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Autore: SonounaCattivaStella    03/11/2014    4 recensioni
[RanMasa][Fic ispirata al videogioco di Ib][In revisione] Speciale Halloween! Scusate il mega ritardo nel pubblicarla ma non ho avuto internet e.e
Dal testo:
Mi avvicino all'ingresso e utilizzo lo spioncino per vedere chi è stato a suonare. Non vedo nessuno e decido di aprire appena la porta, curioso. Mi si parano davanti due ragazzini vestiti in modo veramente terrificante, roba da far accapponare la pelle.
«Dolcetto o scherzetto?» Chiedono in coro. Anche la voce fa venire i brividi lungo la schiena, sembrano dei veri demoni.
«Non ho niente da darvi, andate a rompere da un'altra parte.» Dico con tono secco chiudendo loro la porta in faccia.
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jeanne D'Arc, Kariya Masaki, Kirino Ranmaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Apro gli occhi che avevo chiuso passando attraverso il quadro, mi massaggio la guancia dolorante che ho sbattuto sbilanciandomi e la prima cosa che faccio è assicurarmi che Ranmaru stia bene. Mi isso sulle braccia e vago con lo sguardo in cerca della sua figura che si trova proprio a pochi centimetri da me; anche lui è caduto rovinosamente a terra e cerca di darsi un contegno sistemando le varie parti del suo costume di Halloween.
«Tutto ok?» Chiedo preoccupato guardandolo dalla testa ai piedi.
«Oh, Kariya Masaki che si preoccupa per me? Devi essere proprio spaventato.» Ridacchia facendomi infuriare.
«Fottiti.» Rispondo di rimando. Uno cerca di essere “carino e premuroso” e questo è il risultato.
«Quanto siamo permalosi. Comunque sì, sto bene. Grazie per il pensiero.» Dice scompigliandomi i capelli e facendomi arrossire. Ringrazio ancora una volta il pesante strato di trucco che ho messo sul viso.
Faccio una smorfia per mascherare il mio vero stato e, incrociando le braccia al petto, sposto il mio sguardo su ciò che ci circonda. Alzo un sopracciglio quando riesco a mettere a fuoco l’ambiente: siamo all’ingresso del museo. Ma com’è possibile? Non eravamo lungo un corridoio, di fronte al quadro dentro al quale siamo caduti?
«Ranmaru, hai visto dove siamo?» Chiedo perplesso. Non riesco a trovare una spiegazione logica a ciò che è appena successo.
«Sì e non capisco come ci siamo arrivati.» Risponde lui con altrettanta perplessità.
Continuo a guardarmi attorno finché i miei occhi non si posano sulla maniglia luccicante della porta di ingresso. Corro verso di essa nella speranza che sia aperta, ma anche stavolta non si sposta minimamente. Mollo un calcio contro il liscio metallo dell’anta e impreco sia per la fitta di dolore che si spande dall’alluce sia per l’intera situazione: siamo ancora bloccati in questo dannato museo. Sbuffo sonoramente e mi volto rassegnato a guardare Ranmaru che ricambia il mio sguardo con altrettanta rassegnazione. C’è una cosa, però, che ha attirato la mia attenzione mentre perlustravo il locale con lo sguardo: le pareti non sono del consueto color panna con i pannelli in legno color caramello, tipiche dei musei e presenti in quello che stavamo visitando, ma sono grigie con pannelli di lucido legno nero. Se è possibile, l’atmosfera è ancora più tetra e macabra di prima; nemmeno le luci, che sono più forti e brillanti, sembrano riuscire ad illuminare la sala lasciando così tutto in penombra.
«Questo non è il museo della nostra città.» Sentenzio alla fine.
«Come?» «Guarda, è tutto diverso qui. È come se fossimo stati catapultati in un’altra dimensione passando attraverso quel dannato quadro. Quindi trovando quello dovremmo riuscire a tornare indietro.» Dico convinto della mia teoria.
«Hai ragione. Il quadro si trova nel corridoio che porta alla seconda stanza, andiamo.» Afferra nuovamente la mia mano ed io gliela stringo, il suo calore riesce a farmi restare lucido.
Attraversiamo il primo corridoio al quale non stanno più appesi quadri raffiguranti qualche battaglia importante o il volto di un illustre personaggio, ma dipinti inquietanti e senza senso. Alcuni sembrano quasi muoversi, come se le pennellate di colore avessero vita propria e strisciassero lungo la tela. Rabbrividisco e stringo maggiormente la mano di Ranamaru.
Il corridoio finisce davanti ad una porta bordeaux che sostituisce l’arcata che avrebbe dovuto essere presente all’ingresso della prima stanza espositiva. La cosa non fa altro che inquietarmi ulteriormente, ma non mi pongo ulteriori domande sul perché e sul come la struttura del museo sia cambiata. Stiamo per aprire la porta ed entrare nella stanza quando per terra notiamo delle impronte lasciate con della vernice blu e sul muro una scritta simile a quelle apparse vicino al quadro.
Resterete qui con noi per sempre
«Col cavolo!» Mi lascio sfuggire con un ringhio basso. Chiunque abbia architettato tutto ciò deve essere proprio fuori di testa.
Ranmaru abbassa la maniglia spingendo la liscia superficie bordeaux ed entriamo titubanti nella stanza. Restiamo per un attimo perplessi e confusi; non è come quella del museo, non ci sono quadri appesi alle pareti, ma solo una decina di porte chiuse. Nessuna traccia del corridoio successivo.
«Cosa diamine significa tutto questo?» Chiedo ad alta voce rivolto a non so bene chi.
«Cosa volete da noi?» Chiede a sua volta Ranmaru con un tono di voce misto tra paura e rabbia. È la prima volta in tutta questa assurda serata che lo vedo perdere la pazienza.
Sui muri della stanza cominciano ad apparire diverse scritte tracciate con svariati colori accesi, piccoli disegni e scarabocchi occupano le pareti lì dove non ci sono parole. Sembra quasi ci sia qualcuno che si sta divertendo con le tempere e i pastelli. Capiamo solo dopo un attento sguardo che le lettere formano i nostri nomi scritti e intrecciati tra di loro più volte. Davanti ai nostri piedi vengono tracciate poche e semplici parole con la pittura gialla.
Andiamo, divertiamoci un po’
Accanto alla scritta viene disegnata una grossa freccia che indica le porte, un chiaro invito a sceglierne una e aprirla.
«E va bene. Volete sfidarci? Troveremo il modo di uscire da qui!» Urla Ranmaru al nulla e, continuando a tenermi per mano, apre la porta che si trova proprio di fronte a noi.






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