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Autore: difficileignorarti    06/11/2014    2 recensioni
Si rigirava tra le mani quei due anelli, senza sapere cosa pensare.
Era tornato a casa e li aveva trovati abbandonati, sul tavolino d’ingresso e di Emmeline non c’era più traccia: sembrava sparita nel nulla, proprio come aveva fatto lui l’anno precedente.
Non c’erano più i suoi vestiti e nemmeno quelli della bambina: aveva portato via tutto e se n’era andata e davvero non sapeva cosa pensare e fare.
***
Los Angeles non sembrava più la stessa senza la donna che amava: stava pensando di andarsene anche lui, cambiare aria, cambiare città, cambiare addirittura Paese, magari sarebbe potuto andare in India.
La sua vita era cambiata dalla sparizione di Emmeline e il rapimento della piccola Arabella.
A proposito, che fine ha fatto la loro bambina?
Sequel de "Gli stessi di sempre")
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.








 
San Francisco non era cambiata per niente: stessi vicoli, stesse strade, stesse persone, stessi locali, stessi negozi, eppure era passato quasi un anno, lei si era trasferita, aveva scoperto della gravidanza, aveva riavuto Tom nella sua vita, le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva accettato, ed era nata la loro bambina che era stata rapita poco dopo, e secondo la polizia era stato Liam.

Strinse i pugni ai lati dei fianchi, talmente forte da farsi male, infilzandosi la carne con le unghie.

Se ne era andata, proprio come aveva fatto Tom in precedenza, si sentiva una merda, uno schifo vero e proprio, voleva sparire dalla faccia della Terra.

Non gli aveva lasciato un messaggio, nemmeno un post-it, non lo aveva chiamato, non gli aveva parlato, aveva abbandonato la fedina e l’anello di fidanzamento sul tavolino all’entrata: aveva pianto tanto quando aveva preso quella decisione, non voleva lasciarlo davvero, stava facendo il gioco di qualcun altro, voleva solo riportare a casa la sua bambina, la sua Arabella.

Voleva stringerla di nuovo tra le sue braccia e voleva vederla crescere, e sperava con tutto il cuore che Tom, in futuro, la perdonasse per aver preso quella decisione, e sperava di poter coronare il loro sogno: sposarsi e avere finalmente la loro famiglia.

Sarebbe stato un sogno, ma vedeva poche possibilità in quel momento, forse un dieci per cento, praticamente il nulla.

Nessuno sapeva che era li, a San Francisco: nemmeno i suoi genitori, nemmeno Simone, la madre di Tom, nemmeno Georg ed Ellen, nessuno.

Si asciugò una lacrima ribelle che era scesa sulla sua pelle, e riportò le mani in tasca, al caldo e al riparo da quel vento tagliente: osservava le luci della città da un’altura, sentiva il vento tra i capelli e le graffiava la pelle.

Era uno strano posto per darsi appuntamento, lontano da tutti e da tutto, ma da una persona strana e pazza c’era da aspettarsi di tutto.

«Vedo che hai preso la tua decisione» una voce maschile, roca, alle sue spalle la fece spaventare, ma non si voltò, aspettando di sentirlo al suo fianco. «Non pensavo avessi le palle per lasciare quello sfigato, ma mi sono ricreduto» dopo quasi un anno era li, a parlare come prima. «Ciao, Emmeline, è un vero piacere rivederti» sentiva il suo fiato sul collo, disgustoso come sempre.

«Cosa diavolo vuoi, Liam?» sbottò, allontanandosi da lui di qualche passo, senza, però, guardarlo in faccia.

«Innanzitutto, vedi di moderare i toni e i termini con cui mi parli, sono io ad avere il coltello dalla parte del manico, questa volta» le ricordò con il suo solito sarcasmo cattivo. «Sono felice di vederti qui, nella tua vecchia città, la tua adorata San Francisco» le disse poi, avvicinandosi di nuovo a lei. «Quando sono evaso, sono venuto a sapere che avevi accettato di sposare quel disgraziato di Tom, e pensavo che ti fossi bevuta il cervello, ma dico, sei matta?» sbottò, afferrandola per il polso, trattenendola con violenza al suo fianco. «E ci hai fatto un figlio, che di te non ha niente, non ti assomiglia affatto, è uguale a lui» sentiva il fiato del ragazzo sul collo e si ritrovò a chiudere gli occhi, disgustata da lui, dalla sua presenza. «Sai cosa voglio, sai cosa provo, e non potevo permettere di lasciarti fare una cosa del genere, e l’unica cosa che mi è venuta in mente, è stata quella di rapire la tua bambina» sussurrò al suo orecchio, baciandole una guancia: Emmeline cercò di ritrarsi, ma la stretta intorno al suo polso aumentò, tanto da farle male. «Se sei qui, è perché la vuoi rivedere, perché la vuoi riabbracciare, la vuoi vedere crescere, come è giusto che sia, sei sua madre» continuò, senza staccarsi da lei: la mora aveva smesso di respirare, non capiva dove volesse andare a parare. «Tu vuoi la tua bambina, ma farai quello che ti dirò, tutto quello che ti dirò» la minacciò, bloccandola contro di lui, con un coltello alla gola.

Emmeline sgranò gli occhi, stringendo il braccio di Liam, cercando di liberarsi: si sentiva soffocare, le mancava davvero il respiro, senza contare che aveva una lama puntata alla gola.

«Cosa vuoi?» disse  con voce strozzata,  continuando invano a cercare di liberarsi, ma Liam era troppo forte per lei, qualsiasi movimento lei facesse, lui riusciva a prevederlo e a bloccarla, facendole sempre più male: probabilmente si sarebbe ritrovata diversi lividi a ricoprirle la pelle.

«Troppo facile, piccola Em» sbottò lui, annusandole il collo, con avidità. «Questa sera non ti dirò niente, un po’ alla volta, okay, Emmeline?» mormorò lui, lasciandola libera, spingendola sul terreno, facendola cadere.

Si limitò ad annuire, spaventata a morte da quella situazione assurda in cui si era andata a cacciare: cosa voleva Liam? Soldi? Sesso? Una famiglia? Lei stessa?

Lui era un ricercato dannazione, l’avrebbero trovato, l’avrebbero arrestato di nuovo, a avrebbero buttato via la chiave, perché aveva rapito una bambina, e la stava minacciando, in tutti i modi possibili immaginabili.

Forse avrebbe dovuto chiedere aiuto a Gustav, di nuovo, magari l’avrebbe aiutata, avrebbe potuto ridarle la sua Arabella, avrebbe potuto fare qualcosa per lei, ma ancora non sapeva cosa volesse quel pazzo, quindi non sapeva esattamente come muoversi.

Si alzò e si osservò attentamente, gli abiti sporchi di fango, i capelli in disordine e sporchi, e proprio così si sentiva: sporca, proprio perché aveva fatto, o avrebbe fatto, un patto col diavolo, con Liam Spencer e chissà come ne sarebbe uscita.

Voleva Tom, aveva bisogno di lui, in tutti i modi possibili, lo amava e stava facendo un casino dietro l’altro: prima se n’era andata, abbandonandolo, come aveva fatto quando partì per la California, quando aveva bisogno di lei, dopo quello che era successo con Mark e Liam, e aveva ricommesso lo stesso errore, l’aveva abbandonato quando più aveva bisogno di lei, dopo la scomparsa della loro bambina.

Tirò fuori il cellulare dalla tasca e ne osservò lo sfondo, una foto che era stata scattata il giorno della nascita di Arabella, in ospedale, e ritraeva loro tre, la loro famiglia, quella che volevano e che avevano cercato: vedeva l’amore in quella foto, vedeva come Tom la guardava e come stringeva il frutto del loro amore tra le braccia.

Singhiozzò e una lacrima cadde sullo schermo del telefono che, prontamente, fu asciugata dalla mora.


 
Ti amo


Gli mandò quel messaggio senza pensarci, tra le lacrime: non si aspettava una risposta, non la cercava nemmeno, voleva solo farglielo sapere.

Era ridicola: prima lo abbandona e poi gli scrive che lo ama.

Salì in macchina e decise di tornare al motel dove alloggiava fuori città: non voleva farsi vedere in giro, non voleva che qualcuno la riconoscesse e cominciasse a sparlare, non voleva incontrare i suoi genitori, non voleva dare loro spiegazioni inutili e futili.

La sua stanza era piccola, un letto matrimoniale, una televisione antica, un telefono, il bagno piccolo e stretto, una lampada: le ricordava il suo vecchio appartamento, quello che condivideva con Tom.

Già, il pensiero tornava sempre li, sempre alla stessa persona, ma d’altronde come poteva non farlo, Tom era il centro dei suoi pensieri, del suo mondo.

Prese un paio di forbici e si chiuse in bagno: si guardò allo specchio, osservando come quella ragazza che conosceva bene fosse cambiata in quei due mesi di sofferenza; le occhiaie scure e violacee, i capelli arruffati e per i cavoli loro, l’aspetto trasandato, gli occhi stanchi di piangere.

Sorrise tristemente nel vedere i suoi capelli lunghi: giocò con una lunga ciocca, prima di deglutire pesantemente; era un’idea che le frullava nella mente da un paio di giorni e forse era ora di metterla in pratica.

Mezz’ora più tardi, la ragazza che si guardava allo specchio, non aveva più i capelli lunghi, no, quelli giacevano morti sul pavimento: davanti a lei, c’era una ragazza con un taglio a caschetto, una ragazza che sembrava diversa, quasi irriconoscibile.

A Tom piaceva giocare con i suoi capelli lunghi, gli era sempre piaciuto, dalla prima volta che s’incrociarono: glieli accarezzava spesso, si lasciava pettinare da lui, le piaceva quando lui giocava con i suoi capelli, la rilassava non poco.

Ora non ce n’era più motivo ed Emmeline doveva andare avanti: lei lo aveva abbandonato, e chissà se lui l’avrebbe perdonata, forse sì, forse no.

Forse.

Il telefono vibrò nella tasca della sua giacca, spaventandola a morte: era un messaggio, era la risposta che non si sarebbe mai aspettata, una risposta che le aveva fatto capire che, forse, c’era ancora una speranza.


 
Home, come home



******

 
Lo stavate aspettando? Eccolo qui, il primo capitolo ufficiale del sequel u.u
Bè, non ho molto da dire sinceramente, stasera sono a corto di parole, quindi le lascio a voi, alle vostre opinioni, recensioni, pensieri, quello che volete, mi fa sempre molto piacere.

Un bacio e un abbraccio,
difficileignorarti


 
   
 
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