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Autore: Damon94    05/11/2014    0 recensioni
U're toxic.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leyla non mi aveva ancora perdonato il fatto che me per la duecento cinquantesima volta ci fossimo trasferite in un’altra città. Ogni volta mi seguiva, cercando di farmi sentire in colpa tenendo il muso per tutto il viaggio, e ogni volta non funzionava. Questa volta amai molto la città dove mi trasferii: Miami, avevo solo ricordi felici in quella città, e non è una cosa da poco se hai un milione di anni. – Ly! Dove hai messo i trucchi? – mi chiese Leyla dal bagno, eravamo andate a vivere a casa di un mio vecchio amico, William, nel medioevo eravamo stati anche fidanzati per cinquant’anni ma alla fine l’avevo lasciato, troppo noioso. – Sono nel secondo cassetto sotto il lavandino! – le urlai, avviandomi verso la porta d’ingresso.– Ley vado a fare un giro! – continuai, prendendo le chiavi dalla credenza. – Scherzi, vero?! Ci sono ancora tutte le valigie a giro! Quando torna William? – mi domandò venendo nell’ingresso, indossava un accappatoio verde menta, l’avevo comprato anni prima in Italia, aveva la crema gialla apposta per i brufoli spalmata su tutto il viso, i capelli raccolti in una coda sfatta e ai piedi delle ciabatte rosa. – Ley ma cos’hai fatto?! – risi quando lei mi fulminò con lo sguardo, amavo prenderla in giro. – Comunque Will ritorna tra due giorni, e non essere gelosa! Dopo ti porto a fare un giro nella boutique più bella di tutta Miami! – le dissi, prima di uscire dalla porta. L’aria estiva di Miami mi pervase, era così bello essere di nuovo a casa. Avevo vissuto davvero tanti secoli lì, l’avevo vista crescere sotto i miei occhi, ovviamente cambiavo sempre identità, o quartiere in particolare, ma per un periodo non riuscivo proprio a non stare a Miami. E’ una di quelle città che fanno l’effetto di una calamita, ovunque andrai cercherai sempre un po’ di quella città nelle altre. Oramai era da cento anni che non ci venivo, aspettavo il momento che le vecchie generazione morissero per giocare con le nuove, ingenue. Per questo i miei piedi mi condussero immediatamente nel bar “La vecchia Roma”, ero stata alla sua inaugurazione avvenuta duecento anni fa. L’aveva aperto una mia cara amica umana, Luna Bonnie Floris, non volle diventare vampiro neanche quando sapeva che le restavano pochi mesi di vita. Quando entrai nel locale, ci rimasi male nel vedere che era stato completamente ristrutturato. Le pareti bianche erano decorate da delle foto in bianco e nero del Colosseo, i tavolini erano bianchi con le rifiniture in oro come le sedie, e il bancone era completamente oro. Mi diressi verso quest’ultimo, attirata dal ragazzo che stava servendo un signore. Era alto, aveva i capelli biondo sporco lunghi fin sotto le orecchie, grandi occhi verdi, le guance decorate da tante piccole lentiggini e indossava una maglietta a maniche corte bianca, che lasciava a intravedere i muscoli sotto di essa. Devo dire che l’idea di bere un po’ del suo sangue mi attirò. Appena mi sistemai sullo sgabello, venne da me, e per poco non mi schifai dal fatto che fosse un vampiro. Oramai riconoscevo il nostro odore ovunque, mi ero pure esercitata nel capire da quanti anni erano trasformati, e lui era un novellino di dieci anni. – Salve, vuole ordinare? – mi chiese, studiandomi. – Si, grazie. Vorrei un cafè macchiato. – sorrisi in modo seducente, mentre un lieve languorino si faceva strada dentro di me. Avevo sempre preferito il sangue dei vampiri a quello umano, aveva un sapore più acido e invitante. Lui sorrise a sua volta e andò a preparare il caffè macchiato. Quando me lo servì, mi tolsi il giacchetto di pelle, lasciandomi così solo una leggera canottiera rossa molto scollata, i suoi occhi indugiarono nel posto giusto. Come ogni volta che mettevo a punto questo piano, dopo un’ora ci trovavamo nel letto singolo a casa sua. Quest’ultima era molto bella, molto di più rispetto a quella di Bryan Stevens e Joe Brown, aveva molto più stile. Inoltre, questa volta fu molto più eccitante. Appena mi penetrò un'ultima volta, l'odore del suo sangue mi pervase a tal punto che faticai a non morderlo subito. Quando si distese accanto a me, esausto, lo guardai, i suoi occhi verdi mi ricordavano l’erba del prato della mia casa natale. Allungai una mano, e gli toccai i capelli, erano setosi di un biondo magnetico, come il suo fisico. Non era tropo muscoloso, era come mi piaceva a me, con un po’ di pancietta, ma non troppa. Anche questa volta mi dispiaceva un po’ ucciderlo, d’altronde uccidevo sempre le persone più belle, tranne quando avevo davvero troppa fame. Lui mi guardò, girandosi su un fianco, rabbrividì assomigliava a ... – Come ti chiami? – mi chiese fissandomi la bocca. – Tu? – gli domandai. Lui rise, strofinandosi la mascella. – Cameron, Cam per gli amici. – rispose continuando a guardarmi la bocca. – Cam? – dissi avvicinandomi, e baciandolo lievemente. – Qual è il tuo cognome? – chiesi d’istinto. Cam fece un’espressione confusa rispondendomi – Stevens -. Coincidenza? Leyla non mi aveva ancora perdonato il fatto che me per la duecento cinquantesima volta ci fossimo trasferite in un’altra città. Ogni volta mi seguiva, cercando di farmi sentire in colpa tenendo il muso per tutto il viaggio, e ogni volta non funzionava. Questa volta amai molto la città dove mi trasferii: Miami, avevo solo ricordi felici in quella città, e non è una cosa da poco se hai un milione di anni. – Ly! Dove hai messo i trucchi? – mi chiese Leyla dal bagno, eravamo andate a vivere a casa di un mio vecchio amico, William, nel medioevo eravamo stati anche fidanzati per cinquant’anni ma alla fine l’avevo lasciato, troppo noioso. – Sono nel secondo cassetto sotto il lavandino! – le urlai, avviandomi verso la porta d’ingresso.– Ley vado a fare un giro! – continuai, prendendo le chiavi dalla credenza. – Scherzi, vero?! Ci sono ancora tutte le valigie a giro! Quando torna William? – mi domandò venendo nell’ingresso, indossava un accappatoio verde menta, l’avevo comprato anni prima in Italia, aveva la crema gialla apposta per i brufoli spalmata su tutto il viso, i capelli raccolti in una coda sfatta e ai piedi delle ciabatte rosa. – Ley ma cos’hai fatto?! – risi quando lei mi fulminò con lo sguardo, amavo prenderla in giro. – Comunque Will ritorna tra due giorni, e non essere gelosa! Dopo ti porto a fare un giro nella boutique più bella di tutta Miami! – le dissi, prima di uscire dalla porta. L’aria estiva di Miami mi pervase, era così bello essere di nuovo a casa. Avevo vissuto davvero tanti secoli lì, l’avevo vista crescere sotto i miei occhi, ovviamente cambiavo sempre identità, o quartiere in particolare, ma per un periodo non riuscivo proprio a non stare a Miami. E’ una di quelle città che fanno l’effetto di una calamita, ovunque andrai cercherai sempre un po’ di quella città nelle altre. Oramai era da cento anni che non ci venivo, aspettavo il momento che le vecchie generazione morissero per giocare con le nuove, ingenue. Per questo i miei piedi mi condussero immediatamente nel bar “La vecchia Roma”, ero stata alla sua inaugurazione avvenuta duecento anni fa. L’aveva aperto una mia cara amica umana, Luna Bonnie Floris, non volle diventare vampiro neanche quando sapeva che le restavano pochi mesi di vita. Quando entrai nel locale, ci rimasi male nel vedere che era stato completamente ristrutturato. Le pareti bianche erano decorate da delle foto in bianco e nero del Colosseo, i tavolini erano bianchi con le rifiniture in oro come le sedie, e il bancone era completamente oro. Mi diressi verso quest’ultimo, attirata dal ragazzo che stava servendo un signore. Era alto, aveva i capelli biondo sporco lunghi fin sotto le orecchie, grandi occhi verdi, le guance decorate da tante piccole lentiggini e indossava una maglietta a maniche corte bianca, che lasciava a intravedere i muscoli sotto di essa. Devo dire che l’idea di bere un po’ del suo sangue mi attirò. Appena mi sistemai sullo sgabello, venne da me, e per poco non mi schifai dal fatto che fosse un vampiro. Oramai riconoscevo il nostro odore ovunque, mi ero pure esercitata nel capire da quanti anni erano trasformati, e lui era un novellino di dieci anni. – Salve, vuole ordinare? – mi chiese, studiandomi. – Si, grazie. Vorrei un cafè macchiato. – sorrisi in modo seducente, mentre un lieve languorino si faceva strada dentro di me. Avevo sempre preferito il sangue dei vampiri a quello umano, aveva un sapore più acido e invitante. Lui sorrise a sua volta e andò a preparare il caffè macchiato. Quando me lo servì, mi tolsi il giacchetto di pelle, lasciandomi così solo una leggera canottiera rossa molto scollata, i suoi occhi indugiarono nel posto giusto. Come ogni volta che mettevo a punto questo piano, dopo un’ora ci trovavamo nel letto singolo a casa sua. Quest’ultima era molto bella, molto di più rispetto a quella di Bryan Stevens e Joe Brown, aveva molto più stile. Inoltre, questa volta fu molto più eccitante. Appena mi penetrò un'ultima volta, l'odore del suo sangue mi pervase a tal punto che faticai a non morderlo subito. Quando si distese accanto a me, esausto, lo guardai, i suoi occhi verdi mi ricordavano l’erba del prato della mia casa natale. Allungai una mano, e gli toccai i capelli, erano setosi di un biondo magnetico, come il suo fisico. Non era tropo muscoloso, era come mi piaceva a me, con un po’ di pancietta, ma non troppa. Anche questa volta mi dispiaceva un po’ ucciderlo, d’altronde uccidevo sempre le persone più belle, tranne quando avevo davvero troppa fame. Lui mi guardò, girandosi su un fianco, rabbrividì assomigliava a ... – Come ti chiami? – mi chiese fissandomi la bocca. – Tu? – gli domandai. Lui rise, strofinandosi la mascella. – Cameron, Cam per gli amici. – rispose continuando a guardarmi la bocca. – Cam? – dissi avvicinandomi, e baciandolo lievemente. – Qual è il tuo cognome? – chiesi d’istinto. Cam fece un’espressione confusa rispondendomi – Stevens -.
   
 
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