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Autore: Mania    04/11/2014    2 recensioni
{ Loki/Sigyn + accenni Thor/Jane ● Long!Raccolta di one-shot ● What if? ● → Si prega di leggere sempre le note ← }
{ SEGUITO di «L’AMORE CHE NON SALVA, DANNA, CORRODE E RENDE FEDELI» ● NON è necessaria la sua conoscenza }
____ Per chi ha deciso di scegliere di ingannare l’universo intero per dissetare un’anima perennemente preda dell’insoddisfazione, la vita prospetta un conto da pagare prima o poi. E solitamente è di elevata quantità.
Per chi ha deciso di essere fedele a chi è tanto abile manipolatore, sa che la realtà è un puzzle da ricostruire, frammenti da ricomporre, e non è esente dalle sue macchinazioni.
| CAP. 1O • Vite parallele |
«È sempre stata preoccupante la sua fedeltà a Loki. Mi chiedo a volte quando la conosciamo davvero» sussurrò muovendo appena le labbra, indecisa se potesse davvero pronunciare a voce alta una simile constatazione. [...] Più si evolveva il rapporto tra Loki e Sigyn, più era chiaro fino a quale punto di follia fosse stata spinta la sua devozione nei confronti del dio – una fedeltà cieca, testarda, ferrea, e che forse non aveva alcun limite, nemmeno quello della nefandezza. Ed era ciò a preoccupare Lady Sif.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Loki, Sigyn, Thor
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
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PROLOGO



C A P I T O L O   O 8 ▬
“ Quanto si è disposti a rischiare

{ Sarebbe stato meglio vivere,
con le certezze degli illusi,
con le bellezze dei sognatori. }
Vivere – Cristiano De André



L’aria all’interno dell’antica villa era impregnata di polvere e umidità, filtrava tra le pareti insieme alle crepe attraverso cui si insinuavano le edere. Lo sporco opacizzava tutto: pavimenti, specchi, mobili e qualsiasi superfice. La donna aveva provato ad accendere le luci, ma come si era aspettata l’impianto non funzionava da tempo ed era rimasta ad avanzare nell’eterno crepuscolo delle sale.
Doveva essere stata una dimora sfarzosa, ricca di quadri di cui rimanevano solo aloni sulle pareti, di lampadari dai scintillanti diamanti a ricadere a pioggia di cui nulla restava se non uno scheletro spoglio, di oggetti a riempire le credenze e libri ad arricchire le librerie vuote. Riusciva a immaginarsi come doveva essere stata, con tanti particolari da sembrare una reminiscenza – ma era assurdo, lei non era mai stata in quel luogo, o meglio, non ricordava di averci mai messo piede se non la settimana passata con Loki.
Ma le crepe ormai non erano più unicamente a scorrere lungo i muri, ora erano anche dentro lei stessa, lasciando intravedere verità di cui desiderava afferrare i contorni, senza sapere come fare. L’emicrania era tornata ad essere lacerante, pulsava con insistenza come a volerla esortare a trovare un modo per conquistare ciò che le sfuggiva – perché erano appena oltre la coltre di nebbia che sentiva dentro se stessa, vicine e maledettamente lontane allo stesso tempo. Probabilmente era frutto della sua immaginazione in quel momento di confusione mentale, nonostante il ciondolo al collo improvvisamente le apparisse pesante, avvolto da un calore che avvertiva filtrarle attraverso la pelle – irradiando dentro di lei ciò che lo aveva reso d’un tratto tanto gravoso da portare, come se fosse stato pieno di qualcosa.
Si avvicinò a una finestra unicamente per cercare il filtrare di una lieve brezza, un tentativo troppo blando per trovare conforto, e appoggiando le mani sulle inferiate prive di vetri, rivolse lo sguardo verso il palazzo reale cosparso di riflessi scarlatti gettati dal crepuscolo.
Era il tramonto anche quel giorno lontano, quello in cui la sua vita aveva avuto un brusco cambiamento, prima di profondare nell’abisso. Serrò gli occhi con disperazione, il cuore a batterle nel petto con prepotenza, quasi fosse il motore per rievocare quel momento perduto e in frantumi – ma che poteva essere aggiustato con filamenti di oro fuso a renderlo prezioso[1].
Tra le montagne spoglie, tanto aride da non aver vegetazione a ricoprirle, i raggi caldi del sole morente lasciavano scivolare maree di sangue sulle loro pareti rocciose, sotto le quali affondavano le radici della più importante città dei nani. E dalla residenza reale sarebbe preso giunta la delegazione per siglare l’accordo, in modo da porre fine alle ostilità che per mesi avevano insanguinato le colline alle pendici della catena montuosa.
Nella propria tenda personale, Lady Sigyn era ancora intenta a spogliarsi degli abiti pregni del fluido cremesi dei nemici, gettando nell’angolo le stoffe sgualcite per scivolare sotto il getto dell’acqua calda della doccia. Il vapore saliva lentamente, avvolgendo il corpo della donna, mente la corrente che percorreva la sua pelle portava via con sé le incrostazioni di sangue e terra, corrose dal sapone a lasciarla nuovamente pulita. Nonostante la rapidità con cui il gorgo risucchiava il fluire dell’acqua macchiata da scie scarlatte, rimanere sotto la bruciante acqua le rallentava la percezione del tempo, ovattandola in una dimensione nel quale si sentiva estranea a ciò che continuava ad accadere nel mondo.
Fu quando spense il getto e la tenue cortina si disperse, che si accorse di non essere sola. Non sprecò nemmeno tempo a domandargli da quanto tempo fosse lì in piedi, a scrutarla lavarsi, o come fosse entrato e perché non si prendesse il disturbo di chiedere il permesso – non che gli occorresse, ma a Sigyn piaceva puntualizzare il superfluo talvolta unicamente per stuzzicarlo. Appoggiato alla scrivania posta al centro della tenda, teneva le verdi iridi puntate sul quadrato di mattonelle differenti sul quale era stata montata la doccia, alzato un sopracciglio e ampliando il sorriso malizioso quando la donna si avvicinò a lui per prendere l’asciugamano lasciato sulla sedia, cospargendo briccole d’acqua dietro i propri pasi.
«Tra poco giungerà il principe nemico per firmare il contratto di pace», Sigyn sapeva quando tale avvenimento indisponesse il principe asgardiano, che tanto aveva tramato alle spalle di tutti per scatenare quel conflitto in modo da allungare le mani su un manufatto di cui voleva impadronirsi – e che grazie a tale accordo non avrebbe ottenuto.
«Che penosa perdita di tempo e dignità. Non ho alcuna intenzione di assistere a un simile spreco, soprattutto quando in suo possesso risiedono reliquie tanto interessanti», una contrazione rapida dell’occhio fece presente il profondo disappunto che la circostanza gli provocava, ma fortunatamente aveva in serbo ancora qualche trucco prima di darsi per vinto e la presenza di Sigyn gli allentava il fastidio pressante dei suoi piani sgretolarsi lentamente.
«Siete venuto a darmi disposizioni al riguardo?» chiese incuriosita, mentre le mani di Loki raggiungevano i suoi fianchi per portarla vicino al proprio corpo. Continuò ad asciugarsi, nonostante avvertisse permanere su di sé scie infuocate lasciate dal passaggio delle mani dell’uomo lungo la propria schiena – lente, risalivano intrufolandosi tra i capelli bagnati appiccicati alla pelle, rivelando desideri ricolmi di lussuria famelica e di una dolcezza lieve che riservava unicamente a lei.
«Me ne occuperò da solo, la tua presenza è richiesta al tavolo delle trattative in quanto Generale di uno dei reggimenti che ha ottenuto maggiori risultati» osservò prima di piegarsi verso le labbra carnose della donna a prendersi un bacio. «Io posso essere in più posti contemporaneamente» chiosò con ovvietà, dando vita a una propria proiezione alle spalle di Sigyn, che non fu notata immediatamente.
«Quindi è solo una visita di piacere» constatò, sorridendo ammiccante, prima di sentire le stesse dita affusolate di Loki intente a percorrerle i fianchi, insinuarsi anche sotto l’asciugamano per farlo cadere a terra. Inclinando appena il capo indietro, si accorse a quel punto della proiezione dell’uomo alle sue spalle. «Oh, solo un’altra illusione? Perché non di più?»
«Non tentarmi» rispose ridacchiando, mentre la sua illusione le baciava il collo.
«Sono io quella tentata» replicò avvicinando le labbra all’orecchio destro del dio, sussurrando provocatoriamente mentre faceva scorrere le proprie mani verso le cinture di cuoio attorno alla vita dell’uomo. Lo sentì ridere divertito, avvertendo le falangi di lui percorrerla, senza soffermarsi a pensare quali fossero quelle reali e quali delle dell’illusione, perché lo aveva appreso molto tempo addietro che a volte le ultime sapevano donare più sensazioni di quanto le prime potessero mai sperare di fare – e con il dio che le manovrava, simili sottigliezze non sarebbero mai potute essere districate, rendendo ogni tentativo uno spreco di tempo.
Con le mani ad affondare nei capelli d’inchiostro e le labbra incollate alle sue, annaspando per cercare un po’ d’aria di tanto in tanto tra un bacio e un gemito, lasciò che le mani del medesimo dio alle sue spalle la guidassero a inarcare la schiena per osservarla divaricare le gambe con ghigno soddisfatto. E dai suoi fianchi, fece scorrere le lunghe dita fino ai seni, stringendoli mentre si piegava su di lei, assaporando il gusto della sua pelle tra una spinta e l’altra, avvertendo il suono dei baci brucianti e dei morsi che lasciava sulle labbra del se stesso davanti a lei.
Ed erano per lei tutte le attenzioni, ed era unicamente per sentirla e farsi sentire che le impedì di insorgere nel cercare di prendere un comando che mai avrebbe potuto avere in così netto svantaggio numerico – non che bastasse ciò a frenarla dal far scendere le sue mani lungo il ventre dell’uomo o a dettare lei un ritmo differente. La udì ridere divertita tra un respiro mozzato e la tensione dei muscoli a intrappolare un piacere strisciante, tra un incastro di corpi e quello successivo, nel quale lasciarsi profondare dentro di lei non solo con il corpo, ma nella sua anima – un rifugio sicuro in cui riusciva a trovare un luogo privo di quella foga angosciante corrosa da un rancore e una sete di potere implacabili, e in essa scoprire la tranquillità di loro due soli.
E quando Sigyn raggiunge l’orgasmo glielo lasciò assaporare, osservandola cercare di arruffare pezzi d’aria per abbeverare i propri polmoni a secco di ossigeno, alzando e abbassando freneticamente il torace bagnato dal sudore, con la pelle intrisa del profumo di entrambi. Si prese baci delicati prima di riprendere per soddisfare anche se stesso, frenandola dall’ansia che lei provava di non lasciarlo senza la sua parte, per suggerirle che poteva prendersi più spazi per sé di quanti se ne concedesse per amore suo. E rispose al suo sorriso complice con un ghigno quando una gamba la portò attorno al ventre del Loki che aveva di fonte, mentre rimanendo su un piede teneva la schiena schiacciata contro il corpo di quello alle sue spalle, intento a morderle il collo con le mani a vagare sotto il ventre della donna. Era un invito per il finale che non poteva essere rifiutato e che entrambi cercarono di protrarre il più a lungo possibile.
«Le vostre visite di piacere sono sempre molto interessanti» osservò divertita Sigyn, con il fiato corto e più stanca di quanto la battaglia potesse privarla di energie. Si sedette sul bordo del letto, combattuta tra l’intento di vestirsi in vista della cerimonia per redire il contratto di pace e il desiderio di sprofondare sotto le lenzuola per riposarsi. Osservò di striscio lo sguardo altrettanto divertito di Loki misto al lieve riso, con già metà dei suoi indumenti indosso e straordinariamente capace di riordinarsi come niente fosse. Inarcò all’indietro il collo, per far scricchiolare la cervicale prima di rialzarsi con uno sforzo di volontà inaudito in modo da riprendere la propria preparazione da dove l’aveva interrotta decine di minuti prima.
«Non ero venuto qui per questo. Volevo sapere una data» rivelò cripticamente Loki, sedendosi nella poltrona vicino al letto accavallando le gambe con le mani congiunte in grembo.
«Una data per cosa?» chiese incuriosita la donna, cercando di sistemare il groviglio di capelli – nodi su nodi creati dal passaggio delle dita vogliose di Loki – per poterli poi rinchiudere nella solita treccia laterale.
«Per il matrimonio.»
«Scusi?» incredula, si voltò completamente a fissarlo lasciando perdere il proprio riflesso nello specchio davanti al quale tentava di domare la propria chioma.
«Il nostro, per la precisione» chiosò Loki con la stessa naturalezza con la quale aveva iniziato il discorso, come se stesse parlando di libri, di strategie militari o di qualcuno dei suoi sotterfugi. Era più che altro tale tranquillità a lasciare Sigyn sbigottita, con le sopracciglia inarate in archi di pura sorpresa e occhi sgranati alla ricerca di ogni dettaglio catturabile che potesse confermarle o smentirle di aver udito correttamente.
«Mi state chiedendo di sposarvi?» cercò di mettere in chiaro la situazione, nascondendo il più possibile il tremore della propria voce davanti a una simile prospettiva. Arrossiva raramente Lady Sigyn e sempre a causa di Loki, nonostante lei provasse a impedirselo con tutte le proprie energie per non mostrare crepe di vulnerabilità nemmeno all’uomo che amava, ma in quel frangente si dimenticò completamente di resistere ai moti del proprio corpo, ritrovandosi con le guance impregnate di rossore e il petto a dover sopportare battiti mai così pressanti.
«Non è una domanda in realtà. Ma il tuo consenso è ovviamente indispensabile» constatò con ovvietà Loki, ridendo appena per la reazione della donna – non come presa in giro, quasi con dolcezza per quanto lei stessa appariva adorabilmente priva di capacità recitative sotto le quali intrufolarsi almeno in quel frangente.
«Quindi me lo state chiedendo» osservò Sigyn, provando a concentrarsi su quel punto per riprendere il controllo delle reazioni del proprio organismo – e anche perché credeva fosse sensato che almeno vi fosse una proposta in tal senso, anche se, non appena un tale pensiero si strutturò nella sua mente, quello successivo le suggerì che Loki e lei stessa avevano poco a che vedere con l’assennatezza.
«Non è l’elemento essenziale della questione scoprire se sia una richiesta o meno» sottolineò Loki tirando gli angoli delle sottili labbra in un ghigno – conscio che la donna stesse semplicemente racimolando tempo per ritornare al consueto stato di serenità pacata.
«Lo è, invece. Sarebbe un ottimo indicatore di quanto siete disposto a scoprirvi per me.»
«Ti sto dicendo che voglio che tu sia moglie, Sigyn, cosa devo fare di più per dare un’idea chiara a chiunque di quello che sei per me?»
«Avete ragione» asserì piegando il capo in segno di assenso, per una volta non contrariata dal dover ammettere di essere in torto. E fu il sorriso immerso di una felicità scintillante, satura di fibrillazione per la prospettiva che Loki le stava offrendo, che lui scorse in quel solo gesto all’apparenza quotidiano la sua risposta – era sempre stata capace di condensare nelle pieghe delle labbra scarlatte una quantità di entusiastica contentezza rivolta a lui solo, da cercare più volte e più modi per poter ammirare silenziosamente, nascosto dietro all’aria imperscrutabile, un simile spettacolo. Ma prima che Sigyn potesse tradurre in parole ciò che era appieno visibile sul suo volto, le trombe annunciarono l’arrivo della delegazione nemica. «È arrivato il nostro ospite, dobbiamo andare.»
«Una risposta, Sigyn» la incitò Loki, senza schiodarsi dal suo posto con gli occhi incollati alla figura della donna, deciso a non uscire e non farla muovere da lì se non quando avesse ottenuto ciò che desiderava – sapere se avrebbe acconsentito a smetterla di giocare a fare gli amanti nelle pieghe della notte, di preferire l’indeterminatezza a una definizione netta. Era strano che proprio lui bramasse una chiara delimitazione, eppure voleva che fosse palese ciò che lei rappresentava – non solo la più fedele, la sua arma più pericolosa, ma anche l’unica persona in grado di spingere a far nascere nel suo cuore ricoperto di sale un sentimento scevro da tornaconti personali, puro nel loro modo di viverlo. Avevano trascorso sufficienti secoli a fingere di nascondersi unicamente per provare il brivido della segretezza, ma ora era giunto il momento di porre le demarcazioni necessare a rendere palese a chiunque a chi Sigyn appartenesse – e anche il contrario.
«La conoscete già, ma l’avrete comunque. Al termine di questa cerimonia inutile» asserì lei, alzandosi per cercare una maglia da indossare nel minor tempo possibile, accontentando almeno per quel momento Loki. Ma a differenza di quanto avevano entrambi programmato, non vi fu l’opportunità per alcunché di più che un sì superfluo, in realtà già sussurrato innumerevoli volte e che invece di avere il sapore fresco della felicità, era stato avvolto di una lacerante mestizia.
La bocca dischiusa cercava di andare in contro alla necessità di ossigeno pulito, inspirando ed espirando con rapidità famelica per ingurgitare aria disperatamente, faticando a rimanere in piedi con le gambe tremanti. Era un gorgogliare di frasi, immagini, sentimenti e pensieri confusi che le rendevano quanto mai difficile riuscire anche solo provare l’incredibile tentativo di tirare le fila di quanto pulsava nella sua mente e nella sua anima. Sarebbe scivolata a terra, abbandonandosi alla polvere a decorare il pavimento, se le braccia di Loki non l’avessero raggiunta prima, tenendola su con forza, girandola verso di sé come fosse una bambola per quanto debole. Pallida tanto da sembrare trasparente da come le vene si scorgevano intrecciarsi in serpeggiati bluastri; la pelle era tirata in una smorfia di dolore e smarrimento, una matassa di interrogativi l’avvolgevano provocando l’emicrania di cui era vittima. Il fuoco che avvertiva propagarsi dalla gamma al collo era pesante, caldo in maniera angosciante, l’affaticava ulteriormente creando più scompiglio in una mente già frustrata – aggiungendo nuovi ricordi, anzi, perdute immagini.
«Non me ne hai lasciata una, alla fine» asserì con voce solo fasullamente controllata, ma nel sostrato si scorgevano onde rabbiose – attendevano di abbattersi, rompere e travolgere, per riprendersi una rivincita sul dolore che era stato costretto a patire anche a causa della cocciutaggine di Sigyn stessa.
«Di cosa state parlando?» mormorò in un rantolo, sorprendendosi di avere ancora la capacità di parlare nonostante percepisse il proprio corpo sul punto di collassare e la propria mente offuscata da fin troppe cose da poterle distinguere.
«Della data, Sigyn. Della data del matrimonio, almeno questo dovresti cominciare a ricordarlo» sibilò con veemenza, mentre avvertiva le dita della donna aggrapparsi alla stoffa di suoi indumenti per provare a tenersi su, ma era troppo spossata e a fatica riusciva a stare dietro al proprio respiro affannoso, cosparso di ansie e difficoltà a lasciar scorrere nuovamente le proprie memorie in se stessa.
«Io non-»
«Sì, invece, lo sai a cosa mi sto riferendo. Sono stanco di questo gioco, Sigyn, smettila di scappare da ciò che sai o comincerò a pensare che tu non voglia più mantenere la tua promessa. E smettila di aver paura», la sentiva fremere per brividi causati dal suo stesso corpo, intento ad assorbire un colpo psicologicamente stordente, enorme nella sua potenza, ma Loki confidava come sempre nelle capacità di lei – era sempre stata forte, una mente dinamica, entrata nelle Guardie Reali unicamente per lo sfizio dimostrare alla bambina che aveva patito la sofferenza della disillusione che era molto più di ciò che ci si immaginava. Rantolava, chiudendo gli occhi appoggiandoli al petto dell’uomo, cercando di sopportare il fluire dei momenti intrappolati nel gioiello che portava al petto, sbloccato da quell’essere stata portata sull’orlo delle irrazionalità oltre le quali si nascondevano le risposte cercate.
«Sono insensate le vostre parole.»
«Noi non abbiamo mai avuto a che vedere con la sensatezza, Sigyn» osservò il dio degli inganni, costringendola a rialzare il volto verso di sé per sopportare i suoi occhi smeraldini, in cui tizzoni ardenti di ira si fondevano a recriminazioni nei suoi riguardi.
«Mi riferivo al fatto che io non voglia mantenere la mia parola e che abbia paura, Loki. Ho solo bisogno di aria», fu nel mondo in cui pronunciò il suo nome – una delle rare volte in cui non vi appose prima titoli ed onorificenze – che seppe che era tornata pienamente lei. Se solo non fosse stato sopraffatto dai nervi impegnati in un odio profondo, portato a largo dalla collera per un mondo che lo aveva privato impunemente della verità su se stesso e dell’unica persona sulla quale aveva sempre potuto fare affidamento, e se Sigyn non fosse stata complice indiretta di un simile crimine grazie suo desiderio ostentato di voler essere a lui utile anche quando non ve n’era necessità, l’avrebbe trascinata fuori con maggior grazia e avrebbe perso tempo a far affondare le proprie labbra tra i capelli di un biondo lavato via dei suoi riflessi d’oro acceso.
Aveva dovuto affrontare un realtà sulle proprie origini da solo, senza il sostegno che Sigyn aveva promesso avrebbe sempre concesso lui – ed era assurdo, perché nonostante fosse stata privata delle sue memorie, persino in quello stato aveva intuito quanto il suo animo fosse afflitto dall’essere stato tanto a lungo preso in giro dalla propria famiglia, dall’essersi fatto ingannare tanto scioccamente.
Era rabbia quella con cui la lasciò appoggiarsi al tronco di un albero, scrutandola con lo sguardo diviso tra il sollievo di riaverla completamente e la possibilità di poter finalmente riversarle addosso tutte le ricusazioni che si era portato dentro per decenni infiniti.
«Ce ne avete messo di tempo per trovarmi», curvata in avanti, con un fianco a contatto con il ruvido tronco e le dita di una mano a cercare un appiglio nel quale conficcarsi per tenersi in piedi, ora riusciva infine ad assaporare con meno angoscia il defluire dei propri ricordi – di quella parte di sé che le avevano tolto.
E arrivò un moto di sofferenza diversa da quella dell’oblio – perché nell’oblio vi era dolcezza, una culla di malinconia di non sapere nel quale non vi era alcuna verità a ferire definitivamente l’anima –, quella della consapevolezza di quanto avrebbe voluto piangere in quegli anni una perdita di cui solo in quel momento poteva afferrare il devastante cratere che aveva scavato in lei. Per distrarsi, per provare a non sfogare le proprie lacrime come aveva fatto quando aveva assistito al funerale di suo padre, quando aveva visto le fortune della sua famiglia dissiparsi, quando aveva assistito allo spettacolo degradante di sua madre cambiare letto uno di seguito all’altro per riconquistare posizioni sociali, quando aveva osservato in silenzio alla vittoria dei vizi sui suoi cugini e il rinchiudersi in un silenzio di rassegnamento delle zie date in sposa per evitare di avere ulteriori persone a carico. Ma non era più il dolore dello sgretolarsi della famiglia in cui era cresciuta che le conficcava pezzi di vetro invisibili nel cuore, ma quello di essere stata lei stessa artefice della dimenticanza dell’uomo che amava – l’unico che avrebbe mai potuto amare, servire e desiderare.
«Non provocarmi, Sigyn, non ora» freddamente asserì Loki, prima che da sola riuscisse a rialzarsi, afferrandole con un colpo secco la gola costringendola a tendere i nervi del collo e inarcare la schiena contro l’albero. «Mi sei mancata», più che una confessione suonò come un urlo trattenuto tra i denti, intriso di nera rabbia.
Fu la prima e ultima volta che la baciò con tale veemenza da soffocarle quasi il respiro, con smania di risentirla sotto di sé ora che era nuovamente la Sigyn che aveva dovuto abbandonare in decenni trascorsi come eoni. Perseverò a tenere la presa attorno alla sua gola per mordere fino a sentirla mozzare urla di dolore, stritolandole tra le labbra, mentre tentava di allungare le proprie mani verso di lui, ma Loki non glielo permise – non le avrebbe permesso di far alcunché in quel frangente, era sua e in suo potere per scontare la disperazione che gli aveva causato.
Strappò con foga la stoffa del suo abito, riducendolo a stracci per spogliarla più rapidamente, e con la stessa assenza di grazia si avventò su tutto il suo corpo, affondando le unghie in ogni punto che più desiderasse sentire, strattonandola contro di sé al ritmo che meglio si asservisse unicamente ai propri scopi, ignorandola completamente per poter soddisfare decenni passati a ricordarla unicamente – a riviverla troppo poco nella propria mente. Lasciò percorsi cremisi a partire dalle sue natiche fino alle cosce, prodotti mentre la tratteneva contro il proprio ventre per poter muoversi in lei senza accortezza, avvertendola tenersi attorno al proprio collo rompendo respiri in cui erano i gemiti di sofferenza a sovrastare in numero quelli di piacere. Li stritolava nei propri denti bianchi con la stessa determinazione con cui cercava di non chiudere gli occhi, ma era difficile resistere all’istinto della contrazione dei muscoli, che tentavano di acquietare la piaga che era sentire la pelle scorticassi contro il tronco ruvido contro il quale le spinte di Loki la inchiodavano.
Non provò nemmeno lontanamente a resistergli, non per servilismo, ma perché non le serviva immaginare quanta pena gli avesse fatto patire, le era bastato poggiare le proprie nere iridi su di lui, scivolare nelle pieghe dei risvolti verdi dei suoi occhi per affogare nella sua anima per comprenderlo. Le era sempre stato naturale capirlo, per tale ragione riusciva ad afferrare la desolazione nel quale l’aveva legato, come se fosse stato costretto da invisibili catene massicce a rimanere prigioniero dello stillicidio di un veleno serpentesco per tutti i giorni fino a quello odierno[2].
Erano gemiti di sofferenza dell’anima più di quelli fisici a esserle strappati, tempestandole la mente con tutta l’angoscia di cui non aveva potuto avvertire il peso per tanti decenni e riportandole addosso la valanga di sentimenti dimenticati – e nella corrente nella quale si ritrovò, desiderava infossare le proprie unghie più in profondità nella carne di Loki e avvertire quelle di lui stringerla con più possessività soltanto per scacciare via, esorcizzare almeno in parte, le lacerazioni di un dolore che le era stato precluso provare. Se solo avesse avuto più energia, avrebbe dipinto la schiena dell’uomo con scie di sangue, avrebbe lasciato conficcare i propri denti nella sua carne e nella risonanza dei loro respiri infranti, mugolii straziati e tensioni insoddisfatte, avrebbe potuto trovare maggiore spazio per perdere consapevolezza – per qualche manciata di secondo – del tormento al quale le proprie parole avevano sottoposto entrambi.
E nonostante le prese rudi, nonostante i denti si insinuassero a fondo con poco riguardo nella sua pelle, nonostante le sue dita si chiudessero attorno alla sua gola con rabbia e ogni sua spinta fosse feroce, in tutto Sigyn scorgeva un groviglio di disperazione per un dolore che non aveva mai mostrato a nessuno e ora riversava su di lei per renderla edotta di come la punizione inferta fosse stata subita maggiormente da lui. Per tale ragione gli depose baci tra i capelli di notte condensata quando rimase con il capo appoggiato alla sua spalla, nascondendo il volto nell’incavo di lei una volta che ebbe liberato frustrazione e trovato una soddisfazione monca nell’aver così brutalmente abbattuto su Sigyn i rovi di sentimenti rappresi – grumi di rancore e lacerante agonia tenuta compressa sotto maschere di indifferenza, per occultare quanto gli artigli di un simile evento fossero riusciti a perforare le sue carni, e a ciò si aggiungeva la realtà sulle proprie origini a renderlo incapace di sopraffare spire tanto rabbiose.
Rimase piegato su di lei per lasciare che insieme allo scorrere delle dita tra i propri capelli, Sigyn allentasse il fervore di sentimenti logori con quel gesto d’amore delicato, accompagnandolo dalle labbra a deporsi tra le ciocche d’ebano, senza sussurrare alcunché fino a quando non fu Loki a decidere di potersi finalmente staccare. Si voltò per recuperare i propri vestiti, provando ad evitare di pensare a quanto fosse poco adatto a darle il bentornato ogni volta[3] e che prima o poi avrebbe dovuto imparare ad essere meno rude almeno con lei, che riusciva al di là di ogni situazione a scoprire le ragioni di cui erano formate le sue azioni.
«Prendi il mio mantello», lo riprese per porgerglielo, conscio che Sigyn non avesse alcunché con cui coprirsi dopo che le aveva malamente strappato l’abito, ma si bloccò con il braccio a metà quando si girò nuovamente verso lei. Mai l’aveva vista con il volto rigato dalle lacrime, gocce grosse a percorrere lentamente il contorno dei suoi zigomi per poi scendere sulle guance e fermarsi a tremare sul bordo della mandibola, indecise se precipitare subito o rimandare di qualche secondo.
«Non è per prima» si affrettò a specificare Sigyn, con voce stranamente calma, lisciata da ogni possibile increspatura. Nessun rimprovero o sottile tentativo di instillare in lui sensi di colpa, sembrò dire la semplice verità mentre si avvicinava per prendere il mantello e nascondersi sotto di esso, sprofondando nel verde scuro della stoffa a strisciare sulla terra da quanto piccola era il suo corpo in confronto. «È… Io non ho potuto provare davvero tutto il dolore che avrei dovuto per questi infiniti decenni, e ora arriva tutto in una volta.»
«Sei sempre una magnifica bugiarda, ma la punizione a te inferta non è stato niente in confronto alla mia», le avrebbe voluto spiegare come la condanna non fosse il suo oblio, ma il dover averla vista vivere accanto a sé senza che ricordasse di loro, ma le parole si fermarono nel pensato della sua mente, senza nemmeno cercare una strada attraverso le corde vocali. Si limitò a passare le proprie dita sulle sue guance, asciugandole con la dolcezza che aveva dimenticato di usare in precedenza, provando a ignorare i contorni che da rossi stavano tendendo al violaceo sul suo collo – impronte della sua mano e dei suoi denti. Si promise che un modo lo avrebbe trovato per rimediare, non perché Sigyn glielo chiedesse, ma proprio per l’assenza di qualsiasi logica protesta per i suoi modi grezzi – era nata per sorprenderlo, per ammaliarlo con la sua capacità di impressionarlo in qualsiasi modo.
«Non stavo mentendo e non dovete giustificarvi» chiosò sorridendo sinceramente, troppo agli occhi di Loki – incapace di comprendere come davvero potesse non provare nessun tipo di malessere per i suoi modi, per come l’aveva trattata pur di sfogarsi, mostrando come forse la sua vera natura fosse la principale, quella di un mostro.
«Non stai nemmeno dicendo tutta la verità» perseverò nella sua convinzione, setacciando ogni più piccolo scorcio di Sigyn alla ricerca del minimo segno di repulsione per lui senza trovarlo.
«Siete sicuro che non sia ciò che vi risulta più facile credere?» domandò inarcando un sopracciglio, tornando a far scorrere le proprie mani sul petto dell’uomo e stringendo la stoffa a ricoprirlo per ritrovare un contatto di cui necessitava – non solo per reggersi in piedi, oramai completamente sfinita, ma anche per tornare a riassaporare la sostanza di ciò che era stata costretta a dimenticare.
«La data, mia Sigyn, ho bisogno di una data» mormorò a bassa voce, mentre le passava un braccio attorno alla vita per sorreggerla con attenzione, ritrovando la pacatezza elegante dei suoi gesti anche nel far scorrere l’altra mano tra i suoi capelli mentre la baciava con rinnovata lentezza delicata, soffermandosi ad assaporare le sue labbra.
«Non so, i giorni che occorrono per organizzare un matrimonio sommati ad oggi.»




M A N I A’ a  W O R D S
Ok.
C’è troppa roba in questo capitolo, un attimo che riordino le idee.
Facciamo che parto dalle scuse per il terribile ritardo. Volevo aggiornare due settimane fa, ma ho trascorso un periodo poco sereno, diciamo così, che non mi hanno permesso di avere la serenità adeguata per poter solo pensare di aggiornare. So che non è che abbia spiegato granché, ma essendo questioni “private” non mi va proprio di sbandierarle e quindi m affido alla vostra comprensione.
Come spero che capirete se non ho risposto alle recensioni, anche se ovviamente ringrazio tutti quanti – Zarael, Yoan Seiyryu, per la super pazienza che ha sempre con me e per aver letto il capitolo per prima, e adhamico, la quale riceverà preso la mail che dovevo mandarle un mese fa e che forse finalmente riesco a scriverle! – e tutte le altre persone che continuano a seguire la storia! Grazie infinitamente a tutti quanti, davvero, non sapete quanto mi faccia felice ♥
Ok, partiamo dalla scena che tutti voi stavate aspettando, ovvero la threesome con due Loki – no, lo so che non la stavate davvero aspettando, ma dopo esservela immaginata magari a ripensarci la stavate aspettando, no? Non so esattamente come commentare un’idea del genere, posso solo dire che è un peccato avere la possibilità di creare tante proiezioni di un sé tanto figo e non usarla in più campi oltre quello della distruzione e/o conquista – e dopo aver visto una fanart in cui Loki fa sesso con se stesso (il massimo nel narcisismo, che credo sia uno dei pochi difetti che non abbia quest’uomo, ma vabbé) mi sono detta che poi non sono così pazza a pensare ciò, quindi ecco tutto.
Poi, lo so che è particolarmente pieno di scene rosse e scritto da una che non le ama poi così tanto è alquanto bizzarro, ma lasciatemi spiegare – perché c’è una ragione, o almeno credo. Volevo creare un parallelismo tra l’ultima volta in cui avevano fatto l’amore e ora che Sigyn ha recuperato la memoria – e lo so che Loki non è stato il massimo della gentilezza, non che l’abbia violentata, eh, semplicemente è stato molto più egoista e brusco di quanto non lo sia mai stato con lei. Ci tengo a precisarlo, primo perché Loki-violentatore non ce lo vedo proprio, secondo perché Sigyn se non avesse voluto fare sesso con lui un modo lo trovava per farglielo capire (inoltre lui non l’avrebbe comunque costretta se l’avesse vista riluttante, ma è la stessa Sigyn che vuole che lui si sfoghi e vuole anche lei somatizzare in qualche modo il recupero di tutte le memorie in un colpo solo), e terzo ma di massima priorità è che non sopporto simili temi di violenza sessuale inseriti tanto leggermente nelle fanfiction, quindi non oserei mai addentrarmi io per prima in simili meandri.
Bene, comunque, non dal prossimo, ma da quello dopo – alla fine della prima parte della storia – rivedremo il nostro caro Thor e come se la passa sulla Terra. E tra qualche capitolo il rating rosso verrà giustificato anche da altro – le scene creepy mi vengono meglio, se può consolarvi!
Ah, sì, ovviamente spero che vi sia piaciuta la non-proposta-di-matrimonio. Davvero, se qualcuno pensava che avrei fatto pronunciare a Loki una qualche proposta era totalmente fuori strada, perché Loki fare una cosa del genere è totalmente OOC secondo il mio punto di vista. E avevo pensato infatti di farla fare a Sigyn, ma nemmeno la mia Sigyn la farebbe mai, dunque questa era l’unica strada da percorrere. Comunque, secondo voi ce la faranno a sposarsi o avranno altri intoppi, eh? /apre il banco delle scommesse/
Venendo alle note:
→ [1] Quella di ricomporre oggetti rotti con filature d’oro fuso è un’usanza giapponese e si crede che in tale modo gli oggetti assumano una sfumatura di preziosità maggiore.
→ [2] Questa figura metaforica del serpente che fa colare veleno su un Loki incatenato, è ripresa dal mito norreno (penso sia il più famoso che riguardi lui e Sigyn, dato che lei ha le palle di rimanergli accanto mezza eternità a raccogliere in un catino tale veleno).
→ [3] Nella raccolta precedente, la shot O4 Loki va a recuperare Sigyn in una prigione nemica. Quando lei si sveglia dopo essersi ripresa dalle ferite, il bentornata è una sequenza di rimproveri invece che di assicurazioni sulla sua salute.

Alla prossima,
Vi lascio come sempre il link alla mia pagina Facebook: M A N I A


Mania



PS: Sono una brutta persona e ho riletto solo tre volte, perché se mi attenevo al protocollo delle sette riletture il capitolo lo avrei aggiornato tra altre due settimane. Spero che non ci siano sviste, ho fatto del mio meglio!



  
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