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Autore: SigmundF    08/11/2014    0 recensioni
“Soltanto i più forti fanno i conti con la solitudine. Gli altri la riempiono con chiunque”
La storia di Leonora ha inizio con un raggio luminoso di speranza che attraversa il muro delle fortezza di solitudine che si è costruita attorno. Per lei sarà difficile scegliere se lasciarsi accarezzare dalla luce, rendendosi vulnerabile, oppure se rintanarsi nell'ombra per paura di rimanere scottata.
Il rating per il momento è verde ma potrebbe cambiare in corso d'opera.
La storia è per lettori pazienti in quanto sono lenta ed estremamente pignola, quindi è d'obbligo dire che non aggiornerò frequentemente e periodicamente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Quell’anno l’inverno aveva fatto il suo ingresso in maniera trionfale, da un giorno all’altro l’afa aveva lasciato il posto al gelo, e quel caldo che il cervello associava all’estate, al relax, e alla mancanza di preoccupazioni, era scomparso, lasciando un freddo vento fatto di responsabilità, studio e doveri.
In una piccola città come quella in cui Leonora viveva, l’università rappresentava per tutti i suoi coetanei uno dei massimi obbiettivi. E anche per lei , così come per tutte le sue amiche, era stato così. Dopo tredici anni di scuola, costretti ad andare d’accordo con persone spesso cattive, pettegole o semplicemente troppo diverse da loro, finalmente tutte quante avrebbero avuto modo di scegliere.
La scelta iniziava con la giusta facoltà.
Valentina, con i suoi capelli ricci ed il suo animo da poetessa, aveva scelto giurisprudenza, desiderosa di cambiare il mondo e animata da quel suo spirito di rivolta che spesso la spingeva ad opporsi praticamente a tutto ciò che le veniva proposto. Michela, stanca di sua madre e di quel soffocante rapporto che la vedeva dover rinunciare da sempre alla sua privacy, aveva invece scelto medicina, ed era partita per una città della stessa regione, ma abbastanza lontana da dover vivere almeno per cinque giorni a settimana fuori casa. Leonora infine, desiderosa semplicemente di fare, ma assolutamente indecisa su COSA fare, spinta dai suoi genitori aveva scelto ingegneria.
 
Per tutte loro l’ultimo anno di liceo era stato difficile. In una classe di ventisei persone che avevano dovuto forzatamente convivere fianco a fianco per cinque anni, nel periodo precedente agli esami di stato, tutte le tensioni si erano accentuate, finendo per scoppiare come una bomba ad orologeria. Per Leonora in particolare, le cose avevano preso una brutta piega a partire dall’inizio dell’anno.
Si sa, fidanzarsi con un ragazzo della propria classe non è mai una saggia scelta, ma è da ancor più tempo risaputo che “al cuor non si comanda”, e Leonora e Stefano non erano proprio riusciti a sfuggire a quest’ultima massima della saggezza popolare. Purtroppo, essendosi scelti che erano ancora dei bambini, non avevano saputo gestire la cosa al meglio, o semplicemente diciamo che non l’avevano saputa gestire affatto. Dopo un anno di relazione infatti, Stefano aveva iniziato a diventare possessivo e geloso. Ossessionato da Leonora, dalle relazioni che lei intratteneva con i suoi amici, la sua famiglia o chiunque altro, l’aveva chiusa in una gabbia soffocandola sempre più, finché dopo altri due anni di litigi, dispetti e bugie, lei era finalmente riuscita a dirvi basta.
 
La seconda scelta importante erano le persone giuste da frequentare, i colleghi con i quali passare i successivi tre anni a studiare, mangiare a mensa e prendere il pullman.
Il corso di ingegneria meccanica contava ben trecentocinquanta studenti, dei quali soltanto cinquantaquattro erano di sesso femminile. Inoltre era uno dei pochi corsi a vantare l’obbligo di frequenza di un precorso di matematica.
 
Il primo giorno Leonora, prima di uscire di casa, aveva deciso che in un modo o nell’altro avrebbe fatto amicizia. E  poco importava di tutte le dicerie riguardanti la caratteristica “timidezza” degli aspiranti ingegneri, lei sarebbe riuscita a trovare qualcuno con cui potersi sedere, parlare e confrontare appunti ed opinioni. E così fu.
Quel giorno era stata la volta di Alessandra, amichevole e per niente timida, le aveva subito offerto la sua compagnia, un posto a sedere accanto a lei ed il suo numero di telefono per uscire insieme. Pochi giorni dopo, era arrivata Beatrice, all’apparenza riservata, con il suo tono di voce dolce e terribilmente basso sembrava essere intimidita da tutto ciò che la circondava, ma anche lei si era poi rivelata essere un’ottima compagnia. Ultimo, ma non di certo per importanza, era infine arrivato lui.
 
Quella mattina di fine settembre Leonora aveva trovato Alessandra in compagnia di un ragazzo, che le era stato subito presentato. La sua prima impressione fu quella di un tipo per bene, educato, intelligente. Le diede l’idea di uno di quei nerd popolari che pur essendo estremamente studiosi riuscivano a compensare con simpatia e disponibilità il loro essere “secchioni”. Era alto, magro, con grandi occhi castani ed un sorriso bianco e perfetto. Si presentò stringendole la mano con presa sicura e non ebbe alcun timore a guardarla dritta negli occhi “Piacere, Simone”.
Lei ricambiò la stretta presentandosi a sua volta e cercò di dimostrarsi amichevole facendo qualche domanda sul test d’ingresso e sulla sua strategia di preparazione.
“Si, ho fatto il test a settembre, ma sinceramente non ho studiato molto, ho riguardato giusto qualcosa il giorno prima…” Leonora non si fece intimidire dalla sua sicurezza, e raccontò senza vergogna di come lei si fosse invece ampiamente preparata per settimane, prima di tentarlo. “E la cosa bella è che su settantacinque posti messi a bando io sono arrivata settantaquattresima!” Lui strabuzzò gli occhi “NO! Non ci credo che culo!” La sua risata si unì a quella di lei ed insieme alle altre entrarono in aula.
Si sedettero vicini, e fortuna volle che quel giorno la lezione fosse più di esercitazione che di teoria.
La trigonometria era stata una delle grandi nemiche di Leonora, ma forse era più corretto dire che la sua insegnante di matematica, era stata la sua vera grande nemica. Per un anno intero aveva fatto mille sforzi cercando di prendere un voto decente ai compiti in classe, e a malincuore si era dovuta infine rassegnare all’idea che l’unico frutto del suo impegno fosse stato quel misero sei alla fine del terzo trimestre. Quel giorno però, accanto a Simone, quegli esercizietti le sembrarono una passeggiata, e fu altrettanto naturale discutere con lui dei vari metodi risolutivi.
“Questo secondo me si fa così..” Le mostrò una messa in evidenza con la quale lei concordò immediatamente “Si, però ricordati di tenere il denominatore altrimenti perdi soluzioni” .
Tuttavia senza sapere precisamente quando, la collaborazione si trasformò in sfida. Entrambi cercavano di risolvere le disequazioni date nel minor tempo possibile, ma senza mai perdersi il confronto dei risultati finali, che puntualmente coincidevano.
 
I giorni passarono velocemente, tra sfide all’ultimo risultato, le loro mani erano sempre alzate l’una accanto all’altra quando si trattava di rispondere,  e Leonora sentiva di aver trovato qualcuno come lei, qualcuno che si entusiasmava per una nuova formula, che non aveva vergogna nel dire che gli piacesse la matematica o la chimica: qualcuno con voglia di fare.
Avevano scoperto di essere entrambi amanti dei libri e dei viaggi, si erano  insieme resi conto di come venissero colti dall’entusiasmo durante le lezioni di chimica, di come tutti e due avessero una parlantina troppo spedita, e tanto altro.
Insieme a questa connessione mentale andava però sviluppandosi un altro tipo di legame.
Era ormai consuetudine per loro sedere vicini, punzecchiarsi l’un l’altro di continuo innervosendosi e poi scoppiando a ridere subito dopo, chiamarsi “stronzo” e “malefica”.
E poi avevano iniziato ad arrivare i primi contatti fisici, i pizzicotti sui fianchi, i pugni che si davano sulle cosce soltanto per il gusto di darsi fastidio a vicenda. Un venerdì lui si era persino steso sulle sue gambe lasciandosi accarezzare una guancia, e le era sembrato così naturale farlo, come le era sembrato altrettanto naturale schioccargli un bacio sulla guancia quando lui gliela aveva porta, un giorno in cui le aveva fatto compagnia in attesa dell’autobus. Ed in Leonora aveva iniziato a nascere qualcosa, qualcosa di simile alla speranza, un sentimento leggero, ma allo stesso tempo forte, che le faceva desiderare di alzarsi la mattina ed andare a lezione, di rimanere a studiare anche di pomeriggio, e che il weekend passasse in fretta.
E quando successe, quando scoprì in un giorno di Ottobre che per lui la sua compagnia non era indispensabile, perché, chi ha una fidanzata in genere non necessita della compagnia di altre ragazze, decise di non lasciarsi scoraggiare. Dopo lungo tempo avvolta nel limbo della solitudine decise che non poteva proprio lasciarsi scappare un’occasione del genere, e concordò con se stessa in un tacito accordo che avrebbe continuato a comportarsi come se niente fosse, come se non avesse effettivamente sbirciato la chat del suo telefono scoprendo la scomoda verità. Avrebbe atteso.
 

   
 
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