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Autore: ellatells    07/11/2014    0 recensioni
Una giovane studentessa universitaria in ritorno da uno scambio scopre la verità sulla sua famiglia e sulle sue capacità e si ritrova in un vortice di rivelazioni, emozioni e lotte di potere che la porteranno a un bivio decisivo.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP. 3: "Butterflies and Hurricanes"
 
Non poteva fuggire, finalmente avrebbe potuto dirle perché era lì. Doveva ascoltare. Doveva capire perché lo stava facendo.Era per il suo bene.
L'espressione di Irene cambiò rapidamente da sospetto a un odio puro e primitivo. Come un animale che si accorge di essere in trappola, emise un cupo ringhio di impotenza. Le aveva inferto il colpo più basso: le aveva tolto la libertà.
«Dicevo...». Sebastian sorrise, poi si schiarì la gola con gesto quasi teatrale.
«Ventun anni fa, tua madre morì dandoti alla luce.»
«Questo lo so già.»
Non si parlava mai di sua madre - men che meno con suo padre – quindi sentirla nominare fu un altro colpo, ma riuscì a incassarlo senza un cenno.
«Quello che la zia non ti ha mai detto, però, è chi fosse tua madre.»
Fece una pausa ad effetto, cercava di creare un'aura di mistero. Irene volle prenderlo ancora di più a padellate in faccia.
«Tua madre era stata educata fin da piccola per prendere il posto della zia. Ogni settimana, per tutta la sua infanzia e adolescenza, si recava a visitarla, e lei le faceva leggere libri, le insegnava a ballare, a comportarsi.»
Cosa che di sicuro a te manca, Sebastian pensò, ma ci possiamo lavorare.
Irene si chiese perché dovesse essere preparata per così tanto tempo, in fondo doveva solo amministrare delle proprietà di ricchi sempre all'estero. Quando finì di formulare questo pensiero si rese conto di quanto potesse essere una storia inventata.
Sebastian le lesse nel pensiero.
«Oh no, tua zia non ha mai lavorato dove pensavi, tua zia ha sempre lavorato qui
Qui?, Irene pensò. È impossibile, lei l'aveva vista la casa. Gliel'aveva mostrata come se ne conoscesse ogni angolo.
«Quella casa, dici?», ricominciò Sebastian. «Quella è sua.»
Non ci credeva. Nel suo ultimo viaggio gli avevano iniettato il virus della bastardaggine. Lo avevano colpito alla testa.
Poi, però, si girò verso i suoi amici...
Non erano sorpresi. Guardavano, con la schiena dritta e i piedi ben piantati a terra, un punto imprecisato davanti a loro. Quando si accorsero di essere fissati si irrigidirono ancora di più, ma non risposero allo sguardo...anzi, lo evitavano. A tutti i costi.
Sebastian seguì lo sguardo di Irene.
«Loro? Li ho inviati io in scambio da te. Desideravi andarci a tutti i costi e non volevi sentire ragioni, quindi decisi di mandare qualcuno a difenderti che potesse passare per studente.»
Irene ricordò: erano stati proprio Alexander e Zoé a rispondere al suo annuncio “cerco casa”. Distolse il pensiero, stava giocando con lei.
«Difenderti da chi? A quello parliamo dopo. Maledizione, Irene, smettila di interrompermi mentalmente.»
E dopo questa, posso ritenerti ufficialmente impazzito.
La sua espressione doveva averla tradita, perché Zoé aprì la bocca, e disse l'ultima cosa che si sarebbe aspettata:
«Ascoltalo, Irene, è importante.»
A Irene quasi cedettero le gambe, ma si ricompose.
Calma, indifferente, glaciale.
Sebastian ricominciò.
«Tutta la vita della zia ruotava attorno a tua madre. Quando finì le medie, la mandò in Gran Bretagna, alla stessa scuola dove tutti noi» - e il suo sguardo passò in rassegna tutti i presenti – «abbiamo studiato.»
Beh, tranne te.
«Un giorno tua madre andò a fare la spesa e si innamorò del cassiere, cioè io. Il resto è storia.»
Irene volse lo sguardo verso Alexander. Era arrabbiato, ma stava cercando di contenersi. In altre occasioni avrebbe messo fuorigioco in poche mosse il molto più magro e basso avversario che teneva prigioniero la sua amica, ma ora non poteva. Le mani gli tremavano per l'impotenza. Sebastian lo aveva in pugno, non c'era altra spiegazione, e l'unico modo per avere Alexander Griff in pugno era... oh no, il piccolo Mathias!, Irene realizzò. Mathias, il novenne con il sorriso e la mente più belli dell'universo. Irene ebbe ulteriore conferma che i suoi amici erano stati trascinati lì esattamente come lei, per una ragione o l'altra.
«Ora ho un meeting in teleconferenza, non ho tempo da perdere.»
«Alexander, tienila ferma», Sebastian ordinò.
Alexander prese Irene per le ascelle, piantò i piedi per terra e la tenne ferma mentre Sebastian si faceva passare da uno dei suoi scagnozzi quello che sembrava una piccola corona d'alloro dorata. Quando la posò sul suo capo questa fece clic, come fosse dotata di un sistema di chiusura moderno.
Alexander avvicinò il suo viso a quello della figlia: «Ora saprò esattamente in che luogo sei, persino in che stanza, quindi non tentare di scappare come tuo solito.»
La guardò negli occhi, e Irene resse lo sguardo. I suoi occhi non erano gelidi ma non vi era neanche amore. Era sparito ultimamente o non era mai stato lì?
Proprio in questo istante Alexander allentò la presa sul braccio sinistro. Irene non perse l'occasione: alzò il braccio e calò così velocemente le sue unghie affilate sul viso del padre che nessuno riuscì a fermarla. Sul lato destro si vedevano già delle gocce di sangue. Sebastian emise un urlo di rabbia.
Irene sorrise tristemente e cercò di correre verso la porta, ma uno degli scagnozzi la catturò e bloccò a terra.
E poi Irene non vide più niente.
   
 
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