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Autore: Sarucc    08/11/2014    0 recensioni
Bets era una semplice ragazza, aveva un bel lavoro, degli amici che le volevano bene, una bella vita ma tutto quello che aveva stava per cambiare..
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Mi stava ancora tenendo per un dito mentre mi guidava attraverso le varie gabbie. Lo zoo era stato illuminato per noi. Non capivo perché mi avesse portato allo zoo, così senza motivo poi. “Perché mi hai portato allo zoo? A quest’ora soprattutto.” Domandai. “Dimmi se non è bello sto serpente.” Disse battendo col dito della mano libera sul vetro. Gli tirai una gomitata nelle costole. “Rispondi.” Gli intimai. “Mi andava di venire allo zoo.” Gli domandai perché la guardia gli avesse chiesto dei delfini. “Alle mie ex piacevano molto i delfini.”Io ne ho paura.” Sospirai. Scoppiò a ridere. Lo squadrai. Sospirai ancora. Continuammo ad andare avanti fra le gabbie. Ad un certo punto lo fermai. “Senti, io però ho fame.” Mi lasciò il dito. “Vado a prendere degli hamburger.”E dove? Non penso gli addetti siano qui per noi.” Sorrise. Mi disse di fidarmi, così mi sedetti a cavalcioni su una panca di cemento mentre lo aspettavo. Tornò una decina di minuti dopo con due panini, due birre e un pacchetto di patatine. “Ammettilo che li tenevi nascosti da qualche parte.” Dissi sorridendo. “E’ solo la scorta di cibo degli addetti del turno di notte.” Disse porgendomi un panino e una birra. Li presi volentieri.
Scoprii molto su Noah quella sera. Era figlio unico, viveva col padre visto che la madre l’aveva partorito e poi era sparita. Era molto simpatico anche se tendeva a chiudersi in se stesso quando gli chiedevo di lui.
Stappai la bottiglia e bevvi un sorso. “Da quanto fumi?” mi domandò. “Sono tipo cinque anni ormai.” “Perché fumi?” Mollai il panino per pulirmi. “Non so. Ho iniziato per caso. Ho amato fin dall’inizio l’odore del fumo, il pizzicorio sulla lingua.” Scossi le spalle e finii il mio panino mentre mi guardava. “Che c’è?” domandai. Scosse la testa. “Sei sporca sulla maglia e sulla guancia.” Diedi un’occhiata e notai che aveva ragione. Avevo una bella macchia di Ketchup. “Merda, non ho il cambio.” Sbuffai. “Vado un attimo a togliere la maglia, tengo solo il maglione.” Sorrise. “Puoi cambiarti anche qua se vuoi.” Ti piacerebbe.” Risposi alzando gli occhi al cielo. Mi misi dietro ad un cespuglio, assicurandomi che Noah non mi vedesse. Mi levai la maglia e gliela lanciai, finendo per distrarlo e fargli cadere il panino sui jeans. Scoppiai a ridere quando finii di infilarmi il maglione e tornare da lui. “Vendetta.” Dissi ridendo. “Ah ah. Divertente. E io come faccio ora?”  Tirai fuori dalla borsa delle salviettine umidificate e gliele passai. La macchia andò in parte via, ma rimase l’alone.
Per le dieci andammo a fare un giro in centro, era sempre così bello la sera.
E se andassimo a berci qualcosa?” Propose. Stavo per rispondergli quando vidi in lontananza un gruppo di ragazzi ubriachi che stavano venendo contro di noi. “Non mi sembra il caso Noah.” Seguì il mio sguardo e capì. Mi prese di nuovo per il dito e mi trascinò via mentre quei ragazzi ci urlavano di fermarci, di andare a bere con loro. Noah stava quasi correndo da quanto andava veloce. Troppo veloce, non vidi un sasso e caddi con la faccia a terra. “Cazzo Bets.” Mi raccolse da terra nel momento in cui i ragazzi si era avvicinati a tal punto da poter sentire l’olezzo di alcool che emanavano. “Fermatevi con noi dai.” Disse uno con una bottiglia vuota in mano.
Zoppicavo tenendomi a Noah ma uno del gruppo lo tirò per la maglia, facendolo cadere. Mi buttarono da una parte mentre se la prendevano con Noah. “Ti tieni le puttane solo per te?” disse sghignazzando quello con la bottiglia vuota. Non reagiva, se ne stava li a fissarli. “Hai paura? Vuoi andare a scopartela?” Si fissavano in cagnesco. “Non è una puttana. A differenza di te non uso le donne per soddisfare le mie voglie.” Buttò la bottiglia per terra e si diresse verso di me.
Ormai l’uomo era vicino al mio viso. Mi annusò i capelli. “Cos’è? L’odore delle puttane?” Sghignazzò. “Posso fare ciò che voglio.” Riprese. Guardò Noah che intanto veniva tenuto fermo da due tipi. Lo guardai, cercando di farlo stare tranquillo. Ma più lo guardavo più si agitava. “Non ti potrà aiutare.” Mi disse l’uomo e io tornai con lo sguardo su di lui. Mi ruttò in faccia. Gli tirai una capocciata per poi tirargli una ginocchiata nelle parti intime. Cadde a terra dolorante. Noah colse il momento di distrazione degli altri uomini per liberarsi e scagliare un cazzotto nei denti a entrambi. Gli altri del gruppo scapparono a gambe levate mentre i tre stesi a terra trovavano il modo di alzarsi.
Tirai Noah per la maglia per portarlo via prima che potesse fare qualcos’altro. Mi prese per le spalle scuotendomi appena un po’. “Stai bene Bets?” Sorrisi. “Non mi ha nemmeno sfiorato.” Lo abbracciai, ringraziandolo. Mi prese di nuovo per un dito e mi trascinò in un bar vuoto, ci sedemmo e ordinò due cioccolate calde. Non appena arrivarono presi la tazza tra le mani per scaldarle. Sospirai dal sollievo. “Fa veramente freddo fuori.” Dissi e Noah annuì. “Che hai?” gli chiesi mentre mettevo lo zucchero nella cioccolata. “Erano dei veri bastardi.” Disse con rabbia. Sembrava volesse ucciderli. Una scintilla di odio gli balenò negli occhi. “Noah, tranquillo. Nessuno dei due si è fatto male e li abbiamo sistemati per bene.” Mi guardò, gli sorrisi prendendogli il dito e giocandoci un po’. “Siamo stati grandi.” Dissi ancora, tirando via la mano per prendere la tazza e bere un altro po’. Sospirò e bevve la sua cioccolata come se fosse acqua, come se il caldo bruciante non gli desse minimamente fastidio. Immaginai si fosse raffreddata. Guardai l’orologio sul telefono e notai che erano ormai le undici e mezza. “Noah, mi riporteresti a casa?” Annuì, andò a pagare e poi uscimmo. Ovviamente mi prese un dito per trascinarmi e tenermi d’occhi, come diceva lui.
Una ventina di minuti mi portò a casa mia, quella vera. “Posso dormire qua?” Mi domandò. “Come scusa?” Annuì, confermando che avevo sentito bene. “Perché?”Mio padre non c’è. E sarei da solo.” Sospirai. Scendemmo dalla macchina. Presi le chiavi e aprii ma prima di entrare lo guardai, avvisandolo che se avesse fatto qualcosa avrei reagito male. Sorrise e lo lasciai passare.
Si diede un occhiata attorno sbigottito. “Ma è un castello.” Disse. Alzai le spalle noncurante, ormai ero abituata alla grandezza di quella casa. “E’ solo tanto grande. Ci vogliono un sacco di soldi per scaldarla tutta. Per questo evito di viverci, anche se mio padre insiste per pagarmela.” Si mise a curiosare in giro finché non trovò il bagno. “Non è che potrei lavarmi?” Mi domandò. Aprii un cassetto e gli lanciai una delle maglie che mio padre mi aveva lasciato. “Dovrebbe starti, non ho pantaloni comunque. La tua camera è in fondo al corridoio a destra. Buonanotte.” Mi diede la buonanotte e salii le scale avviandomi al mio bagno. Mi feci una doccia calda e poi mi infilai nel letto.
Non appena chiusi gli occhi sentii le scale scricchiolare e la porta aprirsi. Mi rigirai dall’altra parte. “Senti Noah” sbuffai “E’ già tanto che ti ho fatto dormire qua stanotte. Non farmene pentire.”
I passi si fermarono vicino al mio letto. Sbuffai ancora, cocciuto. Mi girai e feci per alzarmi quando notai degli occhi troppo verdi per essere quelli di Noah. Soffocai un urlo quando intravidi un sorriso. “C… chi sei?” domandai. “Qualsiasi cosa tu voglia.” Disse ridendo.
Rabbrividii. “Cosa vuoi?” Immaginai stesse per rispondermi ma fu spaventato dai passi frenetici di qualcuno che correva su per le scale, forse Noah.
L’intruso mi salutò cordialmente, aprì la finestra e si lanciò giù. Corsi a vedere se si fosse fatto male ma non c’era traccia. In quel momento Noah entrò in camera, accese la luce e mi chiese cosa fosse successo. “In che senso?”Ho sentito dei passi e tu che parlavi con qualcuno.” Mi domandai come avesse fatto a sentirmi. Scrollai le spalle e guardai verso la finestra dove le tende svolazzavano impazzite. Si stava facendo tutto sempre più strano.
  
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