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Autore: Nina Ninetta    06/11/2014    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7

 
 
Grimilde si trascinò a fatica fuori dal letto. Scrutò la stanza,  illuminata da un raggio forte e giallo che le fece strizzare gli occhi azzurri e voltarsi dall’altra parte. Il lettone nel quale aveva dormito era disfatto e … vuoto. Come un fiume in piena gli avvenimenti delle ultime ore la colsero facendola svegliare tutto a un tratto.
Morena e Martin. Teddy e Nicolas.
Contro ogni sua morale uscì di corsa dalla stanza, a piedi nudi, ma soprattutto senza districare i capelli e la frangia arruffata sulla fronte. Giunse nel salone con il fiato corto e si arrestò. Lì dentro c’era un’atmosfera surreale. Fiochi raggi di sole penetravano attraverso la tenda chiusa, il rubinetto gocciolava scandendo il tempo, le lancette dell’orologio rimbombavano nel silenzio. Morena, ancora in tuta e con i capelli legati, era in piedi con il piccolo Martin fra le braccia, attaccato al biberon con le sue manine grassocce e le labbra della mamma posate sul capo. Le sorrise quando la vide sulla soglia della stanza, quindi con un cenno del capo la invitò a guardare davanti a sé.
Grimilde camminò in senso antiorario intorno al divano a forma di L, dove Teddy e Romero dormivano beati, sul tavolino basso diversi fogli protocollo, a righe, erano piegati a metà e sistemati uno dentro l’altro. Teddy era seduta, il capo abbandonato all’indietro, le labbra leggermente schiuse. Nicolas la teneva per la vita, con la testa poggiata sul suo grembo, il resto del corpo celato da una coperta a quadri che Grimilde non tardò a riconoscere: era quella di Teddy.
Morena le si avvicinò di soppiatto:
«Quanto vorrei che questi due fossero felici» bisbigliò «Insieme.»
La ragazza bionda la guardò di sottecchi. Era cambiata. Morena era cambiata. Se avesse assistito a quella scena anni e anni addietro, sarebbe andata su tutte le furie, lamentandosi del fatto che queste cose avrebbero dovute farle nell’intimità. Grimilde non aveva mai concepito il suo pudore esasperato, ma ci aveva riso su, talvolta con Teddy, altre volte rimproverata dalla stessa.
A proposito di Teddy. Grimilde si voltò per consultare l’ora. Tra solo venti minuti la bella maestrina addormentata, con appiccicato addosso il suo principe azzurro, si sarebbe dovuta presentare in classe.
«Oddio!» esclamò facendo piangere Martin «Teddy! Teddy!» la scosse, dandole dei leggeri buffetti sulla guancia «Svegliati! Teddy! È tardissimissimo
Morena indietreggiò di qualche passo, cullando il piccolo Martin, mentre Teddy apriva piano gli occhi, con un lamento, le ossa della schiena indolenzite, fece per muoversi, ma si accorse di essere praticamente immobilizzata.
Nicolas Antonio la teneva stretta in una morsa, la testa adagiata sul suo addome. Le grida di Grimilde, il pianto di Martin e la voce in sottofondo di Morena che cercava di calmarlo, le giungevano ovattate. Per lei c’era solo quel ragazzo con i capelli arruffati e la carnagione ambrata che aveva amato e che, troppo tardi, si era accorta di non aver mai smesso di farlo, incollato a lei in un abbraccio dolce e romantico insieme.
«Teddy! Sono le otto meno un quarto!»
Dapprima guardò la sua amica bionda con i capelli tutti scompigliati e la pelle del viso ancora assonnata, poi spostò l’attenzione sull’orologio a cucù, constatando di persona che in soli quindici minuti si sarebbe dovuta lavare, vestire e percorrere quei pochi chilometri che la separavano dalla scuola in un’apocalisse di sole, clacson e richieste di venditori ambulanti e lavavetri. Provò a scrollarsi di dosso il peso, seppur confortante, di Romero, spingendolo all’indietro per le spalle, ma in tutta risposta la sua presa divenne più salda, lo sentì mugolare quasi infastidito. Teddy spinse con maggior voga:
«Spostatiiii!» quando riuscì a sciogliere quell’abbraccio scattò dal divano come una molla.  Lui ricadde con la schiena contro la spalliera, aprì piano gli occhi, trovandosi di fronte il sorriso ebete di Grimilde.
 
Sentirono la porta del bagno sbattere e Teddy ne uscì dopo qualche minuto, in biancheria intima, i capelli sciolti e pettinati, un velo di trucco sul viso. Questa volta non si curò di chiudere la porta della sua stanza, ove velocemente indossò un paio di pantaloni di cotone scuri, scarpe basse e una camicia beige, i cui ultimi bottoni finì di allacciare in cucina, afferrando con i denti una brioche alla crema che Morena le ficcò in bocca, facendo poi ondulare la manina di Martin nel classico segno del “ciao ciao”:
«Bye bye zia Teddy!» disse mimando una vocina infantile.
Teddy si chinò a baciargli una guancia, fra gli assensi del piccolo bebè, ingoiò in un solo sorso una tazza di latte fresco e macchiato, probabilmente di Morena, quindi si avviò alla porta.
«Teddy!» Nicolas, ancora mezzo addormentato sul divano, le porse i temi che avevano corretto insieme quella notte, fra risa e sfottò, poi dovevano essere crollati dal sonno.
Sì, ma quando?
Inizialmente la vide fissare il resto dei fogli che aveva in mano e trattenuti insieme da una graffetta, quindi battersi il palmo sulla fronte, sorridendo:
«Oh! Grazie! Grazie! Grazie!» Teddy tornò su i suoi passi, prese i temi al volo e, istintivamente, si chinò in avanti, arrestandosi a pochi centimetri dalla bocca di lui. Si fissarono negli occhi per un tempo che a loro parve lunghissimo, ma che in realtà rasentava briciole di secondi.
Cosa diamine gli era passato per la mente?
Un bacio a stampo! Ecco cosa gli era passato per l’anticamera del cervello. Come se lui fosse stato il suo ragazzo, da salutare in fretta e furia prima di correre a lavoro. Indietreggiò senza riuscire a staccare gli occhi dai suoi, due pupille scure, ancora assonnate e confuse, abbozzò un sorriso tremolante alle sue amiche che la fissavano a bocca aperta e uscì, facendo le scale a due a due.
Nella stanza calò il silenzio, anche Martin aveva l’aria di chi è rimasto sotto shock. Nicolas Antonio si voltò piano in direzione delle due ragazze, accennando un sorriso di circostanza, ma il suo imbarazzo era tangibile. Grimilde si pettinò la frangia sulla fronte, quindi gli sorrise entusiasta, battendo i palmi delle mani:
«Zuppa di latte con biscotti integrali?»
 
La cameriera sparse sul tavolino rotondo tutto quello che lui aveva ordinato: due caffelatte, tre ciambelle ripiene al cioccolato, un succo di frutta dall’intenso color arancio. Nicolas ringraziò e la giovane donna si allontanò con passo svelto.
Martin allungò le mani per afferrare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro sul tavolo e prontamente Morena lo fermò:
«Hai messo paura a quella povera ragazza!» disse poi rivolta a Romero, questi s’imbronciò:
«Non è vero! Ho solo ringraziato!» Martin allungò di nuovo le mani e Morena di nuovo lo arrestò:
«Ma non hai visto che faccia ha fatto, Romero? Poverina!»
«È che sono troppo bello» ridacchiò lui, mordendo una delle tre ciambelle «Faccio questo effetto alle donne!»
Morena roteò gli occhi al cielo, lei non era mai stata debole alla bellezza, al contrario di Grimilde, ora intenta a fissare i dolci che aveva sotto al naso. La vide sospirare:
«Non posso mangiarla. Mi sentirei in colpa»
«Hai visto Martin» iniziò la sua mamma «Siamo a colazione con la zia Grimilde che è una paranoica e con zio Romero che è un buffone narcisista!»
«Zio Nicolas. Ma ci riesci a chiamarmi per nome?»
Morena gli fece uno smorfia e Martin rise, mentre la biondina addentava la sua colazione, quindi si rivolse a Nicolas, la bocca ancora piena e lo zucchero a velo tutto intorno:
«Cosa avete fatto questa notte tu e Teddy?»
Morena spostò l’attenzione da Grimilde a Nicolas, in verità si era meravigliata di come la sua amica fosse riuscita a non porgergli ancora quella domanda. Lui bevve un lungo sorso di succo, prendendo poi a strofinarsi la nuca:
«Ma niente. L’ho aiutata con i temi dei bambini»
«Tu? I temi?» sbottò Morena, un sorrisino malcelato sul volto.
«Ah l’amour!» esclamò Grimilde con un finto accento francese, Martin sembrò apprezzare quell’affermazione e protese le manine verso di lei che prese a giocherellarci «Matty! Matty! Matty!» il bimbo rise di gusto.
«Si chiama Martin!» intervenne Morena, prima di rivolgersi di nuovo a Nicolas Antonio «Ti sei reso conto che questa mattina Teddy stava per baciarti, si?»
«Chi è il bimbo più bello dell’universo? È Matty!»
«Si chiama Martin!»
«E tu ti rendi conto che il padre di Martin è dall’altra parte del mondo?» il tono di Nicolas era cambiato, fissò Morena negli occhi e, come sempre, lei sostenne lo sguardo, mentre Grimilde prendeva il piccolo fra le sue braccia:
«Bubu settete!» lui rise ancora.
«Non ne ho voglia di parlare adesso!» replicò Morena, bevendo un sorso di latte macchiato
«E invece ne parliamo proprio ora!» proruppe Nicolas e questa volta la ragazza castana guardò altrove, la fronte corrugata.
Anche Grimilde e Martin si zittirono, entrambi interdetti dal tono nevrotico del ragazzo:
«Ho chiamato Diego ieri sera, al posto tuo. Ultimamente faccio tutto quello che spetterebbe ad altri: prendo il posto del padre di Martin, prendo il posto di compagna di Torres … » si rendeva conto che quello era un suo sfogo personale e che lo stava portando lontano dal fulcro del discorso, quindi riordinò le idee e proseguì «Mi ha giurato che lui non ha fatto assolutamente niente per farti scappare così …»
«Ovvio! Non poteva mica affermare il contrario!» continuò Morena a denti stretti, come se stesse parlando a sé stessa
« … sono due le cose a questo punto: o stai mentendo tu, o sta mentendo lui!»
«L’unica cosa certa qui è che non devo delle spiegazioni a nessuno, figuriamoci se le devo a te!»
Come sempre, quando Morena alzava la voce, Martin cominciava a piangere. Grimilde provò a fargli tornare il sorriso, ma prima che ci riuscisse la sua mamma lo aveva già preso in custodia, alzandosi dal tavolo.
«Se dovessi sentire di nuovo il tuo amichetto lì in Italia, digli che può darla a bere a tutti voi, ma non a me!» quindi si voltò verso la biondina «Torno a piedi a casa»
«Sei sicura?»
«Assolutamente» Grimilde fece spallucce, sorridendo al piccolo Martin che aveva smesso di piangere, il musetto imbronciato:
«Ciao Matty!»
«Si chiama Martin!» quasi urlò Morena, lanciò un ultimo sguardo truce a Nicolas, quindi si allontanò alacremente.
Lui e la biondina si guardarono e risero. Quando Morena era così arrabbiata rasentava il tragicomico e faceva venire sempre una gran voglia di schernirla per farla incavolare ancor di più. Grimilde notò che la ciambella della sua amica era rimasta intatta nel vassoio, senza rifletterci a lungo decise di mangiarla. Lasciarla lì sarebbe stato uno spreco.
 
La ragazza bionda sembrava a proprio agio immersa nel traffico cittadino, al comando della sua Lancia Y, color sabbia. Tamburellava gli indici sullo sterzo, le dita strette e pallide, le unghie intarsiate di brillantini su fondo rosa shocking. Nicolas abbassò il volume della radio e la voce di J.Lo scemò nell’abitacolo della macchina:
«Farai tardi a lavoro. Lascia stare, prendo un taxi» le disse
«Ho detto che ti accompagno fino a casa, stai tranquillo» gli rispose la ragazza, tornando a girare la manopola del volume, così che la canzone della Lopez riecheggiasse ancora, ma lui questa volta la spense del tutto:
«Dove hai detto che lavori?»
«Come receptionist in un centro solarium»
«In un centro solarium? Davvero?» rise, ovviamente alludendo alla sua carnagione candida e Grimilde lo guardò di sbieco e lui non poté fare altro che scusarsi, sapeva quanto era stata presa in giro da adolescente per quello e quanto ci aveva sofferto, quindi aggiunse «Cosa ne pensi della storia di Morena?»
Grimilde sospirò. Nicolas Antonio Romero era stato sempre l’unico a chiedergli pareri in merito alle situazioni, non che le sue amiche non lo ritenessero importante, ma sovente l’avevano trattata alla stregua di una bambina, dando per scontato ciò che gli passava per la testa.
«Morena sta semplicemente seguendo il suo istinto. Infondo nessuno di noi sa veramente cosa sia accaduto in questi anni di convivenza con Torres»
«Si, ma Martin …»
«É la mamma di Matty, chi meglio di lei può sapere quale sia la cosa giusta per lui?» Nicolas fece per controbattere, quando il suo I-Phone si illuminò. Sorrise:
«É Martinez» annunciò «Dice che entro domani sarà a Santiago»
Il volto di Grimilde s’irradiò di contentezza. Erano mesi che non vedeva Alex e il solo pensiero di poterlo riabbracciare, di poterlo baciare e toccare e …
«Grimi! Mi ascolti?»
«Eh, cosa?» guardò di sfuggita Romero, senza distogliere l’attenzione dalla strada, nonostante l’espressione fosse quella di un pesce lesso, come se fosse caduta dalle nuvole. «Dice che domani notte sarà ospite di una serata al Viva la Vida» Grimilde emise un fischio d’apprezzamento, si trattava di una delle discoteche più rinomate della città «Ha promesso anche la mia presenza» sembrò rifletterci un attimo «Vi va di venire?»
«Sarebbe bello! Ma figurati se ci faranno entrare senza un invito»
«Certo che no! Ed è per questo che sarete nostre ospiti» le strizzò l’occhio e si scambiarono un sorriso di consenso.
 
Teddy salì un gradino per volta. Si sentiva sfiancata dalla giornata lavorativa, e non perché fosse stata particolarmente pesante, ma perché per tutto il tempo aveva lottato contro il pensiero di Nicolas e di quel bacio che stava per schioccargli sulle labbra.
Come le era venuto in mente una cosa simile? Neanche dieci ore prima era stata così orgogliosa di sé stessa, per aver dimostrato di poter essere sua amica, di poter ridere e scherzare ancora con lui. Si era illusa. Questa era l’amara e cruda verità. Aprì adagio la porta d’ingresso, girando la chiave nella serratura. Morena e Grimilde erano entrambe alle prese con le decorazioni natalizie, l’albero era stato ultimato e splendeva di luci colorate nell’angolo sulla destra. Martin giocava con i suoi peluche sul tappeto, al posto del tavolino basso, al centro del divano, diligentemente spostato. Nicolas non c’era, proprio come le aveva detto quella notte, era andato a casa dai suoi genitori che erano tornati in Cile per trascorrere la vecchiaia, dopo gli anni di lavoro in Germania. Grimilde l’accolse come al solito, con un gran sorriso dipinto sul volto, Morena le era di fianco, alcune ghirlande di muschio finto e pungitopo in mano:
«Bentornata zia Teddy!» l’apostrofò.
Questa ricambiò i loro sorrisi, chiuse la porta alle sue spalle e si lasciò cadere sul tappeto, prendendo a giocare con Martin che sembrò molto contento di avere, finalmente, un compagno di giochi.
 
 
«Ahi! Maledetti tacchi de mierda!»
Teddy sollevò la caviglia fino a poterla massaggiare con la mano. Aveva uno stupido batticuore adolescenziale, uno stupido tremolio di gelo quando l’aria era umida e priva di vento, una stupida sudorazione fredda che le faceva temere di poter lasciare qualche alone sulla camicia di seta acquamarina.
In una parola provava terrore puro.
Ma per cosa poi?
Ripensò alle labbra di Nicolas ad un millimetro dalle sue, al filtro bagnato della sigaretta, alla sua stretta sul divano. Il calore aumentò e con lui la rabbia.
Grimilde alzò il naso fin sulla scritta luminosa al neon Viva la Vida che luccicava nel cielo notturno di Santiago, troneggiando sulla costruzione a castello. Non poteva crederci di essere proprio lì, era come un sogno che si avverava. Si guardò intorno, decine e decine di giovani persone si avviavano verso l’entrata maestosa e intarsiata di lucine colorate, a cui si giungeva attraverso un ponte, sotto il quale scorreva il fiume che qualche kilometro più in là sfociava nell’oceano. Si voltò indietro, verso la sua amica e alzò una mano:
«Teddy! Ma che stai facendo? Dai, vieni!»
La ragazza castana, con i capelli appiccicati sulle guance, la fulminò con uno sguardo e vedendola trotterellare verso di lei, con quel fisico tutto spigoli fasciato da un abito corto e fucsia, le fece venir voglia di afferrarla per il polso e tornare a casa, a spaparanzarsi sul divano, a giocare con Martin e a bere un tè con Morena, libera finalmente da quei jeans che le stavano opprimendo il bacino. Poteva sentire il bottone della patta schiacciato nella pancia.
«Ti fa male il piede?» le chiese Grimilde con quell’aria ingenua
«No, non mi fa male il piede!» lasciò andare la caviglia e tornò in posizione eretta, la voce lagnosa «É che ho caldo. E sto sudando» si buttò i capelli all’indietro «E …»
«E sei nervosa perché devi rivedere Nicolas»
Teddy non riuscì a guardare quella ragazza bionda dal viso angelico, in pratica ci aveva azzeccato in pieno. Si lasciò prendere per la mano e docilmente si fece guidare verso l’entrata, fra una ressa di ragazze poco vestite e ragazzi molto abbronzati, ma tutti rigorosamente firmati.
«Almeno i jeans potevi evitarli» ridacchiò Grimilde
«Accontentati del fatto che sia venuta!» rispose Teddy, restituendole un sorriso di sbieco.
 
Saltare la fila chilometrica, essere guardate da tutti – ma soprattutto da tutte – con quel piglio di invidia e ammirazione insieme per aver affermato di essere ospiti di Alexander Martinez e Nicolas Antonio Romero, sarebbe valso a Grimilde l’intera serata, al contrario di Teddy invece che aveva chinato il capo e arrossito vistosamente. Come se non bastasse quello ad attirare su di loro occhiate particolari, la sua amica si era messa anche a fare la civettuola con il buttafuori lì davanti.
Teddy aveva allora alzato gli occhi al cielo e si era trascinata dentro la ragazza bionda, inviando uno sguardo penetrante all’omone di guardia, il quale aveva salutato Grimilde inviandole un bacio e passandosi poi la lingua sulle labbra. Teddy aveva rabbrividito e Grimilde aveva riso.
 
Erano dentro.
Una piscina tutta curve e fontane era illuminata da faretti subacquei chiari, decine e decine di persone vi erano attorno, qualcuno ballava, qualcun altro beveva drink colorati e ornati di ombrellini, bandierine, pezzi di frutta e cannucce lunghe e colorate. Di fronte a loro si ergeva la facciata, tanto imponente quanto fittizia, di un castello, ai piedi del quale c’era la postazione del dj, alla cui destra spuntava il sorriso ironico di Alex, in jeans strappati e maglia grigia aderente che metteva in risalto la sua naturale pelle ambrata, nonché il fisico da sportivo incallito. Sulla sinistra c’era Nicolas, in jeans scuri e camicia color cachi, con le maniche arrotolate fin sui gomiti e i primi bottoni slacciati.
Alle loro spalle, qualcuna davanti e qualcun’altra di fianco, ballerine in bichini succinti che si muovevano a ritmo di musica, cercando volontariamente il contatto con i due ospiti, i quali non sembravano sgradire affatto le mani delle ragazze posate un po’ dappertutto sui loro fisici.
Teddy fu la prima delle due a vederli e, come quella sera sul balcone, scoppiò a ridere. Le succedeva spesso in verità quando era sopraffatta dal nervosismo, una volta si era informata e aveva letto su Google che era un disturbo molto comune. Grimilde la guardò interdetta, chiedendole per quale motivo stesse ridendo e urlando per sovrastare la musica, poi seguì lo sguardo della sua compagna e, diversamente da questa, il sorriso le morì sul volto.
Diciamo che il suo incontro con Martinez lo aveva immaginato diverso, tutto abbracci e baci e sguardi languidi, con quell’emozione che sempre le aveva attanagliato lo stomaco e che le aveva tenuto compagnia quando, a volte, era andata ad aspettarlo in aeroporto, o in attesa di vederlo entrare nel ristorante in cui l’aveva invitata per un appuntamento. Sentire quell’attrazione sessuale, ma vibrante, mentre consumavano ognuno la propria cena, con l’ansia di denudarsi e lasciarsi andare senza inibizioni.
Certo, non si erano mai detti cos’erano l’uno per l’altro e Grimilde era arrivata a convincersi che era solo sesso – quello che infondo era sempre stato anche con gli altri ragazzi. Amici di letto insomma, come il titolo di quel film che aveva visto ultimamente al cinema con Teddy.
La ragazza bionda distolse lo sguardo, sentiva gli occhi pizzicarle, strinse con veemenza la porchette nera e lucida che faceva pendant con le scarpe, la vista di Martinez che stringeva a sé una ragazza seminuda, facendo combaciare perfettamente i loro bacini, mentre si muoveva lento e sinuoso, era troppo anche per lei.
Teddy si ricompose, Nicolas Antonio sembrava quasi imbarazzato dalla presenza di tutte quelle ragazze, forse era indeciso da quale cominciare. Quel pensiero la fece ridere di nuovo, poi vide la sua amica dare le spalle allo show che si stava consumando intorno alla postazione del disc jockey e si costrinse a tornare in sé. Le toccò una spalla:
«Grimi, tutto bene?» la biondina sorrise, ma era un sorriso che metteva i brividi, era un sorriso folle:
«Perché non dovrebbe andare bene? Siamo circondate dalla crema di Santiago, siamo in questo locale che possono permettersi solo i ricconi e senza pagare un pesos. Perché non dovrebbe andare bene?» Teddy incrociò le braccia e con gli occhi nocciola sembrò ordinarle di dire la verità «Non lascerò che due imbecilli ci rovinino la serata perché circondati da sgualdrine col fisico perfetto …»
«Ehi, guarda che nessuna di loro lì è più perfetta e bella di te!»
«Lo so!» Grimilde le fece l’occhiolino, sembrava essere tornata in sé «Ed è per questo motivo che noi stasera ci divertiremo!» l’afferrò per il polso e la trascinò con sé al bar, ove chiese due cocktail molto alcolici:
«Grimi non esagerare!» la rimproverò Teddy a bassa voce e alquanto preoccupata per come si stava mettendo la serata. Era passata dal dannarsi l’anima per Nicolas a dannarsela per la sua amica. Perfetto.
«Oh, tranquilla! Il mio amico qui …» strizzò l’occhio al barista tutto muscoli, tatoo e barba, pronto a mettersi in mostra con il suo shaker « … sa bene come soddisfarci. Giusto?» Teddy roteò gli occhi al cielo, una Grimilde offesa nell’orgoglio era una vettura lanciata a tutta velocità e pericolosa.
Il barman si sporse in avanti, versando i drink in due calici che poi lasciò davanti a loro. L’odore di alcool era fortissimo.
«Per due belle ragazze come voi, due Orgasm per augurarvi un’ottima serata»
Teddy sbarrò gli occhi, prese il suo bicchiere al volo e si allontanò a grandi falcate, Grimilde rimase qualche altro secondo a perdersi in chiacchiere con il bellimbusto dietro il bancone, quindi la raggiunse.
Adesso si sarebbero potute divertire …
 
Altre decine di flash negli occhi, altre decine di sorrisi fittizi e strette di mano e braccia intorno alle spalle. L’ennesima pacca sulla schiena e l’ennesimo complimento per la carriera e fu finalmente libero da quell’opprimente gruppo di fans sfegatati, così da poterla cercare nella folla.
Oramai era tardi, dovevano esser arrivate lì, al Viva la Vida, da un pezzo, eppure non riusciva a togliersi quel peso sullo stomaco che lo stava facendo uscire fuori di senno da quando era tornato. Consultò ancora una volta l’orologio sul display dell’ I-Phone, in verità sperava di non aver avvertito la vibrazione di una – sua – telefonata o di un – suo – messaggio.
Niente.
Altre grida di ammirazione, altro sorriso di circostanza, altra posa classica per la foto, altra stretta di mano, altra pacca sulla spalla, altro ringraziamento.
Proseguì, facendosi largo tra la ressa, scrutando attentamente coloro che lo circondavano, era vero, la persona che cercava era piccola e minuta, ma aveva un particolare che non passava di certo inosservato. E fu proprio la sua carnagione lattea a spiccare in mezzo a tanta pelle abbronzata, come la luna in un cielo buio. Solo che non aveva mai visto la luna vestita di fucsia, con tacchi vertiginosi, capelli biondi e due occhi azzurri.
Un ragazzo, alto e grosso il doppio di lei, l’abbracciava da dietro, tenendo le sue braccia intorno al ventre della ragazza, il suo naso fra i capelli setosi e dorati, il respiro che le finiva sulle clavicole. Insieme si dondolavano piano, in un ritmo tutto loro che, di sicuro, non era quello forsennato della musica. Le palpebre di lei chiuse.
Le si avvicinò, quella sensazione di paura si accentuò fino nelle viscere quando la vide aprire gli occhi, erano velati, non proprio svegli:
«Si?» quella vocina impertinente gli fece salire la rabbia e la passione, si sarebbe dovuta sfregare contro il suo di corpo, non quello degli altri:
«Che stai facendo?» le chiese, impegnandosi per mantenere un tono pacato
«Sto ballando» gli rispose, girandosi nell’abbraccio dello sconosciuto e dandogli le spalle.
«Ma sei da sola? Dove sono le altre?»
«Teddy vuoi dire? Boh, chi può saperlo …» ridacchiò lei, il volto sognante.
Lui sospirò:
«Grimilde»  la chiamò
«Alexander» controbatté la biondina
«Per favore, potresti lasciar perdere il tuo amico qui …» inviò un sorriso al ragazzo arpionato a Grimilde e questi ricambiò, neanche lui sembrava molto sveglio in verità « … e ascoltarmi un attimo?»
«No!»
Questa volta mantenere la calma gli sembrò un gesto quasi eroico. Con le mani sciolse quell’abbraccio e la fece voltare, tenendola per entrambe le braccia l’attirò a sé, ma lei continuò a tenere quell’espressione di superficialità che, in altre situazioni, l’avrebbe fatto impazzire. Cercò di rilassarsi e gli sussurrò:
«Andiamo via di qui, bionda! Ho un’idea che ti piacerà di sicuro.»
Grimilde abbozzò un sorrisino sbieco, mentre con le dita prendeva a risalire lungo il suo addome, come le zampette di un ragno, soffermandosi nei punti in cui sapeva di procurargli dei brividi. Si issò poi sulle punte dei piedi, in modo da far quasi combaciare le loro labbra e Alex sentì distintamente l’odore acuto dell’alcool e un retrogusto dolciastro.
«Perché invece non te ne torni dalle tue ballerine in bichini?!» e proprio quando Alex stava già pregustando il sapore delle sue labbra rosa sulle proprie, Grimilde lo spinse via, afferrando poi il polso del ragazzo, che aveva assistito impassibile alla scena, e corse via mimetizzandosi fra la gente.
 
 
 
 
 
 
  
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