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Autore: Nina Ninetta    03/11/2014    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6


 
Le mattonelle del pavimento, a forma romboidale, erano rosa, le piastrelle vicino al muro erano rosa, la tendina era a fondo bianco con margherite … rosa. Tutto in quel bagno era rigorosamente rosa, fatto che lasciava presagire lo zampino di Grimilde.
Nicolas Antonio entrò nella doccia, sorrise quando poggiò la pianta dei piedi sul tappetino a forma di cuore, ovviamente rosa. Girò la manopola dell’acqua in senso orario e quasi inveì quando gli arrivò addosso un getto bollente e fumante. Immediatamente regolò la temperatura e quando fu sicuro di potersi immergere, lasciò che l’acqua portasse via con sé gran parte della stanchezza e dei pensieri che gli affollavano la mente: il viaggio, Teddy, le rivelazioni di Morena, la sua cocciutaggine, ancora Teddy.
Grimilde gli aveva rivelato che non si era più sposata. Perché?
Si chiese se c’entrasse qualcosa il fatto di essersi rincontrati in quell’albergo, o di esser andati a tanto così da fare l’amore, durante quello che sarebbe dovuto essere il suo addio al nubilato. Avrebbe potuto chiederglielo, avrebbe dovuto chiederglielo.
Sì, d’accordo, ma come aprire l’argomento? Magari avrebbe potuto iniziare dicendo «Ehi, per caso non ti sei più sposata perché ci siamo baciati e hai capito di amarmi ancora? No, perché è quello che è successo a me.» Figuriamoci, si disse, Teddy non avrebbe mai ammesso una cosa simile neanche sotto tortura.
Osservò silenzioso e pensieroso la mensola coi diversi bagnoschiuma alla vaniglia, alla fragola, al cocco, al miele. Era tutto così disgustosamente femminile in quel bagno che fu tentato di tornare in soggiorno, dove aveva lasciato il borsello con il suo bagnoschiuma, ma attraversare la casa con addosso solo un asciugamano a coprire le sue nudità non era per niente una buona idea. Il problema non sarebbero state tanto Morena – la quale sarebbe arrossita e si sarebbe coperta gli occhi – né tantomeno Teddy, che l’aveva visto “come mamma l’ha fatto” in più di un’occasione, ma Grimilde. Quest’ultima avrebbe cominciato con le sue battutine e i suoi sorrisini maliziosi fino a metterlo in imbarazzo di fronte alla sua ex. No, molto meglio sacrificare la sua mascolinità e cospargersi di schiuma profumata al cocco, piuttosto che essere la vittima di quella pazzerella dai capelli biondi.
Si asciugò in fretta, indossò un paio di pantaloni di tuta sopra agli slip e una canotta scura, si acconciò i capelli nello specchio e uscì.
La casa era immersa nel più totale silenzio. Incredibile, ma anche Grimilde doveva esser crollata per la troppa stanchezza e Morena forse era sdraiata al suo fianco, gli occhi spalancati e la mente a zonzo. Martin … beh, guardandolo il suo unico pensiero sembrava essere quello della prossima poppata.
Dallo spiraglio di porta della camera di Teddy, tuttavia, vi penetrava della luce. Proprio come aveva affermato, prima di rinchiudersi lì dentro, aveva del lavoro da sbrigare per l’indomani. Nicolas sostò per qualche secondo davanti alla sua camera, fissando la porta come se vi stesse vedendo attraverso. Tese l’orecchio per captare anche il minimo spostamento d’aria, qualsiasi cosa gli avesse fatto capire se Teddy era ancora sveglia. Non arrivò nulla, chinò il capo e proseguì, sdraiandosi sul divano.
Con la luce spenta  l’unica fonte di illuminazione proveniva dai lampioni in strada appesi tra un palo all’altro della corrente. Scrutò l’ambiente che lo circondava e le ombre che vi si stagliavano dentro: il cucinino con il suo tavolo quadrato per quattro persone, il rubinetto che perdeva, l’enorme frigo con decine e decine di calamite dalle forme più improbabili; due scatoloni nell’angolo in alto a sinistra posizionati sotto un albero finto con ancora i rami chiusi; una TV a schermo piatto bella grande, una biblioteca con diverse enciclopedie, l’orologio a cucù in legno; un tendaggio chiaro e drappeggiato a coprire le ante del balcone, chiuse. Romero si girò su un lato, tirandosi fino a metà corpo la coperta che Grimilde gli aveva promesso – aveva un profumo che non gli era nuovo e che tendeva a formargli nella testa immagini e sensazioni, tuttavia sbiadite – abbassò le palpebre e, contro ogni sua scommessa, si addormentò.
 
“Caro Babbo Natale,
io per Natale vorrebbi un cavallo vero …”
 
Teddy cerchiò di rosso il termine “vorrebbi” correggendolo nella giusta forma verbale. Continuò a leggere e sorrise, a volte quei bambini erano la sua ancora di salvezza, il suo salvagente in mezzo al mare. Tutta quell’ingenuità le lasciavano sperare che qualcosa di buono era rimasto al Mondo, che qualcosa di buono era rimasto anche per lei. A parte l’errore iniziale, non ne aveva trovati altri in quel tema scritto in caratteri corsivi grossolani e quasi illeggibili, se non fosse che lei vi era oramai abituata. Lo firmò con un visto e lo archiviò insieme agli altri. Fissò poi gli ultimi temi, ancora in attesa di essere corretti, erano sette. Sospirò, sentendo le palpebre pesanti e un forte mal di testa che le faceva dolere l’intero cranio. Di fronte a lei il pacchetto di Merit, accanto una piccola sveglia le cui lancette dicevano che tra meno di un quarto d’ora sarebbero state le due del mattino.
Lasciò cadere la penna sulla scrivania e si ravvivò i capelli, legandoli poi sul capo in una sorta di chignon approssimativo. Tornò a guardare le sigarette, la voglia di fumarne una era troppo forte per farla desistere. Si alzò piano per evitare di urtare la sedia e fare rumore.
Infondo aveva sentito i passi di Nicolas almeno un’ora prima – se non di più – quando aveva avuto la sensazione che si fosse arrestato davanti alla porta della sua stanza, ma sicuramente doveva essersi sbagliata. Per quale motivo avrebbe dovuto farlo?
Afferrò il pacchetto bianco e giallo delle Merti, l’accendino con la Torre Eiffel sopra e uscì, aprendo adagio la porta.
La casa era immersa nel buio, aspettò affinché i suoi occhi si abituassero all’oscurità e s’incamminò scalza e in punta di piedi lungo il corridoio, tagliando in obliquo il salone fino a raggiungere il balcone, che aprì. Lanciò un’occhiata alle sue spalle solo per vedere Nicolas addormentato sul divano, il respiro regolare, la coperta che lei stessa gli aveva lasciato sul bracciolo – che come era prevedibile Grimilde aveva dimenticato – tirata fin sotto il collo. Era il plaid a quadri che teneva perennemente piegato nell’armadio, sempre a portata di mano in caso sentisse freddo durante le ore spese alla scrivania o al computer.
Fuori l’aria era più fresca di quello che credeva. Quell’anno l’estate stava tardando ad arrivare e, intenta com’era a non svegliare nessuno, aveva dimenticato un golfino o comunque qualcosa per coprirsi le braccia, pazienza. Accese la cicca e tirò a fondo, gustando fino all’ultimo il gusto amaro e aromatizzato di quelle sigarette.
Il cielo era scuro e tempestato di piccoli puntini luminosi, le strade deserte e rischiarate da una fioca luce che tendeva all’arancio più che al giallo. Un cane rovistava nei cassonetti della spazzatura e un gatto miagolava da qualche parte in lontananza, forse su di un tetto, il suo pianto d’amore.
Teddy pensò agli avvenimenti di quella giornata, o forse sarebbe stato più corretto dire serata? A Morena, alla sua folle fuga da Diego Torres, al fatto che aveva avuto un bambino – ma davvero Morena era diventata mamma? Mamma … - senza confidarsi con lei o con Grimilde, bensì con Nicolas. Inevitabilmente pensò alle parole di quest’ultimo «Le ho stretto la mano, l’ho rincuorata, ho preso Martin in braccio prima del padre.» Inspirò ancora e prese a strofinarsi le braccia con le mani. Pensò ancora a Diego, distante chilometri e chilometri, forse preoccupato per la sua compagna e suo figlio, o forse finalmente libero dalla loro presenza.
«Teddy» la voce assonnata di Romero irruppe nei suoi pensieri facendole perdere qualche battito:
«Ni-Nicolas» si affrettò a tirare due boccate dalla sigaretta prima di gettarla di sotto «Non volevo svegliarti» lo osservò strofinarsi gli occhi con i palmi delle mani, sulla guancia sinistra i segni del cuscino scavati nella pelle, l’aria di una persona che non sa neanche in che giorno sia. Era bellissimo e Teddy si scoprì a non poter fare a meno di fissarlo.
«Non fa niente» sbadigliò «Ho sentito dell’aria fredda sul viso e mi sono alzato per chiudere il balcone»
Teddy si diede dell’imbecille. Aveva dimenticato di chiudere le ante!
«Perché hai buttato la sigaretta?» Nicolas Antonio si affacciò di sotto per vedere il mozzicone ancora acceso «Era consumata solo per metà»
«Va bene così» Teddy tentò di abbozzare un sorriso, si sarebbe intrufolata in casa, se solo lui non le avesse sbarrato la strada, o se avesse avuto il fisico magro magro di Grimilde.
«Ce ne fumiamo una insieme?»
Teddy spalancò gli occhi, esterrefatta. Quando stavano insieme, seppur raramente, Nicolas aveva fatto qualche tiro dalle sue sigarette. Per tenerti compagnia, le diceva, per condividere con te questa tua abitudine, seppur pessima; perché ti amo, concludeva.
Lei guardò l’orizzonte, dove cielo e mare si fondevano, in lontananza le navi e i pescherecci sembravano ridotti in scala, simili ai giocattoli dei bambini che talvolta sequestrava in classe ai maschietti, per poi restituirglieli a fine lezione. Senza dire una parola rovistò nel pacchetto di Merit e se ne portò una alla bocca, l’accese e inspirò, quindi la passò a Romero. Deglutì mentre lui poggiava le labbra dove, solo un attimo prima, vi erano state le proprie, quindi lo vide assottigliare gli occhi, aspirando. Il fumo si diradò davanti al suo viso che la luce artificiale dei lampioni schiariva, le ripassò la sigaretta e lei la prese, attenta a non sfiorare le dita della sua mano. Il filtro era inumidito contro la bocca di Teddy che fu colpita da un imprevisto attacco d’ilarità, come se tutto il nervosismo provato si fosse trasformato in qualcosa di buffo. Cercò di pensare a cose brutte, come faceva quando era una ragazzina e la sua compagna di banco – che di solito, manco a dirlo, era Grimilde – le bisbigliava qualcosa di divertente e/o sconcio all’orecchio.
Nicolas Antonio tossì, il viso contratto in una smorfia di disgusto e allora Teddy rise, non riuscendo più a trattenersi, rise mentre gli dava delle pacche dietro la schiena:
«Non ho mai capito …» ancora tosse «… cosa ci trovate di bello nel fumare» gracchiò, prima di fermarsi e fissare la ragazza asciugarsi gli angoli degli occhi.
Quella era la sua Teddy.
 
«Ehi, per caso non ti sei più sposata perché ci siamo baciati e hai capito di amarmi ancora? No, perché è quello che è successo a me.»
 
Alcune ciocche di capelli erano fuoriuscite dallo chignon, ricadendole sul viso, leggermente ondulate e mosse dalla brezza. Teddy  fece un profondo respiro, trattenendo l’aria prima di farla uscire, le giunse un velato e dolciastro profumo di cocco:
«Ok! Passato!» disse a Nicolas che la fissava fra il divertito e l’offeso, di nuovo fu scossa da un attacco di risa, che tuttavia riuscì a controllare «Giuro! Passato!» ma lui proseguiva a guardarla «Un altro tiro?» gli chiese porgendogli la sigaretta e questa volta scoppiò di nuovo a ridere.
«Sì» avrebbe voluto risponderle lui «Ma solo per sentire quel filtro bagnato …» invece scosse il capo e rifiutò con ironica gentilezza.
Teddy tornò con lo sguardo all’orizzonte, non più scossa da attacchi di risa, né innervosita dal disagio contro cui aveva lottato pocanzi nel soggiorno, quando non era riuscita neanche a posare gli occhi su di lui. Si voltò e lo vide seduto con le spalle al muro e le gambe distese, guardava davanti a sé un punto indefinito. Come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, come se fossero stati due buoni amici – ma erano mai stati amici e basta? – si accomodò al suo fianco, tirando ancora dalla sigaretta:
«Ho parlato con Torres» disse ad un tratto lui, senza voltarsi a guardarla, ma avvertendo la presenza del suo corpo a pochi centimetri, sapeva che Teddy lo stava fissando in attesa che lui continuasse il racconto «Per lui Morena si è inventata tutto»
«Stronzate!» esclamò Teddy, come era prevedibile, sempre in supporto delle sue amiche. Romero chinò il capo:
«Mi ha detto che in realtà era lei quella strana ultimamente. Forse iniziava a sentire la mancanza del suo Paese. Molto più probabilmente di te e Grimilde» si fermò per soppesare le prossime parole «Scherzando mi ha detto che a volte aveva come l’impressione che vi ami più di quanto possa amare lui» Nicolas la guardò di sottecchi
«O ma per favore! Che idiozie!»
«Beh, un pochino è vero. Siete indissolubili»
Teddy inspirò del fumo, poi lo ricacciò fuori formando una nuvoletta grigia. Chi meglio di Nicolas Antonio poteva sapere quanto quelle tre ragazze fossero legate da qualcosa di inconcepibile per chiunque altro? Diego forse se ne era reso conto a suo discapito, ma arrivare a pensare che Morena si fosse inventata tutta quella storia solo per tornare in Cile era inverosimile. Pura fantascienza.
Sentiva gli occhi di lui su di sé, un piccolo vuoto si stava formando pian piano nello stomaco. Avanti, penso Teddy, chiedimelo Nicolas, fallo pure, sono pronta.
«E così …» si schiarì la voce per prendere tempo e trovare il coraggio di proseguire «… non ti sei più sposata»
Oramai lo chignon era una massa informe di capelli adagiati sulla nuca, Teddy tirò l’ultimissimo tiro dal mozzicone e lo gettò di sotto:
«Te lo ha detto Morena?»
«No, Grimi»
Teddy lo guardò stralunata:
«Grimilde? E quando?» nella sua mente si formò l’immagine della biondina che di nascosto gli inviava un messaggio per fargli sapere che lei aveva mandato tutto a quel paese, Marcelo e matrimonio compreso.
«Poco fa.»
La risposta la sconcertò ancor di più. Quella ragazza era fuori controllo, faceva sempre ciò che voleva, in un modo o in un altro.  E Morena? Possibile che non gli avesse spifferato nulla durante le loro chiacchierate in Italia? Che fermezza, una vera tomba, al contrario della biondina a quanto sembrava …
 
«Ehi, per caso non ti sei più sposata perché ci siamo baciati e hai capito di amarmi ancora?»
 
Teddy si alzò, sgranchendosi le ossa delle braccia, mentre Romero la fissava da basso. L’elastico che teneva uniti i capelli si slegò e cadde sulle mattonelle quadrate del balcone, lui lo raccolse e glielo porse. Senza trucco, con i capelli spettinati e con addosso una maglia larga sopra i leggins color jeans sembrava una ragazzina:
«Teddy, ascolta, io …»
«Devo finire di correggere i compiti» lo interruppe lei, acconciandosi i capelli in una coda bassa  «Domani è l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale, quindi non posso rimandare la consegna.»
«Ti aiuto» lei lo fissò con un sopracciglio alzato «Sono temi delle elementari, non dovrebbero essere troppo complicati per me e poi il sonno mi è passato» Teddy seguitò a fissarlo e lui sorrise «Il fatto che insegni in una scuola elementare privata me lo ha detto Morena.»
Teddy ricambiò il sorriso e tornarono all’interno della casa, dove la temperatura era decisamente più accogliente:
«Intanto tu fai il caffè» gli disse a bassa voce
«Quanti ne hai presi oggi?»
«Fai il caffè ho detto!» concluse la ragazza, dandogli le spalle per nascondere un sorriso e raggiungere la sua camera da letto, solo per recuperare gli ultimi scritti da correggere.
No, lei, Teodorita Gomez e lui, Nicolas Antonio Romero, non erano mai stati amici e basta, ma chissà che questa volta non sarebbe stata quella buona.
  
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