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Autore: piperina    05/11/2014    3 recensioni
Un'azione sbagliata porta a delle conseguenze disastrose - e inaspettate. Se c'è un disegno divino, ce n'è anche uno diabolico.
Non era una buona giornata. Decisamente non lo era, e sapeva che non avrebbe potuto far nulla per evitare che la falce della disgrazia si abbattesse su di sé. Del resto, che diritto aveva di lamentarsi? Si era ficcato da solo in quella situazione.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Draco&Hermione -Leather&Libraries'
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Buona lettura!

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act III*

Hello Boss!

 

 

 

 

«Scusate il ritardo!»

La porta della Sala Prefetti&Caposcuola venne spalancata di colpo, facendo sobbalzare gli occupanti della stanza. Hermione Jane Granger entrò con il fiato corto, le guance rosse per la corsa e i capelli più scompigliati del solito.

«Scusatemi, davvero» continuò, posando la borsa su una sedia e iniziando a rovistarci dentro. «Sono stata trattenuta e…»

«Granger, rilassati» le rispose la voce di Draco Malfoy, da un punto indefinito alle sue spalle. «Hai tardato solo cinque minuti.»

«A me non piace fare tardi.»

Sorrise quando trovò ciò che stava cercando, ovvero una bacchettina cinese decorata a mano con motivi floreali. Se la portò alla bocca, incastrandola tra i denti, mentre con le mani si portava su i capelli e iniziava ad arrotolarli. Prese poi la bacchetta e la infilò in mezzo allo chignon scomposto che aveva creato velocemente, fermandolo con essa in modo che non crollasse dopo pochi minuti, nonostante le ciocche più corte fossero già sfuggite al suo controllo e le solleticavano le guance.

Draco la osservò in silenzio.

«Davvero, tranquilla» le sorrise pacato Anthony Goldstein. «Vorrà dire che la prossima volta tarderemo noi.»

La ragazza rispose al sorriso e salutò lui ed Ernie McMillian. Il loro turno di controllo dei corridoi della prima fascia oraria era terminato, mentre il suo della seconda stava iniziando. Era la terza ronda che faceva, sempre con Malfoy.

Quando, quasi due settimane prima, aveva chiesto come mai tutte le sue ronde fossero con il Serpeverde, le era stato risposto che erano usciti loro due ad ogni estrazione casuale delle coppie di pattugliamento. Lei aveva risposto con un’espressione scettica, senza però aggiungere altro. Non era il caso di mettersi a fare polemica per le ronde.

«Dove siamo stasera?» chiese Hermione, uscendo dalla stanza affiancata da Malfoy. «Sesto e settimo piano?»

«Esatto» annuì lui, che non pensava affatto a cosa dovessero pattugliare. Quella sera voleva iniziare ad avvicinarsi alla Granger.

Passarono venti muti e pesanti minuti quando decise di parlare.

«Come mai così silenziosa?» chiese, voltando il capo verso la ragazza.

Lei fece spallucce. «Sono un po’ stanca.»

«Studiato troppo?» cercò di suonare più divertente che sprezzante. «Venivi dalla Biblioteca?»

«Sì, ad entrambe le domande» annuì con un sospiro. «Ho terminato la relazione di Piton per settimana prossima e aiutato Ginny a trovare alcuni libri che non sapeva dove cercare.»

«Hai già finito la relazione di Pozioni?» chiese, sorpreso. «Io devo ancora iniziarla» ridacchiò.

«Avevo tempo» lei abbozzò un sorriso e continuò a guardare davanti e sé.

Sembrava poco incline al dialogo, ma disponibile a scambiare comunque due parole. Forse, si disse Draco, quella non era la sera giusta per iniziare un approccio pratico.

Poco dopo sentirono dei rumori provenire dall’interno di un’aula. La mano di Hermione scattò subito alla bacchetta e il suo sguardo si fece attento. Sembrava pronta a difendersi o attaccare in caso di bisogno.

«Cos’era?»

«Non lo so. Andiamo a vedere.»

Parlavano a voce bassa, bacchette alte davanti al viso.

Draco aprì la porta ed entrò per primo, subito seguito dalla Grifondoro, che con un incantesimo accese tutte le candele presenti nella stanza.

Le guance della ragazza divennero immediatamente rosse e aprì la bocca in una grande O. Draco invece rimase serio un istante, poi iniziò a sogghignare.

Due studenti del sesto anno erano piuttosto impegnati in discorsi seri sull’importanza del dialogo e dell’articolato uso della favella. La ragazza scattò immediatamente in piedi e voltò le spalle ai due intrusi, mentre Hermione si copriva gli occhi con le mani.

Draco le passò un braccio intorno alle spalle e la fece voltare verso di sé, in una specie di abbraccio. Hermione era morbida. «Si stanno rivestendo. Aspetta ancora un attimo» le sussurrò, abbassando un po’ la testa, ma senza staccare lo sguardo divertito dai due piccioncini imbarazzati.

«Venti punti in meno per ognuno di voi» disse, mentre entrambi si stavano infilando il maglione.

Ebbero la decenza di non obiettare quella sottrazione di punti più che giustificata. Essere beccati mezzi nudi in atteggiamenti più che espliciti da due Caposcuola non era proprio il massimo. Di certo non entrava nei loro programmi piccanti per la serata.

Hermione spostò le mani dal viso solo quando sentì passi affrettati superarla e il rumore della porta che si chiudeva.

«Accidenti a loro!» esclamò, facendo un passo indietro.

«Ti hanno traumatizzata, Granger?» ridacchiò lui, con una punta di tensione nella voce: e se lei fosse stata inesperta? Se non avesse mai avuto seri contatti fisici con un ragazzo? Ci avrebbe messo anni a sedurla!

«No, so come si fanno i bambini» replicò, piccata, con un leggero rossore che le velava le guance. «E’ solo che non mi aspettavo una scena simile, tutto qua.»

Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, incapace di infilarla nello chignon in quanto troppo corta, e uscì dall’aula.

Il resto della ronda proseguì tranquilla, senza intoppi né altri incontri spiacevoli o imbarazzanti, niente braccia e gambe avvinghiate a cui togliere punti.

Hermione si sentiva stupida per aver reagito in quel modo davanti a Malfoy: anche se da quasi un anno si era comportato da essere umano, nulla gli impediva di prenderla comunque in giro. Decise di non pensarci, mentre apriva la porta della Sala Prefetti&Caposcuola per stilare il rapporto di quella sera.

Ci mise pochi minuti, poi si alzò e si avviò verso il corridoio.

«Ti accompagno alla Torre» Draco la seguì, ma lei si girò e alzò una mano.

Sorrise, colpita per quella domanda. «Grazie, sei gentile. Ma non è necessario.»

Gli voltò le spalle ma lo sentì dire «Magari la prossima volta.»

Lo salutò con un cenno della mano e tornò al proprio dormitorio.

 

 

 

***

 

 

 

Draco Malfoy era solo nella stanza che condivideva con Zabini, Nott, Tiger e Goyle. Sempre loro da un secolo e mezzo, erano stati in camera insieme fin dal primo giorno di convivenza ad Hogwarts.

Non li odiava, ma neppure avrebbe donato un rene per loro. Erano amici non troppo amici, così li aveva definiti nella sua mente. Il Serpeverde medio è un buon amico, ma mette la propria persona davanti a qualsiasi cosa.

Tiger e Goyle erano troppo stupidi per poter sostenere una conversazione sensata con qualcuno, Zabini era un amante della parola, sorrideva in modo malizioso e sapeva sempre tutto di tutti, mentre Nott era un donnaiolo della peggior specie.

Sbuffando, ma contento che i ragazzi non fossero lì a vederlo sbuffare, si portò davanti allo specchio del bagno e allentò il nodo della cravatta. Si sentiva soffocare. Passò entrambe le mani tra i capelli, lentamente, come per godersi quel momento di pace che stava vivendo.

Ma qualcosa, o qualcuno, non era d’accordo.

Improvvisamente lo specchio non rifletteva più la sua immagine, ma una coltre di nubi nere. Draco assottigliò lo sguardo, scrutando tra quel grigiore, chiedendosi cosa stesse succedendo, quando un volto apparve gradualmente là dove doveva esserci il suo.

«Ma che diavolo…»

« Sì, sono io. »

«Opporcaputtana!»

Fece un balzo indietro, sorpreso e spaventato al tempo stesso per quell’immagine decisamente meno gradevole da guardare del proprio riflesso. Pelle rossa, labbra nere, occhi infuocati, corna grandi e maestose e un ghigno che sembrava non finire più.

«Cosa cavolo ci fai nel mio specchio?!» esclamò, ancora troppo sconvolto per rendersi conto del modo in cui aveva parlato.

Quando se ne accorse sbarrò gli occhi e sentì di iniziare a sudare freddo. Deglutì lentamente e si diede un contegno, prima di tornare a rivolgersi a Lui.

«Mio Signore…» abbassò il capo in segno di riverenza «Mi avete sorpreso.»

« Credo di averlo notato. »

Si morse l’interno delle guance per non bestemmiare, non avrebbe giovato alla sua situazione.

« Pensavi che ti avrei lasciato tutto solo in quest’impresa? » che cavolo aveva da ghignare in quel modo solo lui lo sapeva. « Ora che hai visto dov’è Gemma voglio assistere alla vicenda. »

«Voi lo sapevate?» alzò gli occhi grigi su quelli scarlatti di Lucifero. «Sapevate l’ubicazione di Gemma?»

Quello gli rivolse uno sguardo che doveva essere offeso, ma che in realtà risultò ancora più sprezzante.

« No, te l’ho detto. Non è qualcosa sotto al mio controllo » spiegò con gentilezza, il che era piuttosto inquietante, trattandosi di lui. « Ma ammetto di essere piuttosto divertito da quest’opera della Divina Provvidenza. »

Le nuvole alle spalle di Lucifero continuavano a vorticare, in un movimento agitato, teso, nervoso. Cosa riflettevano, esattamente? Erano lo specchio del suo stato d’animo o della cattiveria del suo Signore?

« Volevo ricordarti qualche regola » continuò Il Diavolo, senza perdere il suo ghigno splendente, contornato della pece delle sue labbra. « Niente incantesimi. Niente filtri né pozioni. Se prendi la ragazza tramite uno di questi mezzi, soggiogandola, perderai per sempre i tuoi poteri e il diritto di tornare qui. »

Non era sicuro di voler tornare all’Inferno, di certo non nell’immediato. Se si fosse trovato lì avrebbe fatto una strage di diavoli, vendicandosi di quelli che gli avevano proposto la scommessa e di quelli che l’avevano spinto ad accettarla. Poi si sarebbe punito da solo per circa duecento anni per aver ceduto ad una sciocchezza simile.

«Lo so» ringhiò quasi; conosceva benissimo cosa poteva e cosa non poteva fare. In pratica non poteva fare assolutamente nulla, se non puntare sul suo bell’aspetto, sulla redenzione dell’anno passato e buttarsi alla cieca in una corte sfrenata alla Granger, sperando che la Fortuna si togliesse quella cazzo di benda dagli occhi e la infilasse a quella troia della sorella Sfiga.

« Niente violenza. »

Gli sembrò di scorgere un lampo negli occhi rossi di Lucifero. Niente violenza, questo era ovvio, senza contare che non avrebbe mai voluto né potuto fare una cosa del genere. Ma Il Diavolo, che tutto sapeva e tutto vedeva delle sorti terrene dei suoi seguaci, non era proprio un tipo accomodante.

Non concedeva una seconda occasione dopo una punizione educativa, non si perdeva in parole né si rivolgeva in modo particolarmente dolce a chi aveva di fronte. Amava la violenza, la crudeltà, le torture, il sangue che scorreva a fiumi intorno a lui e la brutalità.

Neanche a dirlo, era l’unico a cui le Diavolesse si concedevano senza fare quei giochetti che tanto facevano impazzire i poveri Diavoli, vittime delle loro false lusinghe. Se Lui voleva, Lui aveva, e le Diavolesse, masochiste amanti del sadismo in ogni sua forma, godevano di ciò.

Forse una piccola – neanche tanto – parte di Lui sperava che Draco si lasciasse andare ai suoi istinti infernali e facesse a Hermione ciò che Diavoli e Diavolesse facevano tra loro. Anzi, sicuramente avrebbe pagato per vedere una scena simile, la rovina eterna di un Diavolo che non è in grado di riprendersi i suoi poteri.

Ma Devil non era all’Inferno. Era sulla Terra, in mezzo agli umani, maghi e non maghi, e lui era a tutti gli effetti Draco Malfoy.

«La farò mia con la sua volontà.»

«Draco? Sei in bagno?»

Si voltò di scatto verso la porta nel sentire la voce di Blaise dall’altra parte. Tornò a guardare lo specchio, ma di Lucifero neanche l’ombra. Il riflesso era di nuovo tutto suo, e del Signore delle Tenebre era rimasto l’eco agghiacciante che gli riempiva la mente.

            La sua risata.

Uscì dal bagno pochi istanti dopo, e dal sorrisetto che aleggiava sulle labbra del suo compagno capì che avrebbe dovuto trattarlo particolarmente male per essere lasciato in pace. Quando a Blaise brillavano gli occhi in quel modo significava che aveva voglia di spettegolare, sulle vite altrui ovviamente, e di cercare intorno a sé quante più notizie potesse trovare.

Oh, era un buon amico, indubbiamente, e l’aveva dimostrato aiutando Draco nei mesi passati, quando solo lui, il professor Piton e il preside Silente sapevano cosa stava davvero accadendo ad Hogwarts.

Ma amava di più se stesso e non si metteva mai veramente in gioco senza avere in mano quante più carte scandalose esistessero contro chi aveva di fronte. In quel caso non aveva granché su Draco, per questo di tanto in tanto lo tampinava e cercava di fargli scucire qualcosa di sé.

Ragazze, solitamente, perché erano le sue maggiori ascoltatrici e diffusori di notizie tra le mura del castello. Amavano spettegolare tanto quanto lui amava essere il nodo che chiudeva la via e attraverso il quale bisognava assolutamente passare, pena lo Stop definitivo.

Cercò di parlare, ma fu subito fermato dalla mano alzata di Draco.

«Sono di cattivo umore, Zabini» era un brutto segno quando lo chiamava per cognome. «Non ho voglia di sentire le tue stronzate.»

«Non ho detto nulla» Blaise mostrò un’espressione talmente innocente che avrebbe fatto sentire in colpa chiunque lo guardasse in quel momento.

Draco lo fissò per qualche secondo, poi scosse la testa. «Meglio così.»

Chiuse le tende del proprio baldacchino e si lasciò cadere mollemente sul letto. Quell’incontro intimo con Lucifero l’aveva spaventato e messo in guardia. Poteva raggiungerlo e parlare con lui, lo osservava, guardava tutto ciò che faceva da solo e quando era con Hermione.

Si sentiva spiato e non aveva affatto torto, perché di sicuro Lucifero non si sarebbe perso un solo istante di quell’interessante e divertente corte programmata ad una ragazza difficile da conquistare.

Tra una punizione e un colpo di frusta, una maledizione e un corpo fatto a pezzi, Lui lo osservava. Era quello il vero messaggio dell’apparizione nello specchio.

            « Stai attento a quello che fai, Devil. Io ti vedo sempre. »

Grazie a quella spiacevole visita, l’umore di Draco restò nero fino al mattino successivo.

Theodore Nott non era una persona cattiva e non gli interessa il gossip o la nobile arte della rottura di palle.

Non se lo meritava proprio quel biglietto di sola andata per il paese più famoso del mondo, solo per aver detto “Buongiorno” al biondo isterico, che era saltato giù dal letto e l’aveva guardato malissimo, poi si era chiuso in bagno.

«Non chiederlo a me» si difese anticipatamente Blaise, alzando le mani e scuotendo la testa. «E’ così da ieri sera.»

Nott alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Che qualcuno mandi una ragazza per il nostro amico, le pippe non bastano a calmare il suo isterismo mestruale.»

Si sentì una bestemmia dall’altro lato della porta ma nessuno dei due si curò di chiedere il bis. Uscirono da dormitorio, lasciando che Draco li raggiungesse da solo, preferibilmente più calmo.

In effetti in Sala Grande era calmo: non parlava con nessuno, al limite grugniva. Iniziò la colazione con poco appetito, lo sguardo fisso su qualcosa o qualcuno che i suoi compagni di Casa non notarono.

            Hermione Granger.

Dopo un quarto d’ora buono la ragazza si era sentita un poco osservata. Fece correre lo sguardo lungo tutto il salone, cercando di capire chi la stesse fissando tanto intensamente e a lungo da farle venire i brividi.

Quando controllò il tavolo di Serpeverde si fermò su una figura che sembrava pietrificata. Draco Malfoy, era lui che la fissava. Si sentì a disagio, ma provò il desiderio di metterlo alla prova.

            La guardava? Lei avrebbe fatto lo stesso.

Hermione ricambiò apertamente il suo sguardo, stupendolo un poco, e passarono così pochi minuti. Non sapevano chi avrebbe ceduto per primo, ma nessuno aveva intenzione di perdere.

«...a quel punto ho pensato che sarebbe stato…»

«Sì Ginny» rispose meccanicamente, cosa che fece infuriare l’amica: era già la quinta volta che Hermione le diceva “Sì Ginny” mentre stava ancora parlando.

Così, le afferrò la stoffa della camicia e diede uno strattone violento che quasi le fece finire addosso la ragazza, costretta a quel punto a guardare lei e non più Malfoy.

«Ma che fai?» esclamò, stupita, lisciandosi la manica stropicciata.

Quella alzò una mano e la mosse a mo’ di saluto. «Ehi, Hermione, ciao… stai parlando con me, lo sai?»

Ricevette uno sguardo colpevole in risposta. «Scusami, non ti ascoltavo.»

«Ma dai, non me ne ero accorta.»

Hermione sorrise. «Prometto di ascoltarti adesso» e di non guardare Malfoy né chiedermi perché oggi abbia tanta voglia di fissarmi.

Ginevra non sembrava molto convinta, ma lasciò perdere e riprese il discorso.

«Ti stavo parlando di Harry.»

Sorrise. «Come stanno andando le cose?»

«Benissimo» la sua espressione si fece radiosa, era felice. «Stare lontani quest’estate ci ha fatto bene, avevamo bisogno di… ritrovarci, ecco. Stare bene con noi stessi prima che come coppia.»

Hermione annuì. «Capisco cosa intendi. Lo penso anch’io. Dopo aver sconfitto Voldemort, tornare alla normalità non è stato facile per nessuno.»

Quell’estate era successo davvero di tutto. Il Golden Trio si era allontanato per portare la battaglia fuori da Hogwarts e lontano dagli studenti. Erano andati via solo loro tre, avevano discusso molto, Ron li aveva lasciati soli per quasi due settimane e al suo ritorno era stato di nuovo tutto come prima.

Si volevano troppo bene per mantenere l’offesa. La tensione era stata troppa, la paura di perdere le persone amate una crudele compagna in ogni momento di quella missione suicida.

Il pensiero di essere grati per ogni minuto in più che potevano vivere… li aveva consumati.

«Sono contenta che le cose tra voi vadano bene» strinse la mano dell’amica. «Credo che adesso Harry possa davvero dedicarsi a te completamente, senza il terrore di perderti o di dover affrontare altre minacce.»

«Sì» annuì Ginevra. «C’era sempre questo velo scuro su tutti noi, non riuscivamo ad essere davvero liberi.»

«Adesso lo siamo» sorrise. «Tu ed Harry lo siete. Dobbiamo solo occuparci di essere felici.»

 

 

 

***

 

 

 

Hermione, dopo cena, era andata di nuovo in biblioteca. Madama Pince era già andata via, ma aveva lasciato la porta aperta, sicura che la ragazza non avrebbe rinunciato ad una serata sui libri. Ormai era un’abitudine passare da lì prima di andare alla Torre o nella Sala Prefetti&Caposcuola, inoltre la bibliotecaria di Hogwarts si fidava ciecamente di lei.

Harry e Ginny le avevano chiesto di stare in Sala Comune con loro e la cosa le avrebbe fatto piacere, ma i due erano ancora ai primi gradini di quel nuovo percorso insieme e non voleva disturbarli. Ron si era proposto per un paio di partite a scacchi con l’amico in attesa del suo ritorno e lei aveva promesso di tornare in tempo per farsi mangiare tutte le pedine da lui.

Sorridendo aprì la porta della Biblioteca, diretta verso uno scaffale quasi in fondo alla lunga sala. Sapeva già che libro prendere, tuttavia non riuscì ad evitare di scorrere un’altra volta i titoli di altri volumi che aveva intorno.

In quegli anni di scuola li aveva letti tutti: alcuni li conosceva da prima di essere smistata, gli altri avevano avuto breve vita sotto i riflettori della non conoscenza con Hermione Granger. Compresi quelli custoditi nella Sezione Proibita.

Aveva appena preso in mano il libro desiderato quando qualcosa attirò la sua attenzione.

            Un gemito. Uno sbuffo. Un rumore.        

Se sono ancora quei due imbecilli del sesto anno li mando da Silente così come li trovo! Pensò, sfoderando la bacchetta e avvicinandosi alla fonte del gemito, dello sbuffo e del rumore.

Superò un paio di scaffali e vide una gamba – maschile – e un pezzo di mantello. Poi nel suo campo visivo apparve una mano con una bottiglia vuota.

«Ma che cavolo… Malfoy!»

Il ragazzo era malamente seduto a terra con la divisa in disordine e una bottiglia di FireWhiskey in mano. Vuota.

«Cosa stai facendo?» abbassò la bacchetta e si inginocchiò accanto a lui. «Stai male? Non è che…»

Draco aveva lo sguardo luccicante e confuso che aveva visto altre volte nei suoi compagni di casa. Sembrava che la testa gli pesasse troppo e dovesse per forza farla ciondolare di qua e di là, mentre si perdeva in espressioni ridicole.

«Sciaaao…» biascicò.

«…sei ubriaco marcio!»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

Hermione rimase immobile qualche istante. Ma che cavolo… Non ci pensò due volte. Strinse la presa sulla bacchetta e schiantò il Serpeverde seduta stante.

«Maniaco» mormorò guardandolo, accasciato a terra privo di sensi.

Lo fece levitare grazie ad un semplice Levicorpus e se lo portò in giro per la scuola, attenta a non farsi beccare da nessuno, fino alle scale che portavano ai sotterranei.

Lo lasciò lì, steso a terra come un sacco di patate, cosa non molto adatta ad un Malfoy che se l’era tirata per tutta la vita e senza dargli una seconda occhiata si voltò e marciò verso la Torre di Grifondoro.

 

   
 
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