L’ora dopo
La
vecchia signora Bubbles stava uscendo proprio in quel momento dalla pescheria
che dava sulla spiaggia, quella stessa dove le barche venivano tirate in secca
dai pescatori. Quel giorno indossava un paltò viola e un cappellino molto
carino ornato con un enorme gufo impagliato dagli occhi di vetro gialli e blu. Era
molto contenta, considerò guardando le buste che contenevano i suoi ultimi
acquisti: aveva trovato quel merluzzetto freschissimo, che ancora pareva
muoversi, e l’avrebbe cucinato all’acqua pazza per il suo nipotino che non ne
voleva sapere di mangiare pesce, però diceva sempre che, come cucinava lei,
anche il pesce aveva un sapore gradevole.
La
signora Bubbles sorrise fra sé pensando al bambino che presto avrebbe varcato
la soglia di casa sua e si decise ad alzare lo sguardo sulla la spiaggia, prima
di incamminarsi verso casa sua e cominciare a pulire il pesce fresco.
Il
merluzzo cadde per terra assieme alle buste, il gufo impagliato spiccò il suo
ultimo e innaturale volo all’indietro cadendo sul pavimento bagnato della
pescheria spaccandosi la testa e facendo rotolare un occhio di vetro dritto
nella testa di un pesce spada che stava lì presso.
–
Signora! – esclamò spaventato il pescivendolo correndo fuori dalla sua bottega.
L’anziana
aveva gettato fuori un urlo altissimo e dallo spavento era quasi finita a
terra, e venne sorretta dalle mani forti e puzzolenti dell’uomo.
– Il
mare…!! – balbettò spaventata la donna.
Usciva
dalle belle acque limpide un uomo, fradicio e affaticato. Metteva i piedi l’uno
davanti all’altro senza tentennamenti ma c’era qualcosa nel suo portamento che
faceva immaginare una sofferenza atroce. Eppure continuava ad avanzare,
lasciandosi trascinare per mano verso la riva da un bambino in lacrime che
urlava terrorizzato e che chiedeva aiuto.
I
vestiti dei due erano impregnati di acqua e di sangue, che ancora scorreva
copioso lasciando dietro ai due una macabra scia, e bagnando la sabbia sotto i
loro piedi.
Caddero
stremati sulla rena, il ragazzino strillava e pregava l’adulto di resistere
ancora mentre gli stringeva con forza attorno al moncone la fascia cremisi che
prima era stretta ai suoi fianchi per arginare l’emorragia.
Intanto
l’urlo della vecchia signora, portata via a braccia dal pescivendolo e da sua
moglie, e lo strepitare del ragazzino avevano attirato tutto il paesino verso
il mare.
–
Cazzo – sibilò tra i denti Benn Beckman correndo sulla spiaggia, scansando le
barche in secca – Shanks! – lo chiamò a gran voce passandosi il braccio destro
del suo capitano sopra le spalle per tirarlo su dalla pozza di sangue in cui
stava. Il braccio, maledizione!
–
Makino! – tuonò verso la folla – Cerca Ftoros! È nella zona nei mulini! –
Cosa
diavolo era saltato in mente, al Rosso? Oh, ma Benn lo sapeva, lo sapeva
benissimo. Solo che non si sarebbe mai completamente abituato ai colpi di testa
di quell’incosciente, e stavolta l’atto di coraggio gli era costato parecchio.
Makino,
cerea in volto, fece immediatamente dietrofront e corse verso la periferia del
paese, dove cominciava la campagna e dove il medico di bordo della Red Force
era andato assieme a due compari a cercare Rufy, dopo la teatrale uscita di
scena con la cortina di fumo del capo dei masnadieri che l’aveva rapito
poc’anzi.
–
Resisti – intimò il Vice tra il preoccupato e il rassegnato. Di arti volare via
ne aveva visti parecchi nella sua vita, certo non era impressionato – Arriva
Ftoros, rimani sveglio –
Shanks
ridacchiò, debole per il sangue che continuava a perdere – Tranquillo, Benn –
disse – Il ragazzo sta bene, io me la caverò –
–
Sì, con una sfuriata di Makino. E mia – promise il Vice, adocchiando appena
fuori dal porto la Red Force che tornava dalle ricerche di Rufy intraprese
presso la vicina scogliera.
~
–
Benn, lo reggi ancora? – si sincerò Ftoros, il medico di bordo.
Poco
più di un ragazzo dall’aspetto, era in realtà un trentacinquenne che si portava
splendidamente i suoi anni, complice il fisico asciutto; biondo e quasi sempre
con un cappello di lana in testa su cui aveva ricamato il teschio sfregiato del
suo capitano, le mani che presto si sarebbero messe all’opera erano già avvolte
nei guanti bianchi in lattice, sostituendo quelli di cotone che di solito
portava.
–
Dove lo metto? – ruggì l’imponente pistolero, che ormai trascinava quasi di
peso per i corridoi della Red Force il semisvenuto comandante, lasciando alle
proprie spalle una densa scia scarlatta che scintillava umida; il vero miracolo
era che l’uomo fosse riuscito a nuotare, con Rufy a carico, fino alla spiaggia
senza morire dissanguato.
– In
infermeria, svelto! – lo precedette il doc – Fallo sedere vicino al tavolo –
–
Non sta su! – gemette Makino entrando dopo il duo e avvicinandosi sollecita –
Non possiamo metterlo sul lettino?! –
– Va
bene qui, mi serve un appoggio – disse invece Ftoros sbrigativo facendo
adagiare il proprio capitano su una delle sedie della sala accanto al tavolo di
legno che vi regnava al centro.
– Benn,
le sacche di sangue, armadietto di destra – ordinò – Tu Makino, aiutami.
Tienilo dritto. Non ti fa paura il sangue, vero? –
Makino
strinse i denti scuotendo la testa negativamente. No che non aveva paura! Non
poteva dire che le piacesse, certo,
ma si trattava di aiutare Shanks! Non le importava nulla di sporcarsi in quel
momento, e nemmeno fece caso a quanto caldo fosse il sangue che si spargeva per
quella maledetta stanza, fece appoggiare contro di sé il Rosso sforzandosi più
che poteva di tenergli il capo dritto per aiutarlo a respirare.
–
Coltello – impartì il medico di bordo, Benn rapido estrasse la sua lama che
portava nascosta negli anfibi e gliela porse, e Ftoros con movimenti sicuri in
un sol gesto strappò la camicia del capitano, liberandolo da quei pericolosi
rimasugli di stoffa, dopodiché sciolse il nodo stretto da Shanks attorno al
moncherino – Benn – fece il dottore serio – Serve un laccio e la pece bollente –
–
Makino, il tuo grembiule – risolse Beckman. La donna si slacciò rapida
l’indumento, le cui corde furono recise dalla stoffa e legate attorno a ciò che
rimaneva del braccio; il sangue cominciò a smettere di scorrere.
L'uomo con i guanti di lattice poi imbevette quel che rimaneva del grembiule con una sostanza presa da una
minuscola boccetta e lo passò, umido, a Makino – Mettigliela sotto al naso –
–
Benn! – Yasopp si affacciò alla porta con una bottiglia di liquido scuro e
ambrato in mano; la lanciò agilmente al Vice il quale l’afferrò e sorrise notando
di sfuggita l’etichetta, poi la passò a sua volta a Ftoros prima di uscire di
volata dalla stanza per cercare quanto richiesto.
La
locandiera intanto era rimasta interdetta, con il tampone in una mano e la
testa di Shanks stretta sotto il seno con l’altra.
– È
l’anestesia – le spiegò spiccio il medico di bordo. Tirò via il tappo della
bottiglia presa da Benn con i denti e versò una generosa quantità di liquido
sul moncherino – Svelta, prima si addormenta meglio è – incalzò.
La
ragazza accarezzò i capelli del ferito titubante e angosciata; il Rosso aveva
praticamente affondato il viso nel suo grembo, respirava a fatica e le aveva
cinto la vita, inconsciamente o meno, col braccio superstite… e in quella
stretta non c’era niente tranne la volontà ferrea di non gridare. Gli sollevò
sollecita il capo chiamandolo piano e accostandogli il tampone al volto.
–
Shanks! – vociò invece il dottore, forte, assestandogli una pacca sulla coscia –
Butta giù questo prima, forza – tuonò Ftoros esperto, avvicinandogli la
bottiglia di rhum alla bocca. Come cocktail sarebbe stato bocciato da parecchi
medici, ma in quel momento un po’ d’alcool in corpo a Shanks sarebbe tornato
comodo.
– La
devo scrivere sul diario di bordo, questa giornata… – sussurrò il capitano
prima di mandar giù lunghe sorsate.
Makino
aprì la bocca per rispondere ma il Rosso la precedette, completando la frase: –
La giornata in cui mi si prega di bere! –
– Non
impressionarti, Makino. Se ci scherza su sta benone, alla faccia nostra –
arrivò Benn con un pentolone di pece calda in mano, direttamente dalle officine
dei pescatori dove avveniva il calafataggio delle barche.
Beckman
guardò meglio la ragazza in volto – Dovremo fare una trasfusione anche a lei,
doc – disse notando il pallore di Makino.
Ftoros
ghignò – Non preoccuparti, ragazza. Se bastasse così poco a far fuori Shanks,
ce lo saremmo levato dai piedi da un pezzo! È tutto un suo piano per starti
appiccicato! –
Lei avvampò imbarazzata, e non notò quasi Beckman posizionarsi lugubre dietro il proprio capitano; il medico usando lo Zippo che aveva in tasca disinfettò
la lama di un lungo e scintillante seghetto e disse cupo: – Reggetelo –
~
Il
piccolo Rufy non si era mai sentito così in colpa per tutta la sua breve vita. Era
stato per lui che il suo amico era ridotto
così, e non si dava pace, tormentando ogni membro della Red Force che scendeva
a terra e chiedendogli come stesse il pirata che l’aveva salvato. Finché Benn,
impietosito, non gli aveva permesso di salire a bordo per andare a trovare il diretto
interessato, che riposava nel suo letto ancora sotto l'effetto degli antidolorifici che Ftoros gli aveva generosamente somministrato.
Il
piccolino, trovando il Rosso che non solo dormiva ma russava anche alla grossa,
vedendolo tutto sommato sereno, non aveva trovato niente di meglio da fare che sedersi
sul letto e addormentarsi lì, raggomitolato presso le ginocchia del capitano per
poi, nel sonno, prendersi quasi la metà del letto.
Benn
entrò a controllare che la peste non facesse troppa confusione, ma la trovò
placida e addormentata con Rufy spalmato sul materasso con la testa a piedi;
sospirò, alzò gli occhi al cielo e spostò un piedino che era finito
pericolosamente vicino al moncone di Shanks prima di uscire dalla stanza.
~
Il
piccolo Monkey non si era svegliato nemmeno quando Makino gli aveva accarezzato
la testa e lo aveva spostato verso il lato del letto, quello accostato alla
parete, per permettere a Shanks almeno di stendere le gambe. E non aveva aperto
gli occhi nemmeno quando la locandiera aveva guardato il capitano inerme nel
letto e aveva cominciato a piangere, senza darsi un senso né un freno, fino ad
inginocchiarsi accanto alla brandina stringendosi al fianco dell’uomo,
calmandosi infine solo perché lo sentiva respirare tranquillo e non voleva
correre il rischio di svegliarlo, consapevole di quanto gli servisse in quel
momento dormire.
Adesso
però c’era l’imponente Beckman nella stanza, che aveva posato una coperta
addosso alla ragazza perché non si raffreddasse; per come s’era messa, seduta
sul pavimento e abbracciata alla vita di Shanks, la cui branda non era troppo
alta da terra, a prenderla in braccio c’era il rischio che si svegliasse,
mentre dopo aver passato un’intera notte ad angustiarsi aveva davvero bisogno
di riposare, meglio se con il Rosso nei paraggi.
–
Sono qui da molto? – sussurrò Shanks.
– Da
ieri pomeriggio. È martedì mattina – rispose il Vice appoggiandosi alla parete
accanto alla testa del letto e incrociando le braccia sullo sterno; tirò fuori
dal pacchetto una sigaretta e se l’incastrò fra le labbra, spenta.
Shanks
sorrise sfregandosi gli occhi – Ho fatto di peggio – ammise.
– Il
solito cazzaro – rispose truce Benn – Li hai fatti preoccupare a morte – disse
poi, accennando a Rufy che si era ripreso mezzo letto e Makino che finalmente
dormiva. Il Rosso le lasciò una fugace carezza sui capelli neri, sciolti e
liberi dall’odiosa bandana che li nascondeva quando lavorava.
A
conti fatti, Beckman non poteva rimproverare proprio nulla al suo capitano:
dannazione, se non fosse stato per lui il bambino sarebbe morto, e in quel
momento sarebbero stati a consolare Makino, impresa del tutto impossibile considerando
quanto era affezionata al moccioso. Per non parlare dello stesso Shanks, che si
sarebbe roso il fegato a vita.
–
Quando si svegliano, bada di ringraziarli a dovere – ammonì il pistolero
uscendo – Il ragazzino ti ha difeso da quel figlio di puttana che continuava ad
insultarci, e lei ha aiutato Ftoros a rattopparti dall’inizio alla fine senza
svenire… anche se credimi, ne aveva una gran voglia –
–
Brutto spettacolo, uhm? – domandò sottovoce il Rosso con l’avambraccio sugli
occhi, che tra l'anestetico e il dissanguamento ricordava poco e niente di quanto
successo dopo aver guadagnato la riva con Rufy.
Benn
in risposta prima di uscire dalla stanza con un fiammifero già acceso, gli
indicò con lo sguardo critico il moncone, le cui fasce correvano fin sul petto
per immobilizzare il tutto. Certo che è
stato un brutto spettacolo per lei, che razza di domanda!, diceva
quell’occhiata, e Shanks sentì un vago senso di colpa per il fatto che Makino
vi avesse assistito. Ma pentirsi no, decisamente no: sollevò un po’ il capo e
sorrise nel guardare il bambino che dormiva tranquillo abbracciato al suo
stinco (cui ad esser precisi stava anche sbavando su, nel sonno), poi crollò di
nuovo sul cuscino.
Quanti
sedativi aveva in corpo per riuscire appena a sollevare la testa? Fortuna
che, anche da dov’era, poteva vedere la ragazza che dormiva, saldamente
ancorata a lui con un braccio e il capo appoggiato al suo fianco, con il viso rivolto verso di lui. Pessima posizione per addormentarsi, ma il capitano pensò che
svegliarla per dirle che poteva riposare con lui e Rufy sul materasso sarebbe
servito solo a farle raccogliere la gonna da terra e a farla scappare via
imbarazzata.
Doveva
essere davvero esausta, pensò con riconoscenza, sorridendo. Esausta e
terribilmente preoccupata per lui. Non si destò nemmeno quando le accarezzò le
spalle e la testa, anzi si strinse di più a lui continuando a dormire.
Il
Rosso si voltò verso il comodino, dove qualcuno aveva posato il suo cappello di
paglia, stropicciato per tutte le avventure ma ancora arzillo e fedelmente al
suo fianco.
– Ne
hai una in più da raccontare, eh, vecchio mio? – sussurrò Shanks ghignando – Non credo che il capitano avrebbe agito
diversamente… non era proprio il tipo da farla passar liscia a chi parlava male
degli amici… e credo che anche quello lì – disse indicando Rufy – seguirà le
nostre malfamate orme! –
Il
cappello continuò imperterrito a non rispondere, preferendo bearsi di quel
momento di tranquillità sul comodino invece che sulla testa di un padrone
scapestrato. Momento che non durò più a lungo, perché Shanks smise di coccolare
la locandiera per afferrarlo e posarselo sul capo, coprendosi gli occhi, come
quando dormiva sulla polena della Red Force e lo usava per schermare i raggi
del Sole.
–
Ora sì che va meglio – mormorò il Rosso riprendendo a stringere Makino e
addormentandosi di nuovo, con il vecchio cappello di Roger a vegliare su tutti
e tre.
Dietro le quinte…
A me piace farmi del male. C’è un personaggio che SO
di aver difficoltà a gestire? Rendiamolo protagonista di una One-Shot! Ciao
Makino, grazie per la tua difficoltosa compagnia! E sì, qui ha i capelli
neri: seguo il manga, per me vederla con quel verde petrolio è innaturale come
sentire “Rubber”. Vogliate passarmi questa licenza poetica.
Tutto quello che avete letto sull’amputazione è reale;
in ambito piratesco si ricorreva, da quanto ho capito, o alla pece o al
coltello arroventato per cauterizzare, ma per il coltello non ho trovato
riscontri se non in una vecchia puntata di Sandokan. Non guardatemi così, sto
male io per Shanks! Oda ci aveva risparmiato dettagli così crudi ma giustamente
(inizio ironia) si sentiva proprio il bisogno di qualcuna che ficcanasasse nei
retroscena (fine ironia). Se a qualcuno è sembrato strano che Ftoros, il
medico di bordo, impugnasse il seghetto, vi dirò che (mi dispiace scriverlo ma
altrimenti sembra davvero una forzatura) nelle amputazioni l’osso dev’essere
più corto dei tessuti circostanti perché il tutto si cicatrizzi. E il Re della
Scogliera non era stato così preciso. Questa One Shot è proprio splatter.
Povero Shanks ç_ç
La finisco qui, potrei parlare per ore! Passo e
chiudo!
Yellow Canadair