente di speciale.
Semplici frasi composte da semplici parole con semplici significati.
Era una semplice domanda. Ma quel
vero alla fine... Quasi come se me lo stesse chiedendo sperando che io potessi esserci.
Ed io volevo esserci. E non era niente di nuovo perché io al Redskin ci stavo ogni sera da così tanto tempo ormai.
Ma in realtà sapevo che volevo esserci proprio perché me lo aveva appena chiesto.

Non per abitudine, non per Jake, nemmeno leggere al mio tavolino. Ma per quel ‘vero’, sì, volevo esserci.
Restai di spalle e piegai solo la testa un po' di profilo. Non potevo perdermi ancora nelle sue pozze verdi.
"Ci sarò"
Lo sentii di nuovo. Sorrise.

 

 

 

 

 

Ho sempre pensato, sin da piccola, che almeno il novanta percento della popolazione ascolti la musica perché ne è innamorata.

 Io stessa lo sono e il mio ascoltare una moltitudine di generi può testimoniarlo. Il mio iPod è testimone delle playlist più strane al mondo.

Ho la capacità di far convivere pacificamente Marvin Gaye e John Legend, Katy Perry e Will Young, The Goo goo dolls e James Blunt. Un buon tuffo nelle migliori colonne sonore che parte da I say a little pray for you e piomba su One day I’ll Fly away e una sfilza di cover made in Glee.

Poi ci sono le playlist maledette con il rating che oscilla dalle due alle cinque ore di lacrime, sconsigliate per l’intero genere umano ma che chissà come mai si finisce sempre per ascoltare.

La playlist che mette forza, azzeccata nei momenti di sconforto tenue e immotivato.

La playlist, spesso squallida, che spazia da David Guetta ad Avicii, per darsi la carica quando la fiacca batte -vedi prima di uscire di casa o appena rientri a casa-.

La playlist per ciò che è comunemente chiamato sport: per la palestra, per la corsa all’alba e per gli addominali in cucina –totalmente inutile perché a) le mie iscrizioni in palestra durano giusto il tempo della prova gratuita; b) non ho nemmeno un paio di scarpe da corsa; c) il tappetino per gli addominali credo sia rimasto orfano ed abbandonato in una delle famose lezioni prova in una qualche palestra in un qualche buco di Seattle-.

Grazie, quindi, alla mia alquanto strana ma duratura e fedele storia d’amore con la musica, a suo tempo, avevo trovato una motivazione in più per poter lavorare al Music Junkies. E’ stato dal primo momento come rendersi conto realmente di non essermi mai sbagliata sulle mie convinzioni. La musica va amata. Tu ami lei e lei ama te. Senza se e senza ma.

 Probabilmente la digitalizzazione aveva un po’ rallentato il sistema discografico ma quel momento in cui un disco, aspettato dal settantacinque percento della popolazione facente parte del novanta precedente, veniva lanciato sul mercato, vedeva il nostro negozio preda di una totale trasformazione.

Nel momento in cui l’ultimo disco dei Coldplay viene messo in vendita una settimana prima di San Valentino, succede solo tre cose: massa, confusione, fila.

Fila prima di aprire il negozio. Fila dentro al negozio. Fila alla cassa del negozio. Fila due ore dopo l’apertura. Fila all’ora di pranzo.

Fila quando il tuo ragazzo arriva alla cassa con il suddetto disco in mano con una richiesta che tu avevi totalmente rimosso.

“Io prendo il disco e la mia ragazza per il pranzo. Può mettere tutto insieme in una busta, grazie”

Scoppio a ridere per la naturalezza della sua richiesta e alzando lo sguardo mi rendo conto che il suo viso fintamente serio è probabilmente una delle cose più belle della giornata.

“Passa qua dietro, scemo” fa come gli dico e dopo aver alzato la mano per salutare Angela da lontano, mi cinge i fianchi da dietro e poggia le labbra sui miei capelli.

“Non puoi mollare per il pranzo, eh?” faccio segno di no impercettibilmente mentre il prossimo cliente viene avanti alla cassa.

“Mi dispiace da morire”

“Oh, credimi, dispiace più a me” altro bacio sulla nuca. Una mano che passa sul mio ventre.

Sembra tutto così ordinario. Lui, il suo tocco, il calore che ne scaturisce.

 Quel calore che resta talmente superficiale da irritare quasi. “Se restassi qui ad aiutarvi?”

“Dici davvero?” lo guardo un attimo di sbieco e lo vedo tamburellare le mani sul bancone mentre metto in busta l’ennesima copia venduta.

“Beh, sì. Oggi ho mezza giornata libera allo studio”

“Sei un avvocato agli inizi. Puoi davvero prenderti mezza giornata libera?” ride del mio tono scettico e mollandomi una pacca sul sedere lo vedo allontanarsi in direzione della mia amica accanto ad uno scaffale.

“Poche chiacchiere e più lavoro, Swan”

Mi chiedo ancora come faccia a resistere. Fa quasi finta di nulla. Come se io non fossi rimasta indifferente al suo tocco o alla sua presenza qui.

Anzi, non totalmente indifferente: un aiuto oggi ci serve davvero.

Vedo il mio ragazzo come una manna dal cielo o un angelo vestito da commesso momentaneo. Bene.

Molto bene, Swan.

 

“Ehi, molla la cassa. Ti do il cambio così, anche se in negozio, almeno stai un po’ con Riley”

E’ stanca Angela. Tanto stanca almeno quanto ama il suo lavoro. Forse solo grazie a questo riesce a convivere con il pensiero di altre sette, come minimo, ore in queste condizioni.

La coda alta con i capelli mossi e scuri, più dei miei, è ormai disordinata e perde ciocche qua e la a differenza di qualche ora prima. E’ bella lei. Bella anche con la matita degli occhi sbavata e le maniche della camicetta arrotolate fin sopra i gomiti.

Gli occhiali un po’ troppo calati sul naso e quasi il fiatone a farle da padrone, forse per la fretta di fare tanto velocemente o forse perché la calca inizia a portare un’ afa poco piacevole persino in pieno inverno.

“Mh, non importa. Ormai c’ho preso la mano e son velocissima… Sono sessantasei dollari e settanta, vuole due buste separate o metto tutto insieme?”

“No, niente buste separate. Non esiste, altrimenti non ci basteranno. Visto? Chissà quanti danni hai già fatto. Muovi il culo, vai da Riley” mi spinge con un fianco posizionandosi al posto occupato prima da me.

“Io sto benissimo qui dove sono. Non mi smuoverai dalla mia postazione e sappi che il magazzino è pieno zeppo di buste. Non rompere, Angela” provo a smuoverla da lì ma con poco successo.

“Ti ama”

“Lo so”

“Lo sai?”

“Certo, Angie”

“E allora smettila di fare così. Va da lui! E’ disposto a passare il pomeriggio in questo casino pur di respirare la stessa aria viziata e pregna di sudore che respiri tu” Ew.

“Che schifo, eh” volta gli occhi con uno sguardo severo che urla Cazzo non cambiare discorso.

“Lo so che mi ama, okay? Ovvio che lo so. Lo sanno tutti. Forse se ne accorgono anche gli estranei.”

“Lo sai ma non fai nulla. Il punto è: lui ti ama e tu?”

“Ti ho detto che..”

“No” il tono esasperato e allo stesso tempo quasi dolce, come se stesse chiedendo una cosa complicata ad una bambina. Ha gli occhi comprensivi la mia amica. Lei mi capisce. Lei mi legge.

“Non voglio sapere se lo sai. Non è questa la risposta giusta. E sai anche questo.”

Mi legge dentro. Capisce prima che capisca io stessa.

 

Il fatto che alle sei del pomeriggio la confusione sembra essersi dimezzata, non cambia il fatto che io non ingurgito nulla dalle sette del mattino. No panino, no tramezzino, no pizza, no patatine.

No tè.

Per quanto io non sia una grande fan dei pasti completi negli ultimi tempi, ammetto che avere l’aria che gira a vuoto nel proprio stomaco non è proprio questa gran cosa.

Io ho saltato il pranzo, Angela ha saltato il pranzo, Riley ha saltato il pranzo.

Alla fine non ero più tornata alla cassa. Vado da un cliente all’altro ormai da diverse ore ma questo non ha di certo permesso a me e Riley di avere un attimo per noi.

Lui, d’altro canto, si è davvero dato da fare. Neanche per un momento è rimasto con le mani in mano e, nonostante l’impegno sui clienti, ha trovato sempre un istante per alzare gli occhi su di me. Un sorriso, un ti amo mimato.

Perché non sento necessarie queste cose?

Il diminuire della calca permette, grazie a Dio, il passaggio tra i vari scaffali ed è come la quiete dopo la tempesta: dischi per terra, custodie aperte e lasciate al caso, neanche si trattasse di immondizia. Ed è mentre sono intenta nel risistemare queste cose che lo vedo.

E’ di spalle con la mano destra tra i capelli. Si abbassa un po’ per osservare meglio alcune copertine poi si rialza e fa qualche passo a sinistra.

Sorrido perché è quasi buffo nella ricerca di chissà cosa.

E’ bello. Anche con il giubbotto che ingombra un po’ e la sciarpa di lana. E’ bello anche se non lo avrei mai riconosciuto se non per i suoi capelli.

“Guarda che lo stand dei Coldplay sta dall’altro lato” lo sorprendo alle spalle e lo vedo mentre si spaventa. E allora rido. Perché con i suoi occhi fuori dalle orbite e ancora più buffo di prima.

“Non si parla d’improvviso alle spalle delle persone. Te l’hanno mai detto?”

“Mh, no. Nessuno mi ha mai insegnato questa regola” sorride abbassando lo sguardo. E’ bello.

“Che ci fai qui?” mi chiede.

“A dire il vero io qui ci lavoro. Quindi la domanda tocca a me. Che ci fai qui?”

“Lavori qui?” mi guarda sorpreso come se fosse un bambino.

“Colpevole. Quindi, dimmi, come posso aiutarti?”

“Verrai stasera al Redskin?”

“Eh?”

“Lascia stare” abbassa ancora gli occhi e vorrei impedirglielo perché è un delitto impedirmi quella vista.

Quella richiesta, di nuovo. Come ieri sera.

“Ehm… io sto cercando un cd e non riesco a trovarlo per cui..”

“Oh. Certo, si, dimmi” mi passa un bigliettino in mano e provo a concentrarmi su di esso invece che sulla sua mano vicina alla mia per un impercettibile istante di tempo.

Inspiration – Piano classics for Kids

Helen Huang

“E’… musica per bambini”

“Esatto” annuisce con convinzione “Non riesco a trovarlo e se non sbaglio è questa la sezione giusta ma è molto probabile che non lo abbiate per niente. Voglio dire, sono entrato in ogni negozio di dischi di Seattle e ancora niente quindi…”

“No, a dire il vero lo abbiamo”

“Sul serio?” si illumina in volto come la mattina di natale e mi mordo le labbra per evitare di elargire l’ennesimo sorriso causato da… lui?

Mi sposto un po’ alla ricerca della sua richiesta. Forse anche per sfuggire al suo sguardo. O forse per sfuggire ai miei pensieri che inevitabilmente non gravitano sul mio ragazzo nella nostra stessa stanza.

“Eccolo qui”

E’ musica per bambini.

E non so perché ma questa frase continua vorticarmi in testa.

“Sei la mia salvezza! Grazie mille, Bella”

“Beh, prego cento” mi guarda un attimo confuso e poi scoppia a ridere per la squallida battuta di quinto livello appena uscita dalla mio bocca.

“Questa era carina”

“Nah, non sforzarti. Era pessima”

“Sì” ride ancora più forte “era pessima davvero. Scusa”

E mi contagia ingenuamente. E’ strano ridere così. Non è da me. Ma è così dannatamente giusto in questo momento.

“Adesso vado. Qui avete un casino, eh” si guarda intorno.

“Sai com’è, Coldplay”

“L’irresistibile fascino di Chris Martin”

“Sai, non credo sia così affascinante”

“Non dici sul serio” mi fissa negli occhi divertito.

“Ehi, non sono una delle tante donne, ragazzette più che altro, che sbavano dietro ai cantanti. Preferisco venerare la loro musica”

“Come siamo sagge” dice prendendomi in giro e ridendo ancora.

“Smettila! Ahm.. La cassa è lì in fondo, ci troverai la mia collega” indico con la mano Angela e mi rendo conto di essere io a cercare di mettere fine a questo nostro momento.

Non so perché. In realtà non vorrei farlo ma è come se fosse il posto e l’attimo sbagliato.

Troppa gente, troppo caos. Poca pace e lui che mi parla e non suona. Lui che prende un disco per bambini e che sembra aver trovato un tesoro non appena gliel’ho passato in mano.

“D’accordo. Quindi..” strascica un po’ la ‘i’, quasi a voler prendere tempo “..Vado. Pago e poi.. vado.” Annuisco, fissando ancora per un attimo il suo verde.

“Ciao” si allontana facendo due passi all’indietro, alla cieca. Fissa anche lui il mio cioccolato per un altro po’.

Alzo la mano e sorridendo appena faccio segno per salutarlo. E lui ricambia e spero che continui a camminare come un gambero. Ma invece si gira, piegando un po’ il capo e rimirandosi le mani con quel disco in mano. Forse l’unico disco venduto oggi non dei Coldplay.

“Stasera il tè me lo prepara Jake” è un attimo e si gira “Tu.. insomma non dovremo lavorare”

“Ne sono felice” ridacchia. Si gira e fa altri due passi lontani da me per poi fermarsi ancora.

Girati.

“Suonerò”

“Si?” un po’ troppa speranza nella mia sillaba.

Testa bassa, occhi socchiusi, sorriso felice.

Suonerà.

 

 

 

 

 

Credo che queste note si possano iniziano con un enorme Mi dispiace. Vorrei stare qui a spiegarvi i motivi che mi hanno tenuta lontana non dalla mia storia ma dal pubblicarla; potrei provare a farvi capire ma in realtà non avrebbe molto senso perché voi direste “Si, beh, non pubblichi comunque da Aprile”. Non so che altro dirvi se non ‘Scusate’.

Non vi prometto che pubblicherò domani o la prossima settimana, potrebbe succedere in qualunque momento. Vi prometto però che ce la metterò tutta a fare pace con me stessa per evitare di fare ancora una volta un ritardo del genere.

Grazie a chi ha letto il capitolo nonostante tutto.

Grazie se commenterete [anche solo per lamentarvi].

A presto.

 

Elena

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Lelenu