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Autore: TheSlayer    04/11/2014    6 recensioni
Mary Jane Watson ha un nome che la rende il bersaglio di battutacce da parte di tutte le persone che conosce. E la gente non sa nemmeno il vero motivo per cui si chiama così (fortunatamente, perché le battute orribili potrebbero solo peggiorare). Frequenta la Washington University a St. Louis, nel Missouri, e ha una cotta enorme per il suo professore di Scrittura Creativa: Harry Styles.
E se anche il professore mostrasse un interesse particolare nei suoi confronti? Oppure Mary si sta immaginando tutto?
***
Dalla storia:
"Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15 – Family, First Dates and Friends
 
Quando tornai al campus, due giorni dopo Natale, ricevetti un messaggio di Harry che mi diceva di controllare la posta nel mio dormitorio. Trovai una busta con scritto solo il mio nome – nella sua inconfondibile scrittura – e provai subito una piccola stretta al cuore.
Mi aveva mandato una lettera d’amore? Dopo la bellissima maglietta che mi aveva regalato a Natale? Non ero sicura di essere pronta a un altro gesto romantico del genere.
Raggiunsi la mia stanza, chiusi la porta alle mie spalle e mi sedetti sul letto, pronta per piangere dalla gioia. Avevo il cellulare a portata di mano, perché sapevo che avrei dovuto chiamarlo subito dopo aver finito di leggere per dirgli che lo amavo, per dirgli che mi mancava da morire e che non vedevo l’ora dell’ultimo dell’anno per vederlo.
“Vediamo cosa sai fare, professor Styles.” Mormorai tra me e me, aprendo la busta. Al suo interno non c’era una lettera d’amore – e sì, dovevo ammettere di esserci rimasta un po’ male – ma due biglietti del treno andata e ritorno per Springfield e un biglietto scritto a mano.
 
“Cara Mary Jane,
 
ho trovato i tuoi nonni e li ho contattati. Non vedono l’ora di vederti, così mi sono permesso di regalarti i biglietti del treno per domani.
Ti verranno a prendere alla stazione, ma questo è il loro indirizzo per qualsiasi evenienza: Mia e Michael Bailey,  1041 E. Linwood Cir, Springfield, Missouri.
 
Harry xx”
 
Provai una stretta allo stomaco all’idea di rivedere i miei nonni, dopo così tanto tempo. Non avevo nemmeno idea di che aspetto avessero. Si ricordavano di me? Mi avevano vista solo pochissime volte, quando avevo un anno.
Harry aveva fatto un gesto bellissimo e quel biglietto valeva più di mille “ti amo.” Non vedevo l’ora di vederlo per ringraziarlo e per sentirgli finalmente dire quelle parole ad alta voce. Per guardarlo negli occhi mentre le diceva, per baciarlo.
Guardai i biglietti del treno. La partenza sarebbe stata di mattina ed ero sicura che quella notte non avrei dormito. Ero già nel panico e mi stavo facendo mille domande, come avrei potuto addormentarmi? Non sapevo se rivedere i miei nonni sarebbe stato imbarazzante o se mi avrebbero fatta sentire a casa. Non sapevo nemmeno se avremmo avuto argomenti di cui parlare. Avevo altri membri della famiglia che non conoscevo, oltre a loro?
 
***
 
“Ehi, Mary Jane!” Esclamò Courtney. Avevo preparato la borsa e stavo andando a prendere l’autobus per raggiungere la stazione. Era presto, lo sapevo. Avrei dovuto aspettare più di un’ora su una panchina, ma non riuscivo più a stare nel mio dormitorio. Avevo bisogno di fare qualcosa, di muovermi.
“Ehi!” Replicai, sorridendole. Non l’avevo più vista da quando mi aveva fatto quel terzo grado un po’ strano in caffetteria e dovevo ammettere che non mi era mancata. Mi dava una brutta impressione e non sapevo perché.
“Ma come, sei ancora in università?” Mi domandò la ragazza, avvicinandosi.
“Sto andando dai miei nonni.” Risposi, evitando di raccontarle tutta la storia.
“Oh.” Replicò lei, delusa. Guardò il mio borsone e realizzò che eravamo alla fermata dell’autobus. “Allora facciamo una cosa. Questo è il mio numero di telefono. Ti dispiace darmi il tuo? Quando torni dalle vacanze con i nonni sentiamoci, perché ti devo parlare.” Aggiunse.
“Ehm… okay.” Dissi, confusa. Di cosa doveva parlarmi una persona che avevo visto due volte – di cui una non ricordavo nemmeno, perché ero ubriaca - in tutta la mia vita?
Courtney estrasse il telefono e me lo porse. Digitai il mio numero e le restituii l’oggetto, cercando di nascondere la mia confusione.
“Perfetto, grazie. Ti ho appena fatto uno squillo per darti il mio numero.” Disse pochi secondi dopo. Estrassi il mio iPhone dalla borsa per salvarlo e notai di avere anche un messaggio da Harry.
 
Cosa ne pensi di una festa di Capodanno lontano da St. Louis dove possiamo stare insieme e non ci riconoscerà nessuno?
 
Sorrisi e chiusi l’applicazione dei messaggi per salvare il numero di Courtney il più velocemente possibile. Poi, fortunatamente, arrivò l’autobus e decisi di mentire.
“Scusa, ma sono in ritardo e devo scappare. Ci sentiamo dopo le vacanze.” Dissi, allontanandomi e salutando Courtney con la mano.
“Mi raccomando, chiamami! È importante quello che devo dirti!” La sentii esclamare mentre salivo sul mezzo.
Una volta seduta in fondo al bus estrassi di nuovo il telefono e decisi di chiamare Harry. Se c’era una persona in grado di calmarmi quando mi sentivo così agitata, era lui.
“Mary!” Sentire la sua voce mi fece sentire improvvisamente più felice, anche se mi mancava tantissimo.
“Ehi! Disturbo?” Domandai.
“No, figurati. Ho appena finito di impastare il pane con mia madre e mia sorella.” Rispose lui.
“Hai impastato il pane? Ed io che pensavo che tu sapessi cucinare solo il pollo con le carote.”
“Ehi, prima di diventare uno scrittore super-famosissimo in tutto il mondo e un illustre professore con anni e anni di esperienza alle spalle ho lavorato in una panetteria.” Rispose lui, fingendosi offeso.
“Spero che tu abbia foto di quel periodo, perché voglio vederti con il grembiule e il naso sporco di farina.” Dissi. “Ho visto il tuo messaggio e non ho mai letto niente di più allettante in tutta la mia vita.” Aggiunsi.
“Quindi ti ispira una festa del genere? E sappi che sarà in uno stato diverso dal Missouri.”
“Mi ispira? Non vedo l’ora!” Esclamai.
“Però c’è un piccolo problema…” Cominciò a dire lui, proprio mentre io avevo iniziato a dire: “Stare da sola con te, in pubblico… non potrei chiedere di meglio!”
“Problema?” Domandai, incuriosita.
“Beh, non saremo esattamente soli e spero che non ti dispiaccia. Ti prego, non odiarmi, ma ho detto di noi a Louis.” Mormorò Harry. “Tomlinson. Louis Tomlinson.” Aggiunse subito dopo.
“Lo sapevo.” Replicai, trattenendo a fatica un sorriso.
“Come lo sapevi?”
“L’avevo capito qualche giorno fa, quando ho incontrato Tomlinson… ehm, Louis, e lui ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere.” Dissi.
“Quindi non sei arrabbiata, vero?”
“No, perché io non ho resistito e l’ho detto alla mia migliore amica, Laurel.”
Scoppiammo a ridere entrambi e il suono della sua voce me lo fece mancare ancora di più. Avrei dovuto resistere ancora solo pochi giorni e poi finalmente l’avrei visto. E non solo, avrei potuto stare con lui in pubblico e baciarlo a mezzanotte dell’ultimo dell’anno, come ormai sognavo da un po’.
“Manca ancora poco.” Disse lui dopo qualche secondo, come se mi avesse letto nel pensiero.
“Già.” Risposi, pensierosa. “Ho davvero voglia di vederti, Harry.” Mormorai.
“Non dirlo a me.” Replicò lui. “Ehi, sei ancora a St. Louis?”
“Sono in autobus, sto andando in stazione. Sono un po’ in anticipo, ma sono nervosa e… non riuscivo a stare nel mio dormitorio a far niente, così ho preparato la borsa e sono uscita.” Dissi.
“Non devi essere nervosa, Mary. I tuoi nonni sono davvero felici di vederti e di passare del tempo con te. Mi hanno detto che hanno cercato per anni di ritrovare i tuoi genitori, ma non sono mai riusciti.”
“Per forza, il nostro limite era un anno nello stesso posto e poi ce ne andavamo.” Sbottai, roteando gli occhi al cielo. Non mi ero mai resa conto di quanto odiassi quello stile di vita come da quando mi ero trasferita a St. Louis con l’intenzione di rimanerci.
“Sono sicuro che passerai due giorni bellissimi.” Cercò di rincuorarmi Harry.
“Grazie di tutto.” Dissi io. “Forse non te l’ho ancora detto, ma grazie di cuore. Perché stai facendo cose per me che non ha mai fatto nessuno e…”
“Ti amo.” Mi interruppe lui.
“Era quello che stavo per dirti.” Risposi, scoppiando a ridere. “E comunque ti amo anch’io.”
Lo sentii ridere e provai una stretta al cuore. Lo immaginai in quel momento e la mia voglia di vederlo diventò solo più grande.
C’erano tante cose che avrei voluto dirgli in quel momento, ma dovetti accontentarmi di salutarlo, perché dovevo scendere dall’autobus con il borsone e avevo paura di far cadere il telefono.
 
***
 
In un momento di panico pre-incontro con i miei nonni materni avevo deciso di comprare un mazzo di fiori al minuscolo negozio in stazione a St. Louis, perché non potevo presentarmi a casa loro a mani vuote. Aprendo il portafogli mi ero anche resa conto che i soldi che avevo guadagnato con il mio lavoro estivo al bar stavano per finire e avevo un disperato bisogno di trovare qualcosa part-time. Dovevo ricordarmi di chiedere a Liam se in libreria avevano bisogno di qualcuno di nuovo.
Il mio sguardo continuava a spostarsi dal mazzo di fiori al finestrino da cui potevo vedere il paesaggio sfrecciare davanti ai miei occhi, un po’ come stavano facendo i pensieri nella mia mente. Non era normale essere così agitati prima di incontrare due membri della propria famiglia, giusto? Non mi sentivo così dal giorno in cui Harry si era presentato nel mio dormitorio, dopo il nostro primo bacio.
Quando il treno cominciò a rallentare e si fermò alla stazione di Springfield il mio cuore iniziò a battere velocemente. Non sapevo nemmeno che aspetto avessero i miei nonni, come avremmo fatto a riconoscerci?
Scesi dalla mia carrozza e mi guardai intorno, sentendomi particolarmente insicura e vulnerabile. Una ragazza corse tra le braccia di un ragazzo e lo baciò davanti a tutti. Lui la sollevò e la strinse a sé come se fosse la persona più importante del mondo.
Una famiglia con un bambino abbastanza piccolo si diresse verso l’uscita, passando di fianco a una coppia di anziani che sembravano agitati. Continuavano a guardarsi intorno e a parlare tra di loro.
Non ci fu nemmeno bisogno di riflettere. Quelli erano i miei nonni, perché la donna era identica a mia madre, ma aveva i capelli bianchi.
Mi avvicinai a loro, con il cuore in gola e mille pensieri in testa.
“Mary Jane?” Disse l’uomo, un po’ incerto. Annuii, incerta su cosa fare. Avrei dovuto abbracciarli? Dare loro la mano?
Mia decise di prendere in mano la situazione ed evitare l’imbarazzo a tutti, stringendomi in un abbraccio stritola-costole.
“Mary Jane, come sei cresciuta! Sei diventata una bellissima giovane donna! L’ultima volta che ti ho vista eri alta così!” Esclamò la donna, allontanandosi di qualche passo per guardarmi bene.
Anche Michael, dopo aver visto il comportamento della moglie, si sciolse un po’ di più e decise di abbracciarmi. E quello fu tutto quello che mi servì per sentirmi immediatamente a mio agio.
 
Per qualche strano motivo entrare nella casa dei miei nonni a Springfield mi fece provare una forte sensazione di déjà-vu. Avevo poco più di un anno l’ultima volta che ero stata in quella villa, eppure mi sembrava di ricordare qualcosa. Era come se nella mia mente fossero comparse delle immagini sbiadite del giardino davanti alla casa.
“Probabilmente non ti ricordi,” - cominciò a dire Michael -  “ma quando avevi un anno amavi giocare in giardino con tua cugina Hannah. Adoravi quando ti prendeva in braccio e ti faceva ridere con il tuo peluche preferito.”
Mi fermai sull’ingresso e spostai lo sguardo dalla casetta di plastica colorata al viso dell’uomo.
“Ho una cugina?” Domandai. E avevo un peluche?  Pensai. A mia madre non erano mai piaciuti e non mi aveva mai permesso di giocarci, perché diceva che in quel modo mi sarei solo abituata a pensare agli animali come a giocattoli.
“Più di una, cara.” Rispose Mia. “E hai anche dei piccoli cuginetti di secondo grado da poco. Hannah ha avuto una bellissima bambina sei mesi fa.”
“Vieni, entra. Ti abbiamo preparato il letto nella vecchia stanza di tua madre.” Disse Michael – dovevo abituarmi a chiamarlo ‘nonno’.
“Il tuo amico è stato proprio un angelo a rintracciarci e a chiamarci. Deve essere stata una bella sorpresa per te.” Disse mia nonna mentre salivamo le scale per raggiungere la stanza di mia madre.
“Già.” Dissi. “Non mi aspettavo che riuscisse a trovarvi così presto.”
“È il tuo fidanzato?” Domandò ancora mia nonna, rivolgendomi un sorrisetto. Annuii, arrossendo lievemente. “Ci piacerebbe conoscerlo prima o poi. Ci ha fatto davvero un bel regalo. Ti abbiamo cercata per anni.” Aggiunse la donna, fermandosi sulla soglia della porta della camera e abbracciandomi di nuovo.
“Ve lo presenterò.” Dissi. Forse. Quando non saremo più professore e studentessa. Pensai.
“Ecco, questa è la stanza dove è cresciuta tua madre. Non è cambiata per niente. Abbiamo lasciato tutto così da quando se ne è andata.” Disse mio nonno, aprendo la porta.
“Ti lasciamo sola, così puoi sistemare la borsa, rinfrescarti o riposarti. Quando vorrai, ci troverai in salotto.” Aggiunse mia nonna.
 
Appoggiai la borsa e abbandonai la giacca sul letto da una piazza e mezza di fronte a me, poi cominciai a guardarmi intorno. Mia madre, da giovane, era una persona completamente diversa. La sua stanza aveva le pareti rosa e i mobili di legno chiaro. Alle pareti erano appese foto di famiglia in cui si vedevano lei, i miei nonni e altre due persone: un ragazzo e una ragazza.  Quelli erano i miei zii ed io non sapevo nemmeno che esistessero. Sulla bacheca di sughero appesa alla parete, sopra la scrivania, c’erano altre foto, questa volta con le compagne di classe e le amiche. Sulla mensola, appesa un po’ più in alto, c’erano dei trofei. Mi avvicinai per leggere le targhette e mi sorpresi quando scoprii che mia madre, da adolescente, era stata una cheerleader e aveva partecipato al club di scrittura, con il quale aveva vinto anche parecchi premi.
Mi resi conto di una triste verità: non conoscevo per niente la donna che mi aveva cresciuta. Non sapevo cosa l’avesse fatta cambiare così tanto, non avevo idea del motivo per cui non mi aveva mai nemmeno nominato il resto della mia famiglia, non sapevo nulla sulla sua vita.
Mi sedetti sul bordo del letto e osservai il paesaggio fuori dalla finestra. Riuscivo a vedere un enorme albero con una casetta di legno costruita a metà tronco. Chissà se mia madre, quando era una bambina, giocava lì con suo fratello o sua sorella.
Decisi di chiamare Harry, perché avevo bisogno di parlare con lui. Avevo bisogno di qualche minuto per registrare nella mia mente tutto quello che avevo appena visto.
“Pronto?” Harry rispose quasi immediatamente, come se stesse aspettando la mia chiamata. “Mary Jane, tutto bene?”
“Ehi.” Dissi. “Sono arrivata a Springfield e sono a casa dei miei nonni.” Aggiunsi.
“Va tutto bene?” Mi domandò ancora. Riusciva a capire che c’era qualcosa che non andava dal tono della mia voce?
“Sono un po’ confusa.” Ammisi. “Sono nella vecchia camera di mia madre e ho appena scoperto di avere una famiglia numerosa. Ho dei nonni, degli zii, dei cugini. Non avevo la minima idea che esistessero e… forse la cosa peggiore è che mi sono resa conto di non conoscere per niente mia madre.” Confessai. “Non sapevo nemmeno che scrivesse. O che fosse una cheerleader.” Conclusi, prendendomi la testa tra le mani.
“Beh, vedi questa occasione anche come un’opportunità per conoscere meglio la tua famiglia.” Rispose lui. “Puoi fare domande ai tuoi nonni e poi potrai chiamare tua madre e parlarle.” Aggiunse.
“Almeno adesso so da dove è nata la mia passione per la scrittura.” Mormorai, osservando un piccolo trofeo a forma di macchina da scrivere sulla mensola. “Pare che mia madre scrivesse a scuola.” Aggiunsi.
“Ehi.” Disse Harry dolcemente, richiamando la mia attenzione. “Approfitta di questi due giorni per scoprire da dove vieni.”
“Per scoprire chi sono.” Replicai, annuendo. “Ci sono così tante cose che non so.” Sospirai.
“E quando tornerai, passeremo un paio di giorni insieme io e te. Ti porterò a un appuntamento vero e proprio in un ristorante, in mezzo alla gente.”
“Non dirmi così o mi fai venire voglia di saltare sul primo treno e venire da te.” Risposi, sorridendo all’idea di fare le classiche cose da coppia con Harry. Senza che nessuno ci conoscesse. Senza nessuno che potesse giudicarci.
“Resisti, io tanto sono molto occupato in questi giorni. Devo pianificare tutto.”
“Non mi dici nemmeno dove andiamo?” Domandai, sperando di ottenere qualche informazione in più.
“In un posto che penso ti piacerà.”
“Quello non è indizio.” Obiettai.
“D’accordo, allora ti dico che è una città dove non hai mai vissuto.” Replicò con una risata.
“Sei proprio terribile.” Dissi, scuotendo la testa. Ridevo anch’io, perché mi era impossibile non essere felice quando parlavo con lui.
Dove aveva intenzione di portarmi per festeggiare Capodanno? Per lui quella era un’occasione per presentarmi al suo migliore amico come fidanzata e non come studentessa. Ma era più di quello. Era un’occasione per stare insieme, per uscire e per tenerci la mano e baciarci in pubblico, senza che nessuno dei due rischiasse qualcosa.
Terminai la chiamata e mi guardai intorno ancora per qualche minuto prima di decidere di raggiungere la mia famiglia ritrovata.
 
***
 
“Quindi come sono stati i due giorni passati dai tuoi nonni?” Mi domandò Laurel al telefono. Ero sull’autobus per andare all’aeroporto, dove sarei salita su un volo per New York (Harry voleva davvero passare Capodanno con me a New York? Non riuscivo ancora a crederci), dopo essere tornata a St. Louis per rifare la valigia. Non potevo portare gli stessi vestiti che avevo indossato con la mia famiglia a un weekend romantico nella Grande Mela con il mio ragazzo.
“Caotici.” Risposi, guardando fuori dal finestrino. “Non solo ho conosciuto i miei nonni, ma anche tutto il resto della mia famiglia. Cugini, zii… insomma, tutto il gruppo. E lasciatelo dire, sono tante persone da conoscere in soli due giorni.”
“Come la mia famiglia, più o meno.” Rise Laurel.
“Ecco, sì. Ho conosciuto più gente in queste settimane che in tutta la mia vita!” Scherzai.
“L’importante, però, è che ti sei trovata bene con tutti. Come siete rimasti?” Mi domandò la mia amica, tornando seria.
“Vogliono che vada a tutte le loro feste – compleanni, Ringraziamento, Natale, Pasqua e chi più ne ha, più ne metta – e mi hanno chiesto di rimanere in contatto con loro.” Replicai. “E sono tutti fantastici, Laurie. Mi hanno accolta subito e mi hanno trattata come se fossi una di loro. Cioè, come se lo fossi sempre stata.” Aggiunsi.
“Sono davvero felice che tu abbia conosciuto la tua famiglia. Cosa farai adesso con i tuoi genitori?”
Non risposi subito, perché non sapevo esattamente quello che avrei fatto. Avevo una mezza idea, ma… non ero sicura.
“Credo che lascerò passare questo weekend e poi… non lo so, probabilmente li chiamerò e chiederò spiegazioni. So che la scusa ufficiale è che i miei genitori hanno tagliato i contatti con il resto della mia famiglia perché non approvavano il loro stile di vita, ma perché non mi hanno mai nemmeno permesso di parlarne o di prendere la decisione di conoscerli?”
“Non lo so, Mary. Ma sono sicura che risolverai tutto.” Rispose la mia amica. “E poi dovrai raccontarmi del tuo weekend romantico.”
“Oh.” Dissi. “Ti racconterò così tante cose che mi pregherai di smettere!” Esclamai.
“Non sono sicura di voler sapere proprio tutto.” Scherzò Laurel. Scoppiammo a ridere entrambe, poi ci salutammo e ricominciai a guardare fuori dal finestrino mentre ascoltavo la playlist delle canzoni preferite di Harry.
Era incredibile come ci si potesse sentire così leggeri e felici, nonostante tutto. Perché non avevo ancora risolto la situazione con Jasper - che continuava a mettere in giro voci false sul mio conto e ad alienare tutto il resto del campus contro di me – e poi c’era la situazione con i miei genitori, che erano lontani e mi ero resa conto di conoscerli davvero poco. E c’era anche Courtney, che mi aveva detto che voleva parlarmi di qualcosa e continuava a darmi una brutta sensazione. Senza dimenticare il fatto che se qualcuno avesse scoperto della mia storia con Harry avrei perso la borsa di studio, sarei stata espulsa e lui avrebbe perso il lavoro.
Eppure in momenti come quelli mi sentivo come se niente di tutto ciò importasse, perché io ero felice. Avevo una migliore amica ed ero in viaggio verso New York, dove avrei incontrato il mio ragazzo e avremmo passato un intero weekend insieme. Come potevo permettermi di pensare a qualsiasi altra cosa?
 
***
 
Harry mi stava davvero viziando con tutti i regali. Prima mi aveva dato la bellissima collana di Tiffany, poi la maglietta e i biglietti del treno per raggiungere i miei nonni a Springfield e infine mi aveva regalato il viaggio a New York per passare Capodanno insieme. Non riuscivo ancora a credere di essere davvero nella Grande Mela. Non ci ero mai stata ed era una delle poche città che volevo visitare davvero.
Atterrai all’aeroporto JFK dopo poco più di due ore di volo e trovai Harry che mi aspettava agli arrivi. Eravamo stati lontani troppo tempo, mi mancava tantissimo. Non riuscii a trattenermi e corsi tra le sue braccia, incurante di tutto quello che mi stava intorno. Eravamo a New York, nessuno avrebbe potuto riconoscerci. Eravamo liberi di amarci.
Harry mi diede un lungo bacio e mi sollevò da terra, facendomi fare un giro completo tra le sue braccia.
“Ti amo.” Fu la prima cosa che mi disse.
Sorrisi e cercai di mascherare la lacrima che stava per rotolare sulla mia guancia. Ero felice. Felice, felice, felice.
“Ti amo anch’io.” Mormorai, baciandolo di nuovo.
“Ehm.” Sentii qualcuno schiarirsi la voce di fianco a noi. Come se si fosse appena reso conto di quello che stava succedendo, Harry si allontanò leggermente da me e arrossì.
“Professor Tomlinson!” Esclamai quando mi accorsi che c’era anche lui.
“Signorina Watson.” Borbottò lui con un sorrisetto sarcastico.
Harry ci guardò entrambi per qualche secondo e poi scoppiammo tutti a ridere.
“Louis?” Dissi con un po’ di incertezza.
“Louis.” Confermò lui. “Ed io devo abituarmi a chiamarti Mary Jane. Pensavo che sarebbe stato più facile, visto che sento il tuo nome in media trecento volte in una giornata.” Aggiunse Tomlinson. Harry gli diede una gomitata e scosse la testa, imbarazzato.
“Sapevo che avrei dovuto dirti di non venire.” Borbottò Styles. “Andiamo in hotel.”
Louis ed io ci scambiammo uno sguardo e ricominciammo a ridere. Bene, l’imbarazzo dell’incontro con il migliore amico era sparito.
 
***
 
Mentre mi preparavo per andare a cena con Harry mi resi conto di una cosa: non ero mai stata ad un appuntamento vero e proprio. Non a uno di quelli che si vedono nei film, al ristorante di lusso con i vestiti eleganti e tutto il resto. Il mio massimo era stato andare a bere un caffè o prendere un gelato con Luke, il mio primo ragazzo, o Jasper. Quel pensiero mi fece aumentare l’ansia.
Ed era stupido, pensandoci, perché Harry ed io avevamo saltato la parte imbarazzante degli appuntamenti ed eravamo andati dritti a tutto il resto. Ci eravamo già anche detti che ci amavamo, allora perché ero così nervosa per una cena?
Avevo messo in valigia un paio di vestiti molto carini – uno specificamente per il nostro primo appuntamento e uno per Capodanno – e avevo passato almeno un quarto d’ora davanti allo specchio a cercare di decidere quale mettere. Fortunatamente Harry si stava vestendo in camera e mi aveva lasciato il bagno.
 
“Quindi Tomlinson è qui da solo?” Domandai. Avevo finalmente deciso quale dei due abiti indossare e avevo un disperato bisogno di parlare, perché altrimenti il mio cervello sarebbe andato in cortocircuito per i troppi pensieri. “Voglio dire Louis.” Aggiunsi, ricordandomi che avrei dovuto smettere di chiamarlo per cognome.
Sentii Harry ridere dall’altra parte della porta e mi tranquillizzai un po’.
“Sì e no.” Rispose lui. “Nel senso che è venuto qui con me, ma ha una specie di ragazza qui a New York.”
“Specie di ragazza?” Domandai. “Non è umana?”
Harry rise ancora.
“No, è umanissima. Specie di ragazza nel senso che non stanno insieme, ma quando si trovano qui a New York e sono single entrambi… beh, puoi immaginare.”
“Capisco.” Dissi. Quindi Tomlinson ha una scopamica a New York. Pensai distrattamente. “Sei pronto? Perché io sto per uscire.” Aggiunsi dopo qualche minuto.
“Avanti.” Sentii la risposta di Harry dall’altra stanza. Ero agitata, non riuscivo più nemmeno a nasconderlo. Ci avevo messo cinque minuti per mettere gli orecchini, perché mi tremavano le mani e continuavano a cadermi sul pavimento.
Aprii la porta ed entrai nella camera da letto con passo incerto. Non avevo nemmeno idea di cosa aspettarmi, a dire il vero. E quello che vidi davanti a me superò di gran lunga le mie aspettative.
Harry stava indossando un completo nero con una camicia bianca ed ero sicura di non averlo mai trovato così bello.
“Wow.” Sussurrò lui quando mi vide. Fece qualche passo avanti, mi porse la mano e mi accompagnò davanti allo specchio a figura intera di fianco al letto.
Guardai il nostro riflesso e sorrisi. Eravamo eleganti. Sembravamo una coppia che stava per andare a un appuntamento vero.
“Sei bellissimo.” Mormorai, voltandomi verso di lui e dandogli un bacio sulle labbra.
“Grazie.” Replicò lui, abbracciandomi da dietro e appoggiando le labbra alla mia spalla. “Tu sei semplicemente stupenda.” Aggiunse.
Sorrisi e tornai a guardare il nostro riflesso, pensando che avrei voluto immortalare quel momento per sempre.
“Aspetta qui.” Dissi improvvisamente. Andai a recuperare il mio telefono dalla borsa che avevo abbandonato sul letto, tornai dov’ero poco prima e scattai una foto.
“Questa è per ricordare il nostro primo appuntamento.” Dissi. Harry annuì e mi diede un altro veloce bacio.
“È meglio se cominciamo a scendere e prendiamo un taxi, ho prenotato un tavolo per le sette e trenta.” Disse dopo qualche secondo. Sembrava nervoso anche lui.
 
***
 
Il ristorante che aveva scelto Harry, nel Greenwich Village, era davvero elegante. Dopo averci chiesto il nome della prenotazione (“Styles, per due”, aveva detto Harry ed io mi ero sciolta un po’) il cameriere ci fece passare di fianco al bancone del bar e ci accompagnò a uno dei tavolini con le tovaglie bianche e le poltrone rosse. Harry mi fece sedere e poi si sistemò di fronte a me.
Sul tavolo notai almeno tre tipi di bicchieri diversi e tante, troppe posate.
“Così eccoci qui.” Disse Harry con una punta di imbarazzo dopo aver ordinato due bicchieri di vino per entrambi. Fortunatamente il cameriere non mi aveva chiesto la carta d’identità. Avevo evitato una figuraccia.
“Già.” Replicai io, sistemando con attenzione il tovagliolo bianco sulle mie gambe e fissando il mio sguardo sulle posate.
Silenzio.
Perché, improvvisamente, sembrava tutto così strano e poco familiare? Harry ed io avevamo sempre parlato di qualunque cosa, perché in quel momento non riuscivamo a fare un discorso?
“Um, hai visto che traffico? New York è sempre così.” Disse Harry dopo qualche minuto. Per prendere tempo avevo finto di studiare il menu. In realtà non riuscivo nemmeno a leggere, perché continuavo a cercare argomenti di cui parlare.
“Sì.” Replicai. Il mio telefono suonò brevemente, avvisandomi che avevo ricevuto un messaggio. “Scusa.” Dissi, estraendolo dalla borsa. Tolsi la suoneria per evitare che mi disturbasse ancora e lessi il messaggio che mi aveva appena inviato Courtney.
 
Mary Jane, scusa se ti disturbo, ma volevo ricordarti di chiamarmi quando hai tempo, perché devo davvero parlarti di qualcosa di importante. Grazie, Court
 
Sbuffai e riposi il telefono.
“Tutto bene?” Domandò Harry, incuriosito.
“Sì, è semplicemente una tizia un po’ strana che ho conosciuto al pub.” Spiegai. “L’ho vista sì e no due volte nella mia vita e adesso rompe le scatole perché dice di dovermi parlare di qualcosa di importante.” Aggiunsi.
“Se hai bisogno di parlarne sai che sono qui, vero?” Mi chiese ancora il ragazzo.
“Grazie.” Dissi. “Non so, magari scoprirò che è la mia sorella segreta.” Scherzai. Harry rise e tra noi scese di nuovo il silenzio.
“Pensavo che, stando insieme già da qualche tempo, avremmo evitato l’imbarazzo del primo appuntamento.” Disse Harry dopo qualche minuto. “Invece deve essere proprio una maledizione o qualcosa del genere.” Aggiunse.
Improvvisamente mi sentii più leggera e a mio agio e scoppiai a ridere, sentendo la tensione sciogliersi. Allora non ero nervosa solo io.
“Non so perché, ma i vestiti eleganti, il locale e tutto il resto mi hanno messa un po’ in ansia.” Dissi. “Di solito parliamo di tutto senza problemi.”
“Vero? Quando ti ho vista vestita così e siamo entrati nel locale è come se mi fossi congelato. Sono diventato nervosissimo e la mia mente si è svuotata completamente. Un po’ come quando mi interrogavano a scuola.”
“Beh, guarda il lato positivo. È tornato tutto normale abbastanza in fretta.” Risposi. Lui annuì e mi prese la mano sul tavolo.
“Per fortuna, perché dopo il traffico avevo esaurito gli argomenti.” Scherzò lui.
“Ehi, non dimenticare il tempo. Avremmo potuto discutere per almeno dieci minuti sulla temperatura, il freddo e le nostre stagioni preferite.”
“Giusto. Poi avremmo potuto passare un quarto d’ora a commentare il ristorante, il vino e i piatti.” Aggiunse Harry.
“E ovviamente, quando avremmo finito di parlare anche di quello, saremmo passati a commentare tutto quello che indossano le persone sedute vicino a noi e a immaginare le loro storie.” Dissi.
“Non so perché questa cosa mi stupisce così tanto.” Cominciò a dire Harry. “In effetti sei una scrittrice, dovevo aspettarmelo. Dimmi che anche tu ti immagini sempre le vite degli sconosciuti per strada.”
“Certo!” Esclamai. “Soprattutto quando sono sola e sto aspettando qualcosa. Ultimamente mi è capitato in treno e in stazione.” Dissi. “È intrigante e divertente immaginare che tipo di vita può vivere una persona. Di solito si capisce dai dettagli.”
“Da come sono vestiti, da come si muovono, come parlano…”
“E poi dall’espressione si cerca di capire cosa stanno passando. Se sono felici ti immagini che stanno per rivedere l’amore della loro vita o la famiglia o qualcosa del genere.”
“E se sono arrabbiati ti immagini che hanno appena litigato con qualcuno, magari alla biglietteria.”
“Pensavo di essere l’unica persona a fare cose del genere.” Ammisi. Ormai il cameriere era tornato con i nostri ordini e avevamo cominciato a mangiare gli antipasti.
“No, lo faccio anch’io da parecchi anni.” Replicò Harry con un sorriso.
Da quel momento non ci fu più nessuna traccia della tensione e del nervosismo di poco prima. La conversazione continuò come sempre e parlammo di tutto.
 
***
 
“Dove stiamo andando?” Domandai. Non avevamo fermato un taxi fuori dal locale. Invece Harry mi aveva presa per mano e stavamo camminando per le vie del quartiere. Inizialmente avevo pensato che non avessimo una meta precisa, ma poi avevo notato che Harry si guardava intorno per leggere i nomi delle vie e per cercare punti di riferimento. Stavamo andando da qualche parte.
“Vedrai.” Rispose lui, facendo il misterioso. Camminammo ancora per qualche metro, poi si fermò. “Questo è il Blue Note e venivo qui spesso ad ascoltare artisti jazz quando vivevo a New York.” Disse, mostrandomi il locale. La facciata liscia e nera era interrotta da una finestra con la cornice dorata. Il box office. Una bandiera nera e blu volava nella notte, annunciando il nome del locale.
“Quindi venivi qui spesso?” Domandai.
“Sì, più o meno una volta alla settimana.” Rispose lui. “E quello è il Seven Eleven dove a volte compravo da mangiare.” Continuò. “Lì, invece, ci sono i campi da basket dove giocavo con i miei amici. Beh, non esageriamo. Ci ho giocato esattamente due volte, quando Niall e Louis sono venuti a trovarmi.” Concluse, indicando con il dito una rete che delineava vari spazi dove si poteva giocare a pallacanestro.
“Zayn non è il tipo, giusto?” Domandai. Mi piaceva la direzione che stava prendendo quella serata. Adoravo scoprire cose su Harry, sui suoi amici. Mi piaceva sentirmi parte del suo mondo.
“Oh, no.” Rispose lui con una risata. “Giocare a basket vorrebbe dire rovinarsi il ciuffo. Non sia mai.” Aggiunse.
Ricominciammo a camminare e arrivammo all’angolo della strada. Girammo a destra e ci trovammo su una via molto più grande. Avenue of the Americas. Avanzammo di qualche metro, superammo un incrocio e poi girammo di nuovo a destra. Ci fermammo davanti al numero ottantadue di Washington Place e Harry mi disse di guardare in alto.
“Quello al terzo piano era il mio appartamento quando vivevo qui.” Disse, indicando le due finestre con il dito. Era un palazzo abbastanza stretto, con la facciata di mattoni rossi, la scala antincendio e le finestre nere in contrasto. “La finestra grande è quella del salotto ed io avevo la scrivania proprio lì. Quando ero frustrato perché non riuscivo a scrivere prendevo una birra dal frigo e mi sedevo sulla scala. Osservavo New York, il traffico, le luci, la vita… l’ispirazione tornava subito.” Raccontò. Stava guardando quella casa con gli occhi quasi lucidi.
“Ti manca?” Domandai. “Vivere qui, intendo.”
“Sì, abbastanza.” Rispose lui. Volevo chiedergli perché era tornato a St. Louis se amava New York così tanto, ma ricordavo che mi aveva parlato di problemi che doveva risolvere e non volevo forzarlo a dirmi nulla se non se la sentiva. Mi avrebbe detto tutto al momento giusto, ne ero sicura.
“Si vede.” Dissi semplicemente, stringendogli la mano.
“Vieni con me.” Prima che potessi fare domande Harry mi stava trascinando verso il cancellino nero. Dopo pochi secondi l’aprì e mi accompagnò sui tre gradini grigi, verso il portone di legno.
“Cosa stiamo facendo esattamente?” Chiesi, incapace di trattenermi. “Stiamo facendo effrazione?” Abbassai la voce e mi guardai intorno. Avrei seguito Harry fino alla luna, se me l’avesse chiesto, ma avrei voluto evitare di finire in galera molto volentieri.
Lui rise e non disse nulla. Lo vidi tirare fuori qualcosa da una tasca, armeggiare per qualche minuto con la porta e poi aprirla. Lo guardai con gli occhi sgranati.
“Tranquilla, ho la chiave. Il posto è ancora mio. È un appartamento che è nella mia famiglia da anni.” Spiegò.
Con il cuore che batteva un po’ meno velocemente di pochi secondi prima lo seguii all’interno del corridoio e sulle scale.
“Non prendiamo l’ascensore?” Domandai.
“No, perché è vecchio e fa un rumore pazzesco, quindi finiremmo per svegliare tutto il palazzo.” Replicò lui, riprendendo la mia mano.
Arrivammo al terzo piano e Harry estrasse dalla tasca del suo cappotto un’altra chiave. Aprì la porta e mi fece entrare nell’appartamento buio e vuoto.
“Occhio a dove metti i piedi, dovrei aver lasciato una mensola per terra, ma non ricordo dove.”
Rimasi immobile per qualche minuto, finché la mia vista cominciò ad abituarsi al buio. Dalle finestre entrava la luce dei lampioni in strada, quindi si riusciva a vedere qualcosa.
“Grazie per avermi portata qui.” Dissi. Harry mi abbracciò da dietro e cominciò a farmi immaginare la casa arredata.
“Volevo condividere questo posto speciale con te.” Rispose. “Vedi, la scrivania era là. Su quella parete c’era una libreria enorme, invece. E in fondo c’era la cucina, con il bancone e il frigo era in quell’angolo.” Aggiunse.
“Deve essere stato un appartamento bellissimo.” Dissi.
“Già. E un giorno potrà esserlo di nuovo. Chi lo sa? Magari ci sarà anche una presenza femminile.” Replicò lui. Mi voltai verso di lui e cercai di guardarlo negli occhi, anche se con il buio riuscivo solo a distinguere i lineamenti del suo viso.
“Sto leggendo troppo tra le righe o mi stai dicendo che un giorno potremmo vivere qui?” Domandai. Lo sentii annuire e un sorriso spuntò sulle mie labbra.
“Non lo so, è un’idea. Oppure potremmo trasformarla nella casa delle vacanze e passare qui qualche mese o qualche settimana. È presto per fare progetti, lo so, abbiamo tantissimo tempo per decidere cosa fare.” Rispose.
“Per me è un gigantesco sì.” Dissi. “A qualunque cosa, non mi importa. Basta essere insieme.” Aggiunsi. Poi mi avvicinai e lo baciai.
Camminai all’indietro, inciampando nei miei stessi piedi e nei suoi, finché la mia schiena non fu contro il muro. Sentii il corpo di Harry premere contro il mio mentre le nostre labbra continuavano a cercarsi e sorrisi nel bacio.
Il nostro primo appuntamento era stato perfetto. Non avrei mai potuto chiedere di meglio.

 


Buon martedì! Oggi ho deciso di postare due capitoli in uno, per due motivi: quello che avrei dovuto postare oggi era un filler e non succedeva molto, quindi ho pensato di unire anche il capitolo del primo vero appuntamento. E poi volevo festeggiare il mio anniversario su EFP, che era ieri. Sono due anni che pubblico storie e sono felicissima di aver iniziato, perché qui ho conosciuto persone fantastiche.
Tornando alla storia, perché altrimenti mi commuovo, in questo doppio capitolo Mary incontra i suoi nonni dopo tanti anni (grazie a Harry), torna Courtney, dicendo di avere qualcosa di importante da dire a MJ, vediamo il primo appuntamento dei nostri due piccioncini e MJ e Louis si incontrano a Capodanno a New York.
Nel prossimo capitolo ci sarà un grande colpo di scena. Posso solo dirvi che Harry non è perfetto come sembra, ma ha un difetto e lo scopriremo martedì.
Grazie per aver seguito la storia fino a questo punto, per tutti i commenti bellissimi e spero che questo capitolo vi piaccia!
Alla prossima <3

 

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