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Autore: Leonetta_3    09/11/2014    7 recensioni
Lei: ragazza semplice, senza famiglia, o almeno quasi.
Lui: ragazzo complicato, con un figlio a cui badare da solo.
Lei: senza un soldo in cerca di lavoro.
Lui: ricco sfondato e in cerca di una baby-sitter.
Lei: Violetta Castijo
Lui: Leon Vargas
Loro: non sono niente da soli, ma insieme sono un raggio di luce nell'oscurità, una margherita in un campo di rose, una goccia di caffè in un mare sconfinato... Loro sono i Leonetta!
Riusciranno a restare uniti, ma specialmente a trovarsi?
Tra segreti, dubbi, impedimenti e tanti litigi, riusciranno a superare tutto insieme?
Eh... Belle domande! Ma se come dicono "L'amore vince su tutto" anche Violetta e Leon riusciranno a incornare il loro amore, nonostante siano una semplice tata e un ricco sfondato!
Ringrazio chiunque la leggerà, vi adoro tanto ragazze e ragazzi perché se state qua a leggere vuol dire che amate anche voi la serie Tv "Violetta"!
Ma ora basta chiacchiere, se volete sapere di più passate cliccate la sopra e fatemi sapere che ne pensate!
Bacioni a tutti e tutte!
-Leonetta_3
Genere: Comico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti, Violetta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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POV VIOLETTA
Sentii qualcosa stringermi. Non so cosa sia ma mi pare una mano... La tocco e confermo la mia ipotesi. Faccio per stringerla ma poi mi rendo conto di quello che sta succedendo: cosa ci fa una mano che non è mia qua!?!? Aprii gli occhi di scatto e mi misi seduta, mi guardai intorno e vedo... Leon... Oh no cazzo perché proprio lui!? Perché!? Non fraintendetemi, mi piace svegliarmi con qualcuno a fianco... Ma l-lui no! Cercai di alzarmi ma la sua stretta sulla vita me lo impedì, mi dimenai e cercai di spostarlo ma invano, lui continua a ronfare. Ma che cavolo ha mangiato a cena? Patate? Chiusi gli occhi esasperata, cercando di calmarmi, ma ad un tratto mi ritrovai spiaccicata a terra sotto a un corpo, alzo lo sguardo e vedo quello di Leon.
«AHHHHHHHHHHHHHHH!!!» urlai spaventata, non da lui ma dalla caduta.
Il ragazzo allora mi tappò la bocca con una mano e imprecò con parole non del tutto molto educate.
«Per fortuna che il buongiorno si vede dal mattino...» borbottò, prendendomi in braccio e posandomi di nuovo sul letto. Io lo guardo, rimanendo muta e allora lui comincia a parlare...
«Senti bimba prima che tu cominci a gridarmi in faccia lascia...» mi disse guardandomi negli occhi ma non lo lasciai finire che gli detti uno schiaffo sul braccio.
«Tu brutto zozzone di...» urlai infuriata ma lui mi fece tacere di nuovo coprendomi la bocca con la mano.
«Violetta ti ho portato qui perché la tua stanza era chiusa a chiave e te ti eri addormentata!» mi spiegò, sembrava nervoso e quanto darei per poter sapere che cosa pensa. Ma una cosa... Veramente mi sono addormentata?
«Ok... Ma davvero?» chiesi incerta, in fondo lui era il Puffone quindi non si sa mai...
«Davvero.» annuisce come a voler dire di fidarmi. Scossi il capo non ancora convinta.
«Davvero davvero?»
«Davvero davvero.»
«Davvero davvero dav...»
«Si Violetta davvero davvero davvero! Va a cambiarti che ti porto allo Studio!» mi disse sorridendo trionfante nel vedere che sgrano gli occhi. Cazzo è vero andrò per la prima volta in una vera e propria scuola! Salterei di gioia se lui non fosse sopra di me ma ok... Posso accettarlo...
«Leon? Posso dirti una cosa?» domandai incerta.
«Che sono il più bello di tutto il pianeta? Nahh non serve grazie lo sapevo già!» ghignò.
«ALZATI IMMEDIATAMENTE DA SOPRA DI MEEEE!!!»
«Ok ok calmati!» bisbigliò preoccupato, scendendo alla velocità della luce dal letto.
«Grazie... Vedi? Con le buone capiscono tutti!» lo sfottei io, facendo per uscire ma mi scontrai con qualcuno, che era Leo.
«Viluuuuu! Perché hai urlato?» mi chiese curioso, stropicciandosi gli occhi e stringendo a se il suo orsacchiotto. Sorrisi e lo presi in braccio, per poi farlo sedere dove prima ero sdraiata io.
«Ah è così? Fai sedere lui e non me?» domandò scettico Leon, incrociando le braccia nel classico modo da offeso. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
«Non voglio farti sedere sei stato cattivo, Leo non prendere esempio da papà che è cattivo lui!» dissi rivolgendomi al bambino, che ci fissava la seduto con un sorriso sornione. Chissà che starà pensando adesso...
«Ehilà buonanotte! Leo non darle ascolto, vieni qua che andiamo a fare colazione...» ribatté il Puffone e ora gli salterei addosso solo per poterlo strozzare ben benino!
«Piantala! Ahahah, Leo rimani lì!» esclamai subito con tono ironico, mettendo il bambino sul letto.
«Ahh ma vedi che io sono l'unico che non ci può salire?» domandò avvicinandosi a me. Io ridendo negai col capo.
«Puffone non puoi andarci punto e basta!»
« Perché? Hai paura di non resistere neanche un minuto accanto a una bellezza come me?»
«COSA!? No no no, ma che vai a pensare?!»
«Secondo me a te piacerebbe far...»
«Fare cosa cretino!? No che non mi piacerebbe!»
«Uhuh... Stai mentendo!»
«No che non sto mentendo e poi non lo farei neanche morta con te!»
«Io scommetto di si!»
«E io scommetto di no!»
«No no, sai meglio di me che lo faresti anche in questo istante!»
«Istante istante... Pff... Lo sai che farei ora?»
«No cosa?»
«Ti darei un pugno in pancia come l'altra volta, ma mooooolto più forte!»
«Come molto più forte? Impossibile!»
«Impossibile? Vuoi provare?»
«Eheh no cara stai deviando il discorso principale!»
«Di farlo con te? Mah per me se muori all'improvviso non sarà un caso!»
«Spiritosa ahah!»
«Mica volevo esserlo.»
«PIANTATELAAAAAAAAA!!!» urlò qualcuno, ci girammo e vedemmo Leo in piedi ad agitare le braccia come nei manga giapponesi. Gli andai accanto e lo presi per mano, portandolo in salone per fare colazione. Prima di uscire dalla stanza il mio sguardo si incrociò con quello di Leon... Era imbarazzato, molto imbarazzato, cucciolo che è! Aveva il viso in fiamme e delle fossette gli si erano formate sulle guance rendendolo ancora più tenero... Scossi il capo per scacciare quegli assurdi pensieri e scesi le scale portandomi sempre Leo dietro e arrivati nel salone lo feci sedere su una sedia e io mi sedetti affianco a lui.

POV NARRATORE
Leon fissava il vuoto, con gli occhi sgranati e lo sguardo vacuo. Era seduto sul davanzale della finestra, con in mano un accendino e nell'altra un pacchetto, dove una sua mano vi entrava e usciva nervosamente, quasi in modo meccanico, indeciso se afferrare una sigaretta e portarsela alle labbra o a dar fuoco a quella stupida scatola e lanciarla via. Era nervoso, tanto nervoso e lo si poteva notare dalla gamba a penzoloni dal davanzale che ciondolava continuamente e anche dal fatto che si mordeva esasperato le labbra, facendole diventare ancora più rosse di quanto non lo siano già.
«Maledetta!» ringhiò tra i denti, afferrando alla fine una sigaretta e accendendola, per poi portarsela alle labbra inspirando quel odore nauseabondo. Non gli era mai piaciuto fumare, e ancora adesso lo odiava, ma ormai come a tutti capita gli era diventato una droga, un ossessione per cacciare via i brutti pensieri.
Fissò il territorio sotto di lui e sbuffò, non ricordandosi però che stava fumando e allora la cicca gli cadde giù, cadendo sull'erba del giardino.
«Cazzo!» imprecò tra se e se il ragazzo, per poi girare il busto verso l'interno della camera e lanciare il pacchetto di sigarette sul comodino, facendo cadere delle penne e svolazzare via dei fogli. Sbuffò ancora e si passò nervosamente una mano tra i capelli.
La colpa del suo stato d'animo lui l'attribuiva alla nuova ragazza, che gli era entrata nella vita come un uragano... Non aveva bussato alla porta, l'aveva direttamente sfondata come nei thriller e ora era come un angelo/demone. Violetta. Violetta era il nome dell'inizio dei suoi problemi. Dove c'era sole c'era lei, dove c'era ombra anche li c'era lei. Insomma era come uno ombra, che gli stava accanto nei momenti belli ma anche quelli meno opportuni; era una ragazza introversa, astuta e intelligente, fin troppo per lui. Era in grado di rigirare la manica dalla sua parte, era in grado di farti tacere con poche parole, era in grado di sottometterti con solamente un sorriso, era in grado anche di scioglierti con un solo "Ti voglio bene" ma Leon non la vedeva così, no, la vedeva come una maledizione, che lo perseguitava giorno e notte senza neanche lasciarti il tempo di respirare. Ti giravi e te la ritrovavi la a darti testa e magari poi ricorre anche alle mani per farti tacere, e questo Leon lo sa, e la teme. La teme come non ha mai temuto nessuno in vita sua, teme che un giorno possa diventare importante per lui, che non possa più farne a meno e allora li si che peggiorerebbe la situazione.
Qualcuno bussò alla porta aperta della stanza e io ragazzo, sempre guardando fuori dalla finestra, fece segno con la mano di entrare. Sicuramente era Roberto, che veniva lì a rompergli e a dirgli che tra lui e Violetta c'era qualcosa, che doveva essere più gentile, che doveva rispettarla di più...
«Leon? Io e Leo siamo pronti.» balbettò Violetta, e il ragazzo si irrigidì. Ecco, era in questi casi che avrebbe preferito di gran lunga trovarsi un mostro davanti. Avrebbe anche preparato il tè a Roberto e lo avrebbe atteso sull'uscio della porta a braccia aperte, pronto a subirsi tutti i suoi lunghi rimproveri anziché di dover sentire quella voce, la SUA voce... Il messicano si voltò, rimanendo quasi abbagliato dalla semplicità e bellezza della ragazza, fissandola nella sua gonna a palloncino fucsia e nella sua cintura bianca, nella sua canottiera bianca a fiori e nelle sue ballerine anch'esse fucsia. Tra i capelli portava in oltre due rose del medesimo colore e Leon non poté fare altro che ammirarla impalato, indeciso se annuire e portarli alla scuola o rimanere li fermo a fissare la ragazza. Comunque sia doveva reagire, non poteva farsi comandare a bacchetta da una donna, lui era il capo ed è lui a decidere!
«Andiamo.» sibilò freddamente, quasi come fosse un ordine, cercando di non fissarla negli occhi e stava per uscire dalla stanza ma la castana lo afferrò per il braccio facendolo girare verso di lei.
«Leon perdonami! Io vera...» cercò di scusarsi la ragazza ma lui abbassò gli occhi e strinse i denti. Non voleva ascoltarla, di sicuro avrebbe ceduto e poi se ne sarebbe pentito a vita. Dall'altra parte invece Violetta voleva chiarire le cose, non sopportava essere la causa di un problema e detestava tantissimo non poter parlargli in modo umano. Ogni volta che intavolavano un argomento finiva sempre che si urlavano contro e discutevano sempre. Lui diceva "A" e lei "Z", insomma non si parlavano, si insultavano tra loro. E questo Violetta non poteva accettarlo. Voleva un bene immenso a lui e anche a Leo, e non voleva rovinare il loro rapporto solo perché loro due erano così diversi. Ammetteva a se stessa di aver sbagliato comportamento, ma era disposta a ricominciare da zero, a dimenticarsi tutto e a poter ripartire con un altro piede.
«Violetta andiamo e basta.» ringhiò Leon, no, non doveva cedere, non ora che si era fatto una lavata di cervello fino a consumarlo quasi del tutto.
«Sei un cretino!» urlò lei di rimando, mollando la presa sul suo braccio e spingendolo via, per poi correre giù in lacrime. Leon d'altro canto la fissò in cima alla rampa di scale: la fissò mentre i suoi occhi si inumidivano, la fissò mentre si passava la mano sul viso, la fissò mentre stava per inciampare sull'ultimo gradino e la fissò mentre dava un bacio veloce a Leo, per poi uscire dalla porta principale.
«Cazzo ora dove va!?» si chiese il ragazzo, dando un pugno alla porta facendola sbattere alla parete, mentre alla velocità della luce scese accanto al figlio. Non l'avrebbe ammesso neanche sotto tortura ma era preoccupato per lei, e non poco.
«Papà dove va Violetta? Perché piange? È successo qualcosa?» domandò a raffica Leo, aggrappandosi alla giacca di pelle del padre e cominciando a preoccuparsi.
«No stellina mia, sta bene ora andiamo a scuola.» mentì il padre con sguardo finto rassicurante, in fondo non voleva farlo preoccupare era ancora un bimbo ma non poteva negare che era impaurito anche lui. Ma dai, non doveva allarmarsi, era maggiorenne se la poteva cavare benissimo da sola. Leo annuì incerto, sempre però attaccato a lui.
«Andiamo, presa la merenda?» cambiò discorso Leon, e il figlio annuì ridendo. Il padre sorrise, lo prese in braccio e insieme uscirono fuori di casa, salirono sull'auto e cominciarono a dirigersi verso la scuola. Un silenzio straziante cadde nella macchina, uno che stava pensando ai nuovi episodi di Dragon Ball, mentre un altro pensava a dove possa essere finita Violetta.
«Leo, ti ricordi quando hai detto che secondo te mi piaceva Vilu?» domandò come se nulla fosse il padre. A quella domanda Leo scattò ritto in piedi sul sedile a sulla sua faccia si stampò un enorme sorriso.
«Allora? Ti piace?» ribatté schiettamente il bimbo, guardandolo attentamente e in mente si preparò ad urlare nel caso ci fosse stata una risposta negativa.
«Potrebbe Leo...» balbettò Leon, fissando con fin troppa attenzione la strada e ignorando lo sguardo del figlio.
«Per me si babbo!» esclamò tutto contento l'altro, appoggiando la testa sul finestrino e osservando il padre mentre si torturava il labbro inferiore.
«Siamo arrivati buona giornata stella!» lo informò il padre, dando un bacio al figlio e lasciando che lui scendesse e andasse all'ingresso della scuola. Quando lo vide entrare nell'edificio tirò un sospiro di sollievo e posò con poca grazia i piedi sul cruscotto, accese la radio e cercò la stazione "M2O", era l'unica che gli piaceva.

"Como quieras que te quiera
Si te quiero y tu
No quieres que te quiera
como yo quiero quererte
Como quieras que te quiera
Si te quiero y tu
No quieres que te quiera
como yo quiero quererte"

Il ritornello di una delle canzoni più amate gli risuonò nelle orecchie e non poté che canticchiare pure lui, muovendo a ritmo i piedi. Rendendosi conto poi di quello che faceva abbasso subito le gambe e afferrò un fazzoletto, per poi strofinarlo sul cruscotto della sua amata macchina.
«Cazzo perché sono così stronzo!?» mormorò tra se e se. Quando finì gettò il fazzoletto nei sedili posteriori e alzò lo sguardo, cosa che non avrebbe mai voluto fare! Davanti a lui, appoggiata a un bel taxi, c'era Violetta, che rideva e scherzava con un tizio di cui vedeva solo le spalle.
Spalle e un corno! Lui ben presto gli avrebbe staccato le (s)"palle" se non la piantava immediatamente di parlare con lei... Cioè se non la smetteva di prendersi gioco di lui... Digrignò i denti e scese dall'auto sbattendo con forza la portiera, facendo voltare i due verso di lui, ma Vargas non ci fece caso e afferrò per un braccio la ragazza, trascinandola via. Se avesse avuto davanti uno specchio non avrebbe visto il suo normale aspetto, ma un Leon completamente diverso! Aveva il volto rosso, ma così rosso da dare invidia a un pomodoro, la mano libera aveva le nocche bianche da quanto stringeva i pugni.
«Ahi! Leon che cazzo fai!?» urlò impaurita la castana, aggrappandosi ad una panchina la affianco, facendo si che il moro si dovette fermare.
«Cosa faccio!? Ti porto via, ci verrai domani a scuola!» ringhiò lui di rimando, non sopportava nessuno in quel periodo, e chissà di chi è la colpa!
«Vargas? Già me fai il geloso?» domandò una voce loro spalle, si girarono e il ragazzo sgranò gli occhi. Era lui o era una sua allucinazione.
«Diegoooo!!!» urlò stupito il messicano, nel vedere il suo migliore amico di infanzia. Lui allargò le braccia in segno di saluto...

NOTA AUTORE: Holaaaaaaa! Eccomi spero di aver aggiornato in tempo! Ora vi voglio dire tre cosette per poi lasciarci finalmente libere ahahha!
Ringrazio vivamente il gruppo di WhatsApp, che se volete aggiungervi anche voi ne sono rimasti pochi posti dovete contattare Giordi99. Poi voglio dire che scriverò i capitoli in terza persona mi piace di più e non si perché ma lasciatemi stare che sono pazza XD.
Dove ero rimasta? Ah la dedico a tuuuuuuuuutti quello che stanno leggendo (poverini loro) spero che lo apprezziate. Scusate se ho detto che avrei fatto Leon geloso, anche a e qui un po' di è stato ma nel prossimo muahahahah! Preparatevi succederanno un sacco di cose spero che lo leggerete che sarà (spero) bellissimoooo!!! Ciauuuuu a tutte spero che recensite in tante!
   
 
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