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Autore: Shadow writer    08/11/2014    3 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
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Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Durante la seconda ora di lezione qualcuno bussa alla porta e l'insegnate fa entrare una bidella con un telefono in mano.
«Scusi il disturbo, c'è una chiamata per Luna Leach»
Gli occhi della classe si spostano su di me, mentre mi alzo con le guance arrossate ed esco dalla classe.
«Pronto?» rispondo al telefono con voce tremante.
«Luna? Ciao!» esclama una familiare voce maschile dall'altro capo.
«Will? È successo qualcosa di grave?» domando preoccupata.
«No, perché me lo chiedi?» capisco dalla voce che è perplesso.
«Mi hai chiamata sulla linea della scuola, durante l'orario delle lezioni» spiego per nulla tranquilla.
«Vero, ma non pensavo ti preoccupassi così tanto»
Faccio un sospiro:
«Allora perché mi hai chiamata?»
«Volevo chiederti se hai impegni per Halloween.»
«Halloween? Non è settimana prossima?»
«Esatto»
«No, ma non credo che andrò per le case del campus a fare "dolcetto o scherzetto"»
«Proprio quello che volevo sentirti dire» replica trepidante «Per la festa dei santi e dei morti ci mandano a casa tre giorni e, non fare commenti, mia mamma ha il vizio di preparare una cena a base di zucca. Vieni?»
Resto in silenzio, spiazzata.
Non avevo mai associato il ragazzo ad una famiglia. Mi era sempre sembrato così fuori luogo al Centro, ma non riuscivo a credere che ci fosse qualche posto in cui si sarebbe sentito a suo agio. È ovvio che abbia una casa.
«Luna, ci sei ancora?» domanda la sua voce.
«Sì»
«È la tua risposta?»
«Cosa? No, no, aspetta. Mi fa molto piacere che tu mi abbia invitata ma non so se sia il caso» 
Lui non parla subito.
«Ti giuro che la mia famiglia è normale, non come me»
«Non ho detto che tu non sia normale» replico, facendo scorrere nervosamente lo sguardo per il corridoio.
Fortunatamente non sta passando nessuno.
«Ma quale ragazzo normale di diciott'anni si farebbe chiudere in un carcere? Comunque, vieni o no? Bisogna che lo sappia.»
«Stai parlando come Sally Hayes.» commento con un sorrisetto.
«Ma tu non stai ancora delirando, Holden Caulfield»
Il sorrisetto mi si appiattisce. Non pensavo che avrebbe colto l'allusione a quel libro.
«Ti assicuro che i miei impazziscono dalla voglia di conoscerti» continua il ragazzo «Sarebbero contentissimi di avere un ospite a cena»
Mi torturo una ciocca di capelli, aspettando quasi involontariamente che Voce mi dica cosa fare. Ma Voce ha deciso di fare sciopero quando io ho deciso di osare.
Allora oso, ancora una volta.
«Va bene, Will, vengo» rispondo decisa.
Quando lui risponde sembra sollevato:
«Perfetto, dirò di passare a prendere al campus»
«Posso anche arrivare a casa tua in autobus» replico debolmente.
«No, mio papà sarà felice di farti da autista» 
«Va bene» acconsento infine «Adesso devo tornare in classe»
«Speravo volessi trattenerti a discorrere con me» ride.
«Mi piacerebbe molto, ma penso che si stiano già preoccupando per la salute di tutti i miei cari. È meglio che vada adesso»
«Certo signorina Leach, buona giornata.»
«Ciao, ci vediamo»
Chiudo la chiamata e prendo un respiro profondo. Sono stata invitata, ufficialmente, a casa di Will.
Il mio cuore accelera involontariamente, nonostante cerchi di rimanere calma.
Quando ritorno in classe pare che parecchi sguardi siamo puntati su di me, ma li ignoro e riprendo posto a fianco di Clare.
«Tutto bene?» mi chiede lei con sguardo circospetto.
Annuisco senza scendere nei dettagli e la mia compagna non fa domande.
L'ora successiva è quella di educazione fisica, che in questo momento salterei più che volentieri.
Mentre mi cambio negli spogliatoi una ragazza mi guarda con la fronte sollevata e seguendo i suoi occhi capisco che sta fissando la mia spalla destra.
Lanciando un'occhiata rapida vedo che la pelle è diventata violacea a causa della botta che ho preso ieri sul tetto.
Mi rivesto velocemente ed esco dagli spogliatoi.
Durante la corsa di riscaldamento poi il ginocchio comincia a pulsare dolorosamente e devo fermarmi per riposare sul bordo della palestra.
«Non pensavo fossi così fiacca» commenta una voce comparsa improvvisamente al mio fianco.
Alzo lo sguardo e incrocio degli occhi scuri.
«Quando salti da un tetto all'altro ti fai parecchio male, pensavo lo sapessi» replico a Greg che sta sorridendo divertito.
«Ne so qualcosa» ribatte lui.
«Leach!» grida il mio insegnante «Credi che questa sia l'ora di socializzazione? Riprendi i tuoi esercizi!»
«Ci vediamo a pranzo!» saluto Greg e mi allontano verso la mia classe come lui va verso la sua.
Dopo una serie di esercizi pietosi a causa delle botte che ho su tutto il corpo il professore mi fa sedere e finalmente tiro un sospiro di sollievo.
 
«Dovresti dirlo a Will» esordisce Greg a pranzo, seduto insieme a me nell'erba del giardino.
«Cosa?» chiedo perplessa.
«La tua abilità con il vento. Lui saprebbe sicuramente cosa farne» risponde brandendo una forchetta.
«Scordatelo» ribatto infilzando la mia insalata ispida.
«Sul serio Luna, non ne farebbe parola con anima viva e sarebbe contentissimo»
«Non ricordi cosa ha detto quell'uomo? Chiunque ne è a conoscenza deve essere eliminato. Tu sei già in pericolo.» ribatto risoluta mentre mi infilo una forchettata di insalata in bocca.
«Will è abbastanza intelligente per non farsi beccare! E tu potresti rappresentare una svolta decisiva nella sua vita»
«Che cosa intendi?» domando e dissimulo l'interesse cercando di concentrarmi sul pranzo.
Fallisco miseramente a giudicare dal sorrisetto malizioso di Greg.
«Mi dispiace deluderti» dice infatti «Ma non si tratta di una svolta intima o romantica. Però potresti farlo uscire di prigione e magari fargli finalmente vincere una causa contro suo zio»
«Stai dicendo che non ne ha mai vinta una?» chiedo sgranando gli occhi.
Lui piega le labbra in una smorfia:
«No, Benedict oltre che ad essere astuto è anche ricco e potente, può pagare per sé gli avvocati migliori e convincere quelli del nipote a lasciarlo vincere. Will si era anche messo a studiare giurisprudenza per provare a cavarsela da solo senza avvocati»
Rimaniamo un istante in silenzio, a fissare il nostro triste pranzo.
«E io cosa potrei fare?» domando infine.
Lo sguardo del ragazzo si fa vivo, ma lo quieto in un istante:
«Questo non significa niente, non ho intenzione di rivelare nulla a Will, che sia chiaro»
L'espressione di Greg si smorza un poco, ma risponde:
«Potresti fornire prove certe, rubare facilmente documenti di Benedict, raccogliere informazioni con cui prevenire le sue mosse e altre mille cose. Sarebbe decisivo»
«So a malapena usare la mia abilità, non sarei di nessun aiuto» ribatto sottovoce.
«Questo è quello che pensi tu» ribatte Greg con uno sguardo grave fisso su di me.
Alzando gli occhi scorgo Clare che mi fissa e le faccio cenno di avvicinarsi, desiderosa di cambiare argomento.
Lei ci raggiunge titubante.
«Non voglio disturbare» dice a voce bassa quanto è vicina.
«Non preoccuparti, non era nulla di importante. Greg, lei è Clare e viceversa»
La ragazza si siede al mio fianco con la sua porzione di cibo e mentre mangia su di noi cala il silenzio.
Greg mi rivolge uno sguardo carico di significato.
Mi pare quasi di sentirlo dire: "Questo discorso non finisce qui"
 
La biblioteca è semi deserta di venerdì pomeriggio, così posso rilassarmi sulla mia poltrona.
L'inconveniente di questo silenzio assurdo che ogni singolo rumore mi fa sobbalzare, distraendomi dalla lettura di "Orgoglio e Pregiudizio".
«Ciao Luna»
Scatto letteralmente in piedi facendo cadere il libro a terra con un tonfo secco.
Spalanco gli occhi.
«Jim...» mormoro scrutando l'uomo in piedi davanti a me.
Lui mi rivolge un sorriso placido che contagia gli occhi azzurri e distende alcune delle numerose rughe.
«Stai bene?» chiede lanciando uno sguardo al povero volume sotto la scrivania.
«Sì, certo» rispondo mentre mi chino per raccoglierlo. Nel farlo però picchio la testa contro il tavolo e mi lascio fuggire un verso di sorpresa e dolore.
«È ancora tutto a posto?» domanda l'uomo tentando di nascondere il divertimento.
«Sì, sì, sono più resistente di quello che sembra, a forza di farsi male ci si fa il callo. Come mai da queste parti?» replico con noncuranza.
«Io lavoro qui, Luna»
«Certo, certo!» esclamo tormentandomi una ciocca di capelli.
«Sembri nervosa» fa notare l'uomo.
Apro la bocca, la richiudo, poi lascio cadere le braccia lungo i fianchi.
L'espressione di Jim si fa seria.
«Stai pensando a quell'uomo che era con me?» chiede prima che io possa parlare.
Decido di annuire semplicemente.
«Sapevo che ci stavi ascoltando...non preoccuparti, sono contenta che tu l'abbia fatto, così non devo spiegarti alcune cose. Quell'uomo si chiama Rufus Wilson e come avrai capito possiede le nostre stesse abilità. A dir la verità appartiene ad un gruppo che si occupa di controllare i nostri rapporti con gli asthenai e tra noi stessi. Si tratta di una sorta di mini-governo.»
«Sono nei guai?» chiedo preoccupata.
Lui ride leggermente:
«Assolutamente no. Rufus ha saputo del tuo arrivo ed è venuto ad assicurarsi che fosse tutto a posto. So che però ha avuto luogo un piccolo inseguimento sui tetti della scuola»
Sento le mie guance scaldarsi e so che non posso fare nulla per impedirlo.
«C'era un altro ragazzo con me» dico allora.
Jim si fa pensieroso.
«È lo stesso ragazzo di cui mi parlavi? Quello che potrebbe aver intuito le tua capacità?»
Scuoto il capo:
«No, non è lui»
L'uomo non risponde per qualche istante, poi torna a fissarmi con i suoi occhi cerulei:
«Mi occuperò io della faccenda e terrò buono Rufus. Dimmi: questo ragazzo sa la verità?»
Rimango in un silenzio imbarazzante.
«Deduco di sì» sorride l'uomo tranquillamente. «Non ne farò parola con Rufus, ma tu stai attenta a chi dai la tua fiducia, va bene?»
«Va bene» annuisco prontamente.
Detto ciò si allontana pacifico verso l'uscita della biblioteca e rimango di nuovo sola.
Ah no, con me ci sono ancora Elizabeth Bennet e il signor Darcy.
 
«Sei pronta?» domanda Clare dal salotto.
Posso sentire i suoi passi leggeri che ispezionano la casetta.
Mi affaccio da camera mia.
«Non sono convinta» annuncio.
Lei sbuffa in modo teatrale:
«È la settima volta che lo dici nel giro di mezz'ora»
«Sono seria! Non pensi che questi pantaloni mi ingrassino?» le mostro la mia figura intera.
«No, Luna» 
«Lo dici solo perché vuoi che la smetta!»
Lei fa roteare gli occhi e si lascia cadere su una sedia:
«Tanto so che ti cambierai comunque, anche prima lo hai fatto»
Sospiro:
«Hai ragione, vada per questi vestiti! Sono pronta!»
«Così in fretta?» chiede sarcastica, poi lancia un'occhiata allo schermo del suo cellulare.
«Mio papà passa tra cinque minuti» annuncia «Possiamo farci trovare sulla strada»
Le rivolgo un sorriso smagliante e prendo tutto il necessario per la festa.
Il padre di Clare, che non ho mai visto, si è offerto di portarci alla festa della cheerleader, dato che si trova dalla porta opposta dalla città e non ce l'avremmo mai fatta con l'autobus.
Chiudo la casa e seguo la ragazza nel viale che porta verso la strada.
Sul fondo scorgo già in attesa una modesta auto nera, a cui Clare si avvicina con tranquillità.
M'infilo dietro di lei sui sedili posteriori e scorgo al volante un uomo muscoloso e dalle spalle larghe che assomiglia a Clare solo per il colore castano-rossiccio dei capelli tagliati a spazzola.
«Ciao» mi saluta «Tu devi essere Luna. Mia figlia mi ha parlato di te»
«Piacere di conoscerla» rispondo.
«Chiamami pure Paul, nessuna formalità» sorride, poi mette in moto l'auto.
Per tutto il viaggio l'uomo si rivela di piacevole compagnia, molto allegro ed estroverso al contrario della figlia che resta in silenzio con lo sguardo perso fuori dal finestrino.
Quando intorno a noi cominciano a comparire case alte ed eleganti, circondate da giardini curati nel minimo dettaglio, capisco che siamo entrati nel quartiere ricco dove si svolge la festa.
Paul parcheggia lungo la via, poco lontano dalla nostra meta.
«Mi raccomando, state attente, non bevete nessun cocktail strano, state lontane dai ragazzi che si comportano in modo strano e non accettate nulla dagli sconosciuti» ci dice serio.
«Sì, signor poliziotto.» risponde Clare aprendo la portiera.
«Io mi preoccupo per il vostro bene, non sapete quanti casi del genere mi capitano ogni fine settimana» continua lui imperterrito.
Seguo sul marciapiede, poi mi volto a salutare l'uomo e ringraziarlo.
«Attente!» esclama ancora lui.
«Non riesce a capire quando fare il poliziotto e quando il papà» commenta Clare quando siamo abbastanza lontane. «La casa è questa» dice poi, indicandone una come le altre.
La scruto con sguardo critico.
«È stranamente silenziosa» commento «Non sembra che contenga una festa»
Lei fa roteare gli occhi e si avvicina al portoncino d'ingresso.
«Quello dello delle feste stratosferiche è un tuo pregiudizio verso gli americani» commenta mentre bussa.
Con due passi veloci sono al suo fianco.
Sulla soglia si affaccia un ragazzo alto e ben piantato, a cui Clare tende gli inviti.
Senza parlare lui ci prende una per un braccio e ci tira all'interno.
La prima cosa che percepisco è un'ondata di musica a volume assordante, che ci schiaffa e ci costringe ad arretrare di qualche passo.
«Solo pregiudizi, eh?» chiedo a Clare.
«Cosa?» grida lei per sovrastare il rumore.
«Lascia perdere!» dico.
«Cosa?»
Scuoto il capo e guardo la stanza davanti a noi.
Scorgo corpi accaldati stretti ovunque, che si dimenano a ritmo di una musica priva di melodia, ma composta solo da forti vibrazioni che mi attraversano dalla punta dei piedi fino alla testa.
Mi volto verso Clare, ma vedo che la folla l'ha allontanata di qualche metro.
La scorgo dimenarsi per ritornare verso di me, però è troppo bassa e dopo poco scompare dalla mia vista.
Cerco di raggiungerla, senza successo e mi rassegno a girovagare per la stanza rasente al muro, con la musica assordante che pulsa dentro di me. 
Incontro alcune mie compagne di corso, che tentano di conversare, ma falliscono miseramente a causa dei troppi drink che impastano loro la lingua e del rumore assurdo.
Quando loro si allontanano mi sento improvvisamente prendere da un capogiro.
Faccio scorrere gli occhi intorno a me, alla ricerca di un'uscita.
Il salotto è enorme e ci sono così tanti ragazzi in mezzo da non riuscire a vedere oltre la massa informe.
Se proseguissi rasente alla parete prima o poi troverei un'uscita, ma di nuovo mi sento male.
Allora decido di buttarmi.
Prendo un respiro profondo e avanzo in mezzo al gruppo di ragazzi.
Per farmi spazio devo spintonare, a volte calciare e spostare persone che non vedo e non sento, ignorando le dita umidicce che mi attanagliano più volte i polsi nel tentativo di bloccarmi almeno per un po'.
«Luna, dove vai?» esplode una voce vicino al mio orecchio.
Mi volto di scatto appena in tempo per vedere un faretto illuminare il volto di Simon.
«Ciao» dico con una certa stizza e faccio per allontanarmi, ma lui mi ferma.
«Balla con me» riesco a leggere il suo labiale.
Scuoto il capo.
«Non ti piaccio?»
«Simon, lasciami» replico tentando di liberare il braccio che tiene.
«Sembra che tu mi odi. Cosa ti ho fatto?»
«Non mi hai fatto nulla e non ti odio, ma adesso sei ubriaco e non sai quello che dici» ribatto con gentilezza.
«Non sono ubriaco» afferma e i suoi occhi si fanno più lucidi «Sono normale. Mi odi?»
«No, te l'ho già detto» rispondo con un sospiro.
La musica rallenta e le luci si fanno meno frenetiche.
«Allora baciami» dice serio.
Mi sento sbiancare, poi avvampare all'improvviso.
«No, lasciami» replico.
«Dai, siamo ad una festa, devi lasciarti un po' andare»
Si avvicina e il mio cuore accelera all'improvviso.
Arretro, calpestando il piede di qualcuno e guardo intorno a me.
Scorgo l'immagine di un giardino poco lontano da me.
Una vetrata da cui uscire.
Mi lascio in quella direzione, ma delle mani mi afferrano il bacino e mi tirano indietro.
«Solo un bacio...» sussurra Simon implorante.
Mi dibatto tra le sue braccia muscolose. So perfettamente che è molto più forte di me e che non ce la farò a liberarmi.
Una sensazione improvvisa mi nasce dal petto ed esplode intorno a me.
Simon viene sbalzato indietro insieme a tutti gli altri ragazzi che mi stavano vicino.
Lo guardo sconvolta, poi rivolgo gli occhi alla vetrata e sento di voler correre via da lì immediatamente.
Qualcuno, che non vedo mi prende un braccio e di nuovo il vento esce da me.
Con un rumore fragoroso la vetrata va in frantumi, scatenando grida terrorizzate.
Non ci penso due volte e mi lancio verso il giardino, incurante di tutto ciò che mi circonda.
Appena sbuco nell'aria fredda della notte, un brivido mi scende lungo la schiena e mi fermo, sotto alla volta celeste.
Gridando alcuni i ragazzi si riversano nel giardino, mentre si guardano attorno spaventati, ma la loro attenzione non è rivolta verso di me. Prendo un respiro profondo.
Ancora una volta sento una mano afferrarmi il braccio, ma quando incontro gli occhi del responsabile mi tranquillizzo.
«Cosa ci fai qui?» chiedo a Greg, stupita.
«Ho detto a Will che avresti partecipato ad una festa e lui mi ha pregato di teneri d'occhio»
Corrugo la fronte:
«Ti ha addirittura pregato
«Me lo ha chiesto, voleva assicurarsi che non finissi nei guai»
Faccio una smorfia: 
«Quanta fiducia nutre nei miei confronti! Aspetta...» il mio sguardo si fa più vivo e consapevole «Gli hai detto qualcosa?»
«Assolutamente no» mi tranquillizza Greg «Ma che ne dici di andarcene? I ragazzi ci stanno guardando molto male, la tua scenetta con Cox ha attirato l'attenzione»
«Scenetta?» ripeto con un'altra smorfia.
«Lascia perdere, adesso andiamocene» 
Mi tira con delicatezza verso il cancello del giardino, poi lo scavalchiamo insieme, non visti dai ragazzi che sono concentrati intorno alla vetrata crollata, e ci allontaniamo nella strada buia.
«Dici che si sono accorti del vento?» chiedo a Greg, voltandomi per guardarlo.
La luce cupa dei lampioni gli disegna ombre gotiche sul volto, che gli danno un'espressione quasi grottesca.
«Non penso. La metà di loro era ubriaca fradicia e l'altra metà era troppo occupata a pominciare. Quelli che ti hanno vista avranno pensato che hai semplicemente spinto Simon»
«Così ho attirato ancora di più l'attenzione su di me» commento sottovoce, con gli occhi fissi sulla punta delle mie scarpe.
Alzo nuovamente lo sguardo.
«Clare! L'ho lasciata alla festa!» 
«L'ho vista parlare con un ragazzo, non credo sentirà la tua mancanza» ribatte Greg.
«Sul serio? Le mando almeno un messaggio per informarla»
Mentre cerco il cellulare, sento il ragazzo fare un sospiro e passeggiare intorno a me.
«È ancora presto» dice alla fine «Hai voglia di andare a bere qualcosa?»
Prendo una ciocca di capelli tra le dita.
«Che genere di bevanda?» chiedo.
Greg fa un sorriso:
«Puoi anche prendere del latte caldo col miele se ti va»
«Allora va bene» gli faccio una linguaccia e lui scoppia a ridere.
 
Qualche decina di minuti e di chilometri saltellanti sull'auto di Greg più tardi, ci ritroviamo seduti in un piccolo locale la cui insegna promette: "Drink e gelati".
L'arredamento è piuttosto scialbo e squallido, ma la coppa gelato che sto mangiando è squisita.
Anche il ragazzo ne ha ordinata una e prende piccoli cucchiaini alla volta che rimangono sospesi qualche istante prima di essere portati alla bocca.
Siamo gli unici clienti oltre ad un piccolo gruppo di uomini di mezz'età, quindi il locale è pervaso da un'atmosfera molto rilassante e pacata.
«Allora...» comincio nervosa «Di cosa vuoi parlare?»
«Di solito si mette in tavola un argomento e poi si segue quello» commenta lui, facendo volteggiare il suo cucchiaio.
«Ma io non so di cosa parlare, quindi comincia tu» gli rivolgo un sorriso smagliante.
«Ciao, mi chiamo Gregory, ho diciotto anni e sono un po' uno studente, un po' un raccoglitore di miele e un po' il braccio destro di un criminale.»
«Miele?» ripeto con un sorriso enorme «Raccogli il miele, quello...» faccio un gesto come per dire "Hai capito".
«A quale miele stai pensando oltre che quello delle api?» domanda lui perplesso.
Scuoto il capo divertita:
«Quando ti ho incontrato, la prima volta, ho pensato che profumavi di miele»
Lui rimane in silenzio, con il volto rilassato, come se fosse in contemplazione.
Poi mi fa un sorriso dolce e timido e ritorna alla sua coppa.
«Come hai conosciuto Will?» chiedo all'improvviso, senza neanche rendermene conto.
Lui fa un sorriso, riflesso di tempi lontani, e si adagia comodamente contro lo schienale della poltrona assaporando di ricordi che la mia domanda gli ha revocato.
«Avevamo dodici anni, credo.» comincia «Ero finito in Presidenza perché dei ragazzi più grandi mi avevano picchiato e mentre aspettavo il mio turno si sedette al mio fianco un ragazzino, come me, con dei capelli neri spettinatissimi, lo ricordo bene. Quando gli chiesi perché era lì, la risposta fu: "Hai mai provato a mischiare alluminio e acido cloridrico nel laboratorio di chimica? Be', non ci provare se non vuoi essere sospeso."»
«Quello fu l'inizio di una grande amicizia?» chiedo sorridendo.
Lui pare così nostalgico e felice.
«Sì» risponde «Di sicuro.»
Sorrido e sento come se tutto dentro di me si fosse calmato.
«Grazie» dico alla fine con riluttanza, temendo di rompere la magica atmosfera creata tra di noi.
«E di cosa?» chiede spostando gli occhi color cioccolato su di me.
Scrollo le spalle:
«Della chiacchierata, di avermi salvato da quella festa terribile»
Lui fa un sorrisetto divertito:
«Mi dispiace solo non averti potuto offrire latte caldo col miele»
Gli lanciò un po' della panna della coppa addosso e lo colpisco sul naso.
«Tié, te lo meriti!»
Scoppiamo entrambi a ridere come bambini.
 
 
L'aria della mattina è fresca e frizzante, riscaldata dai raggi tenui del sole che accarezza le strada intorno al campus.
È domenica mattina e ho deciso di fare una passeggiata per respirare il profumo della natura circostante per quanto consentito dall'intervento artificiale.
Il vento è leggero e delicato, come se riflettesse le sensazioni che provo ora.
Vedo, una figura venirmi incontro e mi preparo a salutare l'uomo che incrocerà il mio cammino.
Mentre si avvicina i suoi tratti si fanno più distinti, fino a delineare una persona che ben conosco.
Benedict Lennox.
«Buongiorno» saluto per prima quando siamo abbastanza vicini.
«Luna! Che piacere» replica lui e ci scambiamo le solite formalità chiedendoci come va la vita.
«Ti è stata inviata una mail con i dettagli per la prossima cena» dice lui d'un tratto.
Faccio un sorriso statico e annuisco.
«La leggo appena tornata a casa» rispondo, ma già sento un brivido scivolarmi lungo la schiena.
Un altro incontro.
Potresti fornire prove certe, rubare facilmente documenti di Benedict, raccogliere informazioni con cui prevenire le sue mosse e altre mille cose. Sarebbe decisivo.
Greg aveva ragione. Sono dentro il gioco, ma se aiuto chi è fuori, potrei davvero diventare un tassello fondamentale.
 
 
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Ciao a tutti! Eccomi, in ritardo, per cui mi scuso infinitamente! 
Questo capitolo non mi sembra molto interessante, ma questa è una mia impressione e io non mi sono mai soddisfatta dei miei lavori. Mi scuso anche per gli eventuali errori di battitura:) 
Allora come al solito vi prego di recensire, per farmi sapere cosa ne pensate della trama, dello stile e dei personaggi, ho fondamentale bisogno di voi e dei vostri pareri!
Grazie se siete arrivati fin qui, alla prossima:D
Lux
   
 
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