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Autore: Larry_Fearless    04/11/2014    19 recensioni
[Attenzione: la storia è a Rating arancione, ma questo è relativo solo ad alcuni capitoli.
'It's not easy being a parent' è una raccolta di OS.
#Larry Parents.]
Tratto dalla prima OS:
“Allora, amore, devi andare dalla maestra e devi chiederle se domani vuole venire a cena qui, ok?” chiede Louis mentre abbottona il cappotto alla sua bambina, Sophie. Sophie ha 7 anni, gli occhi azzurri, i capelli biondi (ma tutti sanno che da grande li avrà scuri e ricci come il suo papà) e due papà. Una ragazza ha accettato di portare in grembo il frutto degli spermatozoi di Harry, e sono soddisfatti della bellissima bambina che hanno creato. Louis e Harry sono fidanzati da quindici anni e sposati da otto, un figlio è stata una benedizione per loro due, sorridono molto di più adesso.
“Va bene.” Dice la bambina, Louis le schiocca un bacio sulla guancia. Che poi ha delle guance tenerissime.
“Ciao, papi.” Dice aprendo la porta.
“Woah! Woah! Dove vai?”
“A scuola.” Risponde ovvia indicando il vialetto. Louis avvicina sua figlia al petto e le dice nell’orecchio: “E papà Harry non lo saluti?”
“No.” Dice fredda prima di districarsi dalla sua stretta e correre verso l’autobus.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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20. Epilogo.  

 

A cinque anni da quel tragico giorno di gennaio, Harry Styles si sveglia e –come ormai tutte le mattine –rotola nell’altra parte del letto rimanendo deluso quando la trova vuota. Apre gli occhi e sospira mentre ricorda tutto ciò che è accaduto. Ormai dorme sempre indossando il pigiama di Louis, ha perso in parte il suo odore originario ma gli sembra che non se ne sia andato davvero se lo mette.
Si mette a sedere sul bordo del letto e sospira, il cellulare sul comodino non ha ancora suonato, segno che sono ancora le sei. Si alza e si dirige in bagno per fare una doccia ghiacciata e poi vestirsi dopo aver fatto la barba. Sa perfettamente che quello è un giorno importante e molto felice ma non riesce a sorridere subito, quindi decide di fare un esercizio che gli aveva consigliato tanto tempo prima Louise per evitare di stare male l’intera giornata, passeggiare, andare al parco, respirare aria buona e lasciare che l’allegria dei bambini ti contagi. Così sospira e si veste: un jeans stretto (non smetterà mai di metterli), una t-shirt bianca, una camicia di flanella a quadri e i suoi stivaletti neri.
“Ciao, sono Harry Styles e devo affrontare un’altra giornata senza Louis.” Si dice mentre aggiusta i capelli davanti allo specchio. Poi cammina fino alla camera da letto, afferra un quaderno dove da un po’ di tempo scriveva poesie, una matita e sceglie fra la collezione di accendini di Louis –ancora intatta dopo cinque anni –quello che suo marito preferiva.

 

Quando Harry arriva al parco si siede sull’erba, si inumidisce le labbra mentre afferra la matita fra le dita lunghe e comincia a scrivere sul foglio bianco. Questa volta non è una poesia, ma una lettera.

Caro Louis,
sono passati cinque lunghissimi anni senza di te, ti confesso che sono stati durissimi, desidero ogni momento della mia vita di poterti riavere indietro ma poi scuoto la testa sapendo che non succederà. Non so se mi stai fissando da lassù, in ogni caso volevo dirti che oggi è un giorno molto felice. Sì, oggi è il matrimonio di Sophie. Lei e Jess si sposano proprio oggi, alle due del pomeriggio, vorrei che tu fossi lì per vederla, saresti fiero di lei. Come lo sono io, è un chirurgo ora, ci chiamano il Dio e la Dea della cardiochirurgia. Ho lasciato oncologia da un po’ di tempo, non ce la facevo, ogni paziente mi ricordava noi due e.. non voglio parlare di questo.
Più scrivo più mi rendo conto che questa lettera non ha senso ma non fa niente. Capirai.
Sono passati cinque lunghissimi anni e ancora non passa giorno che io mi svegli e cerchi il tuo corpo al mio fianco.. vorrei che tu fossi qui a lamentarti perché Sophie è troppo piccola per sposarsi, vorrei fossi qui a tirarmi il braccio per andare a dare da mangiare alle papere sul pelo dell’acqua, vorrei fossi qui per dirmi che sono troppo serio mentre scrivo, vorrei fossi qui per farmi notare che ho già dei capelli bianchi, vorrei fossi qui per baciarmi e dirmi che mi ami. Ma non sei qui e io mi sto crogiolando troppo nel dolore. Non rimpiango nulla di tutto quello che ho fatto, nulla di tutta la mia vita, non potevo fare nulla per impedire che tu morissi, hai ragione. Mi sento male mentre lo ammetto ma è così. Sophie ha superato la cosa assieme a Jess, a volte però si ritrova a tornare a casa, a baciarmi la guancia e a sporgersi un po’ più in là per baciare anche te. È tenero come arrossisce e si tiene impegnata per non farmi notare che le manchi. Manchi a tutti in realtà, Zayn ha cominciato a bere quando litiga con Perrie invece di venire da te, a volte mentre è ubriaco chiama sul tuo telefono e ti chiede di venirlo a prendere. Lo tengo ancora acceso e gli faccio la ricarica tutti i mesi, niente più di cinque sterline ma ci tengo. Niall e Barbara si sono sistemati ma manchi anche a lui, quando ci riuniamo tutti insieme si dimentica e porge una birra anche al posto vuoto accanto a me. Liam passa tantissimo tempo con me, credo che abbia paura che se mi lascia troppo tempo da solo potrei suicidarmi. Eleanor mi chiama almeno ogni due mesi per sapere come sto, è strano come siamo diventati quasi amici quando trent’anni fa la odiavo con tutto il cuore. Sophia mi invita a pranzo tutte le domeniche, a volte ci vado, altre sto a casa a guardare la partita. Non mi è mai piaciuta ma mi ricorda te, la tua maglietta con il 17 Tomlinson è piegata nell’armadio da dieci anni, avrà fatto la muffa. Rose e Diana saranno le damigelle d’onore di Sophie, ho visto il suo vestito, è bellissimo, e anche lei lo è. È una donna ormai, e Jess è un uomo davvero forte, più forte di me; l’altra volta riflettevo riguardo a come fare a parlare con te un’ultima notte, poi ho capito che un modo forse non c’è. Ho deciso di scriverti questa lettera perché ne ho abbastanza di non parlarti. Mi manchi Louis. E io non riesco a smettere di amarti, a volte sento la tua voce durante la notte, vedo il tuo viso nello sguardo dei passanti e mi sembra che tu mi stia mandando un segno anche se non so cosa significhi. Non so a che indirizzo scrivere questa lettera: non posso scrivere Paradiso sulla busta, per questo brucerò questi fogli di carta con il tuo accendino preferito sperando che il vento sia buono con me e ti porti il mio messaggio. Ti amo, sweetcheeks.
Tuo per sempre, Harry. O se preferisci babycakes o Sunshine.

 

Harry piega il foglio in quattro parti e poi resta ad ammirare il verde che lo circonda. Dovrà bruciarla quella lettera, ma quando gira la testa gli sembra di vedere il fantasma di Louis passeggiare per il viale e camminare verso la luce.  

 

Sospira perdendosi ad osservare quella figura perfetta che pian piano si allontana da lui. Poi tira fuori dalla tasca l’accendino e prende a bruciare la lettera, man mano che si disintegra il vento fa salire la cenere in spirali. Qualche minuto dopo Harry si alza sospirando e cammina fino all’ospedale dove lavora, fortunatamente ha preso la giornata libera. Le porte automatiche si spalancano e lui cammina a passo spedito fino alla reception e quando una ragazza bionda lo raggiunge trafelata e senza guardarlo in faccia, ridacchia sotto i baffi.
“Posso esserle d’aiuto?” chiede compilando una scheda.
“In realtà vorrei che mia figlia andasse a prepararsi per il suo matrimonio.” Dice solamente. Sophie solleva lo sguardo e i suoi occhi color acqua marina entrano in contatto con quelli verdi di Harry.
“Papà! Io..”
“Perché ti ostini a lavorare il giorno del tuo matrimonio?”
“Perché anche Jess è qui e..”
“Oh, quindi è questo il problema. Vieni con me.” La prende per mano, le fa fare il giro della penisola e la porta alla ricerca del suo fidanzato.
“Suo marito sarà in ottime condizioni fra meno di un mese.” È quello che sta proprio dicendo il ragazzo quando lo trovano.
“Jess, puoi venire un attimo qui?” chiede gentilmente.
“Certo dottor Styles, le auguro una buona giornata signora Jenner.” Poi raggiunge Harry e Sophie fuori.
“Cosa c’è?”
“Voi due. Andate immediatamente a prepararvi. Vi sposate fra meno di sette ore e siete entrambi a lavoro. Che cosa vi dice il cervello?! Cristo..” sospira poi li trascina per il braccio entrambi in macchina.

Inutile dire che non riesce a smettere di sorridere mentre accompagna Sophie all’altare, versa anche qualche lacrima mentre Jess le infila la fede. Poi alla fine è il primo ad abbracciarla e farle le congratulazioni e.. davvero non mi va di raccontarvi come ha pianto, come sia stato orgoglioso di lei, come si sente un po’ male sapendo che quella casa ora sarà vuota senza di lei. Ma è felice, per la prima volta dopo cinque anni Harry è felice e va bene così.

 

Sei anni dopo..

Harry arriva anche a fischiettare mentre cammina verso casa di Jess e Sophie. Il mondo gli sembra un po’ meno grigio da qualche tempo a quella parte, sarà che forse ha imparato a non pensare a Louis continuamente anche se è nei suoi pensieri. Ora ha altro a cui badare: Sophie, Jess, Jade e un’altra piccola personcina.. Sorride mentre bussa al campanello di casa Mariano. Gli viene ad aprire Jess che lui abbraccia paternamente, poi sente una voce: “Chi è, amore?”
“Tuo padre!”
“Giusto.” Dice ridendo un po’ mentre compare all’ingresso con in braccio una bambina paffutella. “Ciao, papi.” Si alza sulle punte per baciargli la guancia e lui la bacia sulla fronte a sua volta.
“Ciao, stellina.” poi le accarezza dolcemente la guancia prima di rivolgersi alla bambina che lei tiene in braccio.
“Ciao, Jade.” Le dice dolcemente sfiorandole il labbro inferiore con il pollice.
“Nonno!” dice un’altra voce, il timbro di un maschietto. Harry sposta lo sguardo sulla figura che corre giù per le scale, felice di vederlo, Harry tende le braccia e sebbene non sia più così giovane lo prende al volo.
“Ciao, Louis!” lo saluta con un bacio sulla guancia.
“Louis quante volte ti avrò mai detto di non correre sulle scale?” lo rimprovera bonariamente Sophie.
“Scusa.” Dice lui ma non la sta ascoltando davvero, è in braccio a suo nonno, non può importargli meno di sua madre.
“Allora, cosa mi racconti campione?” chiede guardandolo con gli occhi che luccicano.
“Lo sai che so scrivere già il mio nome?”
“Davvero? Ma che bravo!” dice sorpreso.
“Sì, vuoi vedere?”
“Certo.” Si lascia portare in cucina dove il bambino afferra un pezzo di carta e una penna e scrive il suo nome.
“Wow, che bravo.” Commenta sorridendo. La tavola è già apparecchiata e fa finta di non vederlo ma sotto il suo piatto c’è una lettera. Poi lui sorride verso suo nonno e lo abbraccia, Harry lo stringe forte, quel bambino è la dolcezza in persona, è diventato il centro del suo mondo da quando Louis non c’è più, beh.. è un altro Louis ma comunque lo ama tantissimo. D’altra parte Louis adora suo nonno, gli ha insegnato come vincere a scacchi, gli ha insegnato a disegnare un elefante con un solo tratto senza staccare la penna dal foglio, gli ha insegnato come ricordarsi i numeri fino a mille senza sbagliare e gli ha insegnato a fare gli aeroplani di carta. Ed è proprio quello che sta facendo ora, un aeroplanino di carta, Harry guarda il suo lavoro con un sorriso da sopra la sua spalla e gli fa i complimenti constatando che è perfetto, poi Louis lo lancia in aria facendolo finire a un millimetro dalla guancia della sua sorellina Jade. Jess si gira con uno sguardo omicida, si avvicina a Louis e lo afferra per il braccio: “Ma sei impazzito?! Le potevi far male, potevi accecarla!” urla, sembra assatanato, Harry però può capirlo, ha avuto una paura matta. Il bambino sbuffa uno scusa per niente dispiaciuto prima di allontanarsi. Harry si avvicina un po’ alla bambina e le fa girare la testa senza che lei si accorga che sta controllando se si sia fatta male. Poi le bacia la guancia e prende a giocare con le manine minuscole di Jade.
“Ma lo sai che sei proprio bella?” le chiede retorico sorridendo, lei fa un versetto e poi allunga un ditino per toccare le fossette. Poi si gira e reclama l’attenzione del suo papà, Harry ride e si rimette dritto osservando Sophie mentre frulla un po’ di frutta.
“Soph, mettine di meno. Le femminucce sono diverse dai maschietti, seguono un’alimentazione meno piena, perché sono più gracili, soprattutto lei che pesa 5.67.”
“Giusto. Oddio, povera cucciolotta, ecco perché non vuole mai finire di mangiare.” Harry le sorride e poi sterilizza il ciuccio del biberon.
“Ho fatto questo per un anno o due. Eri una piccola peste: ti svegliavi nel cuore della notte e pretendevi che ti dessimo da mangiare. Louis stava per ucciderti perché ci eravamo appena addormentati dopo..” abbassa la voce “..dopo aver fatto sesso e ti eri svegliata così all’improvviso, avevi anche mangiato e sai com’è.. com’era Louis quando veniva riscosso dal mondo dei sogni.” Sophie ride versando la frutta frullata piattino. Poi si gira e nota che suo figlio è seduto solo, in disparte, con il naso arrossato e le lacrime che gli rigano le guance, così –da brava mamma quale è –gli si fionda davanti e gli chiede cos’abbia accarezzandogli i capelli castani.
“Non piangere, biscottino.” Lo coccola ma lui oppone resistenza, scacciando le sue mani e cercando di non farsi accarezzare. Sophie allora si ferma e lo guarda con le guance arrossate.
“Ma che c’è? Cosa ti prende?” gli chiede con tono dolce e curioso. Louis sbuffa e guarda altrove, Harry allora sorride e si avvicina a sua volta
“Te lo dico io che ha: gelosia da secondo figlio.” Poi ridacchia e prende suo nipote in braccio che gli chiude le braccia attorno al collo, lui gli accarezza il collo e i capelli liscissimi prima che Sophie gli si metta davanti e dica a suo figlio: “Louis lo sai che ti vogliamo bene più della nostra vita ma stavi per fare del male a Jade, vorresti che la tua sorellina non abbia la possibilità di vedere il bel giovanotto che diventerai?”
“Tanto tu preferisci sempre lei!” urla mettendosi a piangere. Harry gli accarezza la schiena e gli sussurra un shh all’orecchio. Poi quando si è un po’ calmato gli dice anche: “Non preoccuparti, Lou. Io ho occhi solo per te.” A quelle parole il bambino sembra rianimarsi e si scosta dal suo collo per chiedergli: “Davvero?” Harry annuisce e poi con l’indice asciuga la guancia bagnata dell’altro.

Qualche minuto dopo sono in giardino, seduti sul prato e guardano le macchine che sfrecciano davanti a loro come razzi.
“Ormai sei proprio un giovanotto..” sospira Harry mentre lo guarda di sfuggita. “Lo sai.. hai proprio un bellissimo nome.” Gli dice sorridendogli.
“La mamma dice che un’altra persona prima di me ha portato questo nome, una persona molto importante per lei, ma non mi ha mai detto chi, si metteva solo a piangere.”
“Lo sai, amore, questa persona.. questo Louis.. è stato tuo nonno, ma tu non lo hai mai conosciuto.”
“Sì? Era.. Cos’era di preciso?” chiede aggrottando le sopracciglia.
“Era mio marito. È morto quando tua madre aveva vent’anni. Ma non fa niente. Ora è passato tanto tempo, Sophie ha trentuno anni ed ha una famiglia tutta sua.” Sorride. Ma Louis no, Louis adesso è curioso e vuole sapere tutto di quel nonno che non ha mai conosciuto, di cui porta il nome.
“Come si chiamava di cognome?” chiede curioso. Harry sorride e gli risponde con un’altra domanda.
“Come si chiama tua madre? E come mi chiamo io?”
“Mamma si chiama Tomlinson-Styles, mentre tu ti chiami Styles quindi lui si chiama.. Tomlinson!”
“Bravissimo.”
“Qual era il suo colore preferito?”
“Rosso.” Risponde sorridendo.
“Di che colore aveva gli occhi?”
“Celeste ghiaccio.” E il cuore di Harry si crepa un poco.
“Aveva una passione?”
“Una? Tantissime: Calcio..” si ricorda di quando aveva fatto la cheerleader per lui. “Teatro..” quando a scuola gli era venuto il batticuore mentre lo guardava. “Il canto..” quando gli aveva scritto e dedicato Strong. “E faceva anche la collezione di accendini.” Mormora stringendone uno nella sua tasca.
“Wow, un giorno anche io farò tutte queste cose!”
“Lo spero.” Sorride, ma intanto i suoi occhi si sono riempiti di lacrime, forse non avrebbe dovuto riaprire quella ferita, Louis gli manca troppo, anche se da quando è nato quel nano ci pensa di meno, ogni mattina passa le dita sul suo cuscino, a volte gli capita di versare anche qualche lacrima.
“Ehi! Il pranzo è pronto.” Li chiama Sophie. Allora Harry ricaccia dentro le lacrime, si dipinge un sorriso sulle labbra e poi prende per mano il piccolo Louis che di giocare non si stanca mai. Jess è il primo che si accorge della faccia di Harry e da una piccola gomitata a Sophie con il braccio che tiene il biberon, la ragazza si gira verso di lui e quando Jess le indica Harry col mento lei si fa più cupa e con voce un po’ tesa gli chiede: “Papà possiamo scambiare due chiacchiere in privato?”
“Certo, piccola.” Sorride forzatamente e la segue nella sua camera da letto.
“Dimmi tutto.” Sorride.
“Senti papi.. Sono cresciuta con te, ho vissuto con te finché non mi sono sposata e penso che venticinque anni mi abbiano insegnato quand’è che stai male.”
“Sophie, sono grande e grosso so allacciarmi le scarpe e tutto il resto.”
“Non sto dicendo questo, è solo che.. Sei molto stanco e.. sono passati undici anni, quando smetterà di mancarti? Io l’ho superato.”
“Non è così semplice. Diamine, lo dici come se potessi dimenticarlo dopo che ho passato tutta la mia vita con lui!”
“Non so nemmeno perché sto litigando con te.  Ero partita con il presupposto di chiederti se volevi.. ma non importa.”
“Se volevo cosa?” le chiede ammorbidendo il tono di voce.
“Beh.. tu sei sempre solo a casa, vieni quasi tutte le domeniche a cena qui e.. Io e Jess ci chiedevamo, Jess si chiedeva se ti andava di venire a vivere qui, abbiamo una camera in più e Louis ne sarebbe felicissimo.”
“Non il mio Louis.”
“Papà non ti vorrebbe attaccato ai ricordi.”
“Cazzo, Sophie, non voglio attaccarmi ai ricordi ma è tutto quello che mi rimane: te, Jess, Louis, Jade e i miei fottutissimi ricordi di quando ero solo un adolescente innamorato.”
“Mi dispiace se ti ho offeso.” Dice dopo un po’ a bassa voce, Sophie. “Non volevo in alcun modo insinuare che tu non stia soffrendo.. Volevo solo aiutarti, volevo solo essere io la tua roccia visto che tu sei stato la mia per anni.” Harry si avvicina e le accarezza piano la guancia, poi la guarda negli occhi e la stringe in un abbraccio.
“Sei la nostra stellina, Sophie, non dimenticarlo.” Le sussurra, ma nessuno dei due sembra intenzionato a staccarsi. “Verrei qui, ma quella casa è tutto ormai per me. In quella casa ho fatto l’amore con Louis, ho coccolato te, ti ho cantato delle canzoncine per farti addormentare la sera e semplicemente è troppo piena di ricordi per lasciarla andare così.” Sophie annuisce nei suoi ricci e quando si staccano, con gli occhi lucidi, dice: “A Louis sarebbe piaciuto suo nonno. Papà gli avrebbe insegnato a recitare, è la prima cosa che ha insegnato a me.”
“Insegnalo tu a lui. Io sono un pessimo attore.” Sorride.
“Oh, papà, ti amo tantissimo.” Poi si getta al suo collo e lo abbraccia stretto, di abbracci come quelli non ne riceveva da un po’ e forse gli manca ancora papà Louis ma farà finta di no. Deve essere forte, l’ha promesso a lui.

 

Qualche ora dopo Harry è inginocchiato sul prato, in mano un fiore. Uno solo, una margherita: semplice, genuina, ma così bella, proprio come Louis. Poi si abbassa a posarla sulla lapide, sul marmo c’è scritto:

Louis W. Tomlinson.

 24/12/1991- 17/01/2037

L’uomo che sapeva far nascere un sorriso dove la terra era fertile.
Una lacrima sfugge dall’occhio di Harry, vorrebbe che quella lapide non ci fosse mai stata, vorrebbe essere lì con Louis per portare qualche fiore a sua madre o per un vecchio amico.
Un po’ più indietro Sophie ha le mani unite in segno di preghiera e ha chiuso gli occhi, se li avesse tenuti aperti avrebbe fermato quella peste di suo figlio che si è avvicinato a suo padre, picchiettandogli la spalla. Harry si gira e sorride tristemente a suo nipote.
“Lou..” dice piano.
“Nonno, chi è questo signore?” chiede indicando la fotografia sulla lapide.
“Questo è un eroe, Louis. Leggi il nome e capirai perché.” Lo indica sulla pietra e sebbene Louis sappia leggere appena il suo nome lo capisce bene e si volta di nuovo a guardare Harry, ammirato, forse compassionevole, ma Harry non ha tempo di notarlo, perché si alza in piedi e decide di tornare a casa. Scriverà un’altra lettera a Louis, e chiuderà quel capitolo della sua vita. Probabilmente piangerà ancora la sera, si sveglierà al mattino passando la mano sul cuscino di Louis, indosserà le sue cose, ma si promette di pensare di meno a lui. Ora ha un altro Louis nella sua vita ed è a lui che dedicherà la sua esistenza fino a quando Dio non sarà tanto buono da riunirlo con Louis.

 

Venti anni dopo..

Harry si appoggia al bastone mentre si stende sul letto matrimoniale, oggi è andato a trovare Louis al cimitero, ci ha parlato a lungo, seduto su quel masso lì vicino nonostante l’età. La fede ora gli va un po’ stretta al dito, mentre quella di Louis è nella tomba, probabilmente circondato da polvere, dove un tempo spuntava il suo anulare. Afferra il crocifisso sul comodino e fa qualche preghiera prima di stendersi e chiudere gli occhi, poi si gira verso il lato del letto di Louis e sulle lenzuola appena cambiate un segno di pennarello indelebile, sorride quando lo vede:

                                                HAZ & LOU

Poi un cuore. Sorride stancamente e passa le dita snodate sull’inchiostro un po’ sbiadito.
“Ti amo, sweetcheeks.” Dice sottovoce e il sonno lo travolge. Fa’ un sogno strano: c’è luce, molta luce, tanto che deve strizzare un po’ gli occhi, ma non è una luce gialla, è una luce bianca, in realtà è perché tutto attorno a lui è bianco. Anche Louis, che ora gli cammina incontro, è vestito di bianco, così come il suo sorriso.
“Ciao, babycakes.” Lo saluta. È molto giovane, avrà ventidue anni, la barba gli cresce sul mento mentre le gambe da calciatore sono fasciate da un paio di jeans che un tempo appartenevano ad Harry, strappati sulle ginocchia, con i risvolti alle caviglie. Ad Harry non sembra vero, lo rivede dopo tanto tempo.
“Beh? Non si saluta più tuo marito? Dopo che sono venuto fino a qui a prenderti?” ridacchia.
“Dove.. dove siamo?” chiede Harry un po’ frastornato.
“Oh, bella domanda. Beh, immagino che siamo in quello che tu immagini sia il paradiso.”
“Sono in paradiso?”
“Diciamo che sei.. alla stazione. C’è un treno che va e un treno che torna, se tu vuoi svegliarti puoi decidere di farlo, oppure puoi rimanere qui.”
“Lou.. Tu sei vero?”
“Certo che sono vero, scricciolo.” Sorride.
“Ma sei.. sei giovane e..”
“Beh, anche tu. Dovresti guardarti allo specchio, sei bellissimo. Hai.. diciannove anni, quasi venti. Io ne ho ventidue.”

“Louis?”
“Sì?”
“Mi hai chiesto se voglio rimanere o se voglio andare.”
“Esatto.”
“Quanti anni credi che abbia aspettato per poterti rivedere?”
“Beh, azzardo a dire.. venti?”
“Ho aspettato trentuno anni per morire e rivederti e tutto quello che sai dirmi è se voglio ritornare o se voglio restare? Cazzo, Lou, baciami immediatamente!” Louis sorride, poi si avvicina, gli mette una mano sulla guancia e lo bacia, le sue labbra sono addirittura più morbide di come le ricordava.
“Dimmi che non è un sogno, Boo, dimmi che non mi sveglierò all’improvviso e mi ritroverò vecchio mentre piango perché mi manchi troppo, ti prego. Ti prego dimmi che sono davvero qui con te e che se lo scelgo posso rimanere.”
“Non è un sogno, Harry, ma se vuoi restare devi solo chiedere.”
“Voglio restare.” Dice piano.
“Bene.” Allora Louis si sporge ancora e lo bacia, lo trascina all’indietro finché non cadono su un letto pieno di cuscini piumati.
“Oddio, chi l’avrebbe pensato che in paradiso si fa sesso.”
“No, in paradiso non si fa sesso. In paradiso si fa l’amore. Ma prima, voglio sapere tutto. Ho letto la tua lettera, com’è diventato Louis? Sono curioso. È bello come la sua mamma? E Jade? È una bella donna anche lei?”
“Sì, sono tutti bellissimi, ma il più bello di tutti resti sempre tu, Tommo.”

 

              THE END.


Ehi, beibis.
Allora, è decisamente triste mettere fine a questa storia, perché credo di aver cominciato quasi un anno fa e.. beh, questa storia mi mancherà, davvero. Ma vorrei fare dei ringraziamenti:
-Silvia, che non si fa sentire da tanto ma che io adoro.
-le mie cuovicine :") : ShanEchelon e GreenDirection (love you Zofii)
-Fed, la mia migliore amica.
-Alessia, Debora, Federica, Martina, Ilaria, Roberta, Sara, Giulia, Ester, Mavi, Julia, Roberta, Antonio, Simona, Altea. Che ho conosciuto davvero da pochissimo ma che adoro, ehi. Non mi avrete influenzata per questa storia.. ma ci dev'essere per forza un motivo con questa storia per poter ringraziarvi di avermi rallegrato la giornata? Non credo.
-i miei genitori, che odio e amo.
-a mia sorella Martina che odio e amo. E che mi capisce e non mi capisce. Che mi copre, sapendo che fumo. Che mi appoggia, anche se a volte non lo fa.
-a mia sorella Simona che non riavrò più indietro ma che forse sta bene dove sta.
-alla mia Marina, senza la quale io non sarei qui.
-e ultimo ma non meno importante a voi, che mi avete fatto complimenti e mi avete disprezzato (in realtà non ringrazio chi mi ha disprezzato senza motivo, anzi, ma ho la febbre, deliro, che ci vuoi fare, la gente è un po' tetra un po' buia è come sempre, blah blah blah); alle 107 persone che seguono la storia. Alle 17 che la "ricordano". Alle 75 che l'hanno preferita. 
E alle persone che hanno sprecato il loro tempo a scrivermi 132 recensioni. Vi amo tutti.
Ritornerò presto con nuove OS.
Kisses, love and gay sex.

  
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