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Autore: indiceindaco    09/11/2014    3 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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XXVI. Paura.
 
Viveva una volta un giovane innamorato di una stella.
In riva al mare tendeva le braccia e adorava la stella.
La sognava e le rivolgeva i suoi pensieri.
 
Ma sapeva, o credeva di sapere, che le stelle non possono essere abbracciate dall’uomo.

 
Considerava il suo destino amaro senza speranza un astro.
Su questo pensiero costruì un poema di rinunce e di mute sofferenze che dovevano purificarlo e renderlo migliore.
Tutti i suoi sogni però continuavano a essere rivolti alla stella. Una notte si trovava su un alto scoglio in riva al mare e stava guardando la stella ardendo d’amore. Nel momento di maggior desiderio, spiccò un balzo nel vuoto per andare incontro alla stella. Ma nell’attimo stesso in cui si librava nel balzo, un pensiero gli attraversò la mente: no, impossibile che la raggiunga!
E così cadde, perché non sapeva amare.

 
Se mentre si trovava nel vuoto avesse avuto la forza di credere fortemente nel suo amore, sarebbe di certo volato in alto.
 

L’amore non deve contemplare e nemmeno pretendere.

L’amore deve avere la forza di diventare certezza dentro di sé.”
 
Demian,
Hermann Hesse
 
Dieci ore e trentacinque minuti erano trascorsi, indisturbati e imperturbabili, da quella sensazione di completezza, di benessere, che Harry poteva ancora percepire sulle labbra. Non si era mosso dalla sua cucina, era rimasto seduto lì, a lasciarsi scorrere addosso la notte, immerso in un placido nulla. Ad un passo dalle risposte che cercava, a chilometri di distanza da domande troppo codarde perché facessero capolino.
Malfoy.
Le labbra di Malfoy. Le sue parole. Il suo aiuto. E ancora il suo respiro. L’espressione smarrita nei suoi occhi. Il tremito delle sue dita. La sua voce.
Harry continuava a ripercorrere ogni frammento della sera precedente, concedendosi di tanto in tanto uno sguardo all’orologio attaccato alla parete, giusto per rassicurarsi tutto fluisse normalmente.
E ancora martellava dolcemente quell’emozione fragile, tenera e calda, come fosse un battito leggero. Gli mancava il coraggio di ammettere che, forse, si trattava semplicemente del suo cuore.
Ogni volta che Harry cercava di riportare alla mente l’obiettivo, il diario, quella –dispettosa- prendeva a vorticare e a riportarlo contro il legno compatto della porta di ingresso. Non negava di esserne inquieto, dopo tutto era stata l’ennesima prepotenza di Malfoy, invasiva e irrispettosa…no?
No.
Credeva a quello che aveva detto. Sapeva quanta verità ci fosse nella sua voce, quando aveva dichiarato quanto anche lui lo volesse. Non ne era ancora consapevole, no, quando lo aveva detto, ma la frase aveva violato il silenzio, come dotata di volontà propria, e lo aveva tradito, tagliente come solo la verità poteva essere. Sì, lo aveva voluto, lo voleva da un po’, sebbene non lo avesse mai ammesso a se stesso. Voleva che Malfoy abbattesse quella barriera e lo trascinasse in quel vortice illogico. Trovarne il perché, però, lo gettava nel panico. Si trattava di un uomo, e già la cosa lo turbava non poco, e non uno qualunque: Malfoy.  
L’irrazionale prendeva il sopravvento non appena cercava di capacitarsi dell’accaduto, ed artigliava la coscienza di Harry riportandolo esattamente a quel momento, costringendolo piacevolmente ad assaporarlo ogni volta. Ma via via la sensazione si faceva più sbiadita, ed Harry percepiva una frustrazione crescente mentre anche i più insignificanti dettagli scivolavano via. Quella sensazione, sarebbe diventata flebile, impalpabile, fino a svanire. E qualcosa dentro di lui, lo spingeva tenacemente a trattenere quel ricordo, a non lasciarlo andare. Desiderava conservarne avidamente ogni frammento, anche se non sapeva perché, e quasi trasalì quando si scoprì a desiderare succedesse ancora, ed ancora, ed ancora. Solo… Per non dimenticare.
Era stata una battaglia, un ferirsi, un cercare la supremazia. Era l’essenza di ciò che sempre c’era stato tra lui e Malfoy, Harry lo sapeva. Ma gli sembrava di percepire dell’altro, qualcosa di intossicante, di corrosivo, qualcosa che avrebbe potuto farlo impazzire di gioia o ucciderlo per sempre. Era qualcosa di coinvolgente, aldilà di ogni certezza, eppure già definito, certo. Inspiegabile.
E mentre si arrovellava, Harry si costringeva a riportare l’attenzione sul diario e su interrogativi meno intricati e pericolosi. La possibilità di sapere cosa si celasse tra quelle pagine, di poter riappropriarsi anche solo di pochi attimi della vita di Sirius, e magari dei suoi genitori, quella remota eventualità di riuscire a trattenerli ancora un po’ con sé…lo esaltava, piantando in lui il seme della speranza.
Quando un grosso gufo grigio tamburellò contro il vetro della finestra della cucina, Harry sobbalzò stupito, riconoscendo quel gufo come uno di quelli di Hogwarts.
 
***
 
Draco, sbuffando, tirò fin sulla testa le lenzuola scure, mentre un raggio di sole lo punzecchiava fastidioso, facendogli notare con dispetto che non aveva chiuso occhio quella notte. Come avrebbe potuto? Aveva passato metà di quella stessa notte ad ingarbugliare ancora di più la propria vita, prima sulle labbra di Potter, poi tra le pagine di un diario candido. L’altra metà l’aveva passata a maledirsi. E all’alba, era già troppo tardi per dormire, troppo presto per gettarsi giù dal letto e riempire la giornata per poter così scappare dai pensieri. Lo rassicurò l’idea che quel giorno sarebbero ricominciate le lezioni, ma finse di trascurare il fatto che avrebbe, di lì a poche ore, rivisto Potter.
-Draco…Sei sveglio?
Il cigolio della porta che si richiudeva, non gli concesse di non riconoscere quella voce. Il suo orgoglio gli intimava di non rispondere, ma il senso di colpa sembrava aver la meglio in quel momento, e così mugugnò qualcosa in risposta, fingendo di essere appena sveglio.
-Sono venuto ieri sera, ma non c’eri. Io…
Poche volte aveva percepito tracce di titubanza nella voce di Blaise, e la cosa non mancava mai di sorprenderlo. Si tirò a sedere sul letto, cercando gli occhi dell’amico, fissi per terra, troppo in imbarazzo per sollevarsi.
-Sì, lo so…non dovrei essere qui, ma sentivo il bisogno di…
-Blaise, ho combinato un casino.- disse Draco, interrompendolo, e attirando finalmente lo sguardo, sebbene allarmato, del suo migliore amico su di sé. Blaise non fece domande, si accomodò al suo fianco, sul letto, e guardandolo intensamente, ebbe un altro attimo di esitazione. Per un attimo, Draco, rimase interdetto, quando sentì le braccia dell’amico stringerlo, in quello che doveva essere uno dei rari abbracci che Blaise gli avesse mai dedicato.
E non ci fu bisogno di scuse, di sensi di colpa, di altre parole, semplicemente tutto si dissolse, in quel legame un po’ imbarazzato, e quando l’abbraccio si sciolse, così s’era sciolta anche l’ombra del rancore che li aveva portati ad un litigio che adesso non sembrava neanche più così rilevante. Blaise gli sorrideva adesso, guardandolo negli occhi, e per lui quello era l’importante. Sapere che, qualunque cosa fosse accaduta, lui sarebbe rimasto al suo fianco, faceva sentire Draco tremendamente grato, nonostante tutto il male avesse provato.
-Non importa. Anch’io ultimamente ho fatto qualche casino, ma non importa. È tutto sistemato.- disse Blaise, rassicurante e fraterno, come sempre.
A Draco quasi non scappò una risata, prima di dire:
-No, Blaise, sul serio…ho fatto davvero un grosso casino.- si passò la mano sul viso, poi sospirò, sentendo il respiro di Blaise trattenersi, come temesse il peggio, -Ho baciato Potter.
 
***
 
La lettera si accartocciava mogia tra le braci del camino, acceso esclusivamente per quello scopo, mentre Harry fissava intensamente il nome di Ginny sbiadirsi, l’inchiostro dilatarsi e spegnersi, tra le fiamme. Gli sembrava di star guardando negli occhi il fallimento, qualcosa che era stato, che poteva intensamente essere e che non c’era più. Per quanto ogni parola di Ginny suonasse esatta, razionale, e vera, Harry non poteva far a meno di recriminarsi, colpevolizzarsi: per quel che non aveva fatto, più che per la materialità dei suoi gesti. Finì per dirsi che era meglio così, che probabilmente non sarebbe mai stato in grado di dar a Ginny quel che desiderava, la normalità di un sentimento che si era consumato tanto velocemente come le parole di quella lettera, tra le fiamme tremule. Lui, portatore sano di emozioni, incapace di infonderle nella ragazza che era stata per lui un conforto, un confronto, un’amica, l’ebrezza della scoperta, ed anche una sorella.
Ma per quanto potesse arrovellarsi, non trovava errori nel suo comportamento. Harry aveva come inconsapevolmente scelto di non esserci, frenato dalla paura di sbagliare, piuttosto che esserci e rovinare tutto. E aveva finito per lasciare Ginny alla deriva. Avrebbe voluto riuscire a vestirsi d’indifferenza, ma quella verità continuava furiosa a sbattergli contro. Si era tirato indietro, e non aveva scuse. E ciò che lo feriva ancor di più era l’assenza di un dispiacere, di una disperazione, di uno stimolo a lottare per ciò che aveva perso. Era come se una parte di lui sospettasse quell’epilogo già da tempo, una parte che aveva accuratamente evitato.  
Avrebbe voluto maledirsi, accorarsi contro la sua scarsa accortezza, dilaniarsi, ma non c’era niente, se non la glaciale consapevolezza che fosse giusto così. Avrebbe finito per accettare quell’assenza di emozione, lo sapeva, ma non poteva far a meno di chiedersene il perché.
Quando la pergamena si sbiancò fino ad ingrigirsi, Harry sollevò lo sguardo in cerca del battito del tempo, nella speranza fosse già in ritardo, per poter correre a lezione, e lasciarsi alle spalle il muto richiamo della propria coscienza.
 
***
 
-Concludendo, il ripasso delle tecniche per un buon incantesimo non verbale, vorrei introdurre un nuovo argomento del programma, in quest’ultima parte della lezione. E mi aspetto la massima attenzione, data la delicatezza del tema. Come molti di voi già sapranno, o così mi auguro, l’Occlumanzia e il suo opposto, la Legimanzia, sono arti magiche raffinate e potenti. Immagino che molti di voi le riterranno tecniche inerti e poco utili sul campo di battaglia. Temo, Cadetti, che vi sbagliate.
La voce della Chappels, severa e sostenuta, aveva un che di rassicurante, in quel momento. Draco, seduto in ultima fila, stava distrattamente seguendo il monologo della donna, perso in altri pensieri, grato gli fosse stata concessa una lezione teorica. Ripensò a Blaise, al suo essere un fuori classe nel risolvere i casini che combinava. Non solo aveva trovato un modo per sventare la miseria della sua situazione finanziaria, ma aveva, seppur in parte, risolto completamente il problema, assumendosi responsabilità cui lui stesso era scappato. Ed era rimasto al suo fianco, nonostante i suoi stessi rifiuti, consigliandolo e tenendolo ancorato a terra. Si disse che, una volta trovato il fondo per le emergenze, avrebbe dovuto sdebitarsi in qualche modo. Blaise si era speso per lui, in un modo che non sarebbe mai stato in grado di eguagliare, ricevendo in cambio solo la possibilità di essergli accanto. Gli scappò un sorriso, riportando alla mente le parole di quella mattina:
 
-Hai baciato Potter? Buon per lui. Tardo com’è si starà ancora chiedendo cosa sia successo. Il che, Draco, ci da’ il vantaggio necessario per occuparci di questioni più urgenti.
 
Istintivamente lo sguardo di Draco vagò per la classe, alla ricerca di Potter, per poi abbandonarsi pigramente sulla sua figura, di spalle, quattro banchi distante. Era arrivato in ritardo, come suo solito, con la faccia di chi non avesse dormito per nulla, e gli occhi bassi, troppo vigliacchi per cercare quelli di Draco. Eppure, sembrava esserci qualcos’altro, una leggera inquietudine, nei movimenti di Potter, Draco non aveva potuto far a meno di notarla.
-L’Occlumanzia, Cadetti, in battaglia può darvi un enorme vantaggio, è una difesa ferrea e vi consentirà un attacco indiretto. La Legimanzia, di contro, può essere la chiave del vostro successo. Non c’è niente di più potente che poter sviscerare i pensieri più nascosti del nemico che vi sta difronte. L’insieme di queste due tecniche vi permetterà di prevedere un attacco e allo stesso tempo di agire nella piena inconsapevolezza dell’avversario. Ma veniamo all’ultima parte della lezione di oggi, che purtroppo risulterà abbastanza noiosa, per la maggioranza di voi.
La Chappels aveva preso a muoversi fra i banchi, procedendo con passo lento e deciso, fino ad affiancare Draco.
-Cadetto Potter, cosa sa dirmi di queste due tecniche?
Draco vide Potter sobbalzare e raddrizzarsi sulla sedia, come fosse stato pungolato improvvisamente, e capì che Potter non avesse la minima idea di quello che stava accadendo in torno a lui, perso ad inseguire i propri pensieri fino ad un attimo prima. Draco non poté far a meno di chiedersi su cosa l’attenzione Potter fosse così dedita, e nascose un ghigno soddisfatto, alzando la mano.
-Sì, Cadetto Malfoy?- disse la Chappels lievemente irritata.
La schiena di Potter, si tese come una corda di violino, Draco lo vide chiaramente, mentre diceva:
-Comandante, mi chiedevo se si potesse rendere la lezione più interessante…Magari con una dimostrazione pratica.
 
***
 
-Proprio un’ottima idea Malfoy, non c’è che dire.- stava borbottando Harry tra sé e sé, in piedi, tra i banchi in cui sedevano i suoi compagni e la cattedra, sulla quale s’era appollaiata la Chappels, che stava dando delle direttive a Malfoy, di fronte a lei. Quando il suo peggiore incubo lo fronteggiò, Harry si morse istintivamente il labbro. Non aveva mai avuto successo con l’Occlumanzia, e sospettava che persino Malfoy lo sapesse, e avesse architettato quella scenetta al solo fine di umiliarlo. Proprio non trovava spiegazione per quell’idea malsana, che il ragazzo fosse annoiato dalla lezione? Che si trattasse di un altro subdolo giochetto alla Malfoy? Per un attimo Harry andò in panico, vagliando l’angosciante possibilità che…
-Lo trovi divertente, non è così?- aveva detto a denti stretti, udibile solo a Malfoy, adesso al suo fianco, senza però guardarlo negli occhi.
-La Legimanzia è divertente, Potter.- sussurrò quello di rimando, contro la sua schiena, mentre a Harry sfuggiva un sussulto per quel contatto. La Chappels cominciò a contare, imponendo ad Harry un passo in avanti ad ogni numero scandito dalla limpida ed autoritaria voce del Comandante.
Harry si sforzò di svuotare la mente, abbandonare le emozioni ai bordi della coscienza, fece un respiro profondo, ma di nuovo il panico gli fece bruciare i polmoni, di nuovo quella sensazione di inesattezza, di impotenza. Si voltò, fronteggiando Malfoy, quando la voce della Chappels sfumò, incapace di guardarlo negli occhi, sentendo la vergogna imporporargli le guance.
Non si accorse nemmeno dell’intrusione, di un’elegante presenza nella sua mente, cauta e quasi inconsistente.
 
***
 
Da prima vide le braci di un camino, una lettera che bruciava. Ed aggrottò la fronte, curioso. Quando lesse il nome del mittente, cercò lo sguardo di Potter, interrogativo, ma ancora quello guardava le fiamme e sfuggiva al suo sguardo. Poi lo scenario cambiò, repentinamente, disordinatamente. La stanza era vuota, solo una porta, che Draco non poté far a meno di riconoscere. Si sentì travolgere dall’attrazione, da un desiderio istintivo e bruciante. Sentiva la confusione, l’eccitazione e il rumore umido di un contatto, l’impellente bisogno di appartenere a quella sensazione, di placare quel bruciore. Percepiva una presa salda, soffocante, sul cuore. Poi un peso lancinante, doloroso, come un singhiozzo, una frase che riecheggiava, in una stanza vuota, buia: Si diverte a fare così, a farmi questo, si prende gioco di me…Mi ha usato. E rabbia, rabbia cieca, vergogna. Draco era travolto da quelle emozioni, percepiva uno sforzo immane, necessario, carico di ira, imbarazzo, timore, disagio. Gli sembrava di implodere.
Fu allora che riemerse, e capì che Potter non aveva neppure cercato di occludere la propria mente, che addirittura non s’era nemmeno reso conto del suo incantesimo non verbale. Avrebbe voluto raggiungerlo e scuoterlo, picchiarlo magari. Per tutti quei pensieri che aveva lasciato gli piovessero addosso. Tirò il fiato, quando la Chappels richiamò la loro attenzione.
-Cadetto Malfoy, ha avuto pieno accesso alla mente del suo partner. Ottimo lavoro! Cadetto Potter, non posso dire lo stesso di Lei. Malfoy è stato in grado di dare una dimostrazione pratica eccellente, unendo i due argomenti di questa lezione: incantesimi non verbali e Legimanzia. Sono sinceramente ammirata. Mi aspetto che vi prepariate, nessuno escluso, per la prossima lezione. Continueremo con la pratica, splendido spunto, Cadetto Malfoy! Vi rivedrò Mercoledì, potete andare!
Potter tremava, la testa sotterrata nelle spalle, e scattò febbricitante, dopo il congedo della Chappels, fuggendo verso la porta, non curandosi di raccogliere le proprie cose.
 
***
 
Harry continuava a gettarsi acqua gelata sul viso, maledicendosi, tormentandosi e allo stesso tempo imponendosi di calmarsi, di dominarsi. Si guardò allo specchio, stringendo i bordi del lavandino fino a farsi sbiancare le nocche, quando riconobbe il riflesso della figura oltre la sua spalla.
-Non ne avevi il diritto.- disse, la voce incolore, preda di una rabbia che aveva inutilmente cercato di soffocare.
Malfoy, appoggiato allo stipite della porta del bagno del primo piano, lo guardava negli occhi. Tese il braccio davanti a sé, aprendo il palmo e lasciando rovinare per terra la sua roba, che si era curato di radunare dopo la lezione, dopo che lui era scappato via, furente. Harry lo studiò tra il perplesso ed il furibondo. Malfoy con un colpo di bacchetta chiuse la porta, ed Harry distinse chiaramente lo scatto della serratura. Di nuovo non poté far a meno di chiedersi a che gioco stesse giocando l’ex-Serpeverde.
-Pensavo fossi capace in Occlumanzia.- disse Malfoy, candidamente, con un tono solo leggermente colpevole, frugando nelle iridi di Harry. Poi lo fronteggiò, un sopracciglio inarcato, e con un gesto repentino si aggrappò al lavandino, bloccandolo in quel preciso punto, impedendogli di sfuggirgli. Harry si allarmò, cercando di non darlo a vedere, strinse le braccia al petto, cercando di guadagnare spazio tra se stesso e la figura di Malfoy, che sembrava averlo inchiodato contro al lavandino. Alzò lo sguardo, dopo un istante che sembrò infinito, e si soprese nell’incontrare quello di Malfoy. Cercò il fiato per ribattere, le sillabe per rispondergli, ferirlo, insultarlo. Ma il ragazzo, si era sporto verso di lui, aveva catturato le sue labbra, portando la mano sul suo fianco, stringendo dolosamente. Sentì Malfoy mordergli il labbro inferiore, affinché Harry lo lasciasse entrare. Per un attimo, Harry si disse che era di nuovo sull’orlo di quella sensazione che non avrebbe voluto dover dimenticare, per un attimo quasi non si abbandonò alle attenzioni di Malfoy. Poi si riscosse, l’umiliazione che aveva la meglio e raccolse tutte le sue forze per divincolarsi, mettere le mani sul petto di Malfoy e spingerlo via. Ma il ragazzo sembrava inamovibile, come aggrappato alle sue labbra, una mano ancorata sul suo fianco, l’altra a bloccargli la testa. La lingua di Malfoy si era fatta strada tra le sue labbra, intrusa prepotente, come l’ultima volta ed Harry cercò di divincolarsi con maggior convinzione, mugugnando contro il respiro veloce di Malfoy.
-Non fare l’idiota, Potter!- sbottò malamente Malfoy, aprendo gli occhi su quelli di Harry, che si immobilizzò, disarmato da quel mercurio così liquido adesso. Percepì in quel momento il calore che emanava quella mano sul suo fianco, la presa docile ma salda tra i suoi capelli, il petto dell’altro contro il proprio, il cedere dei propri avambracci, che gli aveva consentito di avvicinare il cuore di Malfoy al suo. Le labbra erano ancora sulle sue, gonfie e tremanti, ma non sembravano disposte a compiere nessun successivo passo, Harry sentiva il fiato di Malfoy sfiorarlo, e mescolarsi al proprio. Poi Malfoy, lentamente, mosse lievemente il bacino contro il suo corpo ed Harry sobbalzò, percependo di nuovo quella sensazione, quell’eccitazione che lo riempiva di vergogna.
-Non mi sono divertito. Sono spaventato a morte…da quello che mi fai, Potter. Non sono divertito.- sussurrò Malfoy, ancora sulla sua bocca, rude e quasi indignato. Fu allora che si diede un ultimo slancio e impresse la propria erezione sull’inguine di Harry.
Harry strabuzzò gli occhi, deglutì a vuoto, e sentì l’eccitazione crescere, l’adrenalina scorrergli nelle vene, tutta quella rabbia e la vergogna evaporare in un solo istante. Si scostò dal viso di Malfoy, solo per poterlo guardare negli occhi, e conquistare quell’ultima incertezza circa la sincerità di quelle parole. E non poté far a meno di avventarsi su quelle labbra, desiderando di morirne, quasi.
 
***
 
Draco si scostò, di scatto, facendo due passi indietro, come si fosse scottato. Paralizzato dal timore di perdere il controllo. Potter, col fiato corto, le guance scarlatte, e le labbra dischiuse lo guardò interrogativo. Draco trasse un profondo respiro e si passò una mano tra i capelli, cercando di rasserenarsi, di zittire il terrore cieco che all’improvviso gli aveva gelato il battito. Aveva agito ancora una volta senza riflettere, preda di un bisogno inconfessabile, e solo adesso, sull’orlo del precipizio, si ridestava, sonnambulo di un desiderio che doveva placare. Non poteva lasciarsi andare, non poteva permetterselo. Potter continuava a guardarlo come perso, in cerca di un ago che puntasse il nord. Dopo un silenzio che parve infinito, scandito solo dal gocciolare di una perdita del lavandino in quello squallido bagno, Potter parlò:
-Cosa stiamo facendo, Malfoy?
Con tutta l’innocenza, il candore di cui fosse capace, Potter lo aveva per l’ennesima volta tramortito.
-Non chiedermelo, per favore. Non farlo.
-Non puoi venire qui, baciarmi in quel modo e poi…perché ti sei fermato, di nuovo? Cosa diavolo vuoi da me, Malfoy?
La voce di Potter era di nuovo elettrica, tinta di rabbia, irruenza, frustrazione. Draco lo guardò, colpevole, indugiando troppo a lungo su quelle labbra che lo richiamavano, ipnotiche. Con un incantesimo non verbale fece scattare la serratura, all’inverso quella volta, guadagnandosi la possibilità di fuga. Potter doveva averlo intuito, perché lo aveva raggiunto, serrandogli una mano sul braccio, risoluto.
-Ho diritto a delle risposte.- sussurrò, determinato.
Draco annuì, incapace di trovare delle parole che potessero sembrargli minimamente adeguate. Cosa avrebbe dovuto dire, che spiegazione avrebbe potuto darsi e soprattutto dare a Potter, che adesso, impetuoso come sempre lo travolgeva?
-Non adesso, Potter. Non qui.
-E che cazzo vorrebbe dire?
Draco avvilito lo guardò negli occhi, e quasi ringhiandogli contro, disse:
-Io non posso. Non so darti delle spiegazioni. So solo che…hai visto che effetto mi fai e se non mi fossi fermato…Io…Non posso permettermelo.
Potter strinse le labbra, poi la sua mano scivolò lungo il braccio di Draco, aggrappandosi al suo palmo, lo sguardo docile, intimo, rassicurante.
-Di cosa hai così tanta paura, Malfoy?
 
 
 
  
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