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Autore: reb    04/11/2014    5 recensioni
Prima non ci aveva fatto caso per via del buio, ma era carina. Con quella pelle chiara e le lentiggini sul naso. Poi occhi così non ne aveva mai visti.
-Perché non togli il cappello?- chiese curioso il bambino – Hai le orecchie a punta? O magari come un gatto?-
-Hai i capelli rossi!-
[... ...]
Perché quella bambina conosciuta tanti anni prima, che per i primi mesi si era aggirata curiosa per il castello con la sola compagnia di Mocciosus, adesso era diventata non solo bellissima, ma anche popolare. E tutti, tutti dannazione, non facevano che girarle intorno.
Eppure avrebbero dovuto saperlo che Lily Evans era territorio proibito!
-Eeevaans?- esclamò ancora vicino alla carrozza.
-Esci con me, Evans?-
Era talmente presa dai suoi pensieri che nemmeno l’aveva visto avvicinarsi. -Quante volte devo dirti di no, Potter, prima di farti capire la mia risposta?-
-Tante quante io ne impiegherò per convincerti a darmi una possibilità.- rispose serio lui.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Era ormai scesa la sera e alcuni candidi fiocchi di neve avevano iniziato a cadere dal cielo, decidendo di regalare a Londra un vero bianco Natale. Se avesse continuato per tutta la notte, infatti, le strade sarebbero state inagibili, la mattina dopo. E decisamente bianche, per la gioia dei bambini.
James guardava distratto fuori dalla finestra chiedendosi in che condizioni fosse il viale d’ingresso a casa propria, decisamente più a nord rispetto alla capitale britannica. Probabilmente lui e Sirius avrebbero dovuto smaterializzarsi direttamente davanti il portone di casa, giusto per sicurezza.
E perché a lui il freddo non piaceva particolarmente.
Non c’era bisogno di uno psicomago per capire che quel rigetto per il freddo, la neve e tutto quello che portava con sé, fosse da ricercarsi nelle silenziose giornate invernali della sua infanzia, quando non gli era permesso uscire di casa. Con gli anni, nonostante Hogwarts e nonostante le interminabili battaglie di neve che organizzavano lui e i ragazzi ogni anno, quel fastidio non era scomparso. Ancora il freddo non gli piaceva. Così come non gli piaceva il silenzio o la solitudine.
Il ragazzo si riscosse quando sentì una piccola mano calda chiudersi intorno alla propria e il corpo di Lily premere contro la sua schiena, in un mezzo abbraccio inaspettato, ma non per questo meno desiderato. La sentì sollevarsi sulle punte dei piedi e lasciargli un bacio leggero sul collo, prima di riabbassarsi e posare la guancia sulla sua schiena, stringendolo con il braccio libero intorno alla vita riuscendo a fargli battere più veloce il cuore. A volte, ancora non riusciva a credere che quella fosse davvero Lily Evans, la ragazza che aveva cercato di conquistare per sé da che le ragazze avevano iniziato ad avere attrattive. Anche da prima, a essere onesti. Lily era sempre stata speciale ai suoi occhi, perfino a dodici anni.
Remus lo aveva spesso preso in giro dicendogli che aveva una qualche nevrosi circa le persone che lo prendevano a pugni, visto che lo colpivano in faccia e anche nell’anima, e forse non aveva nemmeno torto. Lui e Sirius erano diventati amici dopo essersi presi a pugni. Lily, da parte sua, lo aveva preso a pugni anche troppo spesso, negli anni. E li amava entrambi.
Quel giorno, invece, Evans gli era semplicemente mancata, come può mancare soltanto qualcuno che aspetti da una vita e che, improvvisamente, ti ritrovi tra le braccia.
Come riusciva a mancargli solo lei, nonostante fossero stati insieme tutto il giorno.
E se da una parte era una sensazione che con gli anni aveva imparato a riconoscere e conviverci, perché passava la maggior parte delle sue giornate con lei, da che avevano undici anni, a lezione, in Sala Grande, nei dormitori, senza esserlo mai davvero, adesso era diverso pur rimanendo identico a prima.
Perché adesso sapeva cosa si provava a vederla cercarlo tra la folla, solo per sorridergli.
Perché adesso sapeva cosa si provava a stringerla e saperla sua, almeno un po’.
E se capitava che passassero una giornata assieme senza esserlo davvero, adesso sapeva di poter  trascinare Lily in un’aula vuota nel ritornare a Grifondoro per reclamare un po’ del suo tempo per sé così come faceva con le sue labbra, senza rischiare un Cruciatus in mezzo alla fronte.
Provava lo stesso anche quel giorno, con Lily totalmente concentrata nel dividere le sue attenzioni tra i genitori, le amiche e Sirius. Era stata più lontana di quanto l’avrebbe voluta.
E c’era stata anche una certa reticenza nei suoi modi che poteva capire, perché per lui era stato lo stesso. La verità era che non erano a Hogwarts, ma a casa di lei, con i suoi genitori a pochi metri da loro. Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla, quando era arrivata, ore prima, ad aprirgli la porta sorridendo e con un paio di codini infantili a trattenerle i capelli che gli avevano ricordato con la forza di un pugno allo stomaco quanto l’avesse voluta anche allora, ancora bambina eppure già donna.
In realtà avrebbe persino potuto farlo perché erano soli nell’ingresso, eccetto Sirius. Né Anne né George avrebbero avuto da ridire se li avrebbero visti, glielo aveva detto il modo tranquillo e caloroso con cui l’avevano salutato. Eppure saperli a poca distanza gli aveva lasciato addosso una strana inquietudine, forse riserbo, forse imbarazzo, forse decoro, che gli aveva impedito di toccarla per altro che fosse una carezza sulla guancia.
L’aveva così osservata chiacchierare con Alice ed Emmaline, litigare con Julie e impedire a Virginia di assecondare ogni capriccio di sua madre. L’aveva vista lasciare una carezza amichevole e impacciata insieme sul braccio di Sirius, quando il ragazzo le si era istintivamente avvicinato sconcertato per l’accoglienza riservatagli dai suoi genitori, Anne in particolare, sebbene mai James avrebbe creduto che il suo migliore amico avrebbe cercato il quieto conforto di una persona amica proprio da Lily Evans.
Non l’aveva persa di vista che per pochi minuti, perfino quanto Anne aveva trascinato lui e Sirius in cucina perché le raccontassero quanto sua figlia così testardamente taceva sulla loro vita a Hogwarts, perché non era riuscito a starle lontano troppo a lungo anche sapendo di non poterla toccare.
Ma gli era mancata lo stesso e adesso lei era lì, quasi l’avesse avvertito. Lily aveva lasciato amici e parenti in cucina e l’aveva raggiunto in salotto.
Le sentì strusciare il naso contro la sua schiena stringendo più forte le dita intorno alle sue.
O forse, semplicemente, era mancato anche a lei.
-Se non ti conoscessi, Evans, penserei che stai cercando di attirare la mia attenzione.- e molto altro, come le mie mani addosso e te, avrebbe voluto aggiungere visto il brivido che ancora gli percorreva la schiena e che si intensificò soltanto quando lei, per smaliziata ripicca probabilmente gli lasciò un morso giocoso sulla schiena, appena accennato ma comunque abbastanza per fargli avvertire la presa dei denti sulla pelle attraverso la stoffa pesante del maglione che indossava.
James mise a tacere i pensieri, quei pensieri, prima che diventassero sconvenienti, come aveva imparato a fare nelle ultime settimane da quel bacio che si erano scambiati sul tappeto di casa propria, quando era in sua presenza. Quando era solo, d’altra parte, era un altro discorso, ma lui non era certamente tenuto a confessarlo. Non era un santo, solo il ragazzo che l’aspettava da una vita.
-Sirius dice che è ora che andiate. Che Dorea vi aspetta per cena.- cambiò discorso Lily, stringendo per alcuni secondi la presa e poi lasciarlo andare.
-Lo so.- girandosi per guardarla, però, James non diede alcun segno di volersene andare davvero.
Per quanto gli piacesse passare il Natale in famiglia, con Sirius nella stanza accanto alla propria e la certezza che anche i ragazzi sarebbero passati  il giorno dopo per scambiarsi i regali, non voleva lasciare Lily.
L’aveva desiderata vicina spesso, in quei due giorni lontani, nonostante la compagnia del proprio fratello.
-Cosa fai domani?-
Vedere la smorfia appena accennata, che le arricciò il naso in maniera deliziosa, gli fece capire cosa la aspettasse senza che lei dicesse niente. Dopotutto era Natale, il giorno dedicato alla famiglia. E Anne e George , di certo, voleva passarlo con entrambe le figlie.
Una parte di Lily, probabilmente, la pensava alla stessa maniera.
Una parte di Sirius, addirittura, la pensava alla stessa maniera. Era strano e confortante insieme vedere adesso con tanta chiarezza quanto due delle persone più importanti della sua vita si somigliassero, nelle cose importanti, non solo nel prenderlo a pugni quando occorreva.
-Ho il tuo regalo di sopra. Andiamo a prenderlo.- cambiò di nuovo discorso lei.
James, il proprio, lo sentiva bruciare in tasca da tutto il giorno, ma ancora non aveva trovato il momento adatto per consegnarglielo. Si era rassegnato, a pochi minuti dalla sua partenza, ad attirarla in una stanza vuota, mentre Sirius distraeva abilmente i suoi genitori.
Nemmeno a dirlo, infatti, Anne già lo adorava. Non quanto adorava lui, gli aveva sussurrato Lily divertita un paio d’ore prima, ma sembrava che i Malandrini le andassero decisamente a genio.
Camminando in silenzio fianco a fianco, talmente vicini che le loro mani si sfioravano a ogni passo, Lily lo condusse fino in camera sua.
Non avevano parlato di regali, nel periodo precedente al Natale, ma James era felice che la ragazza ci avesse pensato lo stesso. Lui aveva girato tutta Diagon Alley alla ricerca del regalo perfetto e, alla fine, c’era riuscito solo quando a sua nonna lo aveva indirizzato al posto giusto, grazie alla sua infinita rete di amicizie ma, soprattutto, perché sapeva leggergli dentro.
Era stato così soddisfatto di sé, alla fine, che nemmeno le incessanti battute di Sirius erano riuscite a smontarlo. E, visto il malumore che lo perseguitava, Black non c’era andato affatto leggero. Ma James era riuscito a ignorare la voglia di schiantarlo, all’ennesima illazione sulla sua mancanza di virilità, per non rischiare di distruggere il salotto. Sua madre non l’avrebbe fatta passare liscia a nessuno dei due e passare il Natale in punizione non era affatto divertente. Lo avevano già sperimentato sulla propria pelle. Entrambi. Dorea teneva molto alle sue delicate decorazioni natalizie e anche al gigantesco abete nell’angolo del salotto e non si era mai fatta problemi a riservare a Sirius gli stessi rimproveri del figlio, quando era necessario.
-In realtà è un regalo stupido. Voglio dire è…- iniziò a spiegargli la ragazza in evidente difficoltà, stringendo tra le mani un pacchetto azzurro.
-Evans sono sicuro che mi piacerà. Non era nemmeno necessario che mi regalassi niente, dopo tutto quello che hai fatto per Sirius in questi giorni. Dopo oggi.- le rispose, ed era vero.
Tutte le attenzioni che aveva tributato a Sirius, silenziose e affatto palesi, erano state il più bel regalo che avesse potuto fargli. Sirius era il suo migliore amico, suo fratello, e vedere che lei non solo capiva cosa questo comportava, ma addirittura condivideva, gli aveva scaldato il cuore.
Perché, per quanto l’amasse, se Lily gli avesse chiesto di scegliere tra lei e Sirius non era certo della risposta che avrebbe dato. Se lo avesse chiesto, si era innamorato di una ragazza che non esisteva se non nella sua testa.
Perso in quei pensieri nefasti, James, quasi si perse il momento in cui la difficoltà di Lily divenne irritazione.
-Che idiozia! Quello che ho fatto per Sirius l’ho fatto per Sirius, non certamente per te!- lo rimbrottò anche se non era del tutto vero, perché non era davvero James se non aveva Sirius al suo fianco, prima di lanciargli il pacchetto e sedersi sul letto, aspettando che lo aprisse.
Potter sorrise andandosi a sedere al suo fianco per iniziare a scartare il regalo. Certe volte, con Lily, non c’era davvero bisogno di una risposta. Ed era un bene, perché lui non era poi così bravo con le parole. Erano le azioni, il suo forte, e dubitava che baciarla fino a lasciarla senza fiato come avrebbe voluto fare le avrebbe fatto capire quanto le era grato, per quelle parole, per quella giornata.
Per quel regalo.
Si ritrovò infatti tra le mani un cappello rosso con orecchie da orso, dei bottoni per occhi e un simpatico sorriso sbilenco da cui spuntavano un paio di dentoni ridicoli che studiò in silenzio.
Era esattamente identico a quello che Lily indossava sempre al primo anno, tranne che per il colore.
-Sapevo che era un regalo stupido. Ma non riuscivo a smetterci di pensare e questo…-
-C’è scritto Natale 1972 sulla busta.- la interruppe.
-Perché era il regalo di Natale che volevo darti al primo anno. Sapevo che quel cappello ti piaceva tantissimo così quando gli zii di mamma sono andati a Roma, quell’anno, ho chiesto loro di portarmene uno.-
-E lo conservi da allora?-
-Che posso dirti? Sono un’accumulatrice seriale, non butto mai niente.- ma non era vero.
Quando Lily mentiva non lo guardava mai in faccia e si portava i capelli alle labbra, e lei stava studiando il cappello come se lo vedesse per la prima volta succhiando una coccia di capelli rossi.
-In realtà l’avevo gettato in fondo all’armadio dopo..insomma mi ero perfino dimenticata di averlo. Quando mi hai parlato del cappello, a inizio anno, mi è tornato in mente e mi sono messa a cercarlo.- ammise alla fine Lily accarezzando con un dito la stoffa morbida del cappello come avrebbe potuto fare con la guancia di un bambino forse ripensando alla ragazzina impulsiva che era stata un tempo. Talmente impulsiva da non perdonargli l’idiozia di un undicenne. Talmente impulsiva da avergli voluto regalare qualcosa che desiderava per poi nasconderlo fino a dimenticarlo.
James con un movimento veloce si infilò il cappello, decisamente troppo piccolo per l’uomo che era diventato, e si occhieggiò soddisfatto allo specchio che stazionava in un angolo della stanza.
-Direi che mi sta perfetto- commentò perché era facile ignorare quanto fosse ridicolo un ragazzo di diciassette anni con in testa un cappello a forma di orso, troppo piccolo e decisamente imbarazzante per chiunque avesse più di dieci anni, se era lei a regalartelo
-Ora prova il tuo- le intimò con leggerezza, lanciandole il pacchetto che si portava dietro da giorni.
Per quanto soddisfatto della scelta fatta, infatti, era stato preoccupato all’idea di consegnarglielo. Ma vedendo il regalo che lei gli aveva fatto, tutta l’ansia era come svanita.
Perché erano come un cerchio. L’uno era il giusto complemento per l’altro, come lo erano loro due.
Un regalo per il passato.
Un regalo per il futuro.
Quando Lily aprì il pacchetto si ritrovò tra le mani un anellino d’argento con il simbolo dell’infinito a formare la parte superiore.
Dallo sguardo che gli lanciò, James capì che non c’era bisogno di spiegarle il significato. Non erano molti, gli anelli del genere, che circolavano per il mondo magico, dopotutto.
-James…- bisbigliò, con la stessa emozione nella voce che, ne era certo, aveva avuto lui poco prima negli occhi. A dimostrazione che era Lily, tra i due, quella brava con le parole, perfino se di due sole sillabe.
Aveva sempre saputo esprimere al meglio ciò che pensava di lui, solo chiamandolo per nome, che fosse “Potter” o “James” non importava.
La ragazza continuava a osservare ipnotizzata l’anello come se, perdendolo di vista, sarebbe scomparso per sempre. James conosceva la sensazione. Quando il signor Solomon, l’amico di sua nonna, glielo aveva mostrato, era stato lo stesso.
Non tanto per l’anello in sé, che era fin troppo semplice per gli standard del mondo magico, tutto lucichii e barocchismi, quando del suo significato.
Sentiva le parole bruciargli sulle labbra, ma aspettò comunque che Lily alzasse gli occhi fino a incontrare i suoi per parlare. Voleva che le fosse ben chiaro quanto stava per dirle. Voleva che fosse pronta a sentirselo dire.
Eppure quando quelle incredibili gemme di smeraldo incontrarono il suo sguardo era lui, a non essere pronto. Perché c’era già la risposta che aspettava e si trovava tra il verde intenso di quegli occhi e le lacrime che Lily cercava di non far cadere.
-Lo so che è presto. So che siamo giovani. So che hai aspirazioni e obiettivi per il futuro, che vanno oltre una tua vita con me. E so che in molti avranno da ridire, proprio per questi stessi motivi. Probabilmente anche i nostri genitori, Lily, e sinceramente non potrò dar loro torto perché se avessi un figlio anche io farei lo stesso e gli chiederei di aspettare. Ma poi ti guardo e so che non posso immaginare un futuro di cui tu non faccia parte, so che non riesco a farlo da quando avevo quattordici anni e tu non ti lasciavi baciare e io non riuscivo a pensare ad altro che a questo. Ti voglio da una vita, Lily Evans, ma soprattutto ti voglio per la vita. E sono disposto a mandare al diavolo tutto e tutti se per te è lo stesso.-
Il “si” soffocato che le era uscito dalle labbra, prima ancora che potesse farle la domanda alla quale lei già stava rispondendo, si sarebbe perso in un bacio irruente e maldestro, se Lily non lo avesse ripetuto più e più volte, tra un bacio sulle labbra e uno sulle palpebre, tra uno sulla guancia e uno alla tempia.
-Aspetta, lasciami finire e fammi essere corretto fino in fondo, perché stavolta non è un gioco…-
-James ma cosa…?-
-Conosci le mie intenzioni per il futuro. Sai che diventerò Auror, sai che combatterò in questa guerra. Se mi dici si, oggi, sposerai un uomo che tornerà a casa coperto di sangue e con la morte di un altro sulla coscienza. A volte dovrai rimettermi in piedi, altre dovrai rimettere insieme i pezzi. Potrei non tornare a casa da te, lasciandoti sola troppo presto.-
-James…-
-So che la guerra la fuori non è un gioco. So che potrei morire o che potrei diventare una persona diversa da quella che sono adesso. Non posso prometterti di esserti sempre vicino quando ne avrai bisogno né di sopravvivere a Voldemort. Ma posso prometterti che, sapendoti ad aspettarmi, non lascierò niente di intentato per tornare da te. Posso prometterti che ti proteggerò sempre, quando sarai al mio fianco sul campo di battaglia o a casa ad aspettarmi. Posso prometterti che non cercherò mai di impedirti di combattere per quello che credi, anche se vorrei solo tenerti al sicuro e impedire al male di raggiungerti. Non è molto ed è egoista, ma è la sola verità che posso darti.-
Lily piangeva e James non avrebbe saputo dire il momento in cui aveva iniziato perché non era riuscito a guardarla negli occhi mentre le parlava. Si era limitato a stringerle le mani odiandosi per il futuro che le stava dipingendo perché avrebbe voluto darle il mondo e invece poteva darle solo un futuro di guerra.
-James…James sono le stesse promesse che posso farti io. E lo sai. Ma non è un brutto futuro. Sarò idealista, sarò un’illusa, ma non può essere un brutto futuro se siamo insieme e continuamo a combattere per quello in cui crediamo.-
La stava di nuovo baciando, un bacio che sapeva di disperazione e rabbia perché erano troppo giovani per dover fare certe scelte e se ne rendeva conto per la prima volta, ma poi lei aveva iniziato a rispondere al bacio e, come sempre, era svanito tutto tranne lei.
Non aveva bisogno di una bacchetta, quando aveva lei tra le braccia. Era quella pace ovattata, la vera magia.
Nemmeno l’improvvisa quanto inopportuna apparizione di Sirius che era stato inviato, insieme a Julie, a cercare i due dispersi perché era giunto il momento dei saluti, era riuscito a far staccarlo staccare dalla ragazza o allontanare la sua mano da quella su cui, adesso, scintillava un’apparentemente insignificante anellino d’argento.
Quando Sirius l’aveva notato, nonostante avesse sempre saputo delle intenzioni dell’amico, non si era potuto evitare una battuta e una luce d’orgoglio negli occhi.
-Immagino che ti abbiamo perso, fratello.- gli aveva detto, battendogli una pacca sulle spalle.
-No, l’abbiamo perso nel momento in cui si è infilato quel ridicolo cappello- aveva ribattuto altrettanto sarcastica Julie, prima però di abbracciare entrambi.
Li avevano guardati con un sorriso prima di precederli al piano di sotto e scortargli dagli altri che li aspettavano in piedi in salotto, pronti ad andarsene. Erano quasi le sette e non se ne erano accorti. Ormai Dorea doveva aver dato i ragazzi per dispersi.
Ma furono considerazione oziose e presto accantonate, quando Alice ed Emmaline proruppero in un urlo entusiasta o quando Virginia ebbe un principio di svenimento alla vista dell’anello che Lily adesso portava al dito, eventi che lasciarono sicuramente perplessi i signori Evans, ma la felicità generale era talmente evidente che entrambi preferirono lasciare i ragazzi ai loro festeggiamenti, quali essi fossero.
Si erano salutati tutti, ormai, con baci e abbracci festanti come solo certe pazzie tra ragazzi possono meritare e stavano allegramente congelando nel vialetto d’ingresso per controllare che nessun babbano fosse in vista, quando James prese Lily da parte sorridendo.
C’era ancora una lieve traccia amara, nei suoi occhi, ma un si consapevole era meglio di uno illuso e irreale.
-Non era così che avevo immaginato di chiederti di sposarmi.-
-E come lo avevi immaginato, allora?-
-Romantico e svenevole, suppondo. Avrei dovuto inginocchiarmi e porgerti l’anello pregandoti di fare di me un uomo perbene. Insomma tutti i crismi del caso.-
-E’ una fortuna che tu non l’abbia fatto, allora. Nessuno lo vorrebbe vedere un malandrino per bene.-
Potter stava per chinarsi verso di lei e baciarla di nuovo, incurante di quel riserbo che pure l’aveva fermato ore prima, quando Sirius lo richiamò nuovamente all’ordine, stringendosi addosso il suo cappotto babbano, pronto per andarsene come le ragazze avevano appena fatto.
Con un gesto distratto della mano e un’occhiata verso la finestra del salotto dove si erano ritirati Anne e George pochi minuti prima, l’amico gli fece capire che aveva il via libera per farlo. E che gli concedeva due minuti da solo con lei, precedendolo a casa con un ultimo distratto saluto della mano rivolto a Lily. Eppure stavolta fu lei a fermarlo nel suo proposito, afferrando saldamente Potter per una manica, a impedirgli di seguire Black verso casa.
E lo aveva fatto con la stessa espressione determinata e imbarazzata insieme che aveva avuto quando, a Hogsmade, gli aveva chiesto se stessero insieme o meno. Troppo poco tempo prima, probabilmente, per l’anello che adesso portava al dito.
-Mi hai chiesto di sposarti e…- iniziò a parlare mordendosi le labbra.
Sentendoglielo dire, così sicura com’era solo quando era irremovibile dalla decisione presa, James non potè impedirsi di chinarsi per un bacio veloce.
-E tu mi hai detto si- le rispose ancora sulle sue labbra come a prolungare quella carezza appena accennata.
La sentì sbuffare contro la bocca, perché nemmeno lei voleva staccarsi, sembrava.
Saperlo, e averla tra le braccia, riusciva a scardargli il cuore come James non avrebbe mai creduto possibile.
-D’accordo. Ma mi hai chiesto di sposarti e non mi hai mai detto ti amo- e se Lily aveva iniziato a parlare con un tono testardo e infantile insieme, un atteggiamento che non le aveva mai visto assumere, era arrivata alla fine quasi senza voce, in una richiesta implicita che gliela rendeva ancora più preziosa.
Perché Lily affrontava le situazioni di petto, non chinava il capo nemmeno quando si sentiva morire dall’imbarazzo. Eppure adesso gli chiedeva di dirglielo, quel “Lily ti amo” che James si sentiva sulla lingua da che l’aveva baciata per la prima volta, senza farlo davvero. Quasi avesse paura della risposta, come si ha sempre paura quando si mette completamente in gioco il proprio cuore.
Le carezzò il collo con una mano, mentre con l’altra la costrinse ad alzare lo sguardo fino ad incontrare il proprio.
C’erano cose che andavano dette occhi negli occhi e quella era decisamente una di quelle.
-Evans…io ti ho detto ti amo la prima volta che ti ho tirato le trecce e tutte le volte da allora che ti ho alzato la gonna e ho continuato a farlo ogni volta che ti facevo arrabbiare o mi facevo prendere a schiaffi. Tu, invece, quand’è che ti deciderai a dirlo?-
E con un ultimo bacio sul naso, talmente impalpabile quanto era preoccupante il suo sogghigno, James girò su se stesso prima di sparire con un sonoro POP, lasciandosi dietro un turbine di fiocchi di neve e gelo invernale.
 Il messaggio era semplice. Adesso, la prossima mossa, stava a lei.
 
 



 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE (IN RITARDO COME SEMPRE).
 


Sono di nuovo passati mesi e, stavolta, il capitolo è solo di sei miserissime pagine di Word. Scusatemi.
Avrei anche scritto qualcos’altro, e doveva stare nel capitolo, ma questo è solo per James e Lily e continuare sarebbe stato ingiusto per loro.
Ringrazio chi ancora non ha abbandonato la storia e chi ha recensito nonostante io sia una pessima autrice.
Come sempre le risposte ai commenti entro sera.
Se volete farmi sapere cosa ne pensate, non potrei esserne più contenta.
Vi mando un abbraccio enorme.
 


Rebecca.
   
 
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