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Autore: strawberry fields    08/11/2014    4 recensioni
La vita di Ino Yamanaka scorre tranquilla nel villaggio di Konhoa. Sembra non esserci nulla che possa turbare la sua serenità: ha terminato il liceo con ottimi voti, ama il suo Shikamaru, suo padre ed ha degli amici sinceri. Sembrerebbe che il futuro possa riservarle solo piacevoli sorprese. Ma nessuna gioia è per sempre ... Cosa succederebbe se ,improvvisamente, tutto quello che crede destinato a durare per sempre svanisse? Se tutti i suoi sogni dovessero essere sacrificati?
Piccole avvertenze: Sebbene inizi come una Shika/Ino è destinata ad evolversi in una Shika7Temari. E per le altre coppie ... tanto crack paring. Possibile OOC a causa dell' AU
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Choji Akimichi, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Ricordi e sentimenti :
 
Dedicato a Ceelogreen
 
L’autunno a Konoha arrivava di soppiatto. Quasi non ci si accorgeva del progressivo ingiallirsi delle chiome degli alberi. Le foglie si depositavano sulle strade danzando come polvere dorata. L’aria sembrava schiarirsi e ogni cosa acquistava nitidezza. Sulle cime dei monti vicino al villaggio iniziavano a vedersi i primi sprazzi di candida neve, un leggero trine che formava disegni raffinati.
Konoha era magnifica in ogni stagione. Ogni volta era possibile scoprirne un lato nuovo, godibile per poco tempo, e per questo tanto prezioso.
 Per le vie del villaggio le bancarelle che vendevano mele caramellate, senbei e castagne arrostite si erano moltiplicate. Il loro appetitoso profumo si spandeva ovunque rallegrando le persone.
Da quando erano riprese le scuole, una strana calma era discesa sulla città, improvvisamente priva delle risate e degli schiamazzi dei bambini.
“Certo che si sente un po’ di malinconia …”
Ino e Choji camminavano a passo spedito, senza fermarsi ad osservare le vetrine che fiancheggiavano.
I commercianti più astuti avevano iniziato ad esporre la mercanzia natalizia, trasformando i loro negozi in regni incantati.
 Tutto quell’inutile ciarpame, come lo aveva definito Choji per irritarla, si confondeva con gli addobbi di Halloween già in mostra creando un effetto bizzarro.
La ragazza sapeva che, se fosse entrata in una di quelle botteghe, non sarebbe riuscita ad uscirne prima di sera. Un mirabile costume da strega attirò la sua attenzione, peccato non avere tempo per fermarsi.
Era una mattinata tranquilla ma gelida. Le temperature erano scese improvvisamente e si parlava di una probabile nevicata.
“Impossibile”pensò. I tizi del meteo erano famosi per essere dei grandi esagerati. A Konoha non nevicava spesso, lo sapevano tutti. L’ultima gelata risaliva a molti anni prima, quando suo padre era solo un bambino. Tuttavia sarebbe stato bello poter godere di qualche fiocco di neve almeno per il Natale.
“Dove ci aspetta Sakura?” Chiese Choji scostando la spessa sciarpa di lana che gli copriva il volto e soffiando sulle mani nel tentativo di scaldarle. Tutto quel freddo li aveva colti di sorpresa, non erano ancora riusciti a procurarsi qualche vestito veramente invernale.
“Dovremmo trovarla al prossimo incrocio”. Da qualche parte aveva una piantina del quartiere che stavano attraversando. L’idea di estrarre anche la sua mano dalla tasca del suo cappotto per cercarla non era neanche da prendere in considerazione. Era così congelata che avrebbe potuto staccarsi.
Stavano percorrendo uno dei possibili distretti in cui gli Yamanaka si sarebbero potuti trasferire. Quasi tutti gli appartamenti che il loro agente immobiliare aveva proposto erano stati scartati. Accurate analisi avevano sempre rivelato qualche difetto, il più delle volte non trascurabile.
Con somma delusione di Ino erano stati costretti ad accantonare anche un caratteristico trilocale dotato di giardino interno ma del tutto privo di muri portanti. Anche un pittoresco appartamento proprio accanto al palazzo di Sakura si era rivelato inadatto, perdite dal tetto aveva sentenziato l’ingegnere.
La zona in cui si trovavano non era mai stata presa in considerazione. La stavano esplorando per la prima volta e doveva ammettere che le piaceva.
Le palazzine basse e circondate da siepi di bosso, i simpatici negozietti, una pasticceria … insomma c’era tutto quello che potesse desiderare.
Per non parlare di quella boutique che aveva appena adocchiato e che, lo poteva intuire benissimo, aveva dei costi davvero bassi.
Senza farsi notare rallentò il passo per sbirciare i cartellini dei prezzi.
“ Duecentocinquanta ryo per una sciarpa? Stiamo scherzando?” Con quale tessuto era fatta, pura seta? Lei possedeva un mucchio sciarpe e pashmine, ma per nessuna aveva mai sborsato più di venti ryo.
“Cosa c’è, vuoi provarti un vestito?” Domandò Choji senza capire.
“Questo color panna ti starebbe bene.”
“Ti credo, è un capo da cinquecento ryo.” Ino sbuffò divertita.
“Forse vuoi regalarmelo tu.” Ironizzò prendendolo in giro.
“Certo.” esclamò ignaro il ragazzo, per poi sbiancare alla vista del conto.
“Anzi, no. Stai molto meglio con la mia felpa”
La fanciulla arrossì. La questione “abiti di Choji” era ancora un punto dolente.
Sebbene cercasse di trattenersi, quella mattina aveva preteso di indossare una sua felpa adducendo il freddo come scusa.
 La verità era molto più triviale, quell’informe straccio verde marcio conservava ancora il profumo dell’amico e la cosa le piaceva non poco.
In vent’anni nessuno l’aveva mai vista vestire così sportiva, doveva piantarla se non voleva che i suoi amici pensassero che fosse impazzita.
“Dai!Adulatore!” Esclamò sforzandosi di ridere per sdrammatizzare il momento.
Il complimento, però, le aveva fatto molto piacere. Strano come ogni suo minimo gesto di apprezzamento ormai valesse più di tutti quelli di Sai o degli altri ragazzi con cui era uscita. La sua relazione con Shikamaru continuava ad essere posta su un piano differente, poiché aveva goduto delle sue attenzioni con un piacere infantile, simile a quello di una sorella.
Nulla di paragonabile all’intenso sentimento che stava sviluppando per Choji.
Per fortuna lui non sembrava sospettare niente.
“Mah, non si può mai sapere con uno come lui” Choji intuiva sempre tutto, era uno dei quei lati della sua personalità di cui ci si dimenticava ma che saltavano fuori all’improvviso. Quel ragazzo aveva sempre avuto una speciale consapevolezza che lo distaccava dagli altri.
Lo osservò di sottecchi mentre accelerava per svoltare l’angolo; sembrava sempre assorto, distratto in un certo senso, ma alla fine sarebbe stato quello che li avrebbe fregati tutti. O almeno così le aveva detto Shikamaru. Non capiva bene cosa l’altro intendesse con “fregare” ma non credeva fosse qualcosa di dispregiativo.  Ultimamente lei e il Nara avevano ripreso a parlare. Nulla di speciale, soltanto brevi mail che gli spediva per informarlo della ripresa psicologica dell’Akimichi. Purtroppo non aveva mai avuto grandi miglioramenti da riferirgli, ma non perdeva la speranza. Comunque Shikamaru sarebbe tornato al villaggio entro pochi giorni, e allora ne avrebbero discusso di persona.
“Sakura sarà accompagnata?” Choji alludeva a Sasuke Uchiha.
“Non credo. Non mi sembra il tipo di attività in cui si farebbe coinvolgere.”
“Già, girovagare per appartamenti piccoli e da ristrutturare; disdicevole.” celiò Choji imitandolo alla perfezione.
Ok, l’Uchiha poteva avere un carattere pesante e non si sforzava assolutamente di risultare simpatico, ma non poteva ridacchiare del ragazzo della migliore amica.
Si costrinse ad inspirare profondamente per calmarsi.
“Cosa ne pensi di lui?”
“Cosa ne pensi di loro?” era la questione implicita.
 Erano usciti a quattro una sola volta; quattro giorni dopo il funerale di Choza, quando Choji era tanto depresso da non riuscire neanche a mangiare.  Sakura aveva provato ad organizzare una cena a casa sua per distrarlo. Una serata pietosa. Sasuke era stato pessimo, sia con loro (e la cosa poteva anche passare) che con la sua ragazza. Non aveva trovato nulla di suo gusto e sen’era andato via a metà del pasto adducendo come pretesto una motivazione familiare. Alla fine era stata Sakura quella da consolare.
“Penso che non la meriti” affermò l’Akimichi senza scomporsi. Ino sospirò: lo pensava anche lei.
“Voglio dire” proseguì il ragazzo accalorandosi “Non si può essere così zotici con una ragazza che ti prepara dei manicaretti tanto buoni; è contro ogni principio morale!”
“E poi” continuò “Oggettivamente Sakura è bella” ,Ino trasalì, “ Lui la fa sempre sentire una nullità. Non mi piace per niente, ma gli concederò un’altra possibilità”.
Quindi Choji considerava Sakura bella, e apprezzava anche la sua cucina. Perché non si apriva una buca nel terreno così da inghiottirla!? Possibile che il suo rifiuto, quando si erano baciati, potesse averlo indotto a considerare altre ragazze?
“Ma non era un no definitivo!!” pensò disperata. Si, ma il suo comportamento aveva lasciato intendere proprio quello.
“Mi serve solo un po’ di tempo” O meglio, non sapeva neanche lei cosa stesse aspettando e perché.  L’amore, però, non era eterno. Una lacrima scese a rigarle la guancia.
“E adesso che fai, piangi?” Choji era sconcertato.
“No, è solo il vento”
Sakura li aspettava accanto ad un semaforo. Saltellava per scaldarsi e indossava una giacca a vento bianca che la faceva somigliare ad un allegro pupazzo di neve. Agitò freneticamente la mano verso di loro correndogli incontro.
“Come state? Avete visto che freddo? Di questo passo ci troveremo sepolti dalla neve.”
Mentre si sporgeva per abbracciarla Ino sentì il suo stomaco contrarsi. Non voleva ingelosirsi, però si sentiva male al pensiero che Choji potesse esserne attratto. Per il momento preferì accantonare la preoccupazione.
La casa che dovevano visitare era una graziosa villetta a schiera color corallo; apparentemente come tutte le altre della via. All’interno non celava nessuna sorpresa: tutti i muri erano dipinti della stessa tonalità neutra e le piastrelle del bagno e della cucina erano di un anonimo color sabbia. Il costruttore non doveva essersi curato molto dell’aspetto estetico. Le rifiniture erano di buona qualità, ma nel complesso quel luogo mancava di personalità.
“Almeno fa caldo” La temperatura era piacevolmente mite rispetto all’esterno.
Il cortile retrostante era stato completamente pavimentato, il che rendeva impossibile farci crescere qualsiasi pianta; un punto a sfavore. Data l’enorme lontananza dal negozio di fiori Ino aveva sperato di coltivare nel suo giardino alcune delle specie più resistenti. Insomma, era un po’ delusa. I suoi due amici sembravano pensarla diversamente, si aggiravano per le stanze chiacchierando allegramente e lodandone le dimensioni.
“Chi avrebbe mai pensato di trovare tanto spazio” disse Choji aprendo i pensili della cucina con cura meticolosa.
“Già, dall’esterno non si sarebbe detto.” Affermò Sakura “Ehi, Ino, cosa ne diresti di appendere qui quel quadro stupendo che hai in ingresso?Quello con il bosco al tramonto; rallegrerebbe l’ambiente, non credi?”
Poteva essere un’idea. Appeso accanto alla finestra avrebbe creato un bel contrasto. Stava iniziando a visualizzare qualche soluzione. Delle tende lilla sarebbero state perfette; magari poteva anche comprare uno di quei tappeti a righe colorate che creavano un’atmosfera tanto accogliente …
“Potrei mettere un cesto di rami illuminato davanti alla porta. E’ un secolo che voglio fare una cosa del genere”propose entusiasmandosi. Non era un male che quella casa fosse priva di carattere, l’avrebbe considerata una tela bianca su cui dipingere.
“Ehi guardate, qui c’è addirittura una stanza con bagno on suite.” Ovviamente sarebbe stata sua. Ora era elettrizzata. C’era persino un piccolo studio in cui avrebbe potuto finalmente raccogliere la contabilità del negozio.
“Non per essere venale, ma quanto costa?” Inquisì Choji “Voglio dire, è in un quartiere bellissimo, è sufficientemente ampia, ha persino il giardino ergo costerà una barca di soldi. Siamo sicuri che l’agente abbia capito quello che volevi?”.
“Effettivamente non mi è sembrato tanto sveglio” si adombrò Sakura.
“Lorsignori saranno sorpresi di apprendere che costa solo duecentomila ryo, ben trecentomila in meno del mio attuale appartamento” gongolò Ino godendosi le loro facce allibite.
“Scherzi?”
“No. Tanto per cominciare qui le stanze sono molto più piccole e poi c’è il problema del rumore. I negozi vicini restano aperti fino a tardi e questo disturba la gente.”. La musica che riecheggiava, a volume altissimo, fino a tarda notte era un problema per le famiglie. Poco male, Inoichi e sua figlia avevano un sonno così pesante che nemmeno un raid aereo avrebbe potuto svegliarli. Il rumore l’avrebbero sentito a malapena.
“A te dà fastidio?”
“Neanche per sogno, amo l’idea di scendere a fare shopping anche di notte” Ad essere sincera, non vedeva l’ora di farlo. Avrebbe potuto invitare le sue amiche per sedute di Shopping al chiaro di luna; molto più soddisfacenti di un appuntamento galante. Hinata avrebbe sicuramente apprezzato l’idea.
Choji emise un sospiro rassegnato, lui di certo non avrebbe gradito essere trascinato per negozi durante la notte. Sbagliava, il suo guardaroba era in uno stato disastroso cui, prima o poi, avrebbero dovuto porre rimedio.
“Questo è proprio quello che non volevo sentire” esalò  percorrendo a grandi passi l’ ingresso per misurarne l’ampiezza. Era stato stabilito che se riusciva ad attraversare ogni stanza con più di cinque falcate c’era spazio a sufficienza per le esigenze degli Yamanaka.
Mentre controllavano l’impianto elettrico Sakura si assentò brevemente per una chiamata.
Doveva trattarsi di qualcosa di spiacevole perché la ragazza alzò la voce più volte. Pur non volendo, Ino e Choji sentirono distintamente parecchie parti della conversazione: Sasuke era partito improvvisamente per Oto, senza salutarla né spiegarle nulla. Non le doveva niente, aveva sentenziato. Se voleva andare a salutare suo fratello, lo faceva e basta.
“Io non avanzo pretese.” aveva dichiarato Sakura, più tardi, seduta al tavolo del bar.
“E’ libero di andare dove gli pare. Pensavo che ormai avessimo stretto un legame, sembra che non sia così; me ne farò una ragione.”.
A conferma del suo ”totale disinteresse” prese alcune noccioline ed iniziò a masticarle con foga.
“Sembra una leonessa.” Comunque la capiva benissimo, anche lei si era sentita furiosa quando Shikamaru non si era degnato di chiamarla durante l’estate.
Secondo me dovresti tenerlo più sulle spine. Non farti vedere troppo presa da lui, questi giorni esci con gli amici; gli farai vedere che hai una vita e non stai solo ai suoi comodi” consigliò Choji, perfettamente integrato nel ruolo di “amica comprensiva”. Li avesse dati a lei quei consigli tempo fa … si sarebbe evitata parecchie seccature.
“Negati al telefono, se ti chiama.” rincarò la dose Ino.
“Insomma, fallo penare. Deve chiederti perdono strisciando.”
“E se non lo fa?”
“Lo farà, ho fiuto per queste cose. Fidati di me” concluse il ragazzo alzandosi. “Vi saluto, devo andare a fare una prova di ammissione in un ristorante.”
“Non me lo avevi detto.” Ino si pentì di avergli chiesto di accompagnarla fin lì. Se avesse saputo del suo impegno l’avrebbe lasciato a riposarsi e concentrarsi.
“Me ne ero dimenticato.” Ammise il giovane chinandosi per un bacio di commiato.
“Ci vediamo a casa questa sera?”
“Si, mi fermo da voi. Darò una mano a finire gli scatoloni.”
“In bocca al lupo. Sarai fantastico.”
“Non ci conterei”
“Perche?”Chiesero in coro le due ragazze.
“Tutti fanno gli stronzi quando scoprono che sono il figlio di Choza Akimichi”.
“Merde …” Choji era un genio ai fornelli ; chiunque non lo capisse non era degno di averlo nel suo misero ristorante e poteva andare bellamente a quel paese. Che colleghi meschini, prima accorrevano a porgere le loro condoglianze e poi sbattevano le porte in faccia ad un ragazzo orfano.
“Bah, il fallimento se li porti!”
La Yamanaka si perse per qualche istante fissandogli le spalle mentre apriva la porta del locale ed usciva. Avevano proprio la forma che piaceva a lei …
Il ridacchiare di Sakura la riportò alla realtà.
“Che c’è?” domandò accigliandosi.
“Sembrate proprio una coppia sposata.”
Sakura sgranò gli occhi vedendola arrossire furiosamente invece che darle un pugno come si sarebbe aspettata. La luce della comprensione si accese nei suoi occhi.
“I- Ino … c’è qualcosa che dovrei sapere?”
La ragazza scosse la testa facendo ondeggiare la morbida coda bionda, ma non replicò.
“Perché a te non piace Choji. VERO?” Ormai si era sporta talmente tanto che le punte dei loro nasi si sfioravano. Qualcuno fischiò e si sentì echeggiare un “bacio”. Doveva essere una scenetta sexy; anche Sakura che mostrava con nonchalance il suo dito medio lo era, a suo modo.
 “ E se fosse?” pigolò Ino arrendendosi all’evidenza dei fatti.
“Oh – miei – Dei .“ Sakura si ributtò indietro urtando sonoramente lo schienale della sedia. Sembrava non essersi fatta male e continuava a tenere poggiata la mano sul petto nel tentativo di reprimere la crisi cardiaca.
“Saku non fissarmi così, dì qualcosa!” L’attesa la stava uccidendo. Voleva sapere cosa ne pensava la sua amica. Possibilmente subito.
“E’ … è … “ L’Haruno sembrava a corto di parole “ E’ perfetto!” si decise ad esclamare. La tensione delle ultime settimane la abbandonò di colpo.
“Cioè, è sbagliatissimo perché è il tuo migliore amico; ma è fantastico lo stesso. Vorrei esserci arrivata prima.”
Se non si fossero trovate in un luogo pubblico Ino sarebbe saltata in braccio all’amica ridendo e piangendo allo stesso tempo. Si era tolta un peso enorme.
“Sono felice che la pensi così. Non te l’ho mai detto perché avevo paura che l’avresti trovato ridicolo.”
Sakura si incupì. “Hai fatto male. Ti avrei appoggiata da subito. Ti avrei sostenuto anche se tu mi avessi confessato di amare Shino Aburame o addirittura Hinata”
Ino abbozzò un sorrisetto, lo sapeva già, ma faceva sempre piacere sentirselo dire. In realtà aveva taciuto anche per paura di ammettere razionalmente come stavano le cose. Sapere che c’era qualcun altro a parte del suo segreto le dava la spinta per agire.
Una  cameriera  depose tra loro un’altra teiera e dei biscotti allo zenzero.
“Grazie, ma noi non …”
“Ha pagato tutto il ragazzo alto che è uscito poco fa. Ha detto che avreste avuto bisogno di un secondo giro.” asserì la donna andandosene pigramente. A quell’ora del mattino i clienti erano ancora pochi.
 “Cosa provi per Choji?”  chiese Sakura portandosi alle labbra la tazza ancora bollente.
“Mi piace. Moltissimo.”
“Lui lo sa?”
“L’ho baciato Saku, più evidente di così …” Al ricordo di quel giorno risentì l’ormai familiare fitta di desiderio.
“Eeeh?!! Quando? Allora state insieme?!”  Magari fosse stato così semplice, tracannando un sorso del suo thè , Ino si accinse a spiegarle tutto il pasticcio che aveva combinato. O meglio che “avevano”combinato, non se la sentiva di addossarsi tutta la colpa; anche Choji aveva la sua bella parte di responsabilità in quella faccenda. Sakura tacque per quasi tutto il racconto, interrompendola sporadicamente per porle qualche questione. Alla fine si gingillò per qualche istante con il tovagliolo prima di risponderle.
“Non sei in una situazione semplice” ammise senza mezzi termini. “Ami Choji, ma non vuoi rischiare di perdere la sua amicizia se le cose vanno male tra voi. Lo stesso vale per lui. Capisco, è un bel dilemma; neanche io so cosa suggerirti, dovrò pensarci bene”
“Tu come hai fatto con Sasuke?”  Non aveva mai sentito parlare del loro primo incontro, o di come si erano messi insieme.   
“E’ stato diverso, non siamo mai stati amici; quindi non avevo nulla da rischiare”
“Come lo hai conosciuto?” Per qualche strana ragione Sakura era sempre stata laconica su questo argomento, forse lui non voleva che se ne parlasse. Conoscendolo era un’ipotesi molto probabile.
“E’ successo a casa di Naruto.” Ino annuì per incoraggiarla a proseguire “ Quando andavamo in seconda superiore, ero andata lì per ripassare matematica. Il professor Asuma me lo aveva affidato affinchè lo aiutassi a migliorare, ricordi?” Rammentava benissimo, infatti anche lei era stata affidata a Shikamaru per colmare le sue lacune. La loro relazione era nata da quei pomeriggi.
“Quello scemo di Uzumaki si era dimenticato di dirmi che sarebbe arrivata un’amica di sua madre con i suoi figli”
“E tu hai visto Sasuke e te ne sei innamorata” concluse la Yamanaka. Già, innamorarsi a prima vista, molto tipico di Sakura. A lei non era mai capitato; si era “innamorata” di Shikamaru perché gli voleva bene e le era sembrata la cosa giusta da fare. Invece Choji l’aveva presa completamente di sorpresa.
“Forse sono stata fortunata” non aveva mai ceduto il suo cuore a qualcuno senza prima averlo conosciuto profondamente.
“Va tutto bene con Uchiha – kun?”la domanda non aveva un gran senso, dato che l’aveva sentita benissimo litigarci poche ore prima, ma era un modo garbato per introdurre la conversazione.
“Il punto è che non lo so.”
Sakura sembrava in bilico tra il pianto e la crisi di nervi.
“Non mi dice mai niente. Se ne sta lì muto per ore e gli unici argomenti di conversazione sono suo padre, suo fratello e come darà lustro al suo clan diventando il migliore di tutti. Non è manesco, beninteso. Sa essere villano, ma è la distanza il suo vero problema. Non permette a nessuno di avvicinarsi. Purtroppo così non si riesce mai a stabilire un vero legame” La ragazza si passò una mano tra i folti capelli rosa scompigliandoli.
“ A volte ho l’impressione che stiamo facendo dei passi avanti, che lui stia per aprirsi, ma è solo un’illusione. Quando lo rincontro  è come se dovessimo ricominciare da capo”.
Ino ascoltava attentamente senza perdersi nemmeno una parola.
“Senti” esordì cautamente cercando le parole per non ferirla “ Sei sicura che ne valga veramente la pena?”Sakura sgranò gli occhi incredula, fece per parlare ma Ino la anticipò. “Non voglio ferirti, casomai mi fa male vederti che soffri”
“E’ quello che dice anche Kimimaro. Secondo lui dovrei mollarlo e prendermi una vacanza in qualche posto che non mai visitato. Qualcosa di meno deprimente di Oto ma meno provinciale di Konoha.”
“Non sarebbe una cattiva idea, potrei venire anch’io con te.”
Entrambe scoppiarono a ridere; erano proprio messe bene …
“La verità è che non posso lasciare Sasuke. Non fare quella faccia” disse vedendo il cipiglio truce che stava assumendo Ino “Io so che ha bisogno del mio aiuto.”
“Sinceramente non mi pare” Più che altro le sembrava uno stronzetto presuntuoso che trattava male la sua ragazza, nonché sua migliore amica. Choji aveva proprio ragione sul suo conto. Ma quando Sakura partiva in quarta con la storia di salvarlo da sé stesso non era possibile ragionarci. Kimimaro non conosceva nessun bravo ragazzo, possibilmente facoltoso,da presentarle? Doveva chiedere anche ad Hinata, i parenti Hyuga erano numerosi come le foglie di un albero.
“E come se non bastasse c’è la questione della bellezza” Sakura sembrava intenzionata a confidarsi, così Ino ordinò dell’altro thè.
“Ovvero?”
“Beh, vedo come lo guardano le altre ragazze per strada. Persino le donne mature lo adocchiano o tentano di approcciarlo”
In effetti anche la Yamanaka se n’era accorta. Al festival di Oto si erano spesso trovati in situazioni imbarazzanti;persino la fidanzata di Kimimaro non era riuscita a trattenersi. Sasuke non aveva mai risposto a nessuna avance, sembrava  indifferente a tutto.
“Anche Karin , la cugina di Naruto, hai visto come ci prova?”
No,se lo era perso.
“Pensavo che stesse con Kiba” ribattè Ino stupita. Anche se ,a pensarci bene, quei due non sembravano fatti l’uno per l’altra. A dispetto del suo aspetto allegro le era sempre parsa un po’ sadica. Le ci voleva un uomo in grado di tenerle testa, e quello non era il loro semplice e leale Kiba.
“E’ successo quando tu ti eri allontanata dopo la rottura con Nara. Quando ti eri rinchiusa a casa a “struggerti per il dolore”.” Spiegò lanciandole un’occhiata carica di sottili allusioni. Prodigioso come fosse capace di infilare almeno dieci toni insinuanti in una sola frase.
“Che cosa è successo?”
“Niente di clamoroso, piccole cose. Gli siede sempre in braccio, lo stuzzica, lo abbraccia. Nulla di troppo spinto; nessuno ci fa caso, ma io si. “
“Hinata e Tenten non sentono il bisogno di strusciarglisi addosso tutto il giorno, perché lei lo fa?”
Perché è una troietta”. Questo Ino non lo disse, limitandosi a stringersi nelle spalle e a guardarla in modo eloquente.  Era fastidioso parlarne male perché era la cugina di Naruto. Gli Uzumaki non erano dei sadici traditori, chissà lei da chi aveva ripreso.  Oppure era stronza e basta, a volte capitava.
“Ascolta Saku” iniziò spremendosi le meningi nel tentativo di darle un buon consiglio. Shikamaru avrebbe riso vedendola così e le avrebbe intimato di non sforzarsi troppo, tanto lei non era abituata a pensare.
“Non fare nulla per ora. Non lo cercare e aspetta che sia lui a chiamarti.”
“ Se lo fa ,bene. Se non lo fa” continuò calcando bene le ultime parole per fargliele memorizzare “Inizia a pensare seriamente di dargli il benservito”.
 Da quanto uscivano insieme? Quattro mesi. Non erano tanti, però non aveva senso continuare se lui era palesemente disinteressato. Voleva dire che non era quello giusto. Prima dell’amore veniva la salute mentale. “Meglio soli che male accompagnati”
Sakura accolse il suo suggerimento con orrore “Se lo lascio muoio” rispose abbassando il capo. Sciocchezze, se la sarebbe cavata egregiamente. Era una ragazza forte e molto più in gamba di lei. Ino aveva pensato di morire quando Shikamaru l’aveva lasciata ed era sopravvissuta, un po’ ammaccata, ma era ancora lì.
Si, però io ho avuto Choji” e Sakura aveva lei e Kimimaro.
Senza contare che sarebbe arrivato qualcuno anche per lei.
Era troppo belle e talentuosa per non venire notata.
Le due ragazze si separarono dopo aver preso un ulteriore di thè per tirarsi su.  Con tutto quel nervino ci sarebbe stato da stupirsi se fossero riuscite a dormire.
Sakura aveva delle lezioni pomeridiane da seguire,ma promise solennemente che si sarebbe tenuta alla larga del telefono. Almeno per le successive ventiquattr’ore.
                                       
                                                                                        ***
 
Ino maledisse per la milionesima volta il fatto di non poter accendere i termosifoni in negozio. Il caldo e l’aria viziata rischiavano di far appassire prima del tempo alcune delle varietà floreali più pregiate. Pertanto la temperatura stava rapidamente scendendo tanto più si avvicinava il crepuscolo. Non era stata una giornata particolarmente impegnativa. Pochi clienti, quasi tutti in cerca di bouquet economici e tutti di fretta. Nondimeno, aveva una grande ordinazione di composizioni per un compleanno a tenerla impegnata. Avrebbe dovuto eseguire ben cinquanta centrotavola e diverse corone e ghirlande di fiori.
“Finisco queste e torno a casa” decise frugando fra il mucchio di foglie di eucalipto che aveva davanti. Trovare quelle giuste era un’operazione che richiedeva concentrazione. Sceglieva solo quelle più grandi e profumate; con il loro colore verde salvia e la consistenza simile al velluto rendevano elegante qualsiasi creazione.
Stava infilando l’ultima rosa aranciata nella corona destinata alla festeggiata, quando i campanellini sopra la sua porta tintinnarono annunciando l’arrivo di qualcuno.
“Buonasera” salutò alzando la testa nonostante il collo indolenzito.
Neji Hyuga le restituì il saluto con garbo. Di tutte le persone che si sarebbe aspettata di incontrare lui era l’ultima. Il suo negozio era conosciuto dal clan del ragazzo, eppure non lo aveva mai immaginato a comprare dei fiori. Sembrava più il tipo che avrebbe preferito inviare un servo piuttosto che occuparsene di persona.
“Forse vuole un bonsai”Ne aveva parecchi belli nel locale retrostante. Avrebbe dovuto nascondere quello con gli agrumi in miniatura che voleva regalare a Choji, ma dubitava che lo Hyuga lo avrebbe voluto. Richiedeva troppe cure.
“Come posso aiutarti?”Domandò cercando di conferire alla sua voce un timbro pacato e competente. Quel tizio la faceva sentire dannatamente in soggezione, sembrava così … gelido. Ogni volta che parlava non si aveva l’impressione di trovarsi di fronte ad un giovane bensì ad un vecchio. Inoltre le sue iridi chiarissime ,quasi bianche, la mettevano a disagio. Ino si pentì quasi subito dei suoi pensieri; con lei era sempre stato impeccabilmente cortese e non si sentiva in diritto di giudicarlo affrettatamente. In fondo essere l’erede maschio di una famiglia antica e nobile come gli Hyuga doveva essere molto difficile.
“Chissà a quante pressioni viene sottoposto”Hinata una volta le aveva rivelato che la disciplina del suo clan era davvero rigida.
“Vorrei acquistare un mazzo di fiori” chiese il ragazzo evitando di guardarla. Probabilmente stava morendo dall’imbarazzo.
“Di che genere?”
Un’occhiata spaesata fu l’unica risposta che ottenne.
“Perché , ci sono generi di mazzi di fiori?” Meno male che quello era il genio del clan Hyuga...
“Lo vuoi grande, medio, piccolo …?”
 Neji si dondolò sul posto pensieroso. Era vestito molto elegantemente, con uno dei suoi famosi kimono e una cappa ricamata. Forse si stava recando ad una festa o a un appuntamento.
“Crepi l’avarizia, lo prenderò grande.”
 Con quelle parole si era guadagnato la sua approvazione in un colpo solo.
“Gigli, per cortesia.”Puntualizzò indicandole una varietà bianca,striata di rosa e leggermente puntinata al centro.
“Qualcos’altro?”
“Rose bianche e ,uhm, quello è mughetto? Potresti aggiungere anche quegli steli di ciliegio? Grazie.”
Mentre Ino confezionava il mazzo, avvolgendolo in raffinato tulle bianco leggermente spruzzato d’oro e legandolo con un nastro di raso, si chiese chi fosse la fortunata destinataria di quei fiori. Forse la vicina di casa di Sakura, Tenten. Oppure Hinata, anche se un dono del genere sembrava più romantico che familiare.
“Neji, tu sai qual è il significato del mazzo che hai composto?”
“No, i fiori sono fatti per ammirarli o per sentirne il profumo. Non per starci a cavillare sopra.”replicò deciso,come se interrogarsi sui fiori mettesse in dubbio la sua virilità.
“Tipico dei maschi. Non hanno acume, non colgono le sfumature …”Era questo che, salvo poche eccezioni, li rendeva dei corteggiatori così scadenti.
“ E se io ti dicessi che hai appena augurato peste perpetua  alla famiglia della persona a cui lo regalerai?”Lo provoco mentendogli .Neji sbiancò.
“L’ho fatto? Chiese, perdendo per un istante il suo autocontrollo.
Ino scoppiò in una fragorosa risata facendolo trasalire.
“Ahahah , no” lo rassicurò asciugandosi le lacrime dagli occhi “In realtà ha un significato molto romantico, stai tranquillo”
“Non è stato divertente” sbuffò lui ricomponendosi.
“Scusa. Ecco, ho finito.” disse porgendogli i fiori. Neji li soppesò soddisfatto annusandone la delicata fragranza.
“Perfetto.” Sorrise compiaciuto allungandole i soldi.
“Aspetta”Ino lo richiamò dalla soglia del negozio.”Mi hai dato troppi soldi.” Il suo mazzo di fiori, per quanto pregiato, non valeva cinquanta ryo.
“Tienili Yamanaka – chan. Probabilmente hai dato un senso alla mia serata e a quelle a venire.” rispose il ragazzo esibendo per la prima volta un gran sorriso.
“Oh, se tu potessi ordinarmi un bonsai di ciliegio te ne sarei immensamente grato.”
Rapidamente le rivolese una riverenza e si infilò nella lussuosa macchina nera che lo stava aspettando.
“Forse Neji non è poi così male”. Borbottò a mezza voce. Uno che spendeva tanti soldi per la sua ragazza doveva tenerci parecchio.
“O anche no. I soldi non sono tutto nella vita.” E soprattutto non ti rendevano automaticamente una brava persona. Certo ,però, che la vita degli Hyuga era davvero pazzesca. Le sarebbe piaciuto essere così ricca almeno per un giorno.
Una raffica di vento più gelida delle altre le mozzò il fiato. Il buio era sceso sul villaggio e finalmente era giunta l’ora di chiudere.
Sperava che suo padre avesse già iniziato a cucinare perché moriva di fame. Una zuppa calda era proprio quello che ci voleva.
 
                                                                                      ***
 
L’ordinata dimora degli Yamanaka era irriconoscibile. Ovunque campeggiavano scatoloni riempiti a metà per l’imminente trasloco. Le valigie di Inoichi, già pronte per la sua partenza, erano state stipante accanto alla porta. Il signor Yamanaka avrebbe raggiunto il villaggio della nebbia la settimana prossima, pochi giorni prima del trasferimento di Ino nella loro nuova casa. Dimora che doveva essere ancora acquistata, ma questi erano dettagli.
“Sono arrivata” gridò la ragazza ricordandosi che doveva parlare al padre dell’appartamento visitato in mattinata. Le piaceva ed era economico. Due ottime ragione per comprarlo.
Inoichi fece capolino dal salotto “Ben tornata” la salutò “Com’è andata la giornata?” Entrambi avevano concordato che sarebbe stato meglio lasciarla lavorare da sola in quei giorni, per darle il tempo di abituarsi a svolgere l’attività senza aiuto.
“Tutto tranquillo” gli sorrise. Uno sfrigolìo di uova giunse dalla cucina. “Choji è già arrivato?” chiese togliendosi il cappotto.
“Ehm, no, non è lui” Ino corrugò le sopracciglia perplessa, non riusciva ad immaginare di chi altro potesse trattarsi. Come a volerle rispondere Yoshino sbucò dalla cucina e con aria imbarazzata si tolse il grembiule.
“E’ tutto pronto, Inoichi, io vado” Ino era talmente senza parole che non riuscì ad imporsi un contegno adeguato. Rimase a fissarla con la bocca spalancata e l’espressione più inebetita che avesse mai fatto.
Era passato moltissimo tempo dall’ultima volta che aveva visto la madre di Shikamaru. Si erano incontrate pochi giorni prima della fine del liceo e dal allora non aveva avuto più modo di parlarci. A volte veniva ad aiutare suo padre con le faccende di casa, ma non si erano mai incrociate. Poi c’era stata la morte di Choza e i contatti tra loro erano cessati del tutto.  La donna sembrava avere molta fretta di andare via. Le gettò un’occhiata in tralice mentre declinava l’offerta di Inoichi di fermarsi a mangiare da loro. Sicuramente non voleva incontrare Choji.
Osservandola da vicino Ino notò quanto fosse invecchiata. Le palpebre appesantite socchiudevano i suoi occhi, contornati da profonde occhiaie,e i capelli, un tempo neri, erano striati di grigio. La cosa che la colpì di più fu la totale assenza di energia vitale che traspariva dalla sua persona. Esteriormente appariva sempre la stessa donna severa e sbrigativa, ma sembrava che qualcosa dentro di lei fosse andato in pezzi, una parte della sua anima che non sarebbe stato più possibile aggiustare.
“Deve aver ricevuto parecchie delusioni” pensò la ragazza sussurrandole un saluto.
“Certo che potevi essere più cortese” la rimproverò suo padre quando la porta fu chiusa.
“L’ho salutata” si difese Ino sdegnata. Fingere che non fosse accaduto nulla tra loro sarebbe stato mancare di rispetto a Choji. E comunque non ci sarebbe riuscita.
“Yoshino sta passando un brutto momento, cerca di essere comprensiva” continuò Inoichi in tono duro
 “Non essere così rigida. Choji non lo farebbe.” Già, ma Choji era il tipo di ragazzo che si teneva tutto dentro; lei non era così, se era arrabbiata lo faceva capire.
“Sei troppo dura” Da quando Inoichi si mostravo così partecipe delle vicende dei Nara?Tutti sapevano che tipo era Shikaku, colpa di Yoshino se non lo aveva ancora lasciato.
“Vado in camera” disse la giovane lasciando cadere il discorso; discutere con suo padre a causa duella famiglia era l’ultima cosa che voleva. Non avrebbe neanche detto a Choji di averla incontrata.
“Chi è causa del suo mal pianga sé stesso” pensò irritata citando uno dei proverbi insegnatole da Choza.
Anche la sua stanza si era trasformata. Il suo armadio, troppo grande per essere portato via, era stato smantellato e venduto. Disfarsi del mobile appartenuto alla madre le aveva spezzato il cuore. Aveva passato gran parte della notte raggomitolata a piangere silenziosamente, per poi cadere in un sonno agitato. Anche parecchi dei suoi vestiti erano stati dati in beneficienza, ed era ovvio che anche la sua comoda scrivania, completa di cassettiera e sedia girevole, non sarebbe mai entrata nella villetta color corallo.
“L’unica cosa che riuscirò a portarmi dietro sarà il computer” A quello non avrebbe rinunciato. Era un vecchio modello, cedutole da Inoichi quando aveva iniziato il liceo. In realtà pensava di sostituirlo con un modello migliore; ma vista la sua situazione economica non le sembrava più il caso. Sarebbe andato bene per un altro paio di anni.
Suo padre tornò a bussarle per porgerle il telefono: era Hinata.
Ogni volta che chiamava Ino si sentiva sorpresa. Le voleva bene ma avevano così poco in comune che aveva sempre pensato che finito il liceo si sarebbero perse di vista. Invece la Hyuga continuava a chiamarla puntualmente almeno due volte al mese. Non si era mai recata per farle visita, per quello era troppo timida. Persino parlare al telefono le metteva soggezione, anche se frequentando Naruto era molto migliorata. Quella volta fu in grado di portare a termine l’intera conversazione senza nemmeno un balbettio. Sua sorella Hanabi (la mocciosa viziata dei fuochi d’artificio) aveva intenzione di dare una festa in maschera per Halloween e Hinata aveva insistito per invitare anche i suoi amici. Traduzione: non era in grado di controllare una banda di ragazzini scatenati e chiedeva disperatamente rinforzi.  Naturalmente anche Choji era invitato.
Per un attimo la giovane fu tentata di chiederle del cugino Neji e dei suoi fiori.
Meglio lasciare stare”Hinata si sarebbe imbarazzata da morire, e c’erano ottime probabilità che non ne sapesse nulla.
Una festa in maschera è proprio quello che ci vuole!”Pensò gasata gustando l’idea di un travestimento abbinato a quello di Choji. Da cosa si vestivano?Frankenstein e consorte? Dracula e Mina? Mortisia e Gomez? Le venivano in mente solo coppie sposate.
“Comunque i nostri saranno i costumi più belli”
Il giovane Akimichi apprese la notizia dell’imminente party come un condannato che va al patibolo.
“Io non mi travestirò.” protestò mentre cenavano.
“Si che lo farai.” insistette Ino. “Io ho guardato tutte le stupide partite di qualificazione al mondiale solo per farti contento, perciò ora se in debito con me. Verrai a villa Hyuga adeguatamente mascherato; fine del discorso” terminò con un tono che non ammetteva repliche.
Stavano cenando seduti sul tappeto del salotto con i piatti in precario equilibrio sulle ginocchia. Choji, stanchissimo dopo una giornata di prove nei vari locali del villaggio, si era sdraiato sul fianco e tentava di pescare dal suo piatto dei pezzi di frittata di zucchine. Nessuno dei ristoratori che lo aveva esaminato si era lascito sfuggire qualche commento di apprezzamento. Lo avevano liquidato con parole laconiche e un ghigno sadico sul volto. Nel mondo della cucina quello equivaleva ad un “no”. Ino li odiava tutti.
“A parte che il calcio non è paragonabile ad una festa in maschera. E’ un fede, uno stile di vita. Da cosa mi doveri vestire ,eh? Da zombie?” Le chiese provando a girarsi per trovare una posizione più comoda.
Questo era da escludersi. Non lo avrebbe mandato in giro truccato di verde e con i vestiti a brandelli. Aveva in mente qualcosa di più raffinato.
“Mi cospargerò la faccia di polvere di gesso e brillantini solo per farti contenta.” proseguì il ragazzo accennando impietosamente alla sua fase di amore incondizionato verso i vampiri. Inoichi rideva come un matto. “Tutte le pulzelle non avranno occhi che per me.”
“Ecco, questo non è esattamente nei piani”Lei avrebbe avuto occhi solo per lui. Le altre fanciulle avrebbero fatto meglio a non farlo, a meno che non gradissero l’idea di farsi cavare i bulbi oculari. Sarebbe stato lento e doloroso, un’esperienza tutta da provare.
“Ok Cho” cedette la giovane “Vieni come ti pare. L’importante è che tu ci sia.”
Se Choji era stupito dall’inconsueta concessione della sua amica non lo diede a vedere. Annuì ,improvvisamente serio, prima di dirle “Ti concedo un vestito nero perché quel colore mi sfina. Ma bada che non sia nulla di troppo eccessivo.”
“La festa sarà il trentuno ottobre?”chiese servendosi ancora una fetta di frittata.
Ino non ebbe il coraggio di dirgli chi l’aveva cucinata e notò che anche Inoichi non osava guardarlo.
 Pensare che Choji potesse offendersi a mangiare qualcosa preparato da Yoshino era un’idea idiota. Non era mai stato adirato con lei. Ciononostante nessuno dei due osava fiatare. Annuendo in risposta la ragazza affogò il senso di colpa nella zuppa di miso. Quell’intruglio faceva davvero schifo. Potevano anche mantenere la segretezza, ma si capiva che quella porcheria era opera della signora Nara. Nessuno di loro cucinava così male.
“Potremo prendere la mia macchina” Non avevano scelta, dato che Inoichi aveva bucato le gomme posteriori giusto il giorno prima. Il gene della guida era piuttosto recessivo nella stirpe Yamanaka.
“Se senti i tuoi amici fammi sapere se dobbiamo passare a prendere qualcuno.”
“Probabilmente potremo dover accompagnare Sakura, non mi fido dell’Uchiha”.
 Mangiare con stoviglie di carta rendeva le operazioni di pulizia estremamente semplici; non dovevano fare altro che buttare tutto nella pattumiera. Questo rendeva la routine quotidiana di colpo rilassante e c’era qualcosa di divertente nel vivere in una dimora che assomigliava ad un campo di battaglia. Non bisognava preoccuparsi di sembrare ordinati per esempio.
“Parlando di cose serie” Iniziò Inoichi mentre deponeva in frigo gli avanzi
“Io parto tra sei giorni” Entrambi i ragazzi annuirono”Domani andrò a vedere l’appartamento che avete visitato oggi. Se va bene farò seduta stante un’offerta.”
“Ho denaro contante per il pagamento, quindi la transazione sarà breve”
“Dovrai andare dal notaio” osservò Choji
“Ci vorranno al massimo un paio di giorni;poi la casa sarà nostra.” L’uomo li fissò intensamente senza dire nulla. Per un folle istante Ino pensò che avesse capito tutto. Durò solo pochi secondi ma, lo sguardo che suo padre gli rivolse era di profonda comprensione, come se lui sapesse bene quello che loro ancora non sapevano.
“Per questo”riprese “Vorrei chiederti , Choji, di trasferirti insieme ad Ino fino al mio ritorno. Capiscimi figliolo, mi sento male al pensiero di lasciarla completamente da sola.”
Choji , che sembrava turbato quanto la sua amica, se non di più, annuì rigidamente.
“Se per Ino non è un problema” disse rivoltandosi a guardarla.
“No, scherzi? Sono contenta che tu ti trasferisca con me; mi sentirò meno sola.” Quella della solitudine era una balla tremenda. Sapevano tutti che le sarebbe bastato schioccare le dita e Sakura e i suoi amici sarebbero accorsi in massa da lei ad ogni ora del giorno. Figurarsi poi se Mebuki Haruno, sapute le ansie di Inoichi, l’avrebbe lasciata a vivere da sola. L’ isolamento non era neanche un remoto problema. E per quanto riguardava la protezione si poteva sempre chiamare Minato Namikaze, li conosceva da una vita ed era quasi Hokage , non gli sarebbe costato nulla tenerla d’occhio. Doveva solo appiopparle Naruto ed il gioco sarebbe stato facile.
Possibile che suo padre ,accortosi dei loro sentimenti, gli stesse dando un bella spinta?
Non può essere” ragionò Ino. Quando l’aveva saputa fidanzata con Shikamaru per poco non lo aveva preso a pedate. Spingerla tra le braccia di Choji non rientrava nei suoi progetti. Si era trattato solo di autosuggestione decise.
Comunque l’idea di andare a vivere da sola con Choji le terrorizzava e la esaltava al tempo stresso. Avrebbero avuto del tempo solo per loro, lontano da sguardi indiscreti e gli eventi avrebbero fatto il loro corso. Ovviamente lei li avrebbe aiutati.
Hinata era solita dire “ se sono rose fioriranno”; beh lei era disposta a versarci (metaforicamente) una tanica di concime pur di farle fiorire.
La proposta di Inoichi aveva ammutolito l’Akimichi. Quando ebbero terminato di riordinare si ritirò nella camera degli ospiti, che occupava dal funerale di suo padre,e non accese nemmeno la luce.
Sembrava molto turbato. Ino avrebbe voluto raggiungerlo e parlargli, ma le mancò il coraggio.
 Si rifugiò anche lei nella sua stanza, nascondendosi sotto il piumino trapuntato. Erano vicini eppure lo sentiva così distante … 
Aveva visitato ogni casa con Choji perché intimamente si divertiva a fingere che fossero una coppia alla ricerca del loro nido d’amore, e adesso ne avrebbero condivisa una .
 “Andremo a vivere insieme”pensò agitata. Cosa doveva fare?Parlare a Choji?  Dichiararsi?E se lui l’avesse respinta? Convivendo avrebbero creato un loro equilibrio e poteva non essere una buona idea comprometterlo con  dichiarazioni indesiderate.
“Perché amo Choji?” Si chiese.
Come aveva fatto ad innamorarsene? Non lo sapeva, era successo e basta. Se ripensava al suo passato le era chiaro che nel suo cercare sempre l’amico per primo si celava un sentimento più profondo. Le bastava averlo accanto per sentirsi completa. In genere cercava sempre di dimostrarsi diversa da quello che era, rumoreggiava, rideva parlava a vanvera, tutto per nascondere le sue insicurezze. Con Choji non era così. Poteva essere sé stessa senza problemi. Cosa amava di lui, attrazione fisica a parte?
“Domanda difficile”pensò fissando il soffitto .
Non si poteva dare una risposta stilando un elenco di qualità e logiche motivazioni.
” L’amore non è un sentimento razionale” Il pensiero di come doveva essersi sentito Shikamaru, quando aveva fatto quella scoperta, le strappò una risatina. Se non lo aveva stroncato un infarto era perché aveva troppa fretta di dichiarasi a Temari.
“Diciamo che amo l’essenza del suo animo” Choji possedeva un’innata purezza in grado di sorprenderla  e di incantarla al tempo stesso. Ogni volta che lo vedeva, o lo sentiva, era in grado di mostrarle la vita in una nuova prospettiva. Sapeva trovare la felicità nelle piccole cose; consapevole che non erano solo i grandi eventi , come i matrimoni , i funerali o le lauree,ad essere importanti. La vita era fatta di tante piccole felicità , nascoste nei momenti più banali. Era fin troppo facile dimenticarsene, ma con Choji non succedeva mai. Lui riusciva a rendere memorabile qualsiasi cosa, dandole la sensazione di vivere appieno ogni istante della sua esistenza.
“Ecco, la grandezza di Choji è nel non prendere mai nulla per scontato”
Questa notte non dormirò.” Non riusciva a smettere di immaginare tutti i possibili risvolti della loro convivenza.
Mentre si rigirava alla ricerca di una posizione comoda , Choji stava facendo lo stesso , poteva sentire il fruscio delle sue coperte, il suo cellulare squillò.
“Chissà cos’ha da dirmi Sakura a quest’ora …” Erano le undici e la sua amica l’indomani aveva lezione. Diligente com’era sarebbe dovuta essere addormentata.
“Non immagineresti mai cosa mi è capitato” esclamò l’Haruno. Era emozionatissima e faticava a parlare a bassa voce. Dall’altro capo della linea si sentiva il vociare di alcune persone. Forse i suoi genitori stavano dando una cena.
“Che è successo?” La Yamanaka si stiracchiò pigramente, disponendosi ad ascoltare le confidenze dell’amica.
“Ho ricevuto un mazzo di fiori anonimo. Ma ci pensi? Qualcuno manda dei fiori a me …” Ino si rifiutò di fare due più due. Aveva venduto dei fiori allo Hyuga ma le cose non potevano essere collegate. Le possibilità erano infinitesimali.
“Meglio controllare, però”
“Di che fiori si tratta?”
“Ah, sono bellissimi; fanno concorrenza a quelli del tuo negozio. Dunque, sono dei gigli, dei fiori di ciliegio delle rose e …”
“Fammi indovinare: dei mughetti?” chiese sforzandosi di sembrare adeguatamente incuriosita.
“Si, come hai fatto?”
“Semplice intuizione”
“Sono contentissima per te. Hai qualche idea su chi possa averteli mandati?”Sapeva benissimo chi fosse stato , ma era ancora troppo scioccata per rivelarlo a Sakura.
“E se fossero da parte di Sasuke?” Acqua.
“Magari ha voluto fare un gesto affettuoso”Oceano.
“Forse è il suo modo per dirmi che mi ama”Fossa delle marianne.
Il rumore dei passi di Choji, che aveva iniziato a girare in tondo, la distrasse. La stava prendendo peggio del previsto.
Cosa faceva con Sakura? La testa le sembrava sul punto di esplodere per sovraffaticamento. Mai che ci fosse una cosa che filasse liscia. Adesso ci si metteva pure lo Hyuga a complicare la faccenda. Quando, di grazia, si era infatuato di Sakura? Se solo fosse stato un po’ più espressivo avrebbe potuto capirci qualcosa.
Benvenga Neji Hyuga se è meglio dell’Uchiha” Per lei andavano tutti bene finchè non facevano soffrire la sua migliore amica. Campo in cui Sasuke era un vero campione. Eppure  la situazione ,durante l’estate, le era parsa così diversa … Doveva essersi sbagliata.
“Sas’ke ha detto che verrà alla festa di Hinata. A proposito, ti ha chiamata vero?” Si lo aveva fatto; quindi a villa Hyuga ci sarebbero stati due rivali in amore.  Molto interessante. Il cuore di Sakura era sempre appartenuto a Sasuke, quindi Neji aveva ben poche speranze.
“Forse, se Sasuke fa ancora qualche passo falso, ha delle possibilità”  
Prima o poi l’Haruno si sarebbe stancata di correre dietro al suo tormentato amore. O almeno questo era quello che Ino sperava.
“Beh, almeno Neji non deve essere salvato da sé stesso” Forse, riflettè colta da un’intuizione improvvisa, i fiori non erano per Sakura ma per Tenten, la sua vicina di casa. Se Neji li aveva affidati al portiere, affinchè lì portasse alla destinataria, c’era la possibilità che questi potesse essersi sbagliato.
“L’unica cosa che posso fare è stare a vedere come si comporta con Saku.”
L’ avrebbe tenuto d’occhio la notte di Halloween. Doveva sforzarsi di essere discreta ma attenta. L’ultima cosa che voleva era che si accorgesse che lo stava osservando.
“Non sfugge mai niente a Hyuga senior”
Comunque Sas’ke era un soprannome proprio cretino. Lo avrebbe chiamato “il teme” come faceva Naruto. Non sapeva spiegarsi perché quel ragazzo le stesse di colpo tanto antipatico. Durante il soggiorno a Oto le era persino piaciuto un pochino. Era stato garbato, cavaliere con le ragazze, cos’era andato storto? Forse si era solo voluto divertire. Per lui poteva trattarsi di un’avventura superficiale, ma per Sakura era molto di più; come faceva a non capirlo e a tenerla sulle spine così?
“Un altro sadico”Forse era fatto per stare con Karin, avrebbe avuto pane per i suoi denti.
“Allora ti ha chiamata” disse per continuare la conversazione senza suonare strana. Un silenzio colpevole calò su di loro.
“Non arrabbiarti, ti prego” Questo non era quello che voleva sentire. Se diceva così voleva dire che aveva fatto qualcosa di molto stupido.
“Lo hai chiamato tu?” Sibilò Ino irritata. Persino Choji l’aveva dissuasa dal farlo. Quello era il modo di ascoltare i suoi consigli? Allora la prossima volta se li sarebbe risparmiati.
“Non ho saputo resistere”Sakura sembrava proprio disperata. “Quando Hinata mi ha telefonato per invitarmi alla festa non sono riuscita a trattenermi. Speravo che saremo potuti andarci insieme”
“E lui ovviamente ne è stato entusiasta” La Yamanaka sperò di non essere stata troppo sarcastica.
Per sua fortuna l’altra ragazza non colse la sfumatura ironica, perché replicò preoccupata “A dire il vero era piuttosto seccato. “
“E ti pareva” il teme aveva solo due emozioni: seccata o irata. Il problema che l’Haruno si ostinava a non capire era che tampinandolo in quel modo non avrebbe mai avuto una reale conferma dei suoi sentimenti. Inoltre l’Uchiha avrebbe fatto presto a dire che era stata lei a braccarlo.
Onestamente Ino non sapeva proprio che fare. Si sentiva male al pensiero di rivelarle la verità, e quindi di deluderla, ma forse la sincerità era la cosa migliore. Le avrebbe parlato il giorno dopo, e avrebbe chiarito anche con Choji. Adesso era troppo stanca per pensare.
 
 
                                                                             ***
Si stava appisolando, cullata dal rumore del vento tra le fronde degli alberi, quando la porta della sua camera si aprì.
 “Choji?” sussurrò cercando di mettere a fuoco la sagoma di fronte a lei.
“No, sono papà” Inoichi apparve dal buio. Era in vestaglia e aveva tutto l’aspetto di una persona che non riusciva a dormire.
“Non riuscivo a prendere sonno”  Sorrise imbarazzato, come a scusarsi della sua intrusione.
“Io c’ero quasi riuscita” ammise Ino strofinandosi gli occhi. Lottando contro la stanchezza riuscì a mettersi seduta. Rannicchiò le gambe in modo da permettergli di accomodarsi accanto a lei.
“Ho portato uno spuntino” bisbigliò suo padre porgendole metà di una tavoletta di cioccolata bianca, la sua preferita.
“Papà, quante volte devo dirti che sono a dieta?” chiese fingendosi arrabbiata mentre pregustava  la dolcezza del suo snack. Lo adorava, di fronte ai suoi amici si fingeva un’amante del cioccolato fondente. Scuro e dal sapore più ricco le sembrava che le conferisse un’aura di maggiore sofisticatezza. Inoichi non le rispose, ormai si era stufato di ripeterle quanto stesse meglio con due chili in più. L’unico che continuava a cercare di farla mangiare era l’Akimichi, ma quello era un discorso diverso.
“Choji?” chiese fingendosi meno interessata di quanto non fosse.
“Dorme, sono passato a controllare prima di venire da te”                                                                            
 “Meno male, sta riposando” Era felice si sentirlo. Si meritava un momento di tregua.
Comunque, era anche curiosa di sapere cosa suo padre avesse da dirle che il loro amico non poteva sentire. Negli ultimi giorni avevano condiviso di tutto e le sembrava strano non averlo vicino.
“Volevo raccontarti la storia della mia giovinezza , ma non credo che a Cho farebbe piacere ascoltarla” Queste parole incuriosirono Ino ancora di più; forse Inoichi le avrebbe rivelato degli aspetti della vita di Choza che era meglio tacere? In fondo era meglio non informare il ragazzo dei lati oscuri del carattere paterno. Era preferibile che il suo ricordo rimanesse il più possibile integro.    
“Come ben sai” Iniziò a raccontare Inoichi “ Conosco Shikaku e Choza sin dall’infanzia. Abitavamo nella stessa strada, e passavamo ogni pomeriggio a bighellonare in giro”. La ragazza aveva ascoltato quella storia molte volte; dei tre bambini era Choza quello più responsabile e cercava in ogni modo di tirare fuori dai guai i suoi amici scapestrati.
“Al liceo le cose non cambiarono. Shikaku ed io tiravamo avanti come potevamo e Choza studiava con impegno” Nel sentire quella frase Ino si accigliò, non le risultava che Choza avesse mai frequentato il liceo.
“Quando frequentavamo il terzo anno delle superiori, inspiegabilmente, il nonno di Choji lo ritirò dagli studi. Si giustificò dicendo che gli serviva un maggiore aiuto nella gestione del ristorante di famiglia”
“Se non sbaglio era il periodo della recessione economica”
“Esatto. Erano tempi bui, mia cara. Non si trovava un lavoro a pagarlo oro. Neanche i laureati riuscivano a cavarsela. I prezzi delle case erano schizzati alle stelle e sembrava non esserci avvenire per nessuno.”
La fanciulla annuì, le avevano insegnato che i mandati di Tobirama Senju erano sempre stati caratterizzati da crolli economici. Stando a quanto ricordava, era stato per opera di un ministro particolarmente corrotto; un certo Madara Uchiha. Forse un parente del teme, non se ne sarebbe sorpresa.
“Appena finita la scuola anche io mi fiondai a la lavorare”
“E poi hai conosciuto la mamma” completò per lui Ino. Quella era la parte della storia che preferiva. Amava farsi raccontare come i suoi genitori si fossero incontrati.
Inoichi le sorrise nostalgico “Già, Hana …” Sussurrò pronunciando il nome della moglie come una carezza.
“Le somigli moltissimo” disse alla figlia allungando la mano per scompigliarle i capelli.
Un gesto che era solito fare quando era piccola e correva da lui spaventata da qualcosa.
“Non è vero …” protestò Ino mestamente. Lei era l’opposto di sua madre. Non aveva ereditato i suoi capelli castani, né i profondi occhi neri. Per anni aveva scrutato le vecchie fotografie  alla ricerca di qualche dettaglio fisico che potesse accomunarle. Nulla; a volte era deprimente non potercisi identificare.  Purtroppo Hana Yamanaka era morta troppo presto perché potesse imparare a conoscerla veramente. Sebbene suo padre si fosse votato a mantenerne vivo il ricordo, Ino avvertiva con dolore una sensazione di vuoto quando si sforzava di rammentare qualcosa che la riguardasse. I suoi ricordi erano costituiti da varie immagini, apparentemente scollegate tra loro. Poteva rivedere con chiarezza un lembo del Kimono della sua madre o rievocare il dettaglio della sua mano; ma ,per quanto si sforzasse, ogni volta che si avvicinava ad una vera reminiscenza quella le sfuggiva.
Tutti i suoi amici le avevano sempre assicurato che non era colpa sua, che  la memoria di un bambino di tre anni non è ancora abbastanza sviluppata, e che non era possibile che lei riuscisse a rievocare più di qualche immagine. Eppure Ino continuava, in cuor suo, a sentirsi colpevole. Aver dimenticato la madre le sembrava  una mostruosa mancanza di fedeltà. Forse non l’aveva amata abbastanza?  
La prima volta che si era accorta di non riuscire a ricordare il volto di Hana aveva otto anni; aveva pianto disperatamente per tutta la notte chiedendole perdono. A casa Yamanaka erano custoditi numerosi album di ricordi, e Inoichi possedeva un video delle sue nozze; tuttavia non era mai riuscita a guardarli. Sebbene fremesse di curiosità era decisa a non toccare nessun cimelio finchè non sarebbe stata in grado di ricordarsi il viso di sua madre.                                                                         
“Forse non le somigli fisicamente” sorrise Inoichi “ma non è l’aspetto quello che conta. Hai ereditato tutti i suoi pregi. Forse hai preso anche qualche suo difetto, ma è troppo presto per dirlo”
“Quando hai visto la mamma te ne sei innamorato subito?” domandò la ragazza pensando a lei e Choji.
“All’istante” confermò suo padre. Era andato al negozio di fiori di Hana Sakurai per acquistare un bouquet da regalare ad una fanciulla che voleva impressionare.
Mentre sceglieva i boccioli più vistosi (voleva fare una bella figura), si era sentito apostrofare da una ragazza che gli intimava di smetterla di maltrattare le sue gerbere.
 Inoichi non aveva mai sentito parlare di gerbere in vita sua. Forse erano quei fiori che stringeva, con troppa forza, nella mano? Non era colpa sua, aveva esclamato. Lui era un meccanico, era abituato a maneggiare viti e bulloni e non fragili steli. A quello che pensassero le donne.
“Ancora con il binomio fiori/donne?” riflettè Ino. Prima Neji, poi suo padre … doveva essere un chiodo fisso degli uomini. Shikamaru non aveva mai sfiorato un petalo da che lo conosceva.
Solo Choji non si faceva problemi a farsi vedere in giro con grandi mazzi ranuncoli, che coglieva per lei nel parco di Konoha. Sosteneva che non poteva regalarle dei fiori provenienti dai negozi rivali. Una volta un poliziotto lo aveva persino multato per aver totalmente ignorato il divieto di calpestare le aiuole.
“Rimasi di sasso di fronte alla scenata che mi fece tua madre. Disse che ero un maschilista e un cafone. Non avevo idea che in una ragazza così minuta si nascondesse una tale energia” Ovviamente non aveva comprato nessun bouquet, ma aveva invitato la giovane fiorista a bere qualcosa con lui. Inizialmente la fanciulla si era negata, tenendolo sulle spine per mesi; ma Inoichi era troppo innamorato per cedere. Si era recato al suo negozio ogni pomeriggio, finchè lei, in un giorno di sole, aveva ceduto. Il resto era storia.
Il signor Yamanaka non si stancava mai di descrivere alla figlia come fosse bella Hana seduta sulle poltrone di vimini del loro caffè preferito. Ricordava con precisione ogni sfumatura dei riflessi ramati della sua capigliatura. Le minuscole efelidi sparse sul suo naso, la fossetta sulle guance quando sorrideva …
Ino lo invidiava, ma non riusciva a saziarsi di quei racconti. Ogni volta che il padre le narrava quegli episodi le sembrava di intravedere, per qualche istante, il sorriso di sua madre.
Se è dura per me figuriamoci per Choji che non ha mai neanche visto sua madre”
“Papà” esordi decisa a saperne di più sulla misteriosa signora Akimichi “ la mamma di Choji che tipo era?”
Inoichi aggrottò le sopracciglia “Sachiko dici? Era la ragazza più buona e gentile del mondo”
“Proprio come suo figlio”
“Si. Anche lui le somiglia molto”
La ragazza annuì.
“Com’è …”
“Morta?” completò suo padre per lei.
“Questo è uno degli argomenti di cui ti volevo parlare. Dato che andrai a vivere con Choji è meglio che tu conosca tutta la storia”
“Durante la gravidanza Sachiko manifestava sintomi insoliti. Non conosco i dettagli, ma Hana e Yoshino mi riferirono che sia lei che il bambino erano in pericolo. Naturalmente mi precipitai a parlarne a Choza; ma lui non volle ascoltarmi. Sostenne che non c’era nulla da preoccuparsi, che era tutte esagerazioni dei medici”
“Perché lo ha fatto?” Ino era stupefatta, il Choza che conosceva lei non prendeva nulla alla leggera.
“E’ sempre stato terrorizzato dalle malattie. Credo che fosse incapace di gestirle. Il suo rifiuto di curarsi ha confermato i miei sospetti. “ Purtroppo ormai non c’era nulla che potessero fare.
“Quando fu il momento di dare alla luce il bambino Sachiko stava davvero male. Vent’anni fa Konoha non aveva neanche il pronto soccorso e le donne erano costrette a partorire a casa. Puoi immaginare i rischi.” La fanciulla rabbrividì, iniziava a comprendere l’epilogo del racconto. Era sconcertante pensare a quanto la sua città fosse stata diversa al momento della sua nascita.
“Sia noi che i Nara avevamo insistito per portare Sachiko all’ospedale del villaggio della nebbia; purtroppo però lei non riusciva più a spostarsi”
“Oh miei Dei”
“ E che cosa successe?” domandò Ino timorosa di sentire il seguito.
“Beh, il primo maggio nacque Choji. Fu un parto doloroso ma veloce. La mamma e il bambino stavano bene. All’apparenza non sembrava che non ci fosse nulla che non andasse. Ci rallegrammo tutti, ridemmo delle nostre preoccupazioni e tornammo alle nostre case.”
“E poi?”
Inoichi esalò un sospiro, passandosi una mano sul volto come faceva sempre quando stava per dire qualcosa che lo addolorava.
“Il mattino dopo Choza ci telefonò per dirci che Sachiko era morta.”
“Un decesso lampo. Durante la notte ebbe un attacco di convulsioni e non riprese più conoscenza”
Ino tratteneva a stento le lacrime. Non aveva idea che la storia della nascita del suo amico fosse tanto tragica. Ora capiva perché nessuno aveva voglia di parlarne.
Anche Inoichi era commosso, quando riprese a raccontare la voce gli tremava leggermente.
“Ovviamente ne fummo tutti distrutti, ma Choza era devastato. Dava la colpa a sé stesso di quanto era accaduto, ne sono certo. Purtroppo rifiutò suo figlio. In un momento di follia iniziò a sostenere che era colpa del bambino se sua moglie era morta. Non voleva neanche vederlo.”
 Questo era impossibile, Choji e suo padre erano sempre stati molto uniti. Possibile che sotto l’affetto di Choza, a tratti opprimente, si celasse un desiderio di perdono?
“Choji quanto sa della sua storia?” Domandò scioccata. Una tristezza enorme l’aveva invasa, e sapeva che non avrebbe più potuto guardare il suo amico come faceva prima.
“Non lo so” ammise Inoichi sempre più pallido “Credo molto poco. Quando crebbe , ed iniziò a fare domande, Choza ci pregò di non rivelargli nulla. Non voleva che suo figlio sapesse che era stato odiato.”
“Perché mi hai detto tutte queste cose?” . Ino ricevette in risposta un sorriso enigmatico
“Perché tu possa conoscerlo e capirlo meglio.  Non ho idea di quanto il ragazzo sappia realmente, ma non sono cieco; vedo benissimo che in questo omento l’unico punto certo della sua vita sei tu.”
Ino avvampò “Non voglio che tu ti senta sotto pressione” proseguì Inoichi “Non devi fare nulla di speciale, tranne essergli sinceramente amica.”
“Però adesso sai che ci sono degli scheletri nella famiglia Akimichi che sarebbe meglio lasciare sepolti. Mi riferisco alle scatole del corredo di Sachiko.”
La fanciulla sussultò, suo padre sapeva? Come?
“Vi ho sentiti in taxi.” Spiegò lui. “E’ un bene che Choji non le abbia portate, avrebbe finito con lo scoprire che era stato la causa della morte di sua madre, anche se , forse, lo sospetta già”
“Papà , tu credi che sia stata davvero colpa sua?”
“No. Sfortunatamente è innegabile che se Sachiko non avesse partorito non sarebbe morta. Purtroppo credo che sia stato destino che le cose andassero così”
Ino si alzò dal letto e prese a camminare. Doveva muoversi per assorbire tutto quello che aveva saputo. Si sentiva soffocare. Tese l’orecchio per captare eventuali movimenti di Choji. Silenzio assoluto. Anche Inoichi si era alzato e aveva aperto la finestra, una brezza gelida spirò nella stanza.
“Non so che cosa pensare” ammise la fanciulla sedendosi su un scatolone. Il pavimento era freddo a contatto con i suoi piedi.
“Mi sorprenderebbe il contrario”
“Che cosa devo fare se Choji si mette in testa di indagare?”
“Lascialo fare”
“EH?!” esclamò con voce più alta di quanto avesse voluto.
“Ma non mi ha appena consigliato di tacere?”
“Se Choji si mette in testa di fare qualche ricerca è un suo diritto. Ma se non vuole avere a che fare con i fantasmi della sua famiglia, e a questo punto puoi capire perché, tu non insistere. Il desiderio di conoscere le sue origini deve partire da lui, non da te.”
Ino annuì. Insomma, le stava consigliando di non mettersi in mezzo. Lo avrebbe fatto, l’intera faccenda era troppo complessa per essere gestita.
Di una cosa era assolutamente certa: Choza aveva amato suo figlio. Sarebbe stata sempre pronta a ricordarlo a Choji se la sua fiducia avesse vacillato.
Il loro legame era stato molto intenso. Ogni volta che il signor Akimichi aveva parlato di suo figlio se ne era dimostrato estremamente orgoglioso. Con fierezza ne aveva elogiato il carattere e le doti. Dalle sue parole traspariva un amore immenso ed era questo che Choji avrebbe dovuto ricordare nei momenti di difficoltà.
 
                                                                                ***
 
Il ristorante Harusaki ,spogliato dei suoi tavoli e della ricca mobilia, era deprimente. Ino e Choji vi si erano recati alle prime ore dell’alba e avevano iniziato una colossale opera di smantellamento.
Per primi erano stati rimossi i tendaggi. Metri di pesante velluto color rosso porpora erano stati staccati dai loro sostegni e avvolti con cura nella carta di riso. Il giovane Akimichi aveva rischiato più volte di cadere dall’esile scala a pioli e rompersi l’osso del collo. Dopo due ore di fatica erano riusciti a riempire tre bauli e a stiparli su uno scassato furgoncino noleggiato per l’occasione. Ino non aveva fatto praticamente nulla. Per gran parte del tempo aveva ripensato a quanto dettole da Inoichi la notte precedente. Sebbene la conoscenza costituisse un peso era felice di aver scoperto il nome della madre di Choji.
“Sachiko” ripetè mentalmente. Per non dimenticarlo lo aveva persino appuntato su un foglio di carta, che custodiva gelosamente nel suo diario. Le piaceva come suonava, faceva pensare ad una persona allegra.
“O forse sono solo condizionata dalla foto che ho visto” . Ormai era un nome antiquato e fuori moda, ma forse, in futuro, sarebbe andato bene per una bambina …
“Mia figlia”Sua e di Choji. Era un pensiero bellissimo e insieme terrificante. Non riusciva ancora ad immaginarla, ma non aveva particolari desideri estetici. L’avrebbe amata qualsiasi aspetto avrebbe avuto.
Tolte le tende avevano dovuto imballare, con la massima cura, i servizi d’argento e di porcellana cinese.
 Di questo si era potuta occupare senza problemi, mentre Choji staccava le spine degli elettrodomestici.
Quest’ultimi erano stati acquistati del ristorante adiacente.
“Non avresti dovuto venderglieli” aveva sentenziato la ragazza adirata.
“Cosa ce ne facciamo?Non possiamo portali con noi. Erano di ultima generazione, quindi me li sono fatti pagare fior di quattrini”. In effetti la cucina di Choza Akimichi era costata a quell’avido oste ben ottomila ryo.
Un ottimo affare se si considerava che era vecchia di tre anni, ma questo Choji non lo aveva specificato.
A metà mattinata il camion appartenente alla nettezza urbana di Konoha passò per caricare le sedie e i tavoli. Per quelli purtroppo non erano riusciti a trovare nessun compratore. Ino aveva insistito per tenere almeno quattro sedie ed un tavolo, sarebbero stati benissimo nella cucina della loro nuova casa.
 Si trattava di mobili di pregio, come tutto quello che si trovava nella sala, realizzati a mano da un artigiano quasi cento anni prima. Le sedute, in massiccio legno scuro, erano ornate da motivi a rami di ciliegio con fiori madreperlacei. Forse in tempi moderni sarebbero potute essere considerate trash, ma lei le adorava. Hayate ,il maitre di sala, passò per aiutare Choji a staccare dalle pareti alcuni quadri d’epoca. Non era ancora riuscito a trovare un lavoro, ammise tra un colpo di tosse e l’altro. La sua lealtà a Choza Akimichi gli impediva di mandare giù le battutine sarcastiche dei suoi nuovi principali. Stava vagliando la possibilità di trasferirsi in un altro paese dove iniziare una nuovo vita.
Quando Choji gli propose di prendere i quadri che preferiva e portarli a casa, come ricordo della loro amicizia, il pover’uomo scoppiò in lacrime.
“Oh signorino” sospirò “Non potrei mai privarla di oggetti a lei tanto cari”. Ino andò in cucina a preparargli una tazza di thè molto forte, e ,alla fine, Hayate si lasciò convincere ad accettare una piccola tela. Si trattava della prima immagine dell’Harusaki, immortalato anni addietro da un artista di strada. Inoltre prese con sé il vecchio registratore di cassa. Aveva passato in sua compagnia così tanto tempo che non sarebbe riuscito a separarsene.
“Lo conserverò per il suo prossimo ristorante signorino”promise inchinandosi a Choji e dimenticandosi che ormai non c’era più bisogno di considerarlo il suo futuro capo. Il resto della giornata passò lentamente.
I cuochi e i camerieri sopraggiunsero alla spicciolata per salutarli e persino qualche vicino si unì a loro. Tutti auguravano a Choji buona fortuna, e ricevevano da lui qualcosa da portare via come ricordo.
Il giovane Akimichi scelse per sé poche cose, staccò i pannelli foderati di seta che erano stati ricamati da sua nonna ma non toccò altro.
Alla fine i ragazzi si trovarono soli in una stanza vuota. Il locale sembrava enorme e ogni loro passo o sussurro rimbombava. Era impossibile credere che l’indomani sarebbe stato riempito di macchinari ingombranti.  Potenti casse stereo avrebbero diffuso musiche assordanti, e le persone non sarebbero più venute per mangiare ma per sottoporsi a esercizi ginnici.
Ino aveva sempre sperato che quel Gai Maito ritornasse sui suoi passi, ma questo non era avvenuto.
 Choji aveva raggiunto il centro della sala e si guardava intorno, come a voler imprimere nella sua memoria ogni centimetro di quel luogo.  L’Harusaki era stata una casa per lui, vi aveva trascorso l’infanzia, aveva rappresentato il suo futuro e per colpa di un gesto troppo generoso era andato perduto.
Inizialmente Ino aveva pensato di portare con sé la macchina fotografica per scattare alcune foto ricordo, eppure ora era lieta di non averlo fatto. Non avrebbe avuto senso immortalare una sala vuota. Lo spirito del ristorante di Choza non era quello. Era stato fondato affinchè potesse essere un luogo in cui ritrovarsi e assaporare le gioie della vita attraverso un pasto genuino. Se c’era una cosa di cui il clan Akimichi era stato sempre sicuro era che il cibo aiutasse a fronteggiare i momenti difficili della vita. Si poteva trarre una grande gioia dal semplice atto di mangiare. La sua essenza avrebbe continuato a vivere nei ricordi felici che i clienti avrebbero serbato nei loro cuori, splendendo nel tempo che passava.
“Accumulare bei ricordi è la sola cosa saggia che possiamo fare nella vita” pensò la ragazza mentre raggiungeva il suo amico. Tutto prima o poi sarebbe svanito. Lo aveva imparato quell’estate, le cose che possedeva, le persone a cui voleva bene tutto sarebbe scomparso prima o poi.
“Anche chi ama prima o poi dovrà morire” Ma intanto lei era viva.
Choji si era seduto a gambe incrociate per terra, la schiena appoggiata all’enorme colonna intarsiata al centro del locale. Quando Ino si accovacciò accanto a lui le passò un braccio intorno alle spalle rimanendo in silenzio. Entrambi sentivano che era arrivato il momento di parlare eppure tacevano.  L’argomento della loro futura convivenza non era ancora stato toccato. Ogni minimo accenno alla cosa era stato evitato con cura e si erano buttati a capofitto nel lavoro. Quella sarebbe stata l’ultima sera che avrebbero trascorso con Inoichi nel vecchio appartamento … Il giorno successivo lo avrebbero accompagnato alla stazione e nel pomeriggio sarebbero arrivati  gli addetti al trasloco. La sua vecchia vita stava per finire del tutto.
“Che cosa cavolo dico?”A volte si sentiva così limitata. Il suo cervello si era come bloccato, non riusciva a pensare a nulla di intelligente da dire, figurarsi un modo per intavolare la conversazione. Avrebbe volto urlare per la frustrazione.
Choji non appariva turbato quanto lei. Perso nei suoi pensieri, le accarezzava lentamente la mano.
 Improvvisamente si voltò e la baciò.
Fu un bacio breve, uno sfiorarsi di labbra appena accennato che le tolse il fiato.
Il ragazzo si ritrasse quasi subito. Era imbarazzato, aveva aspettato molto tempo per parlarle; ma ora non poteva più tacere.
“Se ti dicessi che ti amo?” Il suo era un sussurro appena udibile, quasi temesse la sua risposta.
“Ti risponderei che anche io ti amo”  lo rassicurò la ragazza con il cuore in gola per l’emozione.
Ino era al settimo cielo. Le sembrava di galleggiare priva di peso in una bolla luminosa. Non aveva mai pensato che si potesse essere così felici.
Choji la baciava delicatamente, tentando di prolungare il più possibile quei momenti. Tremava leggermente, come se fosse sul punto di andare in pezzi. Ci sarebbe stato tempo i baci passionali ma adesso non ne aveva la forza. Si sentivano stanchi, svuotati, ma finalmente appagati. Rimasero a lungo seduti, dimentichi del tempo che passava, semplicemente consapevoli della loro presenza. Si amavano, tanto bastava. Inoichi chiamò diverse volte, dai “dove siete?” passò ai “quando venite?” infine inviò loro un sorrisetto sornione. Aveva capito anche lui.
“Vieni, alziamoci”propose Choji tendendole la mano.
“Mmh, no, non mi va”protestò Ino permettendosi un capriccio infantile. Stava così bene tra le sue braccia.
“ La felicità può manifestarsi in modo così improvviso …” A volte era quasi spietata …
“Rimaniamo qui”propose baciandolo di nuovo. Choji gemette mentre approfondivano il bacio.
“Mi sento molto tentato” rivelò attirandola a sé. Era così bello poterlo finalmente toccare, passargli le mani tra i capelli, sfiorargli il petto indugiando dov’era più sensibile … Si sentiva veramente sciocca ad aver voluto aspettare tanto tempo.
“Alla fine è stato Choji a risolvere la situazione.” Non lo faceva sempre?
L’Akimichi la stringeva con forza, ma senza farle male. Per la prima volta da settimane sembrava in pace con sé stesso.
“Dovremo tornare a casa” ripetè accarezzandole i capelli.
“Inoichi ci aspetta per la nostra ultima cena.”
Ino annuì. Choji le tese la mano per aiutarla ad alzarsi.
“Mi dispiace che vada via” le disse tirandola su senza il minimo sforzo.
“Anche a me, ma non c’è altra soluzione” Suo padre le sarebbe mancato moltissimo, ma il futuro non la spaventava più. Sentiva di emanare , insieme a Choji, una sorta di luce, che li avrebbe guidati nei momenti difficili.
“Staremo bene, te lo garantisco”Gli disse alzandosi in punta dei piedi per cingergli le spalle con le braccia. Choji sorrise perdendosi nel suo sguardo. Gli occhi neri incontrarono quelli azzurro ghiaccio per dimenticarsi nuovamente di quanto li circondava.
“Non ho nessun dubbio” rispose tracciandole lievemente il contorno delle labbra.
Senza aspettare Ino lo baciò di nuovo, e fu oblio; meglio di qualsiasi cosa avesse mai provato prima.
Staccarsi fu un vero supplizio.
“E adesso come faccio a farti tornare a casa?” chiese Choji malizioso.
“Con il motorino” gli rispose facendolo ridere.
“No, seriamente” le disse fra un bacio e l’altro “se mi baci così diventa un problema.
Il problema non era lei. Era del ragazzo la colpa.
Sbaglio o è lui che mi tiene stretta come se ne andasse della sua stessa vita?
Poteva stringerla quanto voleva, non sarebbe andata da nessuna parte.
“Prego” Con un gesto galante il giovane le aprì la porta chinandosi per rubarle un altro bacio.
Una  nuova oscurità avvolgeva il villaggio. Le nubi si erano diradate, e la luna splendeva illuminando le strade con il suo bagliore perlaceo. Doveva aver piovuto mentre si trovavano all’interno del ristorante. Si sentiva un forte odore di legno ed erba bagnata. L’Harusaki , che si trovava vicino ad un parco, era immerso nella foschia. L’insegna al neon sfavillava per l’ultima volta, conferendogli un aspetto spettrale. Avevano deciso di lasciarla accesa, come ultimo tributo a quel luogo glorioso. Entrambi fissarono la raffinata facciata , rischiarata dalla luce azzurrina, chiedendosi quali interventi di restauro avrebbe fatto Gai Maito.
Choji le prese la mano , incitandola gentilmente ad andare via. Guidava velocemente, come se avesse una gran fretta di allontanarsi.
 “Non devi essere triste” le disse cercando di sovrastare il rumore del motorino.
“Perché?”
“Un domani ricomprerò quel posto. Ci ho pensato per tutto questo tempo ,e credo che riprendermelo sia diventato il mio secondo scopo nella vita. Non chiedermi qual è l’altro, tanto lo sai che è vivere insieme tranquilli e felici.” Ino arrossì nonostante il freddo e lo strinse con forza. Le sue minute braccia non bastavano a circondargli il torace. Chi avrebbe mai detto che un semplice giro in motorino potesse essere uno dei momenti più romantici della sua vita?
A vederli sarebbero sembrati uno spettacolo buffo: un ragazzo alto e robusto che guidava un piccolo scooter su cui era appollaiata una ragazza minuta. Erano i protagonisti di una storia tragicomica sulla via di una grande avventura.
 
 
*Angolo writer. Ora che è uscito il finale di Naruto questa ship è ufficialmente un crack paring. Sigh, peccato ci tenevo a vedere Ino e Choji insieme. Pazienza, comunque questa ff rimarrà InoXCho. Spero non ne sarete delusi/e , ma questa coppia mi piace troppo per rinunciarci.
Un grande grazie a chi ha recensito gli ultimi capitoli : ceelogreen e Kari_23. Ringrazio anche chi segue/ricorda/preferisce e legge in silenzio questa storia.
Alla prossima Strawberry fields
 
P.S.:Chiedo venia per eventuali errori/orrori di battitura. Scusate, ma proprio non riesco ad individuarli tutti.
  
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