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Autore: _H i d e a w a y_    08/11/2014    12 recensioni
| Nᴇᴡᴛᴍᴀs |
/ Cᴏʟʟᴇɢᴇ AU
Cosa accadrà quando Newt, giovane diciottenne maturando, incontrerà Thomas, anch'egli giovane maturando?
Due istituti diversi, due mentalità contrastanti.
Classico e scientifico; chi riuscirà ad avere la meglio?
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Newt, Thomas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAP.2

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Cap.2


Aʟʟ ᴛʜᴇ ʜᴜʀᴛ, ᴀʟʟ ᴛʜᴇ ʟɪᴇs; ᴀʟʟ ᴛʜᴇ ᴛᴇᴀʀs ᴛʜᴀᴛ ᴛʜᴇʏ ᴄʀʏ.
Wʜᴇɴ ᴛʜᴇ ᴍᴏᴍᴇɴᴛ ɪs ᴊᴜsᴛ ʀɪɢʜᴛ, ʏᴏᴜ'ʟʟ sᴇᴇ ғɪʀᴇ ɪɴ ᴛʜᴇɪʀ ᴇʏᴇs.
'Cᴀᴜsᴇ ᴛʜᴇʏ'ʀᴇ sᴛʀᴏɴɢᴇʀ ᴛʜᴀɴ ʏᴏᴜ ᴋɴᴏᴡ; ᴀ ʜᴇᴀʀᴛ ᴏғ sᴛᴇᴇʟ sᴛᴀʀᴛs ᴛᴏ ɢʀᴏᴡ.

Wʜᴇɴ ʏᴏᴜ'ᴠᴇ ʙᴇᴇɴ ғɪɢʜᴛɪɴɢ ғᴏʀ ɪᴛ ᴀʟʟ ʏᴏᴜʀ ʟɪғᴇ,
ʏᴏᴜ'ᴠᴇ ʙᴇᴇɴ sᴛʀᴜɢɢʟɪɴɢ ᴛᴏ ᴍᴀᴋᴇ ᴛʜɪɴɢs ʀɪɢʜᴛ.
Tʜᴀᴛ’s ʜᴏᴡ ᴀ sᴜᴘᴇʀʜᴇʀᴏ ʟᴇᴀʀɴs ᴛᴏ ғʟʏ.

Eᴠᴇʀʏ ᴅᴀʏ, ᴇᴠᴇʀʏ ʜᴏᴜʀ, ᴛᴜʀɴ ᴛʜᴇ ᴘᴀɪɴ ɪɴᴛᴏ ᴘᴏᴡᴇʀ.

( Tʜᴇ Sᴄʀɪᴘᴛ - Sᴜᴘᴇʀʜᴇʀᴏᴇs )










Era una mattina come le altre, se non più fredda. 

Aveva messo i piedi giù dal letto, abbandonando quel caldo giaciglio che lo accompagnava nei viaggi notturni, per catapultarsi alla realtà. Non era riuscito neanche a mettere piede fuori casa, che una soffiata di tramontana lo colpì in pieno appena entrato in cucina, a causa delle finestre lasciate aperte la sera prima.

Con qualche smadonnamento in più del solido, riuscì ad arrivare alla fermata dell'autobus con il giusto necessario per non rischiare l'assideramento nel tragitto per arrivare a scuola.

Non che odiasse freddo, anzi, tutto il contrario. Se avesse dovuto scegliere tra l'assiderazione e le scottature, sicuramente avrebbe preferito morir congelato in mezzo alle tramontane. Era tipo da coperta e cioccolata calda in inverno, lui; detestava andare al mare. Quelle poche volte che era andato in spiaggia, in estate, erano dovute ai suoi genitori. Ogni domenica -unica giornata libera per stare tutti insieme-, veniva trascinato al mare, sotto un'ombrellone a prendere il sole poiché la sua pelle, per sua madre, era fin troppo pallida.

Un’altra tirata di tramontana lo costrinse ad affondare il volto nella sciarpa di lana, lasciandosi pizzicare dal caldo e soffice materiale. Corse a nascondere le mani all'interno della giacca e ringraziò l'autobus che riuscì ad arrivare puntuale, salvandolo dall'Era glaciale che sembrava incombere quella mattina.

Si sedette ai primi posti, come suo solito, scegliendo il primo sedile libero sulla sinistra, proprio accanto al finestrino. Gettò lo zaino ai piedi di esso, prima di prendere posto e liberare un sospiro di sollevazione. Anche quella mattina, era andata.

Chiuse gli occhi prima di appoggiare al testa al freddo finestrino, accucciandosi come meglio poteva su quello scomodo sedile in plastica; per qualche istante sentì le forze starlo per abbandonare nuovamente quando, all'improvviso, una fermata troppo brusca gli fece sbattere le tempie contro quello stesso finestrino su cui aveva poggiato la testa.

Alzò la testa con un ringhio, per poter indirizzare lo sguardo contro la causa scatenante di quella frenata così brusca. Quando notò un gruppo di ragazzi, forse suoi coetanei, bloccare l'autobus al semaforo, iniziò a massaggiarsi le tempie dolenti per non iniziar a tirar tutti i santi che conoscesse, in ordine alfabetico.

L'autista, stressato quanto lui, premette sul pulsante di apertura delle porte per far entrare nuovamente quel vento da tramontana all'interno del mezzo, permettendo in quel modo di far entrare le povere anime vagabondanti nella bufera.

Si girò per osservare gli individui saliti per la bontà dell'autista, riuscendo a riconoscere qualche volto proveniente dal liceo scientifico, poco distante dalla sua scuola.

Il suo sguardo cadde quasi involontariamente ad osservare le braccia scoperte, a causa di una T-shirt bianca, di un ragazzo; chiedendosi come facesse a sopportare tutto quel freddo. Roba da matti, nonché scientifici fuori di testa.

Soffocò un mormorio sorpreso quando, alzando lo sguardo sul suo volto, due occhi nocciolati si scontrarono contro i propri, sorpresi e -allo stesso tempo- divertiti da quelle attenzioni.

Il biondo voltò velocemente la testa, affondando subito dopo il volto nella sciarpa. Puntò lo sguardo in strada, sperando che Thomas non lo avesse riconosciuto.

Rimase immobile per qualche minuto, nascosto dal sedile più grande di lui; per un momento si paragonò ad un bambino in fuga dal proprio genitore dopo aver rubato l'ultima confezione di biscotti dalla credenza.

Voltò -anche se di poco- lo sguardo, imprecando mentalmente nel notare che gli occhi di Thomas erano ancora impegnati ad osservarlo con quel luccichio che quasi detestava. Girò nuovamente il viso verso la strada, arricciando le labbra in un broncio.

« Puoi venirmi a parlare, invece di fissarmi. Lo sai? »

Sobbalzò sul sedile, rischiando di perdere dieci anni della sua vita, quando sentì quella voce calda e sicura alle sue spalle, costringendolo ad alzare il volto fino a specchiarsi negli occhi del ragazzo, arrossendo istintivamente.

« Semmai eri tu a fissare, pivello. »

« Mi chiedevo quanto ci avresti messo. » Rispose subito Thomas, aggrottando le sopracciglia divertito.

« A far cosa, esattamente? » chiese Newt, gonfiando le guance in una smorfia prima di gettare fuori l'aria con il naso, assottigliando lo guardo in attesa di una risposta.

« A trovare il coraggio per parlarmi. Ma, evidentemente, é una cosa che ti manca. »

Disse il più grande prima di gettare -con poca grazia- lo zaino zaino accanto a quello del biondo, spingendolo maggiormente contro il finestrino con un braccio, per poi prendere posto accanto a lui.

« Primo, » cominciò ad occhi sgranati il più piccolo, osservando come l'altro si sentisse a suo agio. « Non mi sembra di averti invitato a sederti. E, secondo, chi ti dice che volevo parlarti? »

Thomas lo guardò per qualche istante, prima di portare un braccio appoggiato al sedile, con atteggiamento quasi spavaldo -ma sicuramente sicuro di se- prima di rispondergli.

« Perché mi osservavi, forse? » 

« Ma allora sei di coccio. Tu osservavi me. E poi, io non osservavo te, osservavo semplicemente la tua pazzia nello stare a maniche corte con questo tempo. Tutto qui. »

 « Hai ammesso che mi osservavi, però. »

 « La smetti? Sei irritante. »

Newt gemette frustrato, prima di affondare maggiormente il volto all'interno della sciarpa calda, in maniera tale da seppellire il volto dietro la lana, permettendo di far vedere al coetaneo solamente gli occhi color smeraldo.

Thomas -grande osservatore dei suoi movimenti-, andò ad appoggiare il braccio destro lungo lo schienale del sedile, invadendo lo spazio personale del biondo, che gli dedicò un'occhiata di sbieco.

« Conosci gli spazi personali, tu? O vuoi un disegnino? »

Thomas arricciò le labbra in un sorriso divertito da quelle -forse buffe- provocazioni, dischiudendo le labbra rosee per emettere una lieve risata. « Sei divertente, vocabolario. »

« La smetti di chiamarmi vocabolario? » Chiese basito, rialzando il volto per mostrare tutta la sua disapprovazione.

« Se ti decidessi a dirmi il tuo nome, magari. » Disse con il sorriso sulle labbra, lasciando la testa libera di oscillare a seconda delle vibrazioni dell'autobus, una volta che l'ebbe appoggiata contro lo schienale. « Mi sembra ingiusto che solo tu conosca il mio nome. » Continuò, osservando l'arricciamento del naso del coetaneo, forse irritato.

« Dimmi perché dovrei. » Rispose con una smorfia, appoggiando la testa al freddo finestrino nel tentativo di trovar sollievo nel freddo.

« Ci incontreremo ancora, é destino. » Sbottò il moro, arricciando le labbra in un broncio fin troppo infantile per la sua età. Poteva quasi essere definito peggiore di quello di Alby.

« Non penso proprio. » Borbottò in risposta, soffiando con forza aria dal naso prima di socchiudere gli occhi. Sentendo lo sguardo corrucciato dell'altro, girò il volto in sua direzione, osservando la scintilla soddisfatta del coetaneo accendersi quando incatenò lo sguardo al suo. « Mi chiamo Newt, e tu sei irritante. » Si lasciò sfuggire, lasciando il proprio sguardo libero di affondare per qualche istante in quello nocciolato del ragazzo accanto a se, prima di voltare nuovamente il volto e dedicare lo sguardo alla strada.

« Newt, come Newton? Seriamente? » Mormorò ad occhi sgranati, indeciso se essere incredulo o tremendamente divertito da quel contrasto.

« Sei proprio un Tommaso. » Rispose Newt, scuotendo la testa arreso da quel comportamento.

Voltò ancora la testa verso il ragazzo, corrugando la fronte nel notare la smorfia confusa che albeggiava il viso del moro.

« Cosa? » Chiese, appoggiando meglio la spalla al finestrino per usarla come sostegno. « Cosa c'entra il mio nome? » Domandò confuso Thomas, posizionandosi meglio dopo una frenata brusca dell'autobus, avvicinandosi maggiormente all'altro per sentirlo meglio.

Newt, non notando l'avvicinamento, rispose con un sospiro, portandosi la mano libera tra i capelli per scuoterli.

« Il tuo nome è una variante europea del nome italiano Tommaso, che a sua volta deriva dall'aramaico antico e significa 'gemello'. Il modo di dire 'Sei un Tommaso' indica una persona incredula. » Spiegò con tranquillità, alzando leggermente le spalle per sottolineare il concetto.

« Vedi, » Mormorò -forse colpito, ma forse-, il moro, che tornò a sorridere sbarazzino in sua direzione. « Sei un vocabolario. »

« Io non sono un-, Ah, fammi scendere. » Sbottò con un sospiro il più piccolo, alzandosi per spingere via il coetaneo, costringendolo ad alzarsi non appena l'autobus fermò alla sua fermata.

« Okay Newt, non maltrattarmi. » Disse, prima di dedicargli un ultimo sorriso. Osservò le ciocche bionde e sempre composte del coetaneo, fino a sciogliersi negli occhi smeraldini con un sorriso.

Newt voltò un'ultima volta lo sguardo, incrociando gli occhi nocciolati e divertiti del ragazzo, riuscendo a notare quella scintilla intenerita nello sguardo. Sospirò.

« Alla prossima, Tommy. » Alzò una mano in sua direzione -come saluto-, e senza aspettare una risposta, prese lo zaino e si affrettò a scendere dall'autobus per immergersi nuovamente nella tramontana.

Thomas si rimise seduto, con un sorriso più soddisfatto dei precedenti. Appoggiò le spalle al vetro freddo, continuando ad osservare i passi lenti del biondo che -con tranquillità-, si avviava verso il vialetto della scuola poco lontana.

« A presto, Newt. » Mormorò in un sussurro al vuoto, prima di scuotere la testa divertito dalle sue stesse parola e, forse, anche pensieri.


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« E quindi, » Iniziò Alby, non appena riuscì a vedere la testa bionda di Newt spuntare nella classe. Alla stessa ora, come tutte le mattine. « Il mio piccolo Newt ha incontrato un certo Cooper in autobus. »


« E tu cosa ne sai, scusa? » Domandò sorpreso questi, poggiando la borsa a tracolla nera accanto allo zaino dell'amico, sul banco che divideva con quella testa quadra di Alby.


« Non lo sai? Le voci girano, ed anche velocemente. » Rispose con poca importanza nella voce il ragazzo, arricciando le labbra in un ghigno divertito.


« Le voci gir-.. No, non voglio sapere.  » Sospirò lentamente, appoggiando le mani sul banco bianco. Voltò la testa verso i compagni che iniziarono ad entrare in quel momento, arricciando il naso prima di mettersi seduto ad osservare Alby.


« Thomas ti adora. » Lo canzonò l'amico, sedendosi accanto al biondo per potergli tirare un lieve cazzotto sulla spalla, sapendo quanto non sopportasse i contatti.


Infatti, di riflesso, il più piccolo sobbalzò leggermente sulla sedia; incrociò le braccia sul tavolo ed appoggiò la testa sopra di esse, soffocando uno sbadiglio sul nascere. « Resta comunque un idiota. » Mormorò con la voce impastata dalla stanchezza mattutina, per poi voltare nuovamente la testa verso l'amico.


« Mi ha chiesto il tuo numero poco fa, » Iniziò lentamente Alby, facendo attenzione a calcare perfettamente ogni parola. « Posso darglielo? »


« Alby, » mormorò con calma il biondo, soffiando aria dal naso come ogni volta che era indignato. « Posso trovarmeli da solo gli amici, ma grazie. » Terminò, voltando lo sguardo dalla parte opposta, verso la porta, iniziando a chiedersi dove diamine era andata a finire la professoressa di Chimica.


« Suvvia Newt, mia nonna ha più vita sociale di te. » Sbottò incredulo, incrociando le braccia al petto nel momento in cui lasciò andare il corpo contro la sedia.


Newt lo guardò un'ultima volta, assottigliando lo sguardo prima di potersi alzare.

L'altro lo guardò incuriosito, sorpreso di come non riusciva a buttar giù la verità, cosa che normalmente era solito fare ogni volta.


« Dove vai? » Chiese nel momento in cui vide la zazzera bionda del suo migliore amico allontanarsi, verso la porta.


« É evidente che la professoressa non verrà, oggi. E, visto che dopo dieci minuti di attesa abbiamo la possibilità dell'ora di buco, me ne vado sul tetto. Vieni con me? » Concluse con quella domanda con un'alzata di spalle, osservando con un sorriso il broncio del ragazzo.


« No, mi ritengo offeso. Non verrò. »

« Okay. »

« Dico davvero. »

« Okay. »

« Resterò qui, al calduccio, pregando che qualche porta ti lasci chiuso fuori per il resto dei tuoi giorni. »

« Okay. »


E nel momento in cui il corpo del biondo sparì fuori dalla sua visuale, scosse la testa per qualche istante, prima di alzarsi con un'imprecazione mormorata tra i denti.


« Non vale. » Sbottò una volta che ebbe raggiunto l'amico sulle scale, borbottando qualcosa di insensato.

« Sei tu che hai promesso che non mi avresti lasciato. » Rispose tranquillamente Newt, riferendosi alla promessa che -da bambini-, si erano impegnati a stringere. Senza mai infrangerla.


« Non l'ho mai fatto, infatti. » Sorrise, Alby, quando -voltando lo sguardo verso il più piccolo-, poté notare il sorriso albeggiare quelle labbra rosee.


« E mai lo farai. » Mormorò con un sorriso più amplio Newt, scuotendo la testa prima di sospirare teatralmente. « Anche se, una spina al piede sarebbe meno fastidiosa di te. »


« Hey! » Si imbronciò il maggiore, tornando ad incrociare le braccia al petto come un ragazzino. « No, basta. Vado via. » Concluse sicuro, aumentando i passi fino ad arrivare a saltare sugli scalini in marmo, raggiungo velocemente il tetto senza farsi notare.


Newt rimase tranquillamente indietro, portandosi le mani nelle tasche dei jeans scuri quando percepì l'aria fredda colpire nuovamente il suo corpo, provocandogli un tremito, non appena mise piede sul tetto.

Vagò con lo sguardo in giro, notando il traffico del lunedì mattina divorare le strade.


Quando notò il coetaneo appoggiato tranquillamente sulla ringhiera del tetto, si affrettò a raggiungerlo, notando solo all'ora il suo broncio ancora offeso.


« Lo sai che ho bisogno di te. » Mormorò piano, portando le mani al di fuori della ringhiera con il tentativo di poter racchiudere l'aria fredda nei palmo di essi, ovviamente invano.


Alby rimase in silenzio, forse per qualche minuto, prima di sciogliere quel broncio e sorridere il direzione del biondo, venendo subito ricambiando con un arricciamento di labbra.


« Ed io di te. » Disse in un borbottio, andando a scontrare la spalla destra con la sinistra dell'amico, spintonandolo più verso l'esterno.


Newt gli dedicò un'occhiata di rimprovero, sciogliendosi non appena sentì la risata frizzante fuoriuscire dalle labbra del suo migliore amico.


E, per qualche istante, il volto ridente di Thomas gli tornò in mente, costringendolo a sorridere in riflesso; anche se di nascoso.




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Newt aprì la porta della libreria a fatica: il vento era talmente forte che pensava l'avrebbe trascinato via da un momento all'altro. Fuori faceva talmente freddo che temeva di aver perso le dita delle mani, non riuscendole più a sentire -nonostante i guanti-.

Ma, quando entrò nel negozio, lo accolse un piacevole calore. Si tolse giacca, guanti e sciarpa e li appese all'attaccapanni.

« Newt, va tutto bene? »

Il biondo, sentendosi chiamato, si girò verso Brenda. Brenda era una ragazza bella, se non perfetta; aveva lunghi capelli scuri e gli occhi tondi, in contrasto alla carnagione chiara.

« Tutto bene. Dai, vai a casa a riposarti. Ci penso io a chiudere, qui. »

L'aveva conosciuta all'inizio dell'estate, quando cominciò a cercare lavoro per potersi pagare gli studi universitari.

L'aveva trovata per caso, al parco, mentre faticava a tenere in mano buste piene di libri.

Riuscì ad ottenere immediatamente il lavoro come commesso in libreria, ed in fondo gli piaceva. Poteva prendere tutti i libri che voleva, senza pagarli. E Brenda era sempre gentile con lui, così come il padre. Proprietario della libreria, situata poco lontano dalla scuola.

Usciva da scuola all'ora di pranzo, e correva per il turno pomeridiano che Brenda gli aveva gentilmente assegnato; gli permetteva di studiare persino durante l'orario di punta, anche perché la gente che frequentava la libreria era tra le più tranquille che avesse mai conosciuto.

Principalmente erano adulti, raramente qualche adolescente. Il che gli rendeva molto più facile consigliare i libri da leggere. Lavorava lì da più di sei mesi: inizialmente doveva essere solo un lavoro estivo, da abbandonare con l'inizio della scuola, ma alla fine aveva deciso di rimanere. Gli faceva comodo qualche soldo in più: i genitori pagavano tutto quello di cui aveva bisogno, ma a lui non piaceva essere totalmente dipendente da loro. In questo modo, invece, sapeva che se fosse successo qualcosa, sarebbe riuscito a cavarsela da solo.

E, col tempo, aveva iniziato ad affezionarsi a quel posto. Si era abituato al suono della campanella appesa sopra alla porta, all'odore dei libri, al rumore delle pagine sfogliate da qualche cliente indeciso.

Gli piaceva addirittura fare l'inventario settimanale, considerato da tutti il compito più noioso: passare un intero pomeriggio con i libri tra le mani lo rilassava.

Cominciò a mettere a posto qualche volume; probabilmente quella sarebbe stata una giornata tranquilla, visto il tempo che c'era.

A contraddirlo -però-, arrivò il suono della campanella e la porta che sbatteva, seguita dalle imprecazioni del pazzo che era uscito con quel vento.

Newt sorrise: doveva essere davvero un amante dei libri, se era disposto a rischiare l'assideramento pur di andare lì.

« Arrivo subito! » Posò il volume che aveva in mano,e si diresse verso l'unico cliente della giornata.

Sorpassò il balcone su cui aveva poggiate il libro velocemente, ghiacciandosi sul posto non appena identificò lo sguardo spaesato e nocciolato di un ragazzo moro, poco più alto di lui.

« Tu. che diavolo ci fai qui? » mormorò incredulo, dischiudendo le labbra nello stesso momento in cui lo fece anche l'altro.

Thomas arricciò il naso in una smorfia, prima di potersi sfilare le cuffiette dalle orecchie che rilasciarono le vibrazioni causate dalla musica alta, provocando un brivido freddo al biondo per quel volume fin troppo alto.

« Prego? » Domandò il moro, alzando le sopracciglia al sospiro rassegnato del biondo. « Oh, cercavo Brenda, ma noti con piacere che é andata a casa. » Disse, dopo aver lanciato uno sguardo veloce al negozio, praticamente deserto.

« É uscita poco fa. » Confermò Newt, procurando un sorriso infreddolito sulle labbra violacee del coetaneo. Nel notare le gote di Thomas iniziare ad imporporarsi, voltò lo sguardo -perso poco prima-, dalla parte opposta.

« Capisco, » Cominciò, seguendo lo sguardo del biondo non appena lo distolse. Strofinò lentamente le mani tra di loro, per riscaldarsi, prima di poter avvicinarsi.

« Desine fata deum flecti sperare precando. [1]»

Newt si voltò appena, incrociando lo sguardo smaliziato dell'altro con l'accenno di un ghigno sulle labbra.

« Non era il destino, una volta? » Domandò, girandosi completamente verso il moro. Appoggiò il bacino contro il legno del tavolo, utilizzandolo come sostegno, per poter incrociare le braccia al petto.

« Dettagli. » Sbottò in risposta il ragazzo, allargando le braccia teatralmente prima di soffocare un sospiro, provocando solamente un sorriso soddisfatto e vittorioso nel biondo.

« Il destino, a differenza del fato, segue eventi che accadono secondo una linea temporale soggetta alla necessità di una persona e, volendo, può essere cambiato. » Mormorò lentamente, alzando le spalle nel notare la scintilla vendicativa negli occhi del moro.

« Smettila di fare il vocabolario, e Permettimi di conoscerti. » Mormorò deciso Thomas, impuntando i piedi al terroni come a sottolineare il concetto.

Newt lo scrutò per qualche attivo, restando immobile senza realmente pensare. Lo osservò e basta. Osservò i capelli scomposti e disordinati ricadergli sulla fronte; fece cadere lo sguardo sul naso arrossato per il freddo, fino a finire nuovamente agli specchi nocciolati che lo fissavano in attesa, curiosi ed intrigati.

« Facciamo così, » Disse, rompendo in silenzio. Guardò il ragazzo, nuovamente animato, farsi attento non appena gli passò un libro. « Finisci questo libro, senza guardare il finale su internet, e ti lascerò il mio numero.  »


« La Divina Commedia? » Gemette Thomas, non appena ebbe il 'libro' in mano. « Vuoi uccidermi? » Chiese in un sussurro; sussurro che rimase nell'aria come una dichiarazione di morte.


« Lo vuoi il mio numero, si o no? » Chiese in risposta Newt, arricciando le labbra in un ghigno divertito quando notò le labbra del ragazzo schiudersi -probabilmente per ribatter-, e richiudersi velocemente, come se avesse cambiato idea.


« Sai cosa, Newton? » Sbottò d'improvviso, stringendosi maggiormente il libro tra le braccia. « Lo farò. »


Il biondo cercò di non dischiudere le labbra sorpreso quando vide il coetaneo infilare il libro nella borsa, non pensando che avrebbe accettato.


« Dammi una settimana, e dovrai darmi il tuo numero. » Continuò Thomas, tornando ad infilarsi una cuffietta nelle orecchie mentre si avviava con passo veloce verso la porta.


« Vedremo, Tommy. » Mormorò tranquillo, osservando il sorriso già di vittoria che andò a crearsi sulle labbra del ragazzo dagli occhi nocciolati.


« Alla prossima settimana, Newton. »


E Newt si ritrovò nuovamente solo, all'interno di quell'oasi di calore in mezzo ad una tempesta.


Sorrise in direzione della porta, scosse la testa e tornò al suo lavoro. Stranamente, aveva trovato una forza improvvisa nel terminare quella settimana.


Anche se non lo avrebbe mai ammesso, neanche a sé stesso.








N O T E:
[1] « Cessa di sperare di cambiare i fati degli dèi con la preghiera. »


   
 
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