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Autore: historiae    09/11/2014    0 recensioni
Cosa fareste se un giorno scopriste che la vostra vita è stata solo frutto della vostra mente?
Gwendolen è una diciassettenne molto particolare. Vive in un famiglia lugubre, e piuttosto asociale.
Trasferitasi a Scarborough, una tetra cittadina inglese, la sua vita cambierá completamente. Farà anche la conoscenza di un ragazzo che si rivelerà essere il suo completo opposto. Presto scoprirá però che non sará stato un incontro casuale. Nascerà un profondo legame tra i due che li terrà uniti fino al momento in cui la ragazza si renderà conto di ciò che realmente è sempre stata.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gwen, Trent | Coppie: Trent/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Erano le cinque del pomeriggio, Gwen aveva appena terminato i compiti e ora aspettava l'arrivo di Trent seduta sotto la veranda in compagnia della sua gatta, a cui era molto legata. Era stata abbandonata su una strada e Gwen, al tempo bambina, l'aveva trovata. L'aveva sentita miagolare e per salvarla aveva quasi rischiato di venire investita da un'auto. L'aveva portata a casa con se e l'aveva accudita dandole il nome di Regina.
Era una meravigliosa gatta dal pelo nero come l'ossidiana e due grandi occhi color dell'ambra. Era silenziosa, timida e cupa, proprio come Gwen.

Trent, seguendo le indicazioni che la ragazza gli aveva fornito quella mattina, era giunto davanti all'abitazione.
Aveva percorso un'ampia strada un poco ripida, che terminava attraversando un alto cancello verniciato di nero. Dovette poi percorrere un viale alberato ricoperto di foglie cadute. La foschia non gli permise subito di distinguere la casa. Quel posto gli metteva una certa inquietudine.
Gwen lo vide attraversare il cancello portando con se il suo ombrello colorato e camminando nelle scarpe sgualcite. -Che tipo- pensò la ragazza, sorridendo.
Fermatosi davanti al portone Trent la salutò e osservò attonito la grandiosità della casa e le alte finestre in stile gotico che costellavano la muratura antica. Aveva attorno un praticello dissminato di cespugli di rose rosse, le preferite dei signori Hades.
-Ti ha messo in soggezione?- chiese Gwen, scherzosa, riferendosi alla casa.
Trent rispose di no, e che ne era solamente rimasto molto colpito.
Gwen diede un ultima carezza alla sua gatta prima di incamminarsi con Trent.
Scambiarono piacevolmente qualche parola, e dopo pochi chilometri giunsero in paese.
La nebbia si era infittita e quasi offuscava la vista. Il freddo era pungente.
-Che tempaccio- fece Trent. -Mette tristezza, non trovi?-
-Sai, dipende dai punti di vista...- disse la ragazza. Gwen aveva sempre preferito il clima grigio e freddo dell'inverno al clima caldo e soleggiato delle prime stagioni. Non le dava un senso di tristezza, ma di tranquillità.
Trent decise di ravvivare la conversazione. -Che cosa fai nel tempo libero?- le chiese.
-Nulla di interessante. E tu?- Gwen gli rigirò la domanda.
-Più o meno quello che fanno tutti: uscire, fare sport...a te piace il surf?-
-Non particolarmente...- rispose Gwen, con un mezzo sorriso. Aveva sempre odiato gli sport.

Trent era un ragazzo solare, estroverso, che amava divertirsi. In poche parole, il suo opposto.
La ragazza decise una volta per tutte di aprirsi con lui.
-Ti ringrazio per essere così gentile con me.- gli disse con un sorriso sincero.
Il viso di Trent si illuminò. -Non devi ringraziarmi, è un piacere.-
-Finora sei il primo che mi ha trattato come un'amica. Direi che a scuola sei l'unico che non ha paura di me...- proseguì Gwen.
Trent stava per risponderle quando si udì un tuono fragoroso. I due alzarono lo sguardo e videro che sopra le loro teste un nuvolone nero minacciava un acquazzone. Il ragazzo propose di trovare un riparo. Il rifugio più vicino era proprio la grande cattedrale dove Gwen era stata il primo giorno di scuola a quella stessa ora: di nuovo nel posto perfetto, nel momento perfetto.

Probabilmente Trent non era mai stato in una cattedrale. In verità non le aveva mai trovate molto interessanti. Gwen notò la sua espressione stupita e le sfuggì una risata.
-Non ci avevo mai messo piede prima d'ora.- confessò il ragazzo.
-Com'è possibile?- gli chiese Gwen.
-I miei genitori vanno in chiesa di rado.- spiegò Trent.
Gwen si addentrò nell'edificio scomparendo fra i massicci pilastri di marmo. Il profumo dell'incenso era ovunque.
Trent la seguì finchè non si ritrovò assieme a lei nella navata centrale, a pochi passi dall'altare.
-Hai mai desiderato di trovare un posto speciale solo per te dove nessuno può disturbarti?- chiese Gwen. -Un luogo diverso dal solito che non sia la tua stanza o il locale dove di solito ti vedi con gli amici?-
-A volte sì.- disse Trent.
-Devi sapere una cosa.- cominciò Gwen, l'emozione negli occhi. -Le cattedrali sono tra i luoghi più affascinanti del mondo. Non puoi immaginare quante storie sanno. Sono un fondersi di storia e leggenda. Possono sembrare soltanto vecchi ruderi di pietra, ma non è così. Hanno un'aura nascosta che le fa sembrare così magiche e vive.- Trent imitava la ragazza alzando lo sguardo verso le sculture poste sopra le canne dell'organo fino a raggiungere le ampie volte del soffitto.
-Insomma, guardati intorno. Non ti fa girare la testa?- Gwen, nel suo vasto, misterioso ed imponente mondo perfetto, era entusiasta di condividere quel momento con Trent. Il ragazzo si perse ad osservare quelle meravigliose statue che parevano avvicinarglisi, quelle mani dai lineamenti morbidi scolpite accuratamente in un marmo candido, che sembravano inviargli un segno di benedizione. Angeli con sguardi dolcissimi e ali leggere, quasi dovessero spiccare il volo da un momento all'altro. Gwen gli aveva fatto scoprire un nuovo mondo, quello che per lei era il suo posto speciale dove poter stare sola con se stessa. Ora toccava a lui trovarne uno...
Il suo sguardo si posò di nuovo sulla ragazza. In quel momento più che mai si rese conto di essere davvero innamorato.
-Tu non sei come le ragazze di qui.- le disse.
-Che vuoi dire?- chiese Gwen, intimidita.
-Tu non sei come noi. Sei diversa da tutti. Dai miei amici, dalle ragazze della scuola.- spiegò Trent.
-E' una brutta cosa?- chiese Gwen.
-No, affatto.-
A quella frase Gwen sorrise. La ragazza scoprì per la prima volta di provare vero amore per qualcuno. Ed entrambi provarono di nuovo all'unisono quella sensazione di conoscersi da sempre.
Trent, ormai a pochi centimetri di distanza da lei, le sfiorò una guancia pallida, delicatamente, quasi per paura di guastare la perfezione del suo viso, spostandole i capelli corvini dietro l'orecchio. Così entrambi si lasciarono trasportare da un bacio casto, che però durò a lungo.


*****



Era il 19 dicembre e quella mattina era spuntato il sole, a Scarborough: per Gwen la giornata era cominciata malissimo. Non appena aveva scostato le tende una luce accecante aveva inondato la sua stanza e lei, che non la poteva soffrire, si era ritratta coprendosi il volto con una mano, infastidita. Con sguardo seccato aveva lanciato una rapida occhiata alle barche a vela del porto per poi richiudere le tende.
Dal mare soffiava un vento gelido da nord-est che spazzava via le nuvole dal cielo. Erano le sette in punto e a quell'ora in strada non c'era nessuno. Soltanto un pescatore che, dalle reti, trasportava i pesci fino al mercato e un marinaio che, armato di forza e pazienza, issava le vele per prepararsi ad una gita al largo. Poco più tardi, quando Gwen uscì per incamminarsi verso la scuola, in paese cominciarono a sentirsi le grida dei bambini che correvano in strada per giocare approfittando della bella giornata.
"I bambini" pensava Gwen. "Fastidiosi quanto uno sciame di cavallette affamate."
Non mancava molto a Natale, e in paese già si respirava un'aria di festa. Qualcuno era intento ad appendere per le strade addobbi scintillanti.
Mai come quella volta Gwen si sentì sollevata quando potè entrare nella sua buia classe, al riparo da quel sole radioso.
Fortunatamente nel pomeriggio il cielo riprese il colore plumbeo dei giorni precedenti. Anche quella giornata di scuola terminò e Trent pensò di invitare Gwen al mare. La ragazza accettò poichè desiderava trascorrere nuovamente del tempo con lui. Era felice. Aveva trovato un amico, o forse qualcosa di più, che le voleva bene per quella che era e che, a differenza di altri, non si sarebbe mai sognato di prenderla in giro.

In spiaggia poche persone stavano avviandosi verso casa, visto l'arrivo di una nuvola nera che si era fermata lì sopra.
Le barche tornavano al porto e i gabbiani volavano ai loro nidi.
I due rimasero soli davanti all'oceano. L'aspetto di quel luogo era completamente diverso da com'era solitamente in estate, e non era come Trent se lo immaginava. -Non vedo l'ora che torni l'estate.- disse improvvisamente. -Potrò venire a nuotare tutti i giorni. Se verrai con me potremo uscire in barca.-
-Sarebbe bello.- mentì Gwen, non del tutto convinta.
Trent avrebbe fatto di tutto per vedere un sorriso sul volto marmoreo di Gwen: quella ragazza così speciale, così timida e dolce, che rideva di rado.
Il vento cominciò a soffiare più forte e il freddo aumentò. Rabbrividendo, Trent propose a Gwen di tornare a casa.
Proprio mentre stavano per incamminarsi qualcosa di piccolo, umido e freddo cadde sul naso di Gwen.
Era un fiocco di neve, ed era il primo dell'anno. Era la prima volte che Gwen trascorreva l'inverno al mare.
Da due i fiocchi erano diventati cento, e uno dopo l'altro, leggeri e soffici come farina, avevano cominciato ad imbiancare la spiaggia ricoprendo la sabbia. -Nevica!- esclamò Trent, incredulo.
Per Gwen la neve era sempre stata un simbolo di festa, e non aveva bisogno di una data per capire quando stava per giungere il Natale. Le bastava guardare dalla finestra la prima neve, per capirlo. Anche il giorno della sua nascita nevicava. Tutto ciò le ricordava la fiaba di Biancaneve, la fanciulla dalla pelle bianca come la neve, i capelli neri come il corvo e le labbra rosse come il sangue. Sua madre glie la raccontava ogni sera prima di darle la buonanotte, e Gwen desiderava tanto crescere e diventare bella come quella principessa.

Cominciava a farsi buio, e Trent si offrì di accompagnare Gwen a casa. La ragazza gli disse però di non disturbarsi, e che sarebbe tornata sola.
Percorrendo le strade trafficate della città Gwen si affrettò a raggiungere la sua casa. La porta di ogni abitazione era addobbata con ghirlande di bacche e foglie di pungitopo; sul davanzale di ogni finestra c'erano candele colorate e lumini dorati; attraverso le finestre di alcune case già si poteva scorgere qualche abete decorato, i cui addobbi scintillavano alla luce calda delle stanze.
Arrivata al portone Gwen notò che i suoi genitori vi avevano appeso una ghirlanda di agrifoglio. La ragazza sorrise: sua madre non era un tipo da addobbi natalizi, e suo padre ne era totalmente contrario. Varcò la soglia e si chiuse la porta alle spalle. Mentre si toglieva la sciarpa sentì sua madre salutarla, e la vide uscire dalla cucina con indosso un grembiule nero ricamato di pizzo. Le disse che dì lì a poco era pronta la cena, e poi notando l'espressione raggiante della figlia le chiese se si sentisse bene. Per tutta risposta Gwen annuì e salì di corsa in camera sua. Raccattò il suo zaino ed estrasse "Un canto di Natale" di Charles Dickens, il romanzo che amava leggere e rileggere ogni volta che arrivava il periodo natalizio. Le piaceva come il protagonista, burbero e insensibile, alla fine della storia cambiava completamente il suo aspetto interiore diventando generoso e gentile. Forse anche la stessa personalità di Gwen sarebbe cambiata, un giorno: forse non sarebbe più stata riservata, spaventosa e tetra, ma socievole e divertente. Quel pensiero la fece rabbrividire. Andò alla finestra e aprì le tende. La città era piena di luci, i tetti delle case erano completamente imbiancati.
L'affettuosa Regina salì sul letto e facendo le fusa si accoccolò accanto a Gwen e si addormentò. La ragazza aprì il libro e proseguì la sua lettura, davanti al lume di una candela e alla neve che cadeva.


*****


La vigilia di Natale Gwen pensò di portare un mazzo di fiori freschi al cimitero, sulla tomba del suo compagno di classe mancato qualche mese prima a causa di quel terribile incidente.
Era tardo pomeriggio e aveva smesso di nevicare. Il cimitero era a pochi chilometri da casa, e Gwen si mise subito in cammino. Tutto sommato un giretto fino al quel posto non le sarebbe dispiaciuto. Ricordò con piacere che quasi tutti i racconti di paura che udiva raccontare dai suoi vecchi compagni d'asilo erano ambientati in un cimitero. Uno di quei racconti parlava di una principessa rapita da una mummia uscita dalla tomba per aggredirla. Gwen era fatta presto una cultura in merito a storie di paura, e qualche anno più tardi le sue erano diventate le migliori: le bambine, ogni volta, gridavano di terrore e correvano a nascondersi. E ogni volta Gwen sorrideva soddisfatta.
La ragazza si lasciò alle spalle la città illuminata e giunse, poco dopo, in un brutto quartiere. Strada facendo incontrò più volte alcune facce losche. Percorse un sentiero illuminato solo da pochi lampioni la cui luce si rifletteva sul bianco della neve. I sempreverdi che stavano intorno coprirono le fonti luminose e Gwen si ritrovò nell'ombra. Non ne era spaventata ma, al contrario, ne era attratta. Si accorse di trovarsi in un prato, e a pochi passi da lei notò un piccolo cancello. Lo varcò e si addentrò nello spiazzo costellato di lapidi di pietra. Cercò quella a cui i fiori erano destinati. La trovò e lesse a fatica il nome inciso sulla pietra: Charlie Smith. Sedici anni. Una brutta età, per morire.
-Riposa in pace...- sussurrò, ricordando il consiglio di suo padre: "Abbi sempre rispetto per tutti, ma più di ogni altro per i defunti."
Una volta che ebbe deposto i fiori accanto alla foto in bianco e nero del ragazzo si voltò in direzione della strada di casa. Era buio pesto e il bosco era inquietante. Già, ma non certo per Gwen. La notte le dava sicurezza: nascosta nel suo mantello nero niente e nessuno avrebbe potuto farle nulla.

La coltre di nuvole che sovrastava le cime dei sempreverdi si diradò e, improvvisamente, attraverso uno spiraglio, un raggio di luna si gettò sulla neve illuminando un punto poco distante da Gwen: là, in parte nascosta dalla neve, spuntava una graziosa rosa nera ricoperta di gocce di rugiada. "Che meraviglia" pensava Gwen, che non ne aveva mai vista una in vita sua. Fece per andare a raccoglierla ma il raggio di luce svanì, e quella bella rosa venne di nuovo inghiottita dalle tenebre.
Gwen sentì un rumore sordo, come se qualcuno camminasse alle sue spalle. Si voltò di soprassalto, ma non c'era nessuno. Si guardò intorno ma non vide altro che neve, alberi e tombe. Sapeva che di notte si odono i rumori più improbabili e tutto appare sinistro. Sapeva anche che l'immaginazione fa brutti scherzi, e che perciò non c'era nulla da temere.

Si era fatto tardi. Si lasciò alle spalle il bosco e tornò in città.

Udiva i passi della gente sulla strada, gli zoccoli dei cavalli nella neve e le voci allegre dei passanti che si auguravano Buon Natale.
Poco lontano udiva il fragoroso vociare delle campane della cattedrale, che annunciavano a modo loro l'imminente arrivo di Gesù bambino, nonchè un invito alla prossima messa di mezzanotte.
Al centro della città, davanti ad una grande fontana che zampillava acqua gelida, stavano in piedi quattro bambini, un maschio e tre femmine, vestiti con abiti poveri e con un libro di canti natalizi in mano. Ai loro piedi stava un piccolo cappello di lana che conteneva pochi spiccioli, donategli dai passanti. Chissà da quanto stavano lì immobili. Ma cantavano così bene ed erano così allegri che sembravano non curarsi nemmeno del freddo che faceva.
Gwen passò di lì e rimase per pochi minuti ad ascoltare la loro canzone, dopodichè gettò una monetina nel berretto. Poco tempo prima non lo avrebbe mai fatto: aveva sempre detestato i bambini, ma quelli le avevano fatto una tale tenerezza... che fosse stata la magia del Natale?
Una graziosa bimba dagli occhi castani e le trecce bionde la ringraziò con un sorriso che Gwen ricambiò.

Quella notte la ragazza andò a dormire più tardi del solito: aveva aperto la finestra della sua camera e, con la testa poggiata sulle braccia, era rimasta ad ascoltare le voci limpide, soavi e angeliche del coro della chiesa, che si levavano al cielo in lode a Dio.
Nella cattedrale si celebrava la messa di mezzanotte, e tra i numerosi fedeli che vi assistevano c'era nientemeno che Trent, vestito di tutto punto per questo evento speciale. Proprio lui che diceva di non essere un tipo religioso. "C'è sempre una prima volta" aveva pensato. Quale modo migliore di trascorrere la notte di Natale? Il suono delle campane, dell'organo, le voci potenti e melodiose del coro, il profumo dell'incenso e le mura maestose di quel luogo così magico riportarono alla mente del ragazzo Gwen, che, seppur molto distante, era assieme a lui con il pensiero.

Quella notte Gwen si addormentò con un sorriso sulle labbra, cullata dal suono delle campane.

  
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