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Autore: Rowan936    10/11/2014    2 recensioni
Gohan lo guardava sorridendo sulla soglia di casa sua – loro – e a qualcun altro sarebbe parso quello di sempre, ma quegli occhi erano ancora troppo vuoti perché Vegeta potesse anche solo illudersi che fosse così.
[Vegeta/Gohan][Mini-long][Angst]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice
Io sottoscritta me medesima non ho idea di quale sia l’origine di questa cosa qua sotto. O meglio, so che ha qualcosa a che fare con la canzone “Taking over me” degli Evanescence (che trovate nel titolo, nei titoli dei capitoli e anche nelle citazioni a inizio capitolo) ma non è ben chiaro quando e come io sia finita a scriverla. Comunque, andiamo avanti. Niente da fare, io e l’angst andiamo a braccetto come Vegeta e Gohan (?). Siamo inseparabili, anche quando tento di scrivere qualcosa di allegro (sì, perché a volte parto con delle buone intenzioni) finisco nelle catastrofi/sofferenze-varie. La storia qua sotto non è da collocare in una particolare serie, diciamo che la storia tra Vegeta e Gohan è stata più o meno quella descritta nel riassunto che trovate QUI, e se vogliamo forse c’è un accenno a QUESTA piccola OS, ma di fatto penso sia leggibile da sola. Non credo di avere altro da aggiungere, ringrazio chiunque abbia l’ardire di leggere questa mia ennesima Vegehan, come sempre chiunque abbia consigli da darmi per aiutarmi a migliorare è ben accetto :)
 

 
 
Disclaimer » Dragon Ball © Akira Toriyama.
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You don’t remember me…
 
 
 
 
I lie awake and try so hard not to think of you
But who can decide what they dream?
 
 
« Vegeta, so che non dev’essere facile, lo capisco. »
No, lei non capiva proprio niente.
Imprecò tra i denti, lanciando occhiatacce al telefono da cui proveniva il messaggio lasciato da Bulma, quasi la sua rabbia fosse stata sufficiente a farlo saltare in aria.
Avrebbe potuto distruggere l’apparecchio con poco più che il movimento di un dito, ma non lo fece, continuando a giacere a terra simile in tutto e per tutto a un corpo morto, fatta eccezione per il fatto che stesse respirando e che il volto fosse contratto in una smorfia rabbiosa – finta, tutto ciò che provava era vuoto.
« Non ti chiedo di accettare la cosa con ottimismo, so che non ci riusciresti mai, solo… Siete stati insieme per tanto tempo… »
Anni della sua esistenza buttati all’aria, svaniti in una nube di fumo per colpa di un singolo errore di calcolo.
Se solo non avesse tardato di un istante a colpire il loro avversario, se solo non avesse avuto quell’unico momento di esitazione dovuto alla paura di sbagliare e colpire la scienziata stretta nella morsa del mostro, questi non avrebbe potuto attaccare, non avrebbe potuto colpire Gohan.
Esitare per una misera terrestre: un errore imperdonabile che aveva pagato caro.
« Non puoi abbandonarlo proprio ora. »
E se gli fosse rimasto accanto, così come Bulma gli stava dicendo di fare, a chi avrebbe giovato?
Non a Gohan, poiché lui non era certo mai stato portato per il supporto. Non a lui, poiché convivere con quella sua condizione non avrebbe fatto altro che distruggerlo dentro. A che scopo, dunque, avrebbe dovuto tentare?
« Non si ricorda di te, è vero, non si ricorda di nessuno di noi, ma non è sparendo dalla sua vita che cambierai le cose. »
Invece sparendo avrebbe cambiato qualcosa.
Avrebbe rimediato a un errore che si era protratto troppo a lungo. Avrebbe permesso al ragazzo di vivere tranquillamente accanto a qualcuno di diverso e avrebbe permesso a se stesso di allontanarsi da tutti quei sentimenti che lo stavano rovinando – era colpa di quelle maledette emozioni se aveva esitato, con fatali conseguenze.
Tutte scuse, riconobbe una parte di lui.
Era semplicemente troppo doloroso convivere con quella situazione, affrontare la consapevolezza di essere poco più che un estraneo per lui.
« Non voglio obbligarti a fare nulla, vorrei solo che tu ci pensassi… E mi piacerebbe che mi dessi retta, alla fine. »
Era rimasto accanto a Gohan finché non era tornato cosciente, vegliando il suo sonno e uscendo dalla finestra ogni volta che qualcuno metteva piede nella stanza, premurandosi di mantenere l’aura azzerata e di spiare all’interno della camera con discrezione, per poi tornare dentro una volta che fossero rimasti solo lui e il ragazzo.
Quando Gohan aveva finalmente aperto gli occhi, mancava mezz’ora all’orario di visita e Vegeta aveva sussultato di sorpresa, non riuscendo poi a trattenere un mesto sorriso. Questo, fino a quando non aveva visto il vuoto negli occhi del ragazzo.
“Dove sono?” aveva farfugliato questi, con voce roca e impastata. “Chi sei?”
Non aveva detto nulla, Vegeta, gli aveva semplicemente voltato le spalle ed era uscito – scappato – dalla finestra.
« Forza, non arrenderti, che fine ha fatto il Principe dei Saiyan? »
Sorrise amaramente.
« Saiyan… » sussurrò, con una mezza risata fuori posto. « Non sono degno di questa razza, non più… »
Era fuggito, alla stregua dei codardi che tanto disprezzava, non era stato in grado di sostenere quegli occhi – così vuoti, privi dei sentimenti che ormai era abituato a scorgervi – per più di qualche istante.
Chi sei?
« Chiamami, se ti serve qualcosa. Ciao… »
Accolse il bip che segnava la fine del messaggio come una liberazione: non voleva ascoltare nessuno, non voleva pietà o consigli, tutto ciò di cui aveva bisogno era togliersi la voce di Gohan dalla testa.
Chi sei?
 
 
*    *    *
 
 
Lo fissò con sguardo gelido, non accennando alcun movimento che potesse far intendere che avesse alcuna intenzione di farlo entrare.
Gohan lo guardava sorridendo sulla soglia di casa sua – loro – e a qualcun altro sarebbe parso quello di sempre, ma quegli occhi erano ancora troppo vuoti perché Vegeta potesse anche solo illudersi che fosse così.
Era passato poco più di un mese dal risveglio del ragazzo, tempo che il principe aveva trascorso chiuso nella Gravity Room, ricevendo la visita del figlio o di Bulma talvolta. Si era impedito di andare anche solo a controllare come stesse Gohan, deciso a dimenticarsi tutto ciò che era accaduto tra loro.
Poi se lo ritrovava lì, in procinto di bussare nell’esatto momento in cui lui stava per uscire senza preoccuparsi di controllare che non ci fossero aure altrui nelle vicinanze.
“Buongiorno, tu sei Vegeta, vero?” aveva detto il ragazzo, sorridendo cordialmente.
Non gli aveva ancora risposto.
« Ehm… Ehi? » lo richiamò Gohan, con una punta d’imbarazzo.
Il principe si riscosse, assunse un cipiglio severo e sibilò, a denti stretti: « Che cosa vuoi? »
Il ragazzo parve spiazzato da quell’ostilità, dettaglio che contribuì solo a innervosire ulteriormente Vegeta – mai Gohan si stupiva o lamentava delle sue ostilità, semplicemente vi era abituato e aveva capito come scavalcare quel muro di rabbia.
« Io… Mi dispiace se ti ho disturbato, mi hanno raccontato che noi… Ecco… » Un lieve rossore colorò le guance del ragazzo, che ridacchiò nervosamente. « Pensavo che avresti potuto aiutarmi a ricordare qualcos’altro… »
Non gli aveva chiesto come mai non si fosse fatto vedere per tutto quel tempo, come mai dal momento che glielo avevano presentato come “il suo fidanzato” non si fosse neppure degnato di unirsi a quel gruppo di gente che sicuramente aveva già tentato di aiutarlo a ricordare quanto più possibile.
Non glielo aveva chiesto, e Vegeta per un istante accarezzò l’idea di urlargli di sparire, perché non gl’importava nulla di lui e non voleva avere a che fare con tutta quella storia della memoria perduta, tuttavia si limitò a uno sguardo gelido – falso, ma il ragazzo probabilmente non se ne sarebbe accorto, in quelle condizioni – e a uscire di casa, chiudendosi la porta alle spalle e dirigendosi verso la Gravity Room con solo un “Devo allenarmi” come congedo.
Chi sei?
 
 
*    *    *
 
 
Era ormai sera quando si decise a interrompere il proprio allenamento.
Aveva distrutto quasi tutti i robot a sua disposizione, poiché non era riuscito a controllare la propria furia ogni volta che il sorriso allegro di Gohan aveva fatto capolino nella sua mente, accompagnato da quegli occhi che una stupidissima perdita di memoria aveva cambiato tanto.
Spense il pannello che regolava la gravità, sentendosi stanco ma non essendo riuscito a scaricare del tutto i nervi. Forse, avrebbe dovuto mangiare qualcosa e allenarsi ancora.
Quando viveva ancora con Gohan, dopo cena si sedevano sul divano con la televisione accesa, anche se spesso il ragazzo dedicava la propria attenzione a un libro, e se mai il principe avesse avuto un pensiero del genere, avrebbe dovuto affrontare un improvvisato e giocoso corpo a corpo con il suo fidanzato, finendo per dimenticare completamente l’allenamento.
Ora non riusciva a stare fermo su quel divano senza provare l’impulso di mettere la casa sotto sopra. E allora tornava nella Gravity Room.
Quando varcò la soglia della sua palestra personale, non si sarebbe aspettato di ritrovarsi ancora a faccia a faccia con Gohan e una parte di lui non poté fare a meno di rallegrarsi del fatto che, malgrado tutto, la testardaggine del ragazzo fosse ancora lì, intatta.
« Che cosa ci fai ancora qui? » ringhiò, maleducatamente, constatando che il moccioso avesse azzerato l’aura, per evitare che si accorgesse della sua presenza e rimanesse chiuso nella Gravity Room. Lo aveva raggirato, maledizione a lui.
« Hai detto che dovevi allenarti. » gli rispose Gohan, semplicemente. « Non mi hai detto di andare via. »
In un’altra circostanza, avrebbe ghignato di fronte alla sua furbizia. Ma in quel momento, riuscì solo a fulminarlo con lo sguardo.
« Te lo dico ora: vattene. »
Fece per superarlo, ma Gohan lo afferrò per un braccio allo scopo di trattenerlo – per un istante, parve che tutto fosse tornato come prima, poiché quel contatto parlava di confidenza, era il tipico gesto usato quando voleva impedirgli di scappare da lui – e il principe gli lanciò uno sguardo obliquo.
« Aspetta, non andare. » gli disse il ragazzo « Voglio solo… Parlare. Voglio ricordare la mia vita. La nostra, magari. »
Vegeta provò a mantenere una facciata d’astio, provò a mandarlo nuovamente via, ma tutto ciò che riuscì a fare fu scrollarsi il suo braccio di dosso e dirigersi verso la casa a passo moderato. Normalmente, Gohan lo avrebbe correttamente interpretato come un gesto di resa, un invito a seguirlo, ma il ragazzo che aveva davanti non ricordava come leggere la sua mente, dunque rimase a fissare la sua schiena che si allontanava, immobile.
E allora il principe, quasi senza pensarci, nel momento in cui avrebbe dovuto chiudersi la porta alle spalle la lasciò socchiusa, in un invito più esplicito – non sarebbe stato necessario, solo qualche mese fa.
Chi sei?
 
 
*    *    *
 
 
« Non c’era altro in casa. » annunciò Vegeta, dopo aver preparato del riso e averlo servito al ragazzo che, guardandosi attorno con avida curiosità, sedeva a tavola.
Era tutto così giusto e al tempo stesso terribilmente sbagliato: Gohan era lì, a mangiare con lui come ormai era abitudine, ma solitamente non solo sarebbe stato lui a cucinare, salvo qualche eccezione, ma non si sarebbe seduto lì, di fianco al posto di Vegeta, bensì di fronte – “Perché rendeva più facile parlare” diceva, il suo moccioso amante delle chiacchiere.
« Andrà benissimo, non preoccuparti. Grazie. » disse gentilmente il ragazzo, accettando il piatto con un sorriso.
Il principe non gli rispose nemmeno, in parte grato che Gohan non si fosse seduto di fronte a lui, poiché non era così obbligato a guardarlo in viso tutto il tempo.
« Non è qui che mi siedo di solito, vero? »
La domanda spezzò improvvisamente il silenzio e Vegeta non dovette pensare prima di rispondere, secco: « No. »
Non volle domandarsi come lo avesse capito, non volle lasciar posto ad alcuna speranza. In fondo, lasciar perdere era stata una sua libera scelta, no? Lui voleva chiudere definitivamente quel capitolo della sua vita – allora perché tutti gli effetti personali di Gohan erano ancora lì, ad attenderlo? Perché non aveva detto a Bulma di portarli via il prima possibile?
« Sentivo qualcosa di sbagliato. » gli spiegò il ragazzo, senza che gli fosse domandato. A Vegeta ricordò il modo in cui dopo il Cell Game gli aveva confessato quello che provava, in un flusso di coscienza denso di lacrime e assolutamente non richiesto.
« Non ho ricordi precisi. » continuò Gohan, giocando distrattamente con il riso nel suo piatto. Gli parlò di sensazioni che non riusciva a spiegarsi, di vampate di affetto di fronte ai volti di familiari e amici, dello smarrimento che provava nel ricordare solo mezze verità quando le ricordava…
Vegeta non aprì bocca, immerso nella dolcezza di quell’illusione che richiamava al loro passato, alla loro intimità fatta di confessioni nelle sere di dolore, di lacrime prima e sorrisi poi.
Un’altra persona, dopo quel lungo discorso, si sarebbe scusata per la troppa parlantina. Gohan non lo fece, limitandosi ad attendere una risposta.
« Sei venuto qui per curiosare per casa, dunque? » gli domandò invece Vegeta, senza inflessione particolare nella voce.
« Detta così non suona bene. » replicò Gohan, ridacchiando. « Vorrei solo che mi aiutassi a tentare di ricordare qualcos’altro. Tutto qui. »
L’unica risposta che ottenne fu un grugnito simile a un assenso.
 
 
*    *    *
 
 
Vegeta non gli stava facendo da guida turistica.
Semplicemente, lo stava seguendo per tutta la casa, rispondendo in tono neutro alle sue domande.
In quel momento si trovavano in camera da letto e Gohan, con la curiosità propria di un bambino, stava guardando nei cassetti di uno dei comodini di fianco al letto.
Il ragazzo estrasse una serie di fototessere e le mostrò al principe.
« Quando le abbiamo scattate? » domandò.
« L’ultimo Natale. » rispose Vegeta, in fretta, senza fissare troppo a lungo i sorrisi nelle fotografie. « Eravamo andati a cercare dei regali al centro commerciale. »
Le labbra di Gohan si curvarono in un sorriso divertito.
« Tu non volevi venire. » indovinò.
« Ovviamente. » replicò il principe.
Il ragazzo volle poi sapere come festeggiassero i compleanni, le vacanze estive, se la sera amassero uscire o stare a casa insieme, e il Saiyan bene o male lo accontentò.
Quando poi giunse il momento in cui Gohan sarebbe dovuto tornare a casa dei genitori, Vegeta non riuscì a impedirsi di pronunciare parole di cui certamente di lì a poco si sarebbe pentito.
« Posso dormire sul divano. » disse, velocemente. « È tardi. »
La mezza spiegazione aggiunta non lo fece sentire meno stupido, dunque preferì concentrarsi sulla sorpresa del ragazzo, che probabilmente non si sarebbe aspettato un’offerta simile.
« Io… Non vorrei disturbare… » disse, forse leggermente a disagio.
Vegeta si strinse nelle spalle.
« Fai come ti pare. » borbottò, sentendo la delusione, suo malgrado, attanagliargli le viscere.
Gohan gli sorrise con un’ombra d’istintivo affetto sul volto, forse intuendo il suo stato d’animo, forse semplicemente vedendo in quell’invito un’occasione per aggiungere ulteriori pezzi al puzzle della sua vita.
« Ti ringrazio. » accettò infine « Però dormo io sul divano. »
 
 
 
  
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